Archivio di dicembre 2017

Guiglia. Parco dei Sassi di Roccamalatina – 31 dicembre 2017: “La notte senza Tempo del Circolo vegetariano VV.TT. a Casa Val di Sasso”

Eventi Paolo D'Arpini 13 dicembre 2017

Quest’anno il 31 dicembre 2017 la luna è crescente e questo potrebbe risultare d’aiuto, visto che in luna crescente ci si sente più avventurosi. Ma soprattutto si percepisce un’apertura psichica. E’ vero quella notte invernale è fredda e sovente mi è capitato di sentirmi come un baccalà congelato, a passeggiare senza un perché. “Ma chi me lo fa fare…?” mi son chiesto innumerevoli volte. L’unica “ragione” che trovo al compimento del rito è che quando tutto è finito e torno a casa posso dirmi -riflettendo fra me e me: “Anche stavolta è fatta… l’imbroglio è riuscito…”. Perciò se qualcuno decidesse di venire dovrebbe farlo per stare da solo, con se stesso… senza specularci sopra.

Programma (in progress) del 31 dicembre 2017 – Casa Val di Sasso in Via Castellino,381 Guglia (MO) – Parco dei Sassi di Roccamalatina

h. 21.00 – Pranzo condiviso con il cibo semplice e vegetariano da ognuno portato,
h. 22.30 – Scrittura dei pensierini positivi e negativi, di cui quelli positivi da leggere assieme e quelli negativi da conservare in tasca fino alla mezzanotte.
h. 23.00 – Partenza nella notte scura, in qualsiasi condizione atmosferica.
h. 24.00 – Bruciatura dei pensierini negativi ed espressione di buoni propositi per il nuovo anno. – Ritorno alla casa e brindisi finale

Abbigliamento consigliato e attrezzi
Venire vestiti con abiti caldi e con scarpe adatte al terreno bagnato, in caso di pioggia o neve venire muniti di ombrello. Portare con sé una candela e fiammiferi ed una torcia elettrica.

Condizioni di partecipazione
Ognuno interviene alla manifestazione volontariamente ed a proprio rischio e pericolo. Per l’eventuale pernottamento a Casa Val di Sasso si prevede un modesto contributo per la stanza da concordare con la struttura ed un contributo volontario per le spese generali: casavaldisasso@alice.it


Prenotazione obbligatoria scrivendo a: circolovegetariano@gmail.com

Informazioni logistiche: Maria Tel. 059.795841

Introduzione all’evento

“Lo spirito non può essere scisso dalla materia, sono espressione l’una dell’altro. Il naturale afflato che si manifesta di fronte alla meraviglia di sé e del mondo…” (Saul Arpino)

Perché organizzo questa “Notte senza Tempo”, invitando alcuni amici, pazzi forse come me, a condividere il freddo, la pioggia, il vento, la neve… o qualsiasi situazione ambientale la natura ci voglia offrire… compresa la possibilità di camminare sotto i raggi della luna…? Non lo so!

Quest’anno il 31 dicembre mi troverò a trascorrere questo momento magico a Guiglia, nel bosco del Parco dei Sassi di Roccamalatina. Il programma comunque è lo stesso di sempre… e sarà sempre sempre lo stesso finché le mie gambe mi reggeranno in piedi: affrontare la notte buia coraggiosamente in qualsiasi condizione atmosferica, per capire che anche l’assurdo è una componente della vita. Se dovesse per me esserci nella mia esistenza solo “ragionata e comoda intelligenza” vorrebbe dire che son prossimo alla morte.. o già morto.

“La conoscenza di ciò che appare nella coscienza non è vera conoscenza. Conoscenza di Sé significa essere quella coscienza in cui tutto appare” (Saul Arpino)

Paolo D’Arpini

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Davanti all’informazione del sistema siamo tutti “babbei” e “creduloni”? Sì o no?

Sapete che non sono un “dipendente” dell’informazione cosiddetta “pubblica”, ovvero giornaloni, radio e televisioni, purtroppo durante le colazioni mattutine al bar, qui in Emilia (terra per antonomasia controllata dal “sistema”, son costretto a sorbirmi le notizie sparate su un mega schermo tv sempre acceso. Mi meraviglio ogni volta come la gente che guarda lo schermo resti seria davanti alle immonde cazzate che vengono ammannite come verità supreme al volgo. Stamattina alle 7, la notizia alla quale veniva dato maggior risalto era la riunione della conventicola alfaniana, tutti in fila al tavolo, con la vaccinatoria lorenzin e gli altri insignificanti rappresentanti a spiegare le prossime mosse elettorali e le alleanze con renzie e compagni, subito dopo seguita dall’inquadratura su un berlusca che annuncia che “lui ci sarà” (e come potrebbe mancare? D’altronde finché c’è vita c’è speranza). Mi meraviglio sempre più che ci siano persone che danno bado a certe moine, mentre le notizie importanti, i fatti veri, vengono taciuti. Eppure sempre più sono i babbei ad abboccare all’amo, almeno così pare… Il centrodestrasinistra ha già vinto? (Paolo D’Arpini)

Articolo collegato

Babbei che godono nell’essere presi per i fondelli sistematicamente ed in maniera plateale, ma senza che abbiano di ciò alcun sentore.

La certezza inscalfibile che le cose stanno così l’ho maturata nel tempo, sulla base dell’osservazione del comportamento e delle reazioni di molte persone che anche di fronte alle più abbacinanti prove di ciò che di nocivo viene ordito a loro danno dal potere continuano o a far finta di nulla o a ritenere che chi denuncia l’estrema nocività e malvagità di questo potere è un povero “complottista” pazzo. Un autore di “fake news”, per accodarsi al cicaleccio di politici e media.

L’elenco degli argomenti sui quali questi scemi allo stadio terminale della malattia urlano al “gombloddo” è lungo e mette pena passarlo in rassegna, perché si ha la possibilità di scorrere tutto il campionario di raggiri e truffe che questo potere c’impone, grazie e soprattutto alla coglionaggine dei predetti soggetti che col loro comportamento costituiscono la base di consenso di questo regime.

In ordine d’importanza partiamo con la “truffa del debito”. Non c’è niente da fare: tu puoi sgolarti e raccontare che la proprietà della moneta dovrebbe essere dello Stato e non di signori privati (i grandi banchieri); che la moneta, in teoria, non è una merce; e che, rebus sic stantibus, le tasse sui redditi sono una colossale rapina e del denaro guadagnato con fatica e del tempo di chi lavora. Con certi soggetti convinti che il problema, dal punto di vista monetario, siano “l’evasione” e “l’inflazione”, per non parlare di chi ancora crede ai “falsari” tipo Totò e Peppino, non vi è alcuna speranza di rinsavimento.

Potresti farli parlare con lo “spirito intelligente” di Hjalmar Schacht, il banchiere coautore del miracolo economico tedesco a partire dal 1933, e quelli continuerebbero a tenersi stretti i loro ridicoli euri, stampati da una tipografia e venduti agli Stati al valore nominale anche se costati pochi centesimi. A questi allocchi che chiedono irrigiditi lo scontrino per il caffè convinti di condurre una battaglia sacrosanta non servirà affatto far leggere i radiodiscorsi di Ezra Pound o le opere di Giacinto Auriti. Anzi, le rigetteranno come la peste, affidandosi piuttosto agli “economisti” telegenici alla moda messi lì apposta per non far capire a nessuno come funziona la truffa del “debito pubblico”.

Come le più remissive pecore da tosare, al momento di acquistare una casa, costoro non si chiederanno se il mutuo sia un meccanismo diabolico fatto passare per “normalità” allo scopo di mettere un giogo sul loro collo con la minaccia di perdere la casa già pagata attraverso il ricatto dell’ipoteca. “Tutti lo fanno…”, e allora dritti in banca a misurare la corda con la quale impiccarsi.

Passando al lavoro, direttamente collegato al problema monetario (perché è il lavoro che crea il denaro, non il contrario), la disperazione nell’osservare le idee della maggioranza dei nostri contemporanei aumenta. Essi pensano che l’uomo esista per lavorare, non che il lavoro esista per l’uomo, per fornirgli i mezzi per vivere. Così si accetta qualsiasi contratto capestro, e per motivi di spazio non mi dilungherò ulteriormente su cos’è diventato questo famigerato “mondo del lavoro” da quando sono state diffuse dagli “economisti” di cui sopra le parole d’ordine della “flessibilità”, del “precariato” e della “mobilità”. Basti dire che la famosa “legge della giungla” è, al confronto, un ordinato ed etico sistema di norme e tutele.

“Idioti di tutto il mondo globalizzatevi!”. Questo potrebbe essere lo slogan di successo di un movimento che assomma questa massa di asini a suo modo “rivoluzionaria”. Rivoluzionaria perché col suo comportamento scellerato e la sua ignavia sta picconando letteralmente tutto ciò che di sano e naturale, e dunque degno di essere custodito e rinforzato, sussisteva ancora nei differenti domini dell’esistenza. Si pensi alle feste comandate: sono state talmente svilite e snobbate che alla fine questi pescecani detti “datori di lavoro” hanno colto la palla al balzo mettendo al remo tutti quanti il sabato, la domenica e pure a Pasqua e a Natale. Vi sta bene!

Dal “lavoro” cosiddetto (meglio sarebbe dire servitù della gleba), si passa direttamente ad un altro tema, ad esso strettamente correlato (in realtà tutto lo è, ma alcuni nessi sono senz’altro più evidenti): l’immigrazione di massa.

Gli stessi scimuniti patentati che, va ribadito, rappresentano lo zoccolo duro del consenso residuo di cui gode questo potere illegittimo, sono fermamente convinti che “tutto il mondo è paese”, nel senso che considerandosi “cittadini del mondo” non si chiedono se sia il caso, in mezzo ad una crisi epocale, di “accogliere” migliaia di stranieri al giorno. Ma per questi pifferai dei “mondo unito” la quantità di stranieri da insediare ed accudire di tutto punto, inversamente proporzionale al numero di italiani che vorrebbero vedere ancora vivi e vegeti, non è mai sufficiente. “Straniero è bello” per partito preso, e chi se ne frega se zone intere d’Italia sono stravolte e la sicurezza diventa una chimera: saranno sempre pronti a rispondere a tono brandendo “i delinquenti italiani che già c’erano” ed accusando di “razzismo” l’interlocutore perplesso sullo “ius soli” ed altre manovre tese a stravolgere l’identità di questo paese.

Eh già, perché bisogna tenere sempre a mente che non si ha a che fare con gente che accetta il contraddittorio. No, questi soggetti – con una “cultura”, ed anzi proprio a causa di quella – s’impancano sempre sul pulpito della loro “superiorità morale”. Tu sei “immorale” e loro no. Ma sono i primi a postare sui loro “profili” la celebre frase attribuita a Voltaire sulla “libertà d’espressione”. Che si dimostrerà pura aria fritta al primo contrasto d’opinioni…

Non si provi infatti, con una di queste brillanti ed acute menti, ad esporre le proprie vedute non proprio alla moda su “matrimoni gay” ed “utero in affitto”, pardon su “unioni civili” e “maternità surrogata”. Si rischia il linciaggio, non solo verbale. Come minimo che ci venga tolto il saluto (il che se può talvolta dispiacerci da un punto di vista umano, non può che alleggerire la nostra esistenza). Ma qui come su altri temi “caldi” se solo questi sciagurati si fermassero a pensare, o meglio ad ascoltare la loro coscienza sommersa da abbondanti strati di “moralmente corretto”, si accorgerebbero che sono caduti nella trappola della propaganda di questo regime, che li gira e li rigira come vuole, facendogli amare quello che fa comodo ad esso per motivi che nemmeno subodorano. Così c’è quello che va al “Gay Pride” convinto di fare una cosa “buona” (riecco il moralismo sotteso) e chi non ce la fa a non immaginare un’Italia completamente multietnica, e per ciò stesso “migliore”, per incanto, perché… “basta la parola”.

A suggellare lo stato comatoso di subumani che mettono angoscia al solo pensiero ci si è poi messa l’ultima puntata di questa triste storia di degrado dell’uomo al livello della scimmia antropomorfa che per tal via invera, ma al contrario, la teoria dell’evoluzione. Si tratta delle vaccinazioni obbligatorie, e comunque di tutto ciò che va sotto il nome di medicina (ridotta a tecnica deresponsabilizzata dai “protocolli”) e di quel che dovrebbe essere la salute, ovvero il nostro bene più prezioso.

Ora, non pretendo che questi pitecantropi sappiano che cosa sia la salute integrale (corpo, anima e spirito), ma almeno – sempre che per avventura si ascoltassero una volta, invece di prestare orecchio alla voce del padrone – potrebbero ambire alla sola salute psico-fisica, smettendola di delegare sempre altri a tale imprescindibile compito che grava, provvidenzialmente, su ciascuno di noi. Perché è proprio questo il banco di prova sul quale si misurerà tutto il resto, una volta che lasceremo questo stato dell’essere (ridotto a causa di questi soggetti alla proverbiale “valle di lacrime”).

Invece no, ci si vaccina allegramente, condividendo così il destino del bestiame e dei polli in batteria, e per ogni avvisaglia di malessere c’è sempre la pastiglia, col culmine della superficialità raggiunto quando viene diagnosticato un “tumore” e subito si viene impacchettati per la chemio e la radioterapia. Là fuori, nella giungla dei nemici del Progresso, ci sono i “naturisti”, i “vegani”, gli “sciachimisti”. I “no vax”! C’è sempre qualche “nemico” predefinito dal potere per giustificare la propria esistenza piatta e mediocre.

Non pretendo qui di esaurire il campionario di fanfaronate che alberga nelle menti di questa massa informe e bruta che letteralmente ci fa violenza con la sua pura e semplice esistenza insolente ed ingombrante. Potremmo proseguire illustrando sinteticamente le loro opinioni precotte sulla Storia e la Politica, sulla Geopolitica e le Relazioni internazionali (queste sconosciute: il tutto si riduce a “cattivi” – Russia, Cina, Corea, Iran, Siria, Musulmani eccetera – e “buoni” – America, Israele, Occidentali; a “libbertà” con due B contro “dittatura”). Ne uscirebbe il resoconto di un compitino indegno di un bambino delle elementari, tutto teso a prendere un bel voto ripetendo la lezioncina impartita dalla maestra. Ecco, questi soggetti non sono mai cresciuti: è una vita che s’illudono di “pensare con la propria testa” ma in verità non l’hanno mai fatto, e si capisce anche perché oggigiorno, dopo che lo smantellamento di un precedente ordine è quasi giunto a compimento, non c’è più alcuna urgenza di ripetere loro che il pensiero autonomo è una cosa positiva.

Di più, è la stessa libertà di pensiero (ché quella della parola divulgata, scritta e parlata, sta svanendo) che viene messa in discussione ogni giorno che passa. Gli psicopoliziotti, telematici e non, sono in crescita esponenziale, arruolati nella “rivoluzione” che, dando la caccia alle “fake news” e agli “untori della rete”, si ripropone di ripulire ogni spazio per preparare finalmente il “mondo nuovo”. Il regno della “tolleranza” e del “rispetto” universali traboccante di “ammore”. Quello delle “notizie vere” e “certificate”. Quello della “scienza” applicata persino alla politica e, perché no, alla religione.

Quello di una “rivoluzione”, definitiva, l’ultima, contro “il passato” e il “vecchiume”, la “superstizione” e il “Medioevo”, condotta da una massa di coglioni col titolo di studio e lo smartphone. Ieri alla Bastiglia, oggi nelle scuole a scovare i non vaccinati e al bar con la carta di credito per pagare il caffè: “Coglioni di tutto il mondo, unitevi!”.

Enrico Galoppini

(Fonte: http://pergiustizia.com/coglioni-di-tutto-il-mondo-unitevi/)

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Commento di P.S.: “Inutile girarci intorno, il prossimo governo italiano (non eletto) sarà perfettamente in linea con l’andazzo da sette anni a questa parte. L’indicazione è che il Palazzo può fare tutto ciò che vuole, finché il popolo tace…”

Integrazione di Marco Piccinelli: “L’espressione fake news ormai è sulla bocca di tutti. Ma quali sono le vere fake news? Vi ricordate della provetta esposta alle Nazioni Unite da Colin Powell? Quella era una fake news e ha scatenato la guerra in Iraq. È bene ristabilire quali sono le notizie finte che generano confusione e guerra e quelle che generano la pace. Per questo, abbiamo intervistato Marinella Correggia – https://www.pressenza.com/it/2017/12/le-vere-fake-news-che-generano-la-guerra/ – Trovo che la politica estera di pace sia un qualcosa di nobile che ci deve far rendere grazie, come pacifisti, a questi popoli. Dobbiamo tanto di cappello a questo “asse della pace”, dato che purtroppo facciamo parte dell’asse della guerra…”

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Santa Lucia, la solitudine dell’uomo di conoscenza, prepariamoci al “natale”, i destini d’Italia, ecologia della mente, guerre e religioni…

Care, cari, viviamo in un mondo dove il falso e l’artifizio hanno preso il posto del vero e del semplice. Questo è il meccanismo della “seduzione” -dell’apparenza- che prende il posto del “naturale” -dell’intrinseca verità. “Se-ducere” letteralmente significa “condurre a sé” e ciò avviene attraverso una caleidoscopica mascherata che sterilmente si avvicenda nel riflesso degli specchietti. Gira e rigira il caleidoscopio e gli specchietti mostrano fugaci composizioni. Un gioco sterile dell’esteriorità. La seduzione è allusione e miraggio, con essa si mostra ciò che l’altro vorrebbe vedere, è semplice barbaglio proiettivo di una immagine costruita a misura per attrarre l’altro. E chi è l’altro? Chi svolge la funzione separativa dell’io e dell’altro? Perché si sente la necessità di appropriarsi della attenzione dell’altro? – In memoria di Santa Lucia… – Continua: http://treiacomunitaideale.blogspot.it/2017/12/santa-lucia-13-dicembre-2017-le-lampade.html

Memoria: Per analogia avvenne che il 13 dicembre 2007 il Sito del Circolo Vegetariano VV.TT. (http://www.circolovegetarianocalcata.it/) apparisse sul web. Festeggiamo quindi anche il decennale di questa “apparizione”

La solitudine dell’uomo di conoscenza e la sua totale presenza – Dal punto di vista del sole non c’è né giorno né notte e ciononostante senza il riferimento al sole non vi può essere né giorno né notte. E’ solo dal punto di vista dell’osservazione dalla terra che giorno e notte hanno un significato e vengono sovrapposti al sole. Allo stesso modo nel puro Sé (l’assoluta Coscienza non-duale) non sussiste alcuna conoscenza né ignoranza. Queste sono rilevanti solo per l’intelligenza finita (la mente duale), ma ancora queste possono assumere un significato solo se sovrapposte al Sé…” – Continua: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2016/12/la-solitudine-delluomo-di-conoscenza-e.html

Viterbo. Anteprima artistica – Scrive Antonello Ricci: “Una bellezza senza tempo: questo il sogno nel cassetto di Roberto Pecci. Anteprima: giovedì 14 dicembre (ore 19.00) al Caffè Capoccetti in via Marconi a Viterbo. Fare il proprio mestiere mossi dal desiderio costante di contribuire a migliorare la vita altrui, l’immagine che ciascuno ha di sé. Tutto ciò mettendo in gioco una sensibilità artistica e un pensiero che vanno ben oltre la pura e semplice estetica. Da decenni il viterbese Roberto Pecci esporta in Italia e all’estero (Stati Uniti, Spagna) la sua arte nell’acconciatura, trucco e total look. Un cortometraggio racconta ora l’idea di bellezza che Roberto culla e tornisce da tempo: passando soprattutto attraverso la cura del benessere interiore.”

Prepariamoci al “natale” – Scrive Franco Cardini: “Per quanto ciò possa apparire strano e sconvolgente, magari scandaloso, mancano prove storiche sicure che Gesù sia davvero mai nato, che cioè sia un personaggio storico al pari di Mozart, o di Napoleone, o di Gino Bartali: insomma di un qualunque essere umano la vita e l’identità del quale siano supportate da una documentazione obiettiva e sicura. Le stesse prove storiche non “primarie”, cioè sorrette da testimonianze narrative, sono…” – Continua: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2017/12/12/prepariamoci-al-natale-di-un-gesu-mai-nato/

Piacenza. Trattativa Amazon fallita – Scrive Il Mattinale: “Ne dà notizia, tra gli altri, il Sole 24 ore. Un incontro durato un paio d’ore nella sede della Confcommercio di Piacenza. Alla fine, però, fra Amazon e organizzazioni sindacali resta ancora un dialogo fra sordi. E la minaccia di un altro sciopero nel sito di Castel San Giovanni dopo quello dello scorso “Black Friday” prende pericolosamente quota…”

Solidarietà con i lavoratori licenziati di IKEA – Scrive PCARC: “Negli ultimi giorni, a Roma, Milano e Bari la multinazionale svedese IKEA ha licenziato tre dipendenti con motivazioni insensate e inaccettabili. Ha licenziato Marica, perché non poteva iniziare il suo turno alle 7.00 di mattina in quanto madre separata di due figli di cui uno disabile. Ha licenziato Filippo, cardiopatico di 54 anni, perché dopo 18 anni in IKEA ha inviato con ritardo un paio di certificati di malattia. Ha licenziato Claudio, perché la sua pausa è durata 5 minuti in più. Colpirne uno per educarne cento. Questa è la strategia che padroni, capi e capetti senza scrupoli mettono da sempre in atto per seminare terrore e garantirsi l’asservimento dei lavoratori. Info: carc@riseup.net”

Ecologia della mente – La felicità è la nostra vera natura e la ricerca della felicità è un modo per oscurarla e nasconderla. Infatti in un antico proverbio calcatese si dice “Il meglio è nemico del bene”… poiché perseguendo l’ipotetico meglio non si vive il bene che è a portata di mano. Prova ne sia anche a livello legislativo la continua immissione di leggi nella società che non fanno altro che rendere la giustizia sempre più cavillosa ed impraticabile. Forse andrebbe recuperato il fantastico ed il poetico  anche nella nostra vita sociale e produttiva… – Continua: https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2017/12/12/ecologia-della-mente-letica-e-logica-la-felicita-e-analogica/

Blera. Cammino di Natale – Scrive Sabrina: “In armonia con il nostro spirito di condivisione siamo lieti di invitarvi ad una escursione speciale. Sarà un trekking attraverso ben 3 monumentali necropoli rupestri ed un viaggio antropologico tra antichi luoghi e riti del territorio di Blera. Appuntamento domenica 17 dicembre 2017 ore 9.30 in Piazza Papa Giovanni XIII Blera, davanti al ristorante La Torretta. Durata escursione 5 ore per un totale di 10 km circa. Info: 339 5718135”

I destini d’Italia. Recensione – Scrive Renucio Boscolo: “Eroi di ieri e di domani che non sanno prevedere le vere minacce che vengono dal potere dell’infero dell’isteria che disgrega l’armonia umana, invece di gettare il seme di una fiamma universale, il serto di una corona che cingerà la fronte di un monarca universale. Da Dante a Nostradamus al Fanti il sogno di un Novello Augusto non si è mai spento e cova come la Fenice per rinascere al soffio del vento Anemos, Spirito della Verità. Ed a tutt’oggi queste profetiche visioni sono disprezzate soprattutto da coloro che hanno troppa cultura politica e pregiudizi, dimenticando che poi le grandi Profezie derise e vilipese sono balzate sulla scena del mondo prepotentemente a dispetto dei Dotti…” – Continua: http://paolodarpini.blogspot.it/2017/12/i-destini-ditalia-il-futuro-con.html

Informazioni sul Capodanno 2017/18 del Circolo Vegetariano – Scrive Adele: “Buongiorno, vi contatto perché vorrei sapere se per Capodanno state organizzando qualcosa aperto anche agli esterni che volessero partecipare. Il vostro numero di telefono non risponde, potrei averne uno valido?”

Mia rispostina: “Gentile Adele, da circa 8 anni non siamo più a Calcata. Ora la sede è a Treia nelle Marche, ma  quest’anno la Notte senza Tempo si svolge in Emilia, in un luogo di campagna  in provincia di Modena. L’evento è previsto, come sempre, nella notte del 31 dicembre, a giorni uscirà il programma. L’evento è molto intimo non ci saranno folle, accettiamo un numero limitato di persone, al massimo una dozzina. Il cibo semplice e vegetariano sarà condiviso e da ognuno portato, seguirà uno sharing e la scrittura di pensierini edificanti e la passeggiata notturna su un sentiero natura in qualsiasi condizione atmosferica. Per contatti scrivi a circolovegetariano@gmail.com. Se vorrai partecipare in seguito ti comunicheremo un numero di telefono per le coordinate logistiche di come arrivare sul luogo e le condizioni per l’eventuale pernottamento nella struttura che ci ospita (si prevede un modesto contributo per la stanza da concordare con la struttura ed un contributo volontario per le spese generali)”

Religioni e guerre – Scrisse Osho: “Dopo le nazioni, il secondo male sono le religioni, perché hanno combattuto e ucciso per motivi che non interessano a nessuno. Le religioni di origine semitica, come il giudaismo, il cristianesimo e l’islam, furono le prime a inculcare nella mente della gente l’idea che la guerra può essere “santa”. E altri culti si sono poi accodati, massacrandosi a vicenda in nome di Dio. Io affermo che la guerra in quanto tale è irreligiosa. Non possono esistere cose come una crociata, una jihad, una guerra santa! Se definite santa la guerra, cosa resta che possa essere definito profano? A chi interessa Dio, fatta eccezione per i preti?” – Continua: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2017/12/religioni-e-contese-sociali-economiche.html

Ciao, Paolo/Saul

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“You are the all-pervading, all transcending reality. Behave accordingly: think, feel and act in harmony with the whole and the actual experience of what I say will dawn upon you in no time. No effort is needed. Have faith and act on it. Please see that I want nothing from you.” (Nisargadatta Maharaj)

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Prepariamoci al Natale… di un Gesù mai nato!

Il Natale. Storia e fede. Gesù, lo sanno tutti, è nato alla mezzanotte tra il 24 e il 25 di 2016 anni fa. Appunto, lo sanno tutti. Ed è invece, storicamente parlando, indimostrabile: e comunque in parte sbagliato, in parte insicuro. Per quanto ciò possa apparire strano e magari sconvolgente, magari scandaloso, mancano prove storiche sicure che Gesù sia davvero mai nato, che cioè sia un personaggio storico al pari di Mozart, o di Napoleone, o di Gino Bartali: insomma di un qualunque essere umano la vita e l’identità del quale siano supportate da una documentazione obiettiva e sicura. Le stesse prove storiche non “primarie” � vale a dire appoggiate a documenti certi � ma almeno “secondarie”, cioè sorrette da testimonianze narrative, sono tutte più recenti di almeno alcuni decenni rispetto alla sua morte. E i racconti che ne costituiscono le basi sono quelli evangelici: al di fuori id essi, ce ne mancano riscontri. Saggiamente, difatti, i Padri del Concilio di Nicea del 325 troncarono le discussioni che già da allora violentissime si addensavano sulla questione Cristo “storico” versus Cristo “mitico” e stabilirono nel loro Synbolon (perpetuato come preghiera del “Credo”) che la nascita, la passione, la morte e la resurrezione di Gesù, nato da Maria Vergine, fossero articolo di fede. Ciò sottrae il credente dalla necessità d’invilupparsi in complesse questioni storico-filologico-esegetiche. Il fatto che poi sia del tutto legittimo indagare sulla personalità del Cristo come problema storico va da sé. Nella storia, quella seria, non esistono tabù o argomenti trattando i quali si rischia di venir considerati “revisionisti”.

E’ quindi legittimo trattare i Vangeli anche come fonti storiche di carattere narrativo e studiarli sotto questo aspetto, con tutti i metodi e gli strumenti del caso.
Fondandosi quindi sulle narrazioni evangeliche, e segnatamente su Luca, 2, 1-26, è stato possibile risalire all’anno della Sua nascita, quello del censimento indetto da Ottaviano Augusto; e quindi a quello approssimativo della morte, avvenuta durante il governo proconsolare di Ponzio Pilato della provincia imperiale di Siria. Ma quanto alla nascita, il còmputo messo a punto nel VI secolo dal monaco siriano Dioniso detto “il Piccolo”, residente in Roma, sembra contenere un errore per difetto di circa 6-8 anni: Gesù sarebbe nato quindi non già nel 753-754 di Roma (ab Urbe condita), bensì prima, verso il 746 e il 750 circa ; e morto trenta-trentatreenne più o meno fra il 776 e il 782 (poiché morì sotto Tiberio, a sua volta appunto morto in quell’anno).

Già nel IV secolo, quando la fede cristiana divenne per volontà di Costantino e di Licinio nel 313 (ma sulla base di un editto di Galerio di due anni prima) religio licita, erano in molti a pensare � in analogia con i culti pagani: il che non stupirà, dal momento che la stragrande maggioranza dei cristiani era ormai costituita da ebrei convertiti � che il Cristo fosse in realtà una figura mitica: e quel suo morire e risorgere veniva posto in effetti in rapporto analogico con il mito dionisiaco o con il ciclo apparente del sole che ogni notte si nasconde e rinasce ogni mattino. Per questo appunto i Padri riuniti nel 325 nel Concilio di Nicea stabilirono nel loro documento conclusivo � il Synbolon – che l’indubitabile realtà della vita del Cristo costituiva verità di fede alla quale il cristiano era tenuto a credere, non un dato storico suscettibile di dimostrazione e bisognoso di prove.

Una volta stabilito d’altronde che l’anno preciso della nascita del redentore era ignoto, e ricavatolo sulla base di un opinabile còmputo, il giorno e il mese restavano avvolti nel mistero: il che era d’altronde paradossale in una cultura che tanto spazio dava all’importanza delle costellazioni e degli oroscopi. Il racconto evangelico forniva al riguardo una sia pur imprecisa e generica traccia: parlava della presenza vicino al luogo della nascita del Bambino di alcuni pastori che passavano la notte all’addiaccio. Dato il regime di transumanza dei pastori della Giudea e la posizione altimetrica di Betlemme, a circa 700 metri sul livello del mare, si doveva evidentemente essere in periodo primaverile-estivo, quando le greggi vengono trasferite in altura per scendere poi verso il mare con l’autunno (“Settembre: andiamo, è tempo di migrare”, canta l’abruzzese Gabriele D’Annunzio).

Viceversa, nella nostra sensibilità e nella nostra tradizione, il Natale è una festa d’inverno. Il presepe � una tradizione avviata a quel che pare nel 1223 da Francesco d’Assisi � associa inestricabilmente la nascita del Signore a un paesaggio montano innevato, per quanto il gusto orientalistico ottocentesco (incoraggiato dalla presenza di personaggi obbligatoriamente abbigliati “all’orientale”, i magi) lo abbia arricchito di palme e di fondali dove sono rappresentati oasi e deserti: a dire il vero, poco palestinesi. Nei paesi protestanti, una tradizione che si vuol far risalire a Martin Lutero ha imposto la variante invernale dell’albero scintillante di ornamenti e di neve ghiacciata. Ma in realtà le scelte di Francesco e di Lutero sono state tutt’altro che arbitrarie, per quel che attiene al radicamento della nascita di Gesù in inverno. Tale era già, ai loro rispettivi tempi, una tradizione radicata e irreversibile.

Tradizione e acculturazione. Prima, però, non era stato così. Per quanto è dato sapere, già fino dal tempo del primitivo sviluppo del cristianesimo venivano proposte diverse date per la nascita del Cristo: il 6 gennaio, il 28 marzo, il 19 aprile, il 29 maggio. Ma il cristianesimo orientale, in particolare egiziano, aveva imposto piuttosto presto la consuetudine di celebrare insieme, in una sola festa, la Natività e l’Epifania (cioè il riconoscimento della divinità e della regalità del Bambino): ciò avveniva il 6 gennaio, data in cui tuttora si celebra il natale nelle Chiese cristiane ortodosse e orientali. Tale giorno era stato scelto, secondo un tipico schema acculturativo, in quanto coincidente con una festa dedicata alla dea Iside durante la quale si adorava la sua divina maternità e si celebrava la consacrazione in suo onore delle acque. Difatti, da allora, la data del 6 gennaio venne strettamente legata, anche nel calendario liturgico cristiano, a due altre ricorrenze in cui all’elemento acqueo spettava un ruolo fondamentale: il battesimo del Cristo nel Giordano e il miracolo del mutamento dell’acqua in vino in Cana di Galilea.

Tale celebrazione non parve tuttavia adatta al mondo cristiano latino, per quanto il culto isiaco fosse, nel IV secolo, impiantato nell’intero bacino mediterraneo e anche a Roma: o forse proprio in quanto la festa isiaca delle acque vaniva certo celebrata anche lì, ma non aveva mai perduto quel tanto di esotico, di remoto rispetto alle tradizioni locali, che la faceva apparire estranea.
Nell’Urbe, c’era tuttavia un’altra festa molto popolare che si celebrava a sua volta all’inizio dell’inverno: in tale data gli imperatori usavano concedere al popolo romano generose elargizioni di grano e di vino. Si trattava del 25 dicembre, giorno centrale del periodo di due settimane durante il quale (dal 18 dicembre fino alle Calende di gennaio, giorno di apertura dell’anno nuovo secondo il calendario giuliano) in tutta Roma veniva celebrato il solstizio d’inverno, festa dedicata al dio d’origine indo-persiana Mithra.

La nascita di Mithra ha, nel mito che lo riguarda, singolari somiglianze con quella di Gesù nel racconto evangelico: vi figurano la grotta, la stella annunziante, gli animali sacri al dio che sono il toro e l’onagro, cioè l’asino selvatico: insomma, tutti gli elementi del presepio cristiano, secondo un’immagine che già figura in un’opera scultorea presente a Roma nella chiesa di Santa Maria Maggiore.
Nel Vicino Oriente vi erano altre divinità che avevano dato origine a culti misterici che si erano andati fondendo con il mithraismo: ad esempio quelle di Attis o di Adone (dal semitico Adonai: il Signore). Un luogo cultuale sacro a Adone si trovava difatti proprio a Betlemme, e probabilmente � come sembra di capire da una testimonianza di san Gerolamo � la grotta nella quale si disse nato Gesù, e sulla quale sorse in età costantiniana la basilica della Natività, era in precedenza consacrata a Adone.

Mithra, la divinità misterica adorata in Roma, si era affermata come dio parallelo a una divinità solare d’origine siriana che talvolta con lui addirittura s’identifica: il Sol Comes Invictus. Si trattava soprattutto di culti militari, e fra III e IV secolo gli imperatori avevano cercato di farne il centro di una sorta di monoteismo incentrato sulla sacralità della loro persona, che con il Sol Comes s’identificava. Un tempio al Sol Comes – adorato durante le feste del solstizio d’inverno, quando il corso del sole comincia a rafforzarsi e le giornate si allungano – sorgeva nell’Urbe sul luogo dove oggi esiste la basilica di San Silvestro, al quale difatti la Chiesa dedica la festa liturgica dell’ultimo giorno dell’anno, quando alla vigilia delle Calende di gennaio i festeggiamenti solstiziali avevano termine.

Nella tradizione romana, il periodo delle celebrazioni solstiziali s’intrecciava con il tempo sacro a una tradizione ancora più antica: quella delle celebri Libertates decembris, durante le quali si celebrava ritualmente il periodico ritorno del cosmo al caos dal quale avrebbe dovuto uscire rinnovato in un ordine garantito dal calendario dell’anno nuovo; e durante il quale pertanto le abituali regole civili venivano ritualmente violate e sconvolte, gli uomini portavano vesti muliebri, i padroni servivano a mensa gli schiavi e s’incoronava pubblicamente un bambino, o uno schiavo, o un miserabile, facendolo Rex unius diei, “Re per un Giorno”. Si trattava di una tradizione ben nota al livello antropologico, quella del “rovesciamento dell’ordine”, tendente non già a cancellarlo bensì a rinnovarlo rafforzandolo. Tali usi, per molti versi affini alle feste dionisiache come i baccanali e con essi in parte confusi, si sarebbero trasferite in età cristiana a un altro momento nel quale si celebrava la fine dell’anno vecchio, cioè al periodo terminale dell’inverno, con il Carnevale.

Queste Libertates a Roma coincidevano con la settimana dei Saturnalia, dal 17 al 23 dicembre, in ricordo dell’età d’oro che vi sarebbe stata ai tempi del dio Saturno, quando non esistevano né schiavi né padroni. In realtà, il significato della festa era più profondo. Saturno s’identificava con l’ellenico Chronos, il dio ellenico signore e ordinatore del tempo (funzione in Roma ereditata poi dal dio Giano, il “Signore della Porta” � Ianua � che presiedeva al chiudersi dell’anno vecchio e all’aprirsi dell’anno nuovo). Il “ritorno al caos” alla fine dell’anno era un rito mimetico del disordine imperante in ogni era al suo tramontare: e preludeva alla restaurazione dell’ordine. Era quindi logico che, al chiudersi dei disordini saturnali di dicembre, il sole fin lì indebolito riprendesse col solstizio d’inverno il suo corso più vigoroso: e si celebrasse la nascita del Sole Bambino e dell’Anno Bambino, entrambi riassunti nella divinità imperiale del Sol
Comes�Mithra: che in quanto nuovo Sole era Kosmokrator, Signore del Cosmo, e in quanto nuovo Anno era Chronokrator, Signore del Tempo.
Celebrando il 25 dicembre la nascita del Cristo, Lo si associava all’imperatore che, convertito al cristianesimo, sarebbe stato suo vicario e sua figura in terra. In tal modo il Natale s’impiantò, nell’impero romano ormai guadagnato al cristianesimo, come festa romana, imperiale e solare.

Ma la lettura del Vangelo e il suo uso liturgico imponevano nella Chiesa latina un forte divario tra il Natale e l’Epifania. La data “solstiziale” del 25 dicembre era dotata di una sua forza cosmica e tradizionale irrinunziabile, che obliterava � ancora una volta secondo un procedimento obiettivamente acculturativa � la festa solare e imperiale conferendole al tempo stesso però una nuova, più forte legittimità cristica. D’altronde quella del 6 gennaio non faceva che spostare di alcuni giorni lo spazio sacrale delle due settimane già dedicate alle festività del solstizio e della fine dell’anno: tra 24 dicembre, la vigilia � nella tradizione liturgica cristiana, ispirata a quella ebraica, il giorno cominciava con i vespri � e il 6 gennaio v’erano appunto 14 giorni, calcolando quello d’inizio e quello di fine del còmputo. Ma più importanti dei 14 giorni erano le 13 notti comprese tra quella precedente il Dies Natalis � la notte appunto della Natività � e quella dell’Epifania, quella nella quale i magi venuti dall’Oriente guidati dalla stella avevano con la loro adorazione e la loro offerta dei doni riconosciuto esplicitamente il Bambino come Vero Dio (l’incenso), Vero Re (l’oro) e Vero Uomo (la mirra). Nella notte dell’Epifania, appunto, la Chiesa usa proclamare solennemente l’ordine dell’anno che si sta aprendo sancendo il calendario delle solennità liturgiche deputate a scandirlo. Il fatidico numero 13 rappresenta, per i cristiani, i dodici mesi dell’anno ma al tempo stesso anche le costellazioni dello zodiaco � che è lo “spazio ciclico” del tempo” � successivamente visitate dal sole secondo il sistema tolemaico (per quanto l’immagine del sole al centro del cerchio zodiacale già anticipasse simbolicamente, su una base a quel che sembra pitagorica, il sistema eliocentrico che si sarebbe affermato solo con Copernico). Ma il sole, signore del tempo (l’anno, le costellazioni) come dello spazio (la terra che esso percorre durante le 24 ore del giorno) è a sua volta figura del Cristo, Signore appunto dello spazio cosmico (Kosmokrator) e al tempo stesso del tempo (Kronokrator). Il sole e le costellazioni, unite, formano appunto il numero 13 (12+1).

La tradizione cristiana, appoggiata alla liturgia e alla consuetudine secondo al quale ogni giorno ha un suo patrono, ha conferito quindi alle dodici notti precedenti l’Epifania (la notte della pienezza del potere divino) un valore intenso e compendioso: in ognuna di esse noi attraversiamo sinteticamente un mese dell’anno e dal suo decorso possiamo trarne perfino i relativi auspici. Ogni regione cristiana ha al riguardo le sue credenze speciali, le sue consuetudini, magari anche i suoi colori e i suoi sapori

Il calendario e il folklore. Le “Tredici Notti”. La notte della vigilia, tra il 24 e il 25, è quella che rinvia al futuro mese di gennaio: è la notte di apertura, dell’inizio di tutto: notte santa, di digiuno e di preghiera, notte di astensione dalle pratiche sessuali e dal cibo carneo, notte di rovesciamento delle regole cosmiche in cui si dice che gli animali parlino nelle stalle (essi, i servitori, si appropriano saturnalisticamente dei poteri umani) e possano anche profetare; quella tra il 25 e il 26, la notte dedicata al protomartire Stefano, è la notte del febbraio, la notte del mese delle febbri e della fine dell’inverno in cui si accendono i roghi di purificazione degli animali minacciati dalle epidemie; quella tra il 26 e il 27 era la notte del marzo nel quale comincia la primavera, la notte sacra a Giovanni Evangelista, una delle due Ianuae del cerchio zodiacale divino in quanto patrono del solstizio d’inverno come Giovanni Battista lo era di quello d’estate (che all’alba del 24 giugno il disco solare rilucesse come un piatto d’oro sul quale era adagiata la testa del Battista fatto decapitare da Erodiade era tradizione diffusa: per l’Abruzzo la ricorda splendidamente il D’Annunzio nel primo atto de La figlia di Iorio); la notte successiva, quella dell’aprile tra 27 e 28, era quella degli Innocenti e veniva considerata preludente a un giorno di pietà (secondo una diffusa superstizione, il giorno della settimana nel quale è caduta la solennità degli Innocenti � che quest’anno, cadendo nell’ultima domenica dell’anno, sarà però consacrata alla Sacra Famiglia � è considerato dies nigro signanda lapillo, durante il quale è sconsigliabile avviare qualunque attività); segue la notte tra il 28 e il 29, la notte di maggio dedicata al profeta, re e poeta David; quella durante al quale si antivede il giugno è la notte del 29-30, sacra a san Savino; infine, il solare luglio � il mese della costellazione del Leone � coincide con la notte fra il 31 e il primo di gennaio, la notte di fine d’anno dedicata a san Silvestro papa, colui che secondo la tradizione battezzò Costantino avviando così una nuova era, quella della Cristianità; tra il primo e il 2 si pensa all’agosto, fra il 2 e il 3 a settembre, fra il 3 e il 4 a ottobre, fra il 4 e il 5 a novembre; tra il 6 e il 6 infine a dicembre.

Ed è quella dell’Epifania, quella magica e mirabile in cui tutto può accadere, la notte dei regali ma anche delle creature arcane che solcano il cielo (le Bonae Res, la “Compagnia di Diana”, le presenze consacrate alla femminilità e alla vecchiaia � come le moire, le Parche, poi le streghe � che il folklore cristiano ha trasformato nella vecchia bonaria ma ambigua dal nome volgarizzato della festa stessa, la “Befana”, la quale torna tra Carnevale e Quaresima come Vecchia-Anno Trascorso-Albero Secco-Penuria di Cibo da ritualmente “segare” o, secondo altre tradizioni, “bruciare”).

Ricchezza, ambiguità, contraddizione, paradosso accompagnano sempre queste solennità che disegnano un universo mentale collettivo festoso eppure selvaggio, allegro e al tempo stesso demonico, divino eppure costantemente accompagnato e talora minacciato dall’ombra dell’infero. Peccato che di queste usanze quel che non si è salvato in quanto funzionalmente connesso al consumismo e all’industria del regalo e dello sfruttamento delle feste dedicate ai bambini sia quasi scomparso. Peccato che quel che sopravvive sia ancora una volta connesso con la società dei consumi e con una tradizione dimenticata e rivissuta in termini horror-kitch, la vecchia solennità celtica degli antenati che si celebrava in autunno, che i monaci cluniacensi tra X e XI secolo trasformarono in solennità dei Santi e dei defunti e che ci è ritornata, paganizzata e ridicolizzata dall’America degli agricoltori protestanti che avevano rinnegato i santi ma continuavano a temere diavoli, fantasmi e streghe, nella macabra inconsapevolezza esorcistica dello Halloween. E’ tutto quel che ci rimane, nell’ immiserito linguaggio simbolico della morente Modernità. E’ tutto quel che passeremo ai nostri figli, ai quali non siamo stati capaci di trasmettere né la religiosità né la tradizione, ai quali non abbiamo insegnato né la preghiera, né le fiabe. Buon Natale al colesterolo, buon Capodanno all’insegna delle violenze notturne. E’ tutto quel che ci resta e che ci meritiamo.

Tra senso tradizionale della festa e consumismo moderno: le usanze natalizie a tavola “Nun vedo l’ora che vène Natale � pe’ famme ‘ma magnata de torone; – pe’ famme na’ magnata de torone � pe’ famme ‘na bevuta dar boccale”. E’ uno stornello dei bulli di Trastevere del tempo della miseria, quello di Belli ma ancora di quello di Trilussa. Il Natale come occasione di mangiare finalmente a sazietà qualcosa di buono, per una bella bevuta in libertà. Alla quartina romanesca rispondeva, anni più tardi, una canzone di Renato Carosone e Gegè di Giacomo dedicata, in pieni Anni Cinquanta, a un’altra miseria: quella della Napoli di un dopoguerra non ancor del tutto trascorso, la Napoli ch’era ancora per tanti versi quella della Pelle di Malaparte: “mo’ vène Natale � nun tengo dinare: – me leggo o’ giornale � e me vad’a’ccuccà”. Alla tristezza un po’ spaccona del trasteverino costretto ad aspettar Natale per mangiare e per bere un po’ meglio del solito rispondeva la disperazione allegra del miserabile napoletano che, senza un soldo, nel giorno di festa poteva solo ingannare la fame andandosene a letto.
In entrambe le situazioni, la povertà e magari la fame si misurano con la coscienza del tempo festivo. Questi due esempi potrebbero sembrare privi di qualunque aggancio con il carattere spirituale della grande festa, ma non è così. Presupposto di entrambi è che per Natale bisogna far festa, e che se ciò non è possibile tanto vale non vivere nemmeno un giorno come quello, andarsene a dormire. In due occasioni, Francesco d’Assisi associa a sua volta il Natale alla necessità di far festa, e festa espressa anzitutto attraverso il cibo: quando dice che, se gli capiterà d’incontrare l’imperatore, gli chiederà un editto che ordini a tutti di spargere per Natale granaglie per strada in modo che gli uccelli dell’aria possano aver di che mangiare quel giorno in abbondanza; e quando dichiara che sia intenzione sarebbe, per Natale, di strofinare pezzi di carne sui muri affinché perfino pietre e mattoni potessero godere di quell’abbondanza.

Che la festa si celebri e si onori anzitutto per mezzo di banchetti, conviti e simposi è una realtà comune si può dire a qualunque civiltà tra le molte che il genere umano è stato capace nei millenni di concepire; non meno comune è, d’altra parte, il rapporto tra penitenza, dolore, e astensione dal cibo. La festa si onora con quella che gli antropologi definiscono l’”orgia”: che non ha nulla del significato che volgarmente in italiano le si attribuisce, ma che significa semplicemente occasione durante la quale il cibo e le bevande, di qualità e in abbondanza, vengono consumati oltre il bisogno, talvolta fino alla totale distruzione delle scorte. Il valore di ciò è essenzialmente rituale: si consuma oltre il bisogno in certe occasioni con lo stesso atteggiamento devozionale con il quale ci si astiene da certi cibi o da certe bevande oppure si digiuna totalmente in altre. Alla base di tale comportamento, nelle società tradizionali, c’è la coscienza di una profonda differenza tra giorni “festivi” e giorni “feriali”: la Modernità occidentale ha sistematicamente reagito ad essa sostituendole la distinzione tra giorni “di riposo” e giorni “di lavoro”, quindi azzerando il concetto sacrale e comunitario di festa per imporre al suo posto un diverso modello antropologico fondato sulla primarietà dell’uomo come produttore di ricchezza.

Da un malinteso apprezzamento di tale realtà dipende la reazione di chi vorrebbe eliminare quel che resta, magari al livello inconscio, di “senso della festa” nel Natale, appiattendo tutto il desiderio e il bisogno di mangiare, bere e vivere convivialmente meglio sulla misura del consumismo. Una sia pure graduale riconquista del senso del Sacro dovrebbe, al contrario, proprio partire da un’accentuazione conferita di nuovo alla festa, da un rinnovato e più profondo senso della sacralità che ai giorni festivi è propria e quindi da una distinzione profonda, anche esistenziale, rispetto alle consuetudine dei giorni feriali. Non è di domenica, o a Natale, che si dovrebbe mangiare “come tutti i giorni” per reagire al consumismo; è, al contrario, giorno per giorno che sarebbe opportuno limitare qualitativamente e quantitativamente i consumi per sottolineare quel che il cristianesimo, religione del pane e del vino, fondamentalmente ripete, cioè che anche il cibo e il vino sono di per sé suscettibili di essere investiti di sacralità.

Da qui gli usi natalizi incentrati non solo sul consumo, ma anche sulla preparazione comunitaria della tavola e del cibo della festa. L’avvento serve anche a questo: nella società tradizionale europea era il tempo nel quale si uccideva il porco e se ne destinava gran parte al consumo differito per mezzo di vari sistemi di conservazione; immediatamente prima, nelle ultime settimane del tempo liturgico ordinario (“per san Martino”), si procedeva alla svinatura; quindi ci si dava alle preparazioni che richiedevano un certo tempo, come la preparazione di conserve, marmellate e confetture.

Alla festa, non si arrivava senza la vigilia: almeno 24 ore di digiuno e/o d’astinenza. Sulla tavola della vigilia, necessariamente � e ritualmente: l’economia non c’entra � povera e spoglia, comparivano cibi frugali e non carnei: minestre o zuppe a base di cereali, di verdura (le cime di rapa stufate con i panzerotti della cucina pugliese) o di frutti “poveri” (la minestra di castagne secche bollite diffusa in tutto l’arco alpino e appenninico con molte variabili: talora in semplice acqua priva di sale cui si aggiungeva devozionalmente un cucchiaino di cenere); o naturalmente il pesce, guardato peraltro con qualche sospetto in quanto si trattava di un cibo spesso ricercato e costoso. Il principe della tavola natalizia della vigilia, che in qualche regione specie del su arriva fino al pranzo stesso di Natale, è il capitone: la grossa anguilla, consumata in ricordo della lotta e della vittoria contro “l’Antico Serpente”, e quindi immolata nella notte nella quale Gesù, nascendo, ha ucciso il Male; ma anche ricordo forse d’un’antica tradizione cristiana orientale, quella della celebrazione del Natale coincidente con l’Epifania, il 6 gennaio, antica festività di Iside signora delle acque cui i pesci erano graditi.

Se la vigilia è giorno “di magro”, nel Natale invece il grasso trionfa: ed è sovente – non necessariamente � grasso della carne di porco o di grossi bipedi da cortile, come il cappone (meno comune l’oca, che arrostita e ripiena di carne di maiale e di frutta troneggia oltralpe sulle tavole), ma comunque associato di solito, tra noi, alla cottura nell’acqua, la bollitura. Il Natale è la festa del bollito come la Pasqua è quella dell’arrosto: i due tipi di bollitura rinviano a due tipi diversi di socialità, quella contadina del focolare su cui si dispongono i recipienti per la cottura indiretta e quella pastorale del forno o dello spiedo o della griglia “sacrificatorii”, per la cottura diretta. Per devozione al bambino, che come tutti i bambini del mondo ha bisogno di cibi teneri e più facili da digerirsi, il Natale è la festa della pasta ripiena servita in minestra (i vari tortellini, ravioli, cappelletti in brodo).

I dolci sono un altro elemento tipico della mensa natalizia: e debbono richiamare il pane quotidiano arricchito di zucchero, canditi, frutta secca. E’ un pane speciale, la buccella dei romani (a Lucca si fa ancora il “buccellato”: ciambella di pane soffice e dolce condito con uvetta e semi di anice). I vari Christstollen tedeschi, il panettone milanese, il pandolce genovese, i “pani dei pescatori” veneziani, sono pani di farina di grano variamente arricchiti; e al pane si richiamano anche i dolci nei quali si fa ampio uso anche di conserva di frutta secca o, adesso di cioccolato, come il “panforte” senese e volterrano e il “panpepato” ferrarese (originariamente, entrambi dovrebbero contenere anche semi di pepe nel loro impasto). Talora ai pani si sostituiscono biscotti o ciambelle (come le “cartellate” pugliesi, frittelle al mosto cotto o al miele). Il torrone cremonese è a sua volta un pane speciale, nel quale alla farina si sostituisce integralmente lo zucchero condito miele, albume d’uovo, frutta secca.

Ma il Natale, che nella tradizione latina si è andato costruendo per acculturazione attorno alla festa pagane del solstizio d’inverno (divenuta festa della regalità sacra dell’imperatore) e alle libertates decembris, è in realtà una “festa lunga”. La tradizione cristiana delle “Tredici Notti” (quella rammentata da Shakespeare in

La Notte dell’Epifania) attribuisce un significato speciale a ciascuno dei dodici giorni tra Natale ed Epifania). Il cenone di Capodanno è una specie di “secondo cenone di natale” in cui però trionfa il maiale bollito (zamponi, cotechini ecc,) accompagnato da legumi o seguito da frutta che debbono ricordare in qualche modo la forma del danaro (quello metallico, naturalmente), come auspicio di prosperità per l’anno nuovo: quindi lenticchie o chicchi d’uva).

Una volta, per ricordarsi che anche il cibo è preghiera, i Pater, le Ave e le poste del rosario servivano ottimamente come timer: mia nonna non usava mai l’orologio per cuocere i tortellini natalizi nel brodo, ma sapeva perfettamente quante Ave Maria erano necessarie per cuocere a puntino i vari tipi di pasta. Di recente, nell’Atlante marocchino, ho visto fare lo stesso: recitare alcune sure del Corano (che sono 114, di differente lunghezza) a seconda del punto di cottura della semola del cuscus che si voleva ottenere. “Tu usi le preghiere come scusa per far bollire le pentole”, rimproveravo mia nonna. “Nemmeno per idea � mi rispondeva lei -: faccio bollire le pentole come scusa per pregare”. Perché � commenterebbe un musulmano � se Dio non volesse, nemmeno le pentole bollirebbero. Il che è una bella variabile del nostro panem nostrum cotidianum da nobis hodie.

Franco Cardini

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Legge del karma o del Menga?, poveri per legge, la visione dell’uomo di Conoscenza, Boldrini e soros santi subito, No TAP, ghiandola pineale, spiritual awakening…

karma

Il Giornaletto di Saul del 12 dicembre 2017 – Legge del karma o del Menga?, poveri per legge, la visione dell’uomo di Conoscenza, Boldrini e Soros santi subito, No TAP, ghiandola pineale, spiritual awakening…

Care, cari, quando si vive secondo il retto pensare, il retto sentire e il retto agire i risultati, o conseguenze, sono sempre felici. Sfortunatamente il retto pensiero, il retto sentire e la retta azione sono impossibili finché una seconda natura in-umana (l’ego) agirà dentro di noi, attraverso di noi. E’ indubbio che l’Ego commette molti e numerosi errori, il cui risultato è il dolore. La Legge dell’Azione e delle Conseguenze (karma) governa il corso delle nostre varie esistenze e ogni vita è il risultato di quella precedente. Comprendere integralmente le basi e il modus operandi della legge del karma è indispensabile per orientare la barca della nostra vita.. (Fraternità Universale Bianca) … – Continua: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2017/12/11/la-legge-del-karma-che-governa-tutto-il-creato/

Commento di Samaela: “Karma individuale- è quello che dobbiamo pagare per le nostre azioni personali negative; sono come delle cambiali che devono essere pagate e cancellate. Karma familiare- quando all’interno di una famiglia tutte le persone hanno debiti con la legge karmica; in questo modo tutti soffrono e a loro volta fanno soffrire. Karma collettivo- è il karma che può subire il quartiere di una città, un paese, o una nazione, come ad esempio un’epidemia o un’inondazione. Karma mondiale-è il castigo a livello mondiale…” – Continua in calce al link sopra segnalato

Commento di M.B: “A conferma si veda il film Linea Mortale, in cui 5 studenti di medicina fanno un esperimento di ibernazione, per vedere cosa c’è dopo la morte. Tale pratica induce in loro delle visioni” – Continua in calce al link sopra indicato

Integrazione di A. Devaraja Mudaliar: «Cosa ne è allora del libero arbitrio e della responsabilità individuale?». – Ramana Maharshi spiegò: «L’unica libertà che si ha, è di lottare per acquisire quella Conoscenza (jñana), che permette di non identificarsi con il corpo. Anche se il corpo è oggetto del prarabdha, l’uomo è libero di identificarsi con il corpo ed aderire ai frutti delle azioni, oppure, di rimanere distaccato ed essere un semplice testimone delle attività». Questo è un concetto che potrebbe essere di difficile accettazione perché stravolge ragionamenti molto diffusi, ma è esattamente l’essenza di quanto egli mi disse allora. Per questo aggiungo una sua citazione dal Thayumanavar: «Questo non deve essere insegnato a tutti, perché in molti casi, condurrebbe solo a discussioni infinite»

Impoverimento garantito ma “democratico” – Scrive Fernando Rossi: “Un imprenditore paga oltre il 60% di tasse, tra nazionali, regionali e locali, mentre un lavoratore autonomo, in regime forfettario, deve pagare ‘anticipatamente’ il 15 % di quanto percepito l’anno precedente. Quindi tasse ancor prima di percepire un compenso, e chi non li ha deve andare in banca o dagli strozzini a prenderli. Quasi uno su tre, il 30%, delle persone residenti in Italia, è a «rischio di povertà, esclusione sociale», registrando un peggioramento rispetto all’anno precedente…” – Continua: http://altracalcata-altromondo.blogspot.it/2017/12/impoverire-il-popolo-e-il-fine-di-ogni.html

Gerusalemme Liberata ed il re nudo – Scrive Agostino Chiesa Alciator a commento dell’articolo http://www.circolovegetarianocalcata.it/2017/12/10/gerusalemme-liberata-ed-il-riconoscimento-del-re-nudo-donald-trump/ -: “A conferma dell’acuta analisi di Brandi, la votazione -contestuale al riconoscimento presidenziale di Gerusalemme- alla Camera dei rappresentanti USA, che nega la messa in stato di accusa del Presidente, con una più che confortevole maggioranza. E’ il primo, non troppo alto, prezzo che ha dovuto pagare alla Loggia pan-sionista. Fra non molto, ne dovrà pagare il secondo, molto più alto: il riconoscimento delle colonie israeliane in Cisgiordania. Il terzo? La guerra all’Iran. Quando? Probabilmente se e nel momento in cui vorrà esser rieletto. Questo calendario è conosciuto da tempo, in particolare dalla Russia, che sta già preparando un strategia di risposta…”

Altro commento di F.R.: “La forzatura che la lobby sionista ha preteso da Trump, anche se sostenuta da centinaia di altri segnali imposti a suoi ‘dipendenti politico-finanziari’ nel mondo (in Italia spicca la Gazzetta dello Sport che dovrà far partire il Giro d’Italia 2018 dalla pretesa capitale del sionismo), si sta già rivelando un ulteriore boomerang e compatterà il mondo arabo-musulmano contro il sionismo (quello cristiano politico, nonostante la forte dipendenza dalla lobby ebraica segnala un disaccordo di facciata e quello religioso resta in stand-by, ma non potrà restarvi a lungo, visto che Gerusalemme è culla/capitale delle 3 religioni monoteiste).”

L’Uomo di conoscenza – Scrive Giammaria: “L’Uomo di Conoscenza (uomo o donna che sia), impegnato ed impeccabile, osserva gli eventi, le situazioni, senza farsene prendere e coinvolgere più di quel tanto; per lui nulla del quotidiano è importante o troppo importante, se pur a tutto può prender parte… gioie, dolori, successi, insuccessi, non lo travolgono … la sua è una “follia controllata”, per cui recita la sua parte, nel ruolo della società, così come la reciterebbe sulla scena, e in effetti si tratta di recitarla sulla scena della vita… “ – Continua: https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2017/12/11/luomo-di-conoscenza-ed-i-succhi-alchemici/

Bergoglio filo massone sorosiano – Scrive Giuseppe Bracchi: “Bergoglio guarda più al mondo che alla fede. Non si cura delle chiese sempre più vuote e marcia verso una politicizzazione ed omologazione di stampo massonico. Sarà un caso che a Siracusa si sia svolto proprio in questi giorni un Convegno sui rapporti fra Chiesa e Massoneria, così vicini e così lontani? Il magnate Soros ed il suo progetto per una unificazione mondiale delle chiese e delle religioni di origine semita insegnano molto al riguardo. Chissà che Fourier e Saint Simon non vedano trionfare presto le loro balzane idee…”

Boldrini e soros, santi subito – Scrive Fulvio Grimaldi: “Ha provato la sua nobilitade con l’appassionata aderenza allo Zeitgeist (vernacolarmente “trend”) che caratterizza la nostra superiore civiltà non lasciandosi sfuggire nessuna delle campagne SMS che sostengono e promuovono i valori delle democrazie occidentali. L’hanno vista alla testa e in vetta alle schiere combattenti, novella Marianna nel quadro di Delacroix, contro gli haters calunniatori delle Ong sorosiane salvavite nel Mediterraneo…” – Continua: http://paolodarpini.blogspot.it/2017/12/boldrini-e-soros-santi-subito.html

Conto alla rovescia – Scrive Il Mattinale: “E’ iniziato il conto alla rovescia per la fine della legislatura. A Capodanno il presidente Mattarella dovrebbe sciogliere le Camere. Proseguono intanto a sinistra gli scontri interni. Torna a parlare Pietro Grasso: sono io che guiderò la sinistra, non D’Alema. E nello stesso tempo attacca Renzi: non vedo un futuro roseo per il Pd (in replica alle parole del segretario del Pd, che su Repubblica aveva parlato di un fallimento sicuro della leadership di Grasso)…”

Ghiandola pineale. Funzioni – Scrive Paola Botta Beltramo: “La pineale è anche detta epifisi, il cui significato è “al di sopra della natura” e come tale polare rispetto all’ipofisi, termine che significa “sotto la natura”. Con queste definizioni gli antichi medici dimostrarono di aver già compreso, in essenza, il significato fisiologico dell’epifisi e dell’ipofisi, rispettivamente coinvolte nella regolazione degli organismi viventi sula base di elementi che stanno al di sopra della semplice vita biologica (pineale o epifisi) o che ricadono all’interno della vita biologica vegetativa (ipofisi) per attività emozionale dell’asse ipotalamico-ipofisario-surrenale….” – Continua: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2015/12/epifisi-la-ghiandola-al-di-sopra-della.html

Sant’Oreste. Riconoscimento serpenti – Scrive Avventura Soratte: “Percorso formativo per una corretta conoscenza di colubri e vipere, un’adeguata metodologia e le basi per una gestione dei conflitti riguardanti i serpenti italiani. Iniziativa valida ai fini dell’aggiornamento professionale A.I.G.A.E. Docente: Vincenzo Ferri, zoologo dell’Università “Tor Vergata”. Sabato 16 dicembre 2017.  al Museo Naturalistico del Monte Soratte, Sant’Oreste (RM). Info: avventurasoratte@gmail.com”

Karma Genealogico – Scrive P. B.B. a commento dell’articolo https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2016/12/il-karma-genealogico-tra-jung-ed-hamer.html?showComment=1513008059499#c3956911646174905380 -: “Gibran, nel suo libro il Profeta, scrisse relativamente a colpa e castigo: “E come la singola foglia non ingiallisce senza che ne abbia muta conoscenza l’intero albero – Così colui che erra non può far torto senza una segreta volontà di voi tutti – Come in processione procedete tutti verso il vostro io divino – Voi siete la via e i viandanti – E quando uno di voi cade, cade per quelli che lo seguono, quasi un avvertimento contro l’inciampo…” – Continua in calce al link segnalato

Intervista con Marco Renzi – Scrive Arpat: “Ormai la comunicazione sui social ha assunto un ruolo fondamentale. Secondo lei cosa dovrebbe fare in tale campo una pubblica amministrazione? – Risposta: Formazione di base ai propri dipendenti per imparare come si sta sui social, come si scrive sui social, come si interagisce con i cittadini attraverso le reti sociali, come si gestisce un’emergenza attraverso i social, come si gestiscono i commenti (anche e soprattutto quelli malevoli) sui social, come si utilizzano i social per creare e gestire servizi per la comunità…” – Continua: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2017/12/marco-renzi-giornalismo-digitale-ed.html

No allo sventramento dei territori: NO TAP – Scrive CIR: “8/12/2017 parte il Corteo Carovana NO TAP “per la tutela e benessere dei territori” – In questi giorni si sta ultimando il calendario con le tappe della Carovana NO TAP, che toccherà tutte le regioni interessate dal passaggio del gasdotto TAP, dal Melendugno a Milano. Il lancio ufficiale della Carovana avverrà l’8 dicembre 2017 con partenza da Lecce, in concomitanza con la manifestazione NO TAV a Venaus… – Info: cir.informa@gmail.com”

Nota: “Passaggio a Fiastra previsto per il 13 gennaio 2018”

Spiritual awakening and steady realization of Sel – The experience of the ultimate state, of the consciousness free from identification, is exhibited in various spiritual schools such as: Satori, Holy Spirit, Samadhi, Shaktipat, etc. Usually it is meant that this experience of “awakening” to one’s nature is due to a particular condition of openness in which the “grace” of the Self (pure Consciousness) can manifest itself and impart the knowledge of what we have always been and always will be . Unfortunately, due to the accumulation of “vasana” mental tendencies, the lived experience does not always stabilize in permanent realization… – Continue (con testo italiano): https://bioregionalismo.blogspot.it/2017/12/importance-of-spiritual-awakening-and.html

Ciao, Paolo/Saul

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“Tu hai diritto di compiere i tuoi doveri prescritti, ma non di godere dei frutti dell’azione. Non credere mai di essere la causa delle conseguenze dell’azione, e non cercare mai di sfuggire al tuo dovere. Compi il tuo dovere con fermezza, o Arjuna, senza attaccamento al successo o al fallimento. Questa equanimità si chiama yoga.” (Bhagavad Gita)

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