Lettera a Bergoglio, Parolin, Bagnasco e Galantino sul giubileo riformato

Al Vescovo di Roma Jorge Mario Bergoglio
al Segretario di Stato Pietro Parolin
al Cardinale Angelo Bagnasco
al Vescovo Nunzio Galantino

Il Giubileo dev’essere riformato

Ora che il Giubileo della misericordia si è chiuso, una radicale riflessione dev’essere fatta per riformare e trasformare il Giubileo cattolico; dopo sette secoli.
Perché resta sempre legato al principio dell’indulgenza plenaria ottenuta attraversando la Porta Santa (estesa poi anche a diocesi e parrocchie) recitando i cinque Pater Ave Gloria (più confessione e comunione).
Oggi che l’idea d’indulgenza planaria, cioè di una remissione della pena temporale che ogni peccato porterebbe con sé, come la trasgressione della legge dello Stato porta con sé una pena, si rivela una concezione giuridistica che non ha nessun serio fondamento nelle Scritture.
Come non ha nessun serio fondamento quel purgatorio con la sua pena di fuoco orrenda certo; pena corporale per anime spirituali; e che viene sancito assai tardi, dai Concili Lionese II e Fiorentino.
Legato inoltre alla ripetizione di una preghiera vocale.

Dovrebbe semmai ispirarsi all’antico Giubileo ebraico, anno di reale remissione: quando le terre ritornavano al proprietario primiero (ciò che ha impedito il formarsi di un’aristocrazia appunto terriera), gli schiavi ebrei venivano liberati, i debiti venivano rimessi.
Dovrebbe quindi consistere essenzialmente in opere di amore fraterno:
Il povero anzitutto, cui va anzitutto il precetto evangelico: se senzatetto trovargli casa (a partire dagli edifici e beni posseduti dalla Chiesa, da quelli magari vuoti posseduti dallo Stato, come le caserme; casette a schiera da costruire); se disoccupato trovargli lavoro;
se indigente dargli un costante aiuto.
Col povero, l’immigrato similmente bisognoso.
L’handicappato, che possibilmente dev’essere introdotto in una vita e un lavoro come gli altri.
Il carcerato, col principio che il carcere è essenzialmente privazione di libertà, senz’altre pene accessorie: la cella, l’abito a strisce, il cibo scadente. Il carcere dev’essere un tempo libero in cui migliorare la formazione culturale e morale.
In quell’anno diocesi e parrocchie devono in questo impegnarsi a fondo, con riunioni settimanali dei fedeli, con commissioni. Con un rendiconto finale.

Prof. Arrigo Colombo

Arrigo Colombo, Centro interuniversitario di ricerca sull’Utopia, Università del Salento-Lecce
Via Monte S.Michele 49, 73100 Lecce, tel. 0832-314160
E-mail arribo@libero.it/ Pag web http://digilander.libero.it/ColomboUtopia

I commenti sono disabilitati.