Archivio di febbraio 2013

Agricoltura bioregionale equivale ad agricoltura naturale, cioè senza stravolgimenti meccanici del terreno e senza sostanze chimiche

Ante Scriptum

A ”grande richiesta” e vi ringrazio della possibilità di diffondere questo tipo di informazione, vi invio un mio primo scritto “bioregionale” (come direbbe Paolo D’Arpini), comunque di agro ecologia o che dir si voglia di questi temi non importa, quanto la loro sostanza. Non penso a copyright, lo pubblicherò anche sul mio blog di cui mi sono anche dimenticato il www e debbo andarlo a cercare, sul quale ho già pubblicato anche altre cose ma che non curo più da un po’ di tempo.

Ripescando nelle memorie dei mie studi, ricerche ed esperienze, senza fretta e pressioni, quando ne avrò voglia ed ispirazione ne “produrrò” anche altri di questi scritti e poi ve li inoltro. C’è la neve fuori oggi, è inverno, periodo di interiorizzazione, di guardarsi anche dentro cioè, secondo i il tempo dei cicli naturali e contadini. Se ci sono correzioni da fare vi prego di farmele notare, perché non sono scrittore di professione e chi abbia più dimestichezza con la lingua italiana può opportunamente rendere migliore e più fluido il testo. Fatemi sapere, ciao, Alberto

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Un terreno qualsiasi, lasciato incolto, o messo a nudo per qualche ragione, uno sbancamento, una frana, un incendio è una lesione all’epidermide di Gaia, viene ricolonizzato dalla Natura e riportato al selvatico. Come sulla nostra pelle si cicatrizza una ferita superficiale.

Quello agrario si riveste immediatamente di un manto erboso di cosiddette “infestanti”, secondo la vulgata agrochimica, ossia specie che nessun agricoltore vorrebbe tra le sue coltivazioni, dalla gramigna allo stoppione spinoso, e quindi chenopodio, amaranto, persicaria e tante altre erbe i cui semi giacciono latenti nel suolo indisturbato e trovano le condizioni adatte per germinare. O semi portati dal vento, dagli uccelli e da altri animali, indigeriti e rilasciati tra le loro feci che ne fanno da corredo di primo concime nutritizio; o semi aggrappatisi nel passaggio attraverso altri luoghi incolti alle loro piume e pellicce e da queste caduti su quel terreno. Non solo semi di erbe, ma anche di cespugli e piante, dai rovi, alle vitalbe e quindi pioppi, acacie, aceri, biancospini, querce, di tutto e di più che ci possa essere disponibile viene impiegato dalla Natura alla rigenerazione biologica di quel terreno. Ci sono piante azoto-fissatrici, tutte concorrono con il loro decadimento alla formazione di humus forestale. Alcune affondano le loro radici in profondità per riportare in superficie minerali che verranno quindi resi disponibili al nutrimento vegetale di altre piante.

In primavera ed estate un terreno incolto, rivestito, esplode della bellezza di fioriture e profumi, attira api ed insetti, inizia a popolarsi di vita biologica.

Quel terreno è irradiato di luce e calore solare nell’ordine misurabile di centinaia di watt a metro quadro, variabili a seconda delle stagioni, in cui diverso è l’angolo di inclinazione dei raggi provenienti dalla nostra fonte primaria della vita. Non dimentichiamo mai neppure il fatto che tutti gli elementi terrestri solidi, gassosi o liquidi derivano dalla scissione nucleare dell’Idrogeno in Elio, un atomo e un elettrone diventano un altro atomo con due elettroni, e quindi, tre nel Litio , poi quattro, sei come nel Carbonio, sette nell’Azoto o otto come nell’Ossigeno e così via. Elementi che sono nell’Universo delle Galassie oltre che componenti della materia inorganica ed organica del nostro pianeta. Nel cosmo esistono già, inoltre, anche forme di vita organica, molecole e batteri che resistono nel vuoto e a enormi sbalzi termici, dallo zero assoluto di scala Kelvin alle ustionanti radiazioni solari le quali, oltre la nostra pellicola protettiva dell’atmosfera terrestre e delle fasce elettromagnetiche, sono mortali al pari del gelo estremo.

Qui, sulla Terra, in quel terreno incolto e spoglio che si rigenera alla vita selvatica, gli elementi minerali si compongono su modelli predefiniti a creare la struttura delle cellule vegetali, delle radici, fusti, foglie, fiori e semi. L’energia solare fa da catalizzatore al processo di fotosintesi, in cui dalla linfa radicale e dall’atmosfera nelle piante si sintetizza la molecola fondamentale di tutta la catena alimentare, quella dell’idrogeno e del carbonio, alla quale si aggregano gli altri elementi a formare gli zuccheri, la cellulosa ed altri composti dei tessuti ed organismi vegetali.

Questo è il grande miracolo della Vita che accade ogni momento, da milioni di anni, che passa inosservato e dimenticato, come banale è anche il sorgere e tramontare degli astri e dei pianeti, che avviene nell’indifferenza più inconsapevole degli esseri umani moderni. Gli animali sono invece molto più sensibili, celebrano a modo loro, ogni giorno, la Vita: pensiamo al canto degli uccelli all’alba, alle grandi sinfonie che in primavera, alla mattina presto, ancora col buio, si alzano ovunque, dalle siepi e dagli alberi, dalle erbe dei prati. L’arrivo e l’esplosione del nuovo ciclo vitale dell’anno è marcato dal canto degli uccelli sino all’estate, le cui notti sono intrise dei canti di grilli, rane e cicale, degli assoli degli usignoli.

Tornando al tema, l’energia solare, catalizzatrice della fotosintesi, si fissa nelle molecole vegetali come energia chimica di legame, la quale, ad ogni passaggio nei metabolismi animali viene rilasciata sotto forma di calore, secondo la legge della termodinamica, sino all’humus fine e principio di ogni processo vitale. I corpi animali erbivori si nutrono di materia vegetale, traggono dalla frantumazione ruminale e gastrica delle molecole gli elementi minerali materiali necessari alla costituzione e mantenimento dei loro tessuti ed al funzionamento dei loro organi ma ne traggono anche l’energia vitale che si libera come caloria, che noi misuriamo in unità di joule, dai corpi caldi degli animali al calore dei compost vegetali e dei cumuli di letame. Ci nutriamo anche di energia, di quella degli alimenti come del “prana”, dell’ossigeno ed azoto, gas rari dell’atmosfera, scientificamente definiti.

In quel terreno incolto, spoglio agli inizi, in cui la natura riprende la sua opera di colonizzazione del selvatico, la massa vegetale che si crea altro non è che un accumulo di energia solare immagazzinata nei legami molecolari delle piante, migliaia e milioni di calorie si fissano sulle strutture fondamentali del Carbonio e Idrogeno. Il Carbonio, in particolare, viene sequestrato, si dice, dall’atmosfera in cui si trova come gas e fissato al suolo, nelle piante e nel terreno. Quel terreno prima incolto diventa ricco di energia solare immagazzinata nella massa vegetale, la quale richiama come ospite e nutrimento le specie animali, si popola di vita, dalle forme più minuscole di batteri funghi e protozoi, all’edafon sino agli erbivori, agli onnivori ed ai carnivori.

Si ricrea un ecosistema naturale, una nicchia di ecosistema che provvede autonomamente dall’ingerenza umana all’organizzazione spontanea della propria sopravvivenza attraverso cicli vitali perenni e rinnovabili. La natura non ha bisogno dell’uomo per esistere, ne precede l’avvento di milioni di anni e la nostra comparsa accadde quando la natura stessa creò le condizioni adatte e favorevoli ad accoglierci nei propri ecosistemi naturali, fornendoci di ogni nutrimento e materia prima necessaria alla nostra sopravvivenza, sviluppo ed evoluzione. Nella catena, alimentare, non produciamo nulla, siamo commensali, ospiti alla mensa di Madre Terra.

Alberto Grosoli – agros59@tiscali.it

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Bioregionalismo ed agricoltura contadina… dal passato il futuro!

CULTURA DEI CAMPI COLTIVATI TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO

Sono agricoltore di scuola e tradizione organica, agronomo e storico autodidatta che, oltre alla pratica empirica, ricerco e studio da decenni la mia materia, l’Agricoltura.

Che non intendo solo come semplice coltivazione biologica o biodinamica dei campi, o un settore economico del vigente sistema di mercato capitalista globale, ma nella sua piena accezione originaria latina del termine il quale significa: cultura dei campi coltivati, ossia arte/mestiere, scienza, società, economia e spiritualità; cultura del rapporto diretto tra uomo e madre terra, tra humanus e humus, rapporto di humilitas, virtù opposta alla superbia: l’uomo è terra e tornerà inumato alla terra come ceneri di azoto, fosforo, potassio …

La mia conoscenza agronomica ed ecologica segue la linea storica che va dai cacciatori-raccoglitori agli allevatori e coltivatori, in cui i primi si evolsero, tutti anche artigiani, migliaia di anni fa, creando quella cultura dei campi coltivati, arrivata sino a noi pochi decenni orsono, come Civiltà Contadina. Non la civiltà urbana, perché gli agricoltori non vivono nelle città e quella rurale le fu sempre parallela e complementare.

I primi scrittori di agricoltura dei quali sono rimaste le opere sono latini e riportano, a loro dire, un sapere che già fu loro tramandato da tempi remoti. Ad uno di questi letterati agronomi si deve la definizione originale dell’Agricoltura: “Non solo è un’arte, ma anche necessaria e di assoluta importanza; ed è anche scienza, di quello che sia da coltivare e produrre in ciascun campo, affinché la terra renda in perpetuo il massimo dei frutti”.
La sostenibilità agro ambientale che oggi andiamo cercando era già caratteristica degli antichi fondi agricoli, complessi organismi viventi, unità di ecosistema coltivato, che riproducevano i cicli perenni e rinnovabili di quelli naturali e selvatici.

Nel medioevo solo i monaci cistercensi mantennero memoria e pratica dell’Agricoltura classica, sino a che, nel Rinascimento, il corpus di testi noti nell’insieme come De Re Rustica furono riscoperti e rivalutati e divennero il fondamento della nuova scienza agronomica europea, la quale fu diffusa, nei secoli successivi, da diversi autori e scuole che ne ripresero e rielaborarono principi e contenuti, sul modello della villa rustica autosufficiente romana, diversa dal latifondo schiavista.

Quindi, intorno alla metà dell’Ottocento, l’Agricoltura organica, giudicata arretrata, superstiziosa e legata all’ancien regime, di cui era il fondamento dell’economia, fu sconfitta a livello accademico e politico dal materialismo scientifico, il quale vi oppose il “progresso” dell’agrochimica inorganica ed industriale moderna che oggi predomina.

Nonostante i profondi cambiamenti politici, culturali, sociali ed economici portati dalla rivoluzione liberale borghese nell’800, l’agricoltura organica tradizionale è però sopravvissuta resistendo nelle campagne non solo sino a pochi decenni fa, ma è continuata, in forme e metodi aggiornati come contemporanea agricoltura biologica e biodinamica.

Dalla fine anni ‘70 si parla inoltre di agricoltura permanente, o Permacultura e di Agro-ecologia, che non sono affatto nuove scienze, ma hanno radici profonde sino a quei cacciatori raccoglitori da cui tutto ebbe origine e si inseriscono quindi in un filo conduttore storico e millenario di tempo ciclico, e non lineare di sviluppo illimitato e del sempre più nuovo che avanza.

Questo per il semplice motivo che le cosiddette leggi naturali , le quali sono dedotte e misurate dall’osservazione dei cicli rinnovabili e perenni di energia solare e materia vivente, sono immutabili nel tempo e il rapporto uomo-terra madre non se ne discosta, né può farlo, senza uscirne dai suoi parametri biologici, fisici e chimici, andando contro natura.

La catena alimentare è per noi umani di latitudini temperate la catena del pascolo e del detrito, formata da anelli che sono agganciati l’un l’altro in interrelazione e che non possono essere infranti dall’uomo.
In particolare, l’anello tra vegetali ed erbivori ruminanti, che trasformano la materia vegetale in humus fertile, è il fondamento dell’agricoltura organica. Oggi abbiamo sostituito l’humus fertile con i concimi chimici, tolto agli erbivori ruminanti la loro funzione primaria, li abbiamo rinchiusi in allevamenti intensivi come macchine da carne e da latte e il loro letame è considerato rifiuto industriale, carico com’è di residui di antibiotici.
Altre considerazioni per completare il quadro del mio discorso.

L’agricoltura organica tradizionale ed i suoi modelli sono finiti in secondo piano e progressivamente il loro impianto si è disgregato, colpiti al cuore da leggi, burocrazie e tasse del sistema di mercato capitalista “liberale”ed industriale, basato sul profitto e lo sfruttamento e non più sulla rendita. Sono mutati paesaggi, società ed economia, in modo definitivo dalla seconda metà del secolo scorso, ma questo processo era iniziato, lento ed inesorabile almeno cent’anni prima, qui in Italia, alla sostituzione del sistema monetario aureo, sovrano e stabile, legato al valore del grano e del pane, delle merci artigiane, dell’economia produttiva reale, con quello cartaceo a inflazione e debito illimitato, utile solo alla speculazione finanziaria e usuraia.

Culture rurali millenarie non si abbattono così facilmente con una rivoluzione da parte di una minoranza di ricchi borghesi e neoaristocratici che conquista il potere: per cambiare il paradigma mentale dell’uomo, strappandolo dalle sue radici native in natura, dalle sue conoscenze pratiche e modo di vita, è occorso un condizionamento applicato a più di una generazione, sino a cancellare ogni memoria storica e recidere il filo che unisce uomo a Natura. Molto più difficile è riallacciare ora questo filo.

Il nonno contadino è distante anni luce dai nipoti cittadini, come lui lo era già, pur molto meno, da suo padre e suo nonno, già “corrotto” dai tempi nuovi e dall’avanzare ed imporsi di quello che per me, e non solo, per vari suoi aspetti ed effetti è un falso progresso perché deriva da un modello di sviluppo illimitato in un sistema come quello terrestre che è invece limitato e a ciclo chiuso.

La memoria storica è comunque nei cromosomi, siamo parte inscindibile della natura terrestre, alla quale il modo di vita urbano moderno è sostanzialmente artificiale e alieno, memoria che rimane brace sotto la cenere di archetipi lontani di vita naturale, cui questo odierno sistema economico preclude però di fatto ogni via di realizzazione.

Mi riferisco a quell’istinto “primordiale” che indirizza vari individui, oggi, ad un ritorno onirico alla terra e in seno alla vita naturale, ma che si traduce nei fatti, spesso, in avventurismi inconcludenti e parziali nei risultati, che causano anche delusioni, nel tentativo di creare ex novo un modo di vita rustica , ma sulla base di paradigmi propri della cultura progressista urbana: chi va in campagna si porta dietro il proprio modello cittadino cui è stato educato, le proprie abitudini cittadine, proprie interpretazioni delle leggi naturali, creando ibridi con compromessi e contraddizioni, i quali risultano poi di fatto o in situazioni estreme o nello rientrare negli schemi da cui si era cercato di uscire.

Ci si aggrappa anche ad altre culture lontane, spuntandone alcuni suggestivi elementi ed adattandoli, innestati a nuovi impianti, si formulano nuove teorie ideologiche, per colmare un vuoto che indubbiamente si è formato nello sviluppo di una visione materialista della realtà. Stiamo cercando nuove identità.

Oggi, l’agricoltura biologica è settore del mercato di cui sta alle regole, essendo pressoché totalmente incapace, quanto impossibilitata, di esprimere una propria autentica cultura ed economia rurale. Si producono monocolture industriali con “metodo” biologico, sacrificando il creare unità organiche di ecosistema coltivato, come si dovrebbe in teoria, perché sarebbe solo una spesa che non produce profitto e neppure reddito, ed oggi, il fine del lavoro agricolo, anche bio, non è il lavoro in sé a produrre auto sostentamento e surplus per il mercato, a produrre un modo di vita più autentico e felice in cui prendersi cura dell’ambiente e dei nostri simili, ma il denaro, i cui valori non coincidono con quelli naturali, etica compresa.

Certo è che, nonostante il paradigma classico portante della villa rustica, non si tratta affatto, da parte mia ,di sostegno nostalgico del modello economico e sociale antiquato, dei contadini mezzadri del podere tosco-emiliano. Ma la medesima agronomia ed economia era comune anche a contadini liberi, senza padroni, con possesso quindi diretto di propri mezzi di produzione, associati per convenienza reciproca in rete solidale e locale di villaggio, con baratti e scambi d’opera, con la disposizione di terre ad uso civico.

Così fu, ed è un bene che la struttura dell’antico classismo feudale sia decaduta, ma si è buttata via l’acqua sporca con il bambino,anzi il contadino, all’imporsi di quel binomio neoclassista di borghesia capitalista e proletariato, nuovi padroni e nuovi servi, alienati, questi ultimi, di ogni mezzo proprio di produzione per auto sostentamento, consumatori passivi, risorsa umana lavorativa inurbata da sfruttare in economie industriali.

È andata così, come contadini, paisan, campesinos, nativi cacciatori, pescatori e raccoglitori del pianeta, siamo dalla parte dei vinti, avrebbe potuto andar meglio, se il modello di sviluppo avesse con lungimiranza e arte di buon governo tenuto conto che chi lavora la terra, chi vive in natura, ha un’importanza fondamentale nella custodia e gestione degli ecosistemi coltivati e naturali, e questo a vantaggio anche e non ultimo di chi vive in città. Non stiamo parlando dei moderni imprenditori agricoli con mega trattori e diserbanti, dei bovini chiusi nei lager, munti e macellati come oggetti senz’anima.

Nei tempi che ci attendono, in cui l’agrochimica basata sul petrolio avrà una fine, e si dovrà per forza rivolgere lo sguardo indietro alla terra che ci nutre, ci accorgeremo che tanta è andata sprecata sotto cemento ed asfalto, molta altra resa sterile. Questa crisi economica che è di sistema e non di mercato, non solo sta creando povertà e disoccupazione ma rivela tutta l’insostenibilità ambientale ed umana del sistema stesso e richiama la necessità di soluzioni possibili che non sono certo l’emigrazione su altri pianeti o le modificazioni genetiche di piante ed animali. Piuttosto potrebbe essere il riprendere in considerazione economie locali a sovranità alimentare e monetaria, in cui l’uomo sia ricollocato al centro di modi di vita più naturali, consapevoli che è la terra fertile la base della nostra sopravvivenza e prodursi alimenti e materie prime organiche in modo sostenibile e rinnovabile è, da sempre, ricchezza della civiltà umana.

Alberto Grosoli

Relazione all’incontro su Bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità laica tenuto al Ribalta di Vignola il 9 febbraio 2013

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Retroscena ed intelligence sulle dimissioni di papa Ratzinger, già prospettate a febbraio del 2012….

Siamo a metà febbraio 2012 – Esattamente un anno fa …..

Ed ecco cosa dicevamo nell’articolo pubblicato su http://altracalcata-altromondo.blogspot.it/2012/02/notizie-vaticane-della-serva-papa.html:

“Papa Ratzinger pensa alle dimissioni. Se ne dichiara convinto monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, e lo fa durante la sua partecipazione al programma di Radio2 Un Giorno da Pecora. Il prelato non crede che esista un complotto per uccidere Papa Ratzinger, come hanno ipotizzato alcuni giornali nei giorni scorsi: «No, non credo. Fosse stato il Papa precedente lo capirei, ma questo Papa qui mi sembra così mite, religioso. Non troverei i motivi per pensare di farne oggetto di un attentato».

Bettazzi ha una teoria diversa, ma sempre in qualche modo collegata alla notizia, perché crede che «sia un sistema per preparare l’eventualità delle dimissioni. Per preparare questo choc, perché le dimissioni di un Papa sarebbero un choc e allora cominciano a buttare lì la storia del complotto». Continua al link…

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Mio commentino – “Dopo aver riletto l’articolo summenzionato (da Altra Calcata Altro Mondo), la storia delle dimissioni volontarie di paparatzy fa un po’ ridere e fa anche pensar male… – Vi rimando pure all’articolo di ieri:
: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2013/02/11/addio-paparatzy-anche-per-te-vige-la-legge-del-menga/

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Commenti, in qualche modo collegati, di recente emissione:

Ratzinger come Mussolini – Stralcio di una lettera di Antonio Pantano: “Mussolini fu estromesso da “congiura del vertice”, con “dimissioni” plateali che, oggi, mi riportano a quelle “spontanee del Ratzinger” (che è “sovrano” e non “capo del governo”!). Le teorie poundiane, come posso testimoniare con documenti, furono prospettate al Ratzinger (allora cardinale) da Auriti nel giugno 1991 (5 incontri!)! E, “sovrano” il Ratzinger, gli devono aver turbato TUTTE le notti, non avendo avuto costui il coraggio di “liquidare” gli usurai di Curia!..”

Commento di Giorgio Vitali: “Oggi, tra la paura, la vigliaccheria e il compromesso esistenziale è molto difficile ragionare. Come dimostra il caso Ratzinger. Che conferma, ce ne fosse bisogno, che alla Chiesa tutto interessa fuorché giustizia, carità, amore del prossimo, sostegno dei più deboli..”

Commento di L.C.: “MOBBING IN VATICANO – Mediante una attività a tenaglia, minuziosa e circostanziata la storicamente nota frazione della curia, già richiamata da Paolo VI, è riuscita ad obbligare Benedetto XVI alla resa. Dopo la costante opposizione al pensiero teologico ratzingeriano espressa attraverso l’ ”ignorare” sistematicamente le sue encicliche, salvo la solita rituale esibizione di facciata, ma mai messe in pratica, anzi osteggiate nella prassi, la setta è riuscita ad insinuarsi nello stesso staff del Pontefice “dimostrandogli” nella pratica il suo totale isolamento. La svolta eclatante è stata appunto la “violazione”, mai acclarata in realtà, dei documenti e delle opinioni personali del Papa. Con l’aggiunta delle “minacce di morte” fatte pervenire in perfetto stile mafioso dall’estero, la vita papale di Benedetto XVI è stata resa impossibile. Accertatosi che praticamente nessuno dei Cardinali della struttura curiale romana era in grado o voleva spendersi per lui il Pontefice a difesa della sua identità di uomo di Dio, di successore di Pietro, non poteva rinnegare (lo ha già fatto l’apostolo ancora imperfetto) Cristo ed ha accettato la “crocifissione” cercando di salvare la Chiesa con la sua “autocertificata” mancanza di forza.”

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Norme correnti per l’elezione del nuovo papa:

Città del Vaticano, 11 febbraio 2013 (VIS).- Il futuro conclave, che eleggerà il successore di Benedetto XVI sarà regolato dall’ “Ordo Rituum Conclavis”, stabilito dalla Costituzione Apostolica di Giovanni Paolo II, “Universi Dominici Gregis” al paragrafo 27. Il Cardinal Camerlengo, che ha un ruolo fondamentale nel periodo della sede vacante, è il cardinal Tarcisio Bertone, che è stato nominato da Benedetto XVI il 4 aprile 2007.
I cardinali elettori, secondo il continente di provenienza, saranno 61 europei, 19 latinoamericani, 14 nordamericani, 11 africani, 11 asiatici e 1 proveniente dall’Oceania. Queste cifre possono variare a seconda della data di inizio del conclave: il cardinal Walter Kasper, per esempio, compie 80 anni il 5 marzo. Il paese con il maggior numero di cardinali elettori, 21, è l’Italia. Sessantasette elettori sono stati creati da Benedetto XVI, e i cinquanta restanti da Giovanni Paolo II.
Una delle innovazioni di Giovanni Paolo II sul periodo del conclave è che i cardinali elettori -che saranno 117 il 28 febbraio- alloggiano presso la residenza vaticana, Casa Santa Marta, un luogo indipendente da quello in cui votano, la Cappella Sistina.
I cardinali elettori devono riamanere in Vaticano durante tutto il periodo di durata del conclave. Nessuno può avvicinarsi a loro quando si trasferiscono dalla Cappella Sistina al loro luogo di residenza e viceversa; e tutti i mezzi di comunicazione con il mondo esterno sono proibiti. Come si è già fatto in passato, la stufa della Cappella Sistina si userà per bruciare le schede dopo ogni votazione.

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Addio paparatzy…. – Anche per te vige la legge del menga!

Dimesso un papa se ne fa un altro?

Allora paparatzy, come il berlusca a suo tempo, ha ceduto al ricatto dei “fratelli maggiori”. Si dimette il 28 febbraio, dice, la settimana dopo le elezioni italiane. A Roma, avvezzi da lungo tempo al “morto un papa se ne fa un altro”, aspettano il successore, forse –stando alle previsioni di Nostradamus- l’ultimo, e poi anche l’azienda vaticana chiuderà i battenti. In piedi restano i potentati delle radici vecchio testamentarie, quelli che ormai dominano il mondo con la finanza. L’ora di religione è conclusa, per “ingravescentem aetatem”…

Commento di F.B.: “Il papa si è dimesso. Motivi di salute. Può essere. Può essere una scusa diplomatica. Forse non si sentiva più la forza sufficiente a contrastare i cardinaloni del tipo Bagnasco, Bertoni e via curiando e “iorando”…. Secondo le profezie di Malachia ed altri, il prossimo sarà l’ultimo papa. Con tutto il rispetto per i credenti (non confondiamo fede e curia: sono due rette parallele che non mi sembra si incontrino mai), per una volta ascolto il fegato e non il cervello. Cioè spero che la profezia si avveri. Deo gratias”

Commento di J.F.: “Un’ipotesi sul perché delle dimissioni di Ratzinger. Immagino anche in questo l’influenza della Lobby all’uncino. Pur essendo debitamente e profondamente ingiudagliato, il vecchio intellettuale (cui non si perdonano comunque i trascorsi giovanili in camicia bruna) aveva dato segni di inaccettabile resistenza. Qualche esempio. Una recente circolare vaticana sollecita il non-impiego del nome “Yahweh” per designare Dio Padre. Se ancora la legge-bavaglio contro il revisionismo (contro il libero pensiero e tutti i refrattari al NWO) non è stata approvata in Italia lo si deve senz’altro anche all’attuale pontificato. Che, per di più, cominciava a esprimere insofferenza riguardo all’aggressione contro la Siria dei mostruosi islamici del Kali Yuga e dei loro mandanti e manovratori anglogiudamericani. Gli hanno fatto capire che era meglio ritirarsi a vita privata. I destini del mondo devono compiersi, il calice di fiele va bevuto sino in fondo…”

Mio commentino: “Ovviamente i manovratori sono i fratelli maggiori, avvezzi al ricatto, per sfiancare completamente il potere economico vaticano che ha ancora un certo peso.. ma solo in immobili, industrie sporche, accumulo aureo, riciclaggio denaro mafioso, etc. tutti ambiti che dovranno essere occupati da lorsignori.. Ma quel che più pesa è il vizietto di paparatzy che soprattutto in gioventù si è dato molto da fare con i seminaristi tedeschi… (intelligence sicura di stessa fonte) tutti fatti ben conosciuti dal servizio segreto uncinato, ciò ha reso inevitabile la decisione…. Poarin, non son son più tempi di impunità papale questi… ormai…”

Paolo D’Arpini

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Sion: divide et impera – La politica sionista colpisce ancora… in Europa – Costituito ufficialmente il Parlamento Ebraico Europeo… in alternativa a quello degli europei comuni

Un anno fa il 18 Febbraio 2012 è stato istituito il Parlamento Ebraico Europeo, con tutti i crismi di legalità.
http://www.mosaico-cem.it/articoli/aperto-a-bruxelles-il-parlamento-europeo-ebraico

E’ riservato ai soli Ebrei (120 membri), sta dentro al Palazzo del Parlamento Europeo di Bruxelles, ha ottenuto un riconoscimento ufficiale e inoltre di essere “ascoltato” regolarmente dal Parlamento Europeo in merito ai provvedimenti e alle leggi discusse da quest’ultimo.

A che titolo non si è ben capito.

Nessuno ha osato fiatare, anzi tutti si sono affrettati a complimentarsi, ad eccezione di bravissime persone, guarda caso Ebrei (EJIP) gli unici pare con un po’ di spina dorsale, che senza tanti mezzi termini hanno scritto:
EJJP ha appreso con raccapriccio la creazione di un cosiddetto ”Parlamento degli Ebrei Europei”, presso gli uffici del Parlamento Europeo a Brussels.

EJJP denuncia questa creazione come una triplice mistificazione. Nulla nel modo in cui è stato costruito questo “Parlamento”, nel modo in cui opera, nè nel modo di scelta dei suoi partecipanti gli consente la pretesa di rappresentare tutti gli Ebrei europei. Non c’è alcuna giustificazione per il fatto che alcuni Ebrei Europei mettano su un proprio Parlamento con il compito di dettare una politica comune degli Ebrei in Europa.Tutto indica che, una volta ancora, il creare uno strumento di pressione dedicato alla incondizionata difesa di Israele indipendentemente dai crimini commessi dai governi che in Israele si succedono, e il pretendere che debba esistere un legame indissolubile tra Israele e gli Ebrei del mondo intero, e l’intrigare per fare sì che le istituzioni internazionali si allineino su queste posizioni stimolerà e rafforzerà l’antisemitismo dove già esiste.”

Successivamente gli Islamici (N.B. Gli Islamici Europei sono almeno 40 milioni, gli Ebrei circa 1,5) hanno chiesto a loro volta di avere un loro Parlamento, ma la proposta è stata considerata irricevibile con la motivazione che c’era già un Parlamento Europeo e quello valeva per tutti gli Europei (tutti i goyim evidentemente) senza distinzione di razza o credo, e perciò la richiesta era contraria allo spirito e alla lettera dell’Unione Europea. SVOLGIMENTO

Come avevo preventivato, da essere “ascoltato” dal Parlamento Europeo in meno di un anno il Parlamento Ebraico Europeo è passato a farsi “ascoltare”.

A Dicembre ha stilato un comunicato ufficiale nel quale l’Unione Europea è stata accusata di legittimare il terrorismo poichè aveva criticato, per bocca di alcuni suoi Parlamentari, la politica di Israele in Palestina.

Qualche settimana fa invece il Parlamento Ebraico Europeo, dopo una riunione, ha stabilito che un Parlamentare Europeo che critichi la politica Israeliana deve essere considerato neo-antisemita, e ha mandato al Parlamento Europeo copia.

Non ho notizie se il Parlamento Europeo abbia già detto “signorsì”.

Come dice Gilad Atzmon, alla fine dovranno accusare tutto il mondo di antisemitismo, e alla fine continuando in questo modo otterranno il magnifico risultato che “antisemita” anzichè indicare un brutto pregiudizio indicherà chi non è d’accordo nel rinchiudere, perseguitare o espellere a forza la gente, nell’erigere muri, nell’abbattere case, e nello sparare a donne e bambini.

Mincuo – (Fonte: Come Don Chisciotte)

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