Archivio di settembre 2010

Vegetarismo e fame nel mondo: “Non vi è nulla nella sostanza animale che non sia presente nei vegetali”

Come risolvere in modo definitivo il problema della fame nel mondo restando in buona salute….

Una ricerca condotta dall’Istituto S. Raffaele di Milano rivela che i vegetariani hanno empatia e capacità di condivisione più sviluppata degli onnivori, anche se ciò (secondo loro) non dipende dalla dieta ma dalla scelta etica.

 

Un consumo eccessivo di pane, pasta e riso può causare tumori renali, a causa dell’elevato indice glicemico di questi alimenti. A questo risultato è giunto l’Istituto Mario Negri di Milano.

Il Comitato Consultivo Americano per una medicina responsabile raccomanda di seguire una dieta vegetariana e per la prima volta inserisce il vegetarismo nelle sue linee guida. “Chi segue il regine vegetariano corre meno rischi per la salute, mentre chi elimina anche uova e latticini ha maggiori possibilità di restare in forma”.

 

Un comunicato dell’Onu afferma che la carne risulta essere la causa principale dell’inquinamento, dell’effetto serra e di spreco di risorse. Inoltre afferma che il veganismo ridurrebbe la fame nel mondo.

 

Pare che sia il consumo di cibo “spazzatura” a causare la sindrome da Iunk Food. A sostenerlo è uno studio condotto da Telethon Istitute for Child Research in Australia.

 

Ogni anno in Italia si spreca una quantità di alimenti che potrebbe sfamare una popolazione di 44 milioni di persone.

 

Altri articoli sullo stesso tema:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=fame+nel+mondo

 

 

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Pensieri condivisi per l’equinozio di autunno 2010 tra Spilamberto e Torre Maina

Lunario Paolo D'Arpini 25 settembre 2010

E’ bello ritrovarsi fra amici vecchi e nuovi per condividere emozioni, idee, percorsi di vita. (Caterina)

 

Che voglia dei colori caldi dell’autunno e di lavorare al fresco. (Bea)

 

Povere galline, aprite le stie e fatele razzolare nel prato (Irvanna)

 

Esserci è importante (Giuseppe)

 

Sono felice di essere arrivata in questo luogo familiare ed accogliente. Mi piacerù tornarci. (Lucilla)

 

E’ bello stare sempre con persone e scoprire tante cose (Mirella)

 

Stasera la luna è bellissima ed io mi sento in pace ed in armonia (Margherita)

 

Trovo la serata particolare ed interessante (Mara)

 

Chi spera nel Signore acquista nuova forza (Isaia). Avere fede e tenere i piedi ben piantati a terra è fondamentale. Mi sono molto piaciuti gli argomenti concreti. (Liliana)

 

Grazie per l’invito, il luogo è incantevole e le persone molto interessanti. Buon compleanno a Caterina! (Bona)

 

Riappropriarci delle nostre esistenze attraverso la natura, i nostri cinque sensi .. ed ascoltare, è importante. (Mariarosa)

 

Mi è stato chiesto se le mie galline sono felici. Non so se esse possano provare felicità e  se la loro vita nel mio pollaio può dare a loro felicità. Di certo so che quando le guardo io mi beo del loro vivere e mi sento felice. (Maurizio)

 

Grazie a tutte le persone che sono venute da lontano e da vicino, per incontrarsi.

 Rara occasione in un mondo sempre più virtuale. (Sabine)

 

Uniti con la sinistra… (David)

 

Ecco, l’autunno è qui… (Daniela)

 

Troppe cose dimenticate.. troppe cose sconosciute.. a partire da noi stessi (Davide)

 

L’asino si lega con la corda, l’uomo con le parole! (Michele)

 

“..la galina in l’era”…  Il pollo in simbiosi nell’aia con l’uomo ha favorito definizioni comportamentali.  Si suole dire: dell’uomo ingenuo che è un pollo, della madre eccessivamente premurosa che è una chioccia; dell’adolescente esuberante un galletto… ecc.  La società del cemento e di massa ha interrotto questo rapporto.  Uomini ed animali vivono in spazi sempre più alieni. Lontano dagli occhi lontano dal cuore. L’aia, non solo il luogo dell’abitare ma il posto in cui vivere. (Maurizio Tonelli)

 

Meglio dieci soldati pronti a combattere che mille pronti a scappare (Paolo)

 

Luce e pace a tutto il mondo e a tutti gli esseri viventi (Loredana)

 

Il cammino di luce sia sempre con noi (Titty)

 

La luce ci indichi sempre la via da percorrere (Laura)

 

La pace interiore è il rifugio più sicuro per la tua mente… Tanti auguri cara Caterina da Mara (Mara)

 

La vita è sempre bella nelle sue piccole cose… E’ nel coraggio di essere sempre noi stessi! (Giuseppe)

 

Pace ed amicizia e canapa per tutti (Antonella)

 

Aria di Stelle a tutti… (Silvie)

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RECENSIONI: Alejandro Jodorowsky, Jean-François Vèzina, James Hillman

La risposta è la domanda

di Alejandro Jodorowsky

                      

Uno Jodorowsky stranamente non sopra le righe ci presenta una raccolta di raccontini, storielle e aneddoti provenient da diverse tradizioni spirituali e culturali: persiane, sufi, indù, zen, ebraiche, cinesi, buddhiste, taoiste.

In toni insolitamente contenuti i suoi sobri commenti e le interpretazioni che ci offre –senza le quali più spesso che no la navicella della nostra mente non condurrebbe in porto il succo dei racconti in questione – ci fanno intravedere un autore ormai arresosi all’evidenza della saggezza, senza però che abbia perso la sua capacità di cogliere in pieno il bersaglio, come suo solito senza inutili giri di parole e cerimoniose circonlocuzioni.

Le innumerevoli lezioni contenute in queste 92 storielle, lungi dal costituire gli ingredienti di un improbabile minestrone di dubbia digeribilità, presentano la costante di sparare a zero sulle abitudini, sulle forme mentali,  sugli atteggiamenti convenzionali e sui condizionamenti autoimposti che impediscono l’apertura degli occhi su di una realtà che affiora omogenea, denudandosi dai paramenti culturali imposti dalle differenti tradizioni, e rivelandosi l’unico cuore pulsante sotto il camuffamento di molti corpi: il riconoscimento della divinità interiore.

“Quando percepiamo in noi un nuovo livello, più elevato, dobbiamo perdere noi stessi per raggiungerlo. Se, mentre cerchiamo di accedervi, rimaniamo legati a quello che siamo, entriamo in una crisi profonda. Allora non si tratta più di rinascita, ma di perdita di conoscenza e crisi.”

 

 

La necessità del caso

di Jean-François Vèzina

 

Ancora il tema della sincronicità, però affrontato in maniera piuttosto originale, cioè dal punto di vista degli strani “incontri” che costellano la nostra vita e ci mettono a confronto con situazioni che spesso non riusciamo a catalogare, per la loro evidente appartenenza a un livello di strutturazione estranea a quelli che sono i parametri abituali della ragione, del buonsenso, della premeditazione; in una parola, del determinismo di cui siamo – per abitudine tramandata dall’ufficialità culturale – adepti (o forse la parola è: “assuefatti”?) senza riserve, come unica fonte riconoscibile da cui scaturisce la realtà.

L’autore, psicologo canadese, ci dimostra che, elevandosi un tantino da questa prospettiva frustrante, è possibile riconoscere nel cosiddetto “caso”  l’impronta dell’incontro fra la nostra psiche, i nostri sconosciuti e latenti “poteri” di attrazione di una determinata realtà in un determinato momento, e quelle forze che vanno al di là, semplicemente, di qualsiasi comprensione e che si possono attribuire a una misteriosa quanto misericordiosa propensione cosmica ad assisterci nel raggiungimento dell’obiettivo dell’individuazione del sè.

L’interazione fra queste due polarità (noi e l’universo) partorisce, in alcuni momenti topici della nostra vita, questi incontri che mai si potrebbero verificare secondo una lettura della vita impostata sulla logica, sulla linearità, sulla consequenzialità.

“Noi prendiamo coscienza di evolvere in un sistema più grande di noi quando si verifica una coincidenza sbalorditiva che sembra far eco a un ordine di senso che ci trascende e che tenta di riorganizzare la nostra vita seguendo corridoi misteriosi”.  

 

 

 

Il codice dell’anima

di James Hillman

 

Lo psicologo americano con propensioni mistiche ci conduce – con altalenanti risultati in quanto alla scorrevolezza del testo e alla digeribilità dell’argomento- in uno studio appassionato dell’impronta particolare dell’anima, alla luce soprattutto di quella che lui definisce la “teoria della ghianda”; secondo la quale ciascuno di noi possiede, in nuce, tutte le qualità e le caratteristiche per dispiegare – a livello potenziale – le capacità di realizzare quel tracciato che ci appartiene e che è solo ed unicamente nostro.

Per chiarire il tutto Hillman chiama in causa, fra l’ altro, l’antico concetto socratico del “daimon”, presenza che ci accompagna fin dalla nascita se non prima e che corrisponde nient’altro che al maestro interiore di altri livelli di linguaggio.

A tratti irresistibilmente affascinante e concettualmente potente, il libro scivola a volte in ripieghi di ordine piuttosto inconsulto, presentando così una lettura che si dibatte fra alti voli dell’anima e piatte distese di quasi-banalità e di noia sconcertante, soprattutto quando l’autore si lascia prendere la mano dell’intellettualità e affoga la prosa in elaborate evoluzioni verbali che rivestono, a mio parere, un’impotenza espressiva camuffata da incomprensibile ad arida concettualità di livello astratto.

Direi però che l’idea alla base di questo trattatello è di vasta portata e ci si può facilmente riconoscere in essa, imparando ad amare un po’ di più e un po’ meglio questa sconosciuta e meravigliosa compagna, l’anima.

“Ciascuna vita è formata dalla propria immagine, unica e irripetibile, un’immagine che è l’essenza di quella vita e che la chiama ad un destino”    

 

  A cura di Simone Sutra – itdavol@tin.it

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Paola Lontano: “Ecco perché alla fine della giornata siamo nervosi…” – Sconsigli per gli acquisti

Dicono che tutti i giorni dobbiamo mangiare una mela per il ferro e una banana per il potassio.

 

Anche un’arancia per la vitamina C e una tazza di the verde senza zucchero per prevenire il diabete.

 

Tutti i giorni dobbiamo bere due litri d’acqua (sì, e poi espellerli, che richiede il doppio del tempo che hai perso per berli).

 

Tutti i giorni bisogna bere un Actimel o mangiare uno yogurt per avere gli ‘L.Casei Defensis’, che nessuno sa bene che cosa cavolo sono però sembra che se non ti ingoi per lo meno un milione e mezzo di questi bacilli (?) tutti i giorni inizi a vedere sfocato.

 

Ogni giorno un’aspirina, per prevenire l’infarto, e un bicchiere di Vino rosso, sempre contro l’infarto ed un altro di bianco, per il sistema nervoso, ed uno di birra, che già non mi ricordo per che cosa era.

 

Se li bevi tutti insieme, ti può dare un’emorragia cerebrale, però non ti preoccupare,perché non te ne renderai neanche conto.

 

Tutti i giorni bisogna mangiare fibra. Molta, moltissima fibra, finché riesci a cagare un maglione. Si devono fare tra i 4 e 6 pasti quotidiani, leggeri, senza dimenticare di masticare 100 volte ogni boccone.

 

Facendo i calcoli, solo per mangiare se ne vanno 5 ore.

 

Ah, e dopo ogni pasto bisogna lavarsi i denti, ossia dopo l’Actimel e la fibra lavati i denti, dopo la mela i denti, dopo la banana i denti… e così via finché ti rimangono 3 denti in bocca, senza dimenticarti di usare il filo interdentale, massaggiare le gengive, il risciacquo con Listerine…

 

Bisogna dormire otto ore e lavorare altre otto, più le 5 necessarie per mangiare, 21. Te ne rimangono 3, sempre che non ci sia traffico.

Secondo le statistiche, vediamo la tele per tre ore al giorno.

 

Già, non si può, perché tutti i giorni bisogna camminare almeno mezz’ora (attenzione: dopo 15 minuti torna indietro, se no la mezz’ora diventa una).

 

Bisogna mantenere le amicizie perché sono come le piante, bisogna innaffiarle tutti i giorni. Inoltre, bisogna tenersi informati, e leggere per lo meno due giornali e un paio di articoli di rivista, per una lettura critica.

 

Ah!, si deve fare l’amore tutti i giorni, però senza cadere nella routine: bisogna essere innovatori, creativi, e rinnovare la seduzione.

 

Bisogna anche avere il tempo di spazzare per terra, lavare i piatti, i panni, e non parliamo se hai un cane o … dei FIGLI???

Insomma, per farla breve, i conti danno 29 ore al giorno.

 

L’unica possibilità che mi viene in mente è fare varie cose contemporaneamente: per esempio: ti fai la doccia con acqua fredda e con la bocca aperta così ti bevi i due litri d’acqua. Mentre esci dal bagno con lo spazzolino in bocca fai l’amore (tantrico) col compagno/a che nel frattempo guarda la tele e ti racconta, mentre tu lavi per terra.

 

Ti è rimasta una mano libera?? Chiama i tuoi amici! E i tuoi genitori. Bevi il vino (dopo aver chiamato i tuoi ne avrai bisogno). Il BioPuritas con la mela te lo può dare il tuo compagno/a, mentre si mangia la banana con l’Actimel, e domani fate cambio.

 

Però se ti rimangono due minuti liberi, invia questo messaggio ai tuoi Amici (che bisogna innaffiare come una pianta).

 

Adesso ti lascio, perché tra lo yogurt, la mela, la birra, il primo litro d’acqua e il terzo pasto con fibra della giornata, già non so più cosa sto facendo … però devo andare urgentemente al bagno.

E ne approfitto per lavarmi i denti….

 Paola Lontano

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Koan Zen…. in un attimo una vita

Lunario Paolo D'Arpini 22 settembre 2010

La dolcezza  sprigiona dal dolore. 

Adesso vedeva tutto con occhi nuovi; tutto sembrava avere più senso. Anzi, finalmente, Il senso.

Non che non ci fosse mai andato vicino prima a scoprirlo, quel senso. Però era sempre come salire sulla cresta di un’onda, vedere al di là dei flutti per un istante e poi ridiscendere giù nella vallata liquida.

 

Nello spremere di quel cuore c’erano stati momenti sublimi e stagnanti pause della mente; ora però il tutto assumeva un andamento dalla conformazione appena ondulata negli occhi della memoria, come se tutte quelle difficoltose salite e quelle discese a ruota libera fossero state in qualche modo distese su di un nastro piatto, cosicché non si distinguevano quasi più le une dalle altre.

Solo i veri, rari abbracci dell’anima si stagliavano netti, come la linea di un grafico che balza in su e produce un picco appuntito.

 

Comunque, notò che gli uccellini non gli si erano mai avvicinati tanto, e capiva che essi percepivano il pulsare di quella sua nuova essenza che lo accompagnava meravigliato. Così pieno di vita non si era sentito mai, così vicino a quelle creaturine, tanto che si immedesimava con loro, quasi come se si dovesse fondere da un momento all’altro in una di esse, oppure in quegli steli d’erba di cui adesso distingueva persino la grana più fine, da cui faceva capolino la grande matrice di vita che sembrava volerlo accogliere in sé.

 

Gli venne in mente una di quelle pronunciazioni Zen: koan, si ricordava che si definivano così. Questo diceva:

                   “Cosa fai quando non si può fare?

                   Lascio che si faccia”. 

Il sangue cessò di colare dalla ferita, e lui chiuse gli occhi con un sospiro. 

 

Simone Sutra – itdavol@tin.it

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