Archivio di luglio 2009

“Neoplasie, tumori e cancro… cure naturali o metodi invasivi?” – Ogni malattia è parte di un processo karmico espiativo ed evolutivo

Dal punto di vista “karmico”, della legge spirituale di causa-effetto, ogni malattia è la causa funzionale per soddisfare le esigenze di pagamento di alcuni “debiti” contratti dall’anima. In verità la sola cosa certa una volta che l’anima ha assunto un corpo è che verrà il momento in cui questo corpo sarà abbandonato, si chiama processo di nascita-morte.

Le esperienze che vengono vissute nel lasso di tempo in cui l’anima permane nella forma fisica sono tutte stabilite nel libro del destino ed hanno una funzione educativa per ricondurre l’anima alla sua vera sorgente che è lo Spirito, ovvero la Consapevolezza Assoluta.

Nel gioco della vita, come avviene nei vari fotogrammi di un film, viene racchiuso uno ipotetico percorso che non è altro che un riflesso immaginario nello specchio mentale. Infatti la mente viene paragonata ad uno specchio che riflette le immagini proiettae dalla coscienza facendole apparire “esterne” alla coscienza stessa che le osserva. Questo processo viene anche definito “scissione della coscienza nella triade osservatore, osservato, osservazione”.

Ma lasciamo da parte queste descrizioni metafisiche e torniamo alla analisi di come il karma si manifesta. Dicevamo che una volta nati giocoforza occorre morire. Il modo in cui sopraggiunge questa morte è dettato dal destino scelto dall’anima per soddisfare le esigenze della sua posizione evolutiva. Un tempo si poteva morire di lebbra, con una lenta e lunga agonia in cui si sperimentavano vari stadi di depressione e di umiliazione. Oppure si poteva morire colpiti da un dardo in battaglia, con un infortunio, per esaustione, inedia o disfunzione fisica di ogni

genere. Ma anche oggi si può morire in vari modi: per incidente stradale, per avvelenamento ambientale, per abbandono in un ospizio, etc. Insomma i modi di morire soddisfano diverse necessità karmiche.

Che siano quasi scomparse alcune malattie epidemiche, come la peste, il colera, etc. non ha però impedito al destino di trovare nuove forme espiative per soddisfare queste esigenze. Oggi la malattia per antonomasia è il cancro che assume vari aspetti e forme, sia nel genere che nei modi di affrontarlo.

Esaminando la cosa dal punto di vista naturalistico ogni malattia è solo una degenerazione organica che mostra alcuni aspetti dello squilibrio che il corpo-mente sta attraversando. E nel sistema adottato per combattere tale squilibrio, ovvero il “modo” in cui tale degenerazione viene affrontata, segue un’indicazione karmica dell’anima coinvolta. Ad esempio ci si può ammalare di cancro, non saperlo e quando la morte sopraggiunge definirne la causa “vecchiaia” o “indebolimento”, etc. oppure si può scoprire la malattia e affrontare il calvario di cure invasive, torturanti e lente, come la chemioterapia, imbottitura di farmaci chimici, etc. (che corrisponde a determinate esigenze espiative dell’anima), oppure si può curare la malattia attraverso azioni di riequilibrio energetico, con sistemi naturali, come i metodi semplici elementali basati sul movimento e riaggiustamento delle energie psichiche e fisiche coinvolte nel processo indicato come “malattia”, il sistema più semplice essendo la corretta dieta alimentare. Ma questi sono piccoli esempi nella enorme gamma di possibilità implicate nel decorso karmico verso l’esaustione fisica, cause funzionali di un dato pagamento karmico.

In questo momento in cui lo squilibrio inerno-esterno è molto accentuato nella nostra società, in seguito alla cecità che porta l’uomo a considerarsi astratto dalla natura e conseguentemente che lo spinge all’arroganza di voler autogestire, indipendentemente dall’insieme del contesto vitale, la sua esistenza sul pianeta, dà come risultato la retribuzione karmica di lunghe e penose malattie e stati generali di malessere. L’lienazione dalla vita porta all’alienazione da se stessi, da qui l’insorgere di malattie generative come appunto il cancro e conseguenti “cure” che in realtà sono solo peggioramenti della condizione psicofisica, ovvero che comportano un ulteriore degrado mentale e fisico. Ma si dice che l’uomo apprende attraverso un processo di tentativi ed errori per cui si suppone che l’intelligenza alla fine prevalga….

Lo scritto che segue mi è stato inviato da un chimico che ha analizzato alcuni degli aspetti materiali attaverso i quali il pagamento karmico avviene, in forma di “cure” anomale e artefatte imposte nel corrente sistema medico, da una parte, contemporaneamente all’impedimento di “cure” naturalistiche dall’altra.

Paolo D’Arpini

………

Quanto scrivo molto succintamente è facilmente reperibile in molti libri oggi in circolazione, vi informo inoltre che sull’argomento potrò essere seguito (a luglio-agosto in replica) su una rubrica dal titolo “mercato della Salute”, su SKY Canale 936 (House channel), tutti i sabati ed i lunedi dalle ore 20,30 in poi.

Confermo quanto ha scritto l’amico Carmelo Viola: “Non occorre essere medici o altro per negare allo Stato la facoltà medioevale di decidere quale terapia fa comodo alla mafia legale: la più vergognosa”. Carmelo Viola si batte per questioni di principio, ma queste sono confermate dall’ amara realtà dei fatti. Tutte le terapie alternative a quelle cosiddette “ufficiali” hanno una loro utilità perché partono da considerazioni validissime. Tanto che alcune di esse hanno dato vita ad una vastissima letteratura scientifica, come quella del dottor Hammer e quella di Di Bella. Su internet è molto facile trovare una vastissima documentazione. E tuttavia, il “blocco terapeutico” è più forte di quello politico od informatico per l’ovvia ragione che l’ideologia, qualsiasi ideologia, si struttura dentro la società attravarso la/le terapie.

E’ ben noto che è possibile studiare la storia dell’umanità anche solo attraverso le malattie (lo hanno già fatto grandi storici del novecento) e l’interpretazione delle medesime.

Un caso particolare da me seguito a suo tempo è costituito dagli eventi subìti dai dottori Vieri e Bonifacio. Tanto Vieri che Bonifacio utilizzavano estratti e derivati, ottenuti in modi diversi, di una pianta, di facile reperimento in Italia, soprattutto al Sud. Quidi i prodotti che utilizzavano, che erano riconosciuti dalla farmacopea ufficiale, costavano pochissimo. Questo era il loro difetto. I due medici furono perseguitati nelle maniere più subdole. Per l’esattezza io sono in possesso del “Libro Bianco” pubblicato da Aldo Vieri, che descrive le cattiverie alle quali egli fu sottoposto…. fu anche espulso dall’Ordine dei Medici, ma fece ricorso e vinse, malgrado tutto.   Giorgio Vitali 

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Siccità, cambiamenti climatici, spostamenti monsonici, acqua… l’ultima goccia… di Marinella Correggia

Premessa.    Abbiamo tutti notato che l’andamento delle stagioni sta cambiando, questa estate è caratterizzata da frequenti piogge ed umidità nell’aria. Mi sembra di stare in India nel periodo monsonico… Al contrario attualmente in India c’è la siccità…. Le conseguenze dell’uso dissennato delle risorse planetarie e dell’inquinamento cominciano ad esser sempre più evidenti, ciò non ostante i grandi capi, oltre a giocare alle “belle statuine”, continuano ad occuparsi solo di “risiko” e “monopoli” come se non fosse in gioco la vita sul pianeta ma si trattasse di passare il tempo amenamente….  Qui di seguito un articolo dell’amica Marinella Correggia.  (P.D’A.)

Negli stessi giorni in cui il rapporto del governo australiano “Climate change 2009, faster change and more serious risks” conferma una velocità  di cambiamento climatico maggiore di quanto previsto anche solo pochi anni fa e prevede conseguenze devastanti, fra l’altro, del “rapido indebolimento del monsone indiano”, in India sta succedendo un anticipo di futuro da incubo.  Il monsone appunto è terribilmente in ritardo, giugno è stato il mese più arido da oltre 80 anni a questa parte, i pozzi sono esauriti. Risultato: una guerra per l’acqua non oppone due stati ma vicini di casa delle zone più misere, ridotti a lottare per l’ultima goccia, come spiega un reportage del quotidiano inglese “The Guardian”.

La siccità colpisce dal Gujarat all’Andhra Pradesh, dal Punjab all’Uttar Pradesh al Bihar. Perfino a Mumbai, in genere colpita da piogge torrenziali e inondazioni, le autorità  hanno dovuto tagliare del 30% la fornitura di acqua alle case perché  il livello dei laghi da cui la metropoli dipende è molto basso. A Bhopal, chiamata “la città dei laghi”, il lago artificiale più grande, vecchio di mille anni, si è rimpicciolito da 38 chilometri quadrati a 5. La popolazione ha acqua dal rubinetto per 30 minuti al giorno un giorno sì e uno no da ottobre. E la mancanza dei monsoni a giugno ha peggiorato le cose.

Nella vicina Indore la razione, davvero da sete, è di mezz’ora a settimana… La mancanza di acqua, dicono i tecnici, ha raggiunto uno stadio critico: non si sa fin quando ci sarà e quanta. A Bhopal, che cinquant’anni fa aveva centomila abitanti e ora ne ha 1,8 milioni, centomila persone alloggiate “informalmente” dipendono solo dall’acqua delle autobotti e le contese idriche erano un fatto quotidiano anche prima di questa emergenza. Nello slum di Pushpa Nagar, il primo rifornimento dopo due giorni di secco assoluto ha provocato una corsa sfrenata per riempire contenitori inverosimili: vecchie latte di olio ma anche bidoni di vernici recuperati. Gli slum registrati della citta’ sono 380, ma ce ne sono molti altri “irregolari” e lì le cisterne non arrivano.  Niente rubinetto, niente autobotte.

Come fanno? Nello slum Balvir Nagar le donne si alzano nel cuore della notte e camminano per due chilometri fino alla stazione di pompaggio più vicina, dove qualcuno manomette i tubi per far uscire un po’ d’acqua… Giorni fa tre membri della famiglia Malviya, in un altro slum, erano riusciti a fare un buco nella conduttura e stavano ansiosamente cercando di riempire qualche contenitore, quando un vicino li ha accusati di rubare l’acqua ad altri e li ha uccisi tutti.

Nello slum di Arjun Nagae, invece, è stato scavato con il sostegno finanziario di un’organizzazione indiana un pozzo di 115 metri: dà acqua a cento famiglie, le quali contribuiscono con una piccolissima somma mensile. Ma davvero e’ una goccia nel deserto.

Intanto a Londra venti attivisti di Bhopal si sono presentati alla sede centrale della Dow Chemical – multinazionale alla quale apparteneva l’impianto che nel 1984 provocò la catastrofe di Bhopal – per distribuire bottiglie di acqua con un’ironica spiegazione: “Da 25 anni l’acqua di falda, gli ortaggi, perfino il latte materno sono contaminati da quantità tossiche di nichel, cromo, mercurio, piombo e composti organici volatili, e Dow non si e’ ancora assunta le proprie responsabilità”.

Non solo: “Il caos climatico ucciderà moltissime persone, nessuno obbliga Dow e le altre multinazionali a ridurre le emissioni di gas serra”.

Marinella Correggia – nonviolenza@peacelink.it  

(Il Manifesto del 16 luglio 2009: “Ultima goccia a Bhopal”)

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Calcata 2009, riedizione di un gioco dettato dal caso: “… 8 agosto, così abbiamo scoperto l’acqua calda con Syusy Blady e Patrizio Roversi”

Eventi Paolo D'Arpini 18 luglio 2009

Ricordo che già da alcuni anni avevo inserito in calendario la commemorazione dell’8 agosto, la data in cui nel 1961 il mio nonno spirituale Bhagawan Nityananda lasciò il corpo. Certamente la ricorrenza non aveva alcunché di prosaico… ma accadde che “i turisti per caso” Syusy Blady e Patrizio Roversi decisero di venire a trovarci a Calcata, per girarvi un breve reportage, e scelsero proprio quella data.. che inoltre era un giorno feriale. Dovetti pensare a qualcosa per coinvolgere un po’ di amici nell’evento e ricordai che in quel periodo, in vari luoghi della Tuscia, si preparava l’acqua cotta in occasione delle feste paesane. Contattai perciò alcuni amici di Sant’Elia che conoscevano bene la ricetta locale ed assieme a loro ed alla consueta banda di soci del Circolo, che solitamente volontariava la presenza in occasioni simili, organizzai la prima Festa dell’Acqua Cotta di Calcata. La cosa non mi sembrò irriverente nemmeno nei confronti di Nityananda infatti voi sapete che nell’antichità si usava commemorare i defunti con pranzi e banchetti, perciò la festa mi parve di buon auspicio…..

A quella prima edizione parteciparono parecchie persone, evidentemente la curiosità di conoscere la Blady e Roversi era grande, visto che i due erano già famosi per la loro rubrichetta tenuta su Cuore. Ma essi, già vittime del meccanismo dell’immagine, prima andarono ad intervistare Paolo Portoghesi e poi vennero al Circolo…. dove li punimmo amaramente…. (si dice pan per focaccia, in questo caso pan bagnato in faccia..) Qui di seguito inserisco l’articolo che Maria Federici (del Messaggero) scrisse su quella performance.

Se rinasco in tivvù, vado a Calcata

VITERBO – «Là dentro c’è anche un cavallone enorme. Ma che ci farà?».

Il cavallone enorme fa parte del parco animali che l’architétto Paolo Portoghesi ha creato nella sua casa di Calcata. Il dubbio sul suo utilizzo, invece, attanaglia Patrizio Roversi, l’inviato molto speciale di Rai 2 che insieme alla moglie Syusy Blady, bighellona attorno al mondo e negli angoli più eccentrici della nostra penisola, per prendere appunti televisivi e trasformarli nel programma “Se rinasco”.

È la tarda serata di martedì, quando la coppia di giornalisti, turisti per caso, si inoltra nel borgo vecchio di Calcata. Sono nella Tuscia per registrare una puntata della loro trasmissione, che dovrebbe andare in onda tra due settimane. Reduci da un incontro virtuale, anzi stellare, anzi via etere perché soltanto telefonico, con il barbuto astrologo Massimo Fornicoli che vive a Vallerano, dopo Calcata sono andati a Tarquinia, il regno dei tombaroli. Quelli pentiti e quelli incalliti. Qui si sono incontrati con due perfetti esemplari della specie: Luigi Perticarari. detto il mago, e l’ultimo etrusco, Omero Bordo.

Ma a Calcata, finita la visita allo zoo di Portoghesi, hanno raccolto più fans dei Take That con decine di cuoristi (leggi lettori del settimanale Cuore, su cui Roversi ha una rubrica) che li hanno assaltati, mentre li aspettava, fumante e saporita, la famosa acquacotta preparata con ricetta antichissima dal Circolo vegetariano della cittadina. «Se era buona? Veramente – commenta Roversi con una risata – quando noi siamo arrivati se l’erano mangiata quasi tutta». I due inviati molto speciali di Rai 2, sono

stati lasciati a stomaco vuoto? Macché, l’ospitalità del circolo vegetariano è ormai universalmente conosciuta. Sentite il Presidente Paolo D’Arpini: «Gli abbiamo preparato un po’ di panzanella, e hanno anche apprezzato il nostro vino, bevendo e mangiando allegramente». Seduti sul prato del circolo, con una Syusy Blady infreddolita e incartata in una coperta. «Ma addosso non aveva solo la coperta – precisa Patrizio – in testa si era messa le piume strappate da un pavone e dal culo di una gallina di Paolo Portoghesi, sembrava una squaw».

E l’universo Calcata? «E una piccola Berlino, con un centro storico bellissimo e una parte nuova orribile. E con Portoghesi che è collocato fisicamente a metà, nella sua casa che è un paradiso terrestre. E poi questo borgo con le sue tantissime personalità interessanti, per noi è stato una scoperta».

Maria Federici

Ecco son contento di aver ripescato questo vecchio articolo, di cui non menziono la data per modestia…. E qui di seguito inserisco il programma di quest’anno… non ci sarà né Syusy né Roversi, né Paolo Portoghesi né nessun altro d’importante… pensate che un paio d‘anni fa siamo stati soli soli io e Nazareno Reda di Viviviterbo, che era venuto a trovarmi appositamente… ma l’incontro è stato molto umano e pieno di significato, il numero dei partecipanti non ha valore…

Paolo D’Arpini

Festa dedicata ai compagni di viaggio, quelli del “when the saints go on marching in…”

Programma dell’8 agosto 2009:

h. 17.00 – Appuntamento al Circolo vegetariano VV.TT. in via del Fontanile snc. Andiamo vagando senza meta per la campagna inseguendo i profumi di fine estate.

h. 19.00 – Nel Tempio della Spiritualità della Natura, preparazione dell’acqua cotta.

h. 21.00 – Convivio e lettura di brani del libro “Compagni di viaggio – storie raccontate e da raccontare durante il viaggio”.

Info: circolo.vegetariano@libero.it  - Tel. 0761/587200

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Alternativa a Silvio Berlusconi…. Beppe Grillo? – Lettera aperta a Michele Bonatesta de La Tua Voce

Ante Scriptum:

Approfitto di due articoli apparsi su La Tua Voce, giornale online diretto da Michele Bonatesta, il primo del rappresentante di Beppe Grillo a Viterbo, Giuseppe Anelli, e l’altro di un giornalista della testata, Gianfranco Faperdue, per esprimere la mia visione sulla situazione politica in Italia, sull’ineluttabilità di sorbettarsi il cavaliere finchè le alternative saranno D’Alema, Rutelli, Di Pietro o -dulcis in fundo- Beppe Grillo!

……………

Caro Direttore, Michele Bonatesta, stavolta non c’era il pulsante per i commenti e così mi tocca scriverle qui sulla mail informativa… da lei ricevuta. Ho letto l’articolo di Gianfranco Faperdue, il quale risponde a Giuseppe Anelli. Veramente prima di leggere Faperdue non avevo nemmeno pensato di leggermi Anelli, anche perché mi sembra che i suoi interventi siano molto sporadici e non cogenti con la situazione locale presente.

Mi pare che il suo -di Anelli- sia una sorta di movimentismo d’ufficio in cui di tanto in tanto occorre esprimere qualche giudizio in linea con “la voce del padrone”… ed in questo caso il “padrone” è il candidato segretario del PD, Beppe Grillo, comico o “guitto” populista….

Certo le tiritere forbite di Anelli non hanno nulla a che vedere con le basse palate di letame del nostro Grillo… D’altronde è giusto che ci siano stili diversi per portare avanti un discorso d’opposizione al sistema…. E su questo concordo con Anelli e Grillo…

Questo sistema fa acqua da ogni angolo della barca… e non è completamente vero -anche se espresso in modo genuino e sincero- quanto affermato dall’amico Gianfranco Faperdue, ovvero che in Italia siamo perfettamente liberi e che le scelte del Berlusca sono -tutto sommato- in linea con il pensiero della maggioranza degli italiani che lo hanno votato.

No di certo, non sono in linea, sono soltanto acettate come accettiamo il maltempo, come accettiamo la disoccupazione, come accettiamo la mancanza di affetti umani, perché ci tocca… e basta. Ed accettiamo quindi di vedere ed immaginare che almeno il Berlusca se la gode, che almeno lui ha le idee chiare sul da farsi, illudendo così noi stessi che tanto vale accettattare quel “duce” piuttosto che litigiosi e beceri ed infidi D’Alema, Rutelli, Di Pietro, Pecoraro Scanio, e la bella compagnia improponibile che schiera la sinistra.

Siamo “obbligati” ad accettare il cavaliere non siamo liberi di sceglierlo, siamo obbligati perché ci fa comodo e guardiamo solo la televisione senza nemmeno guardare fuori dalla finestra…

Cordiali saluti e grazie per l’attenzione, Paolo D’Arpini

Articoli citati:

http://www.latuavoce.it/notizie/notizia.asp?id=17565

http://www.latuavoce.it/notizie/notizia.asp?id=17533

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“A Viterbo..” Ovvero “a” come aeroporto, “a” come apocalisse…. – I dubbi atroci sull’impatto ambientale di un’opera socialmente inutile

Caro Paolo, molti sono i miei dubbi circa l’impatto ambientale e paesaggistico che avrà la gigantesca opera aeroportuale prevista a Viterbo.

Ad esempio, contando la vicinanza dell’area dell’aeroporto con il Bullicame e con tutta la zona termale, con lo splendido sito archeologico di Castel d’Asso, e, non ultima, con la stessa magnifica Tuscania (oggi uno dei centri più visitati del Viterbese), la quale vedrà svanire i propri secolari silenzi maremmani dal sibilare continuo ed incombente degli aeroplani. Un aspetto peraltro, quest’ultimo, da non sottovalutare, poiché l’inquinamento acustico e visivo determinato dal “vai e vieni” degli aerei peserà su un’area assai più vasta di quella dell’aereoporto: anzi, pensando alle rotte che i velivoli effettueranno (verso Siena, verso Perugia e verso Roma) praticamente tutto il territorio della Tuscia sarà invaso dal traffico aereo con un risultato disastroso per la quiete, prima proverbiale, delle terre degli antichi etruschi ma anche per la qualità stessa dell’aria. Alcune zone come la bassa Tuscia, Pensiamo ai Monti della Tolfa e della Valle del Biedano – che già risentono degli scali civili e militari del litorale – vedranno i propri cieli solcati in continuazione dagli aerei, in stridente contraddizione con la loro qualità (che andrebbe invece assolutamente salvaguardata) di aree naturali ancora selvagge.

Del resto, sappiamo tutti che il terzo scalo a Viterbo servirà per portare ulteriori turisti nella Val d’Orcia, in Umbria e a Roma, favorendo quindi non il territorio della Tuscia ma aree le quali oggi già possiedono enormi flussi turistici, che vedranno così vieppiù incrementati. Insomma una vera e propria nuova (l’ennesima) servitù. Dopo le centrali di Civitavecchia e di Montalto con i grandi elettrodotti che squarciano la Maremma viterbese, dopo i folli progetti di impianti eolici e di centrali a biomasse nelle zone più intatte ed pregiate della provincia, veniamo dunque anche a questa faraonica idiozia dell’aeroporto, idea sostenuta chiaramente da chi non ha alcun amore per questa terra ma solo ed esclusivamente interessi (direttamente o indirettamente) personali, oppure da chi sia semplicemente legato ad un’ideologia di sviluppo vecchia, sorpassata e anche un po’ demenziale, basata sulla trasformazione totale e completa del territorio, con la sua conseguente perdita di identità e di specificità: un processo che applicato alla Tuscia alla lunga la porterebbe a divenire una sorta di gigantesco dormitorio sia della vicina metropoli romana sia del grande distretto industriale che verrebbe inevitabilmente a realizzarsi a Viterbo e nelle zone limitrofe. Un progetto, in definitiva, che suona come l’ennesima e ultradecennale conferma dell’incapacità della classe politica della Tuscia di saper valorizzare adeguatamente questo territorio e di dargli un indirizzo ben preciso e relativamente condiviso. L’aeroporto apporterebbe infatti gravissimi danni all’immagine turistica del territorio tutto, già d’altro canto interessato, negli ultimi anni, da inquietanti fenomeni di degrado come l’incontrollato proliferare di piccoli insediamenti produttivi sparsi in aree ambientali di pregio, con grande erosione delle risorse paesaggistiche della provincia.

Una volta realizzato l’aeroporto, d’altronde, ci si troverebbe di fronte il problema dei trasporti che come sappiamo sono piuttosto scadenti tra Viterbo e Roma ma anche tra Viterbo e Siena e Perugia: così si darebbe il via ad altri progetti altrettanto faraonici di autostrade e superstrade finora falliti non solo per mancanza di fondi ma anche per l’evidente vocazione agro-pastorale e turistica della Tuscia. Come si potrebbe, allora, conciliare la tutela di beni archeologici e paesaggistici sparsi ovunque con la creazione di nuove infrastrutture in funzione dell’aeroporto? Di ciò ancora non si parla, ma chi è lungimirante, e vede purtroppo nella storia il ripetersi sempre degli stessi fatti, non può non vedere chiaro che la creazione dell’aeroporto costerà più o meno a breve una trasformazione totale dell’assetto territoriale della provincia.

Di questo passo addio alla Tuscia, ossia a ciò che noi oggi conosciamo come Tuscia, vale a dire un’area agricola e naturale di eccezionale pregio, caratterizzata da una straordinaria armonia fra beni archeologici e paesaggistici, e che proprio su queste risorse, in quanto oggi divenute assai rare in Italia, dovrebbe poggiare il proprio futuro, tramite seri progetti per la conservazione del territorio e del paesaggio storico (ad esempio tramite l’istituzione di un vasto parco nazionale) e nuove (e veramente “europee”) strategie di promozione e valorizzazione delle proprie bellezze. Invece, gli amministratori locali, servi di pochi avidi speculatori, stanno svendendo la Tuscia al cancro del progresso cieco e demente, che “progresso” niente affatto è, ma pura barbarie e violenza contro un bene che ci è stato generosamente tramandato dai nostri saggi antenati e che purtroppo una volta distrutto non sarà più riproducibile: il territorio.

Luca Bellincioni

http://ambientepaesaggio2000

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