Archivio di dicembre 2008

Strenna di buon augurio per il 2009

Stiamo festeggiando l’inizio di un nuovo anno, questo dal punto di vista astrologico è corretto in quanto il momento corrisponde al solstizio invernale ed alla ripresa dell’allungamento delle giornate.  Tra l’altro, in chiave religiosa, la nascita di Gesù sta a significare l’avvio di una nuova stagione  umana e quindi si può dire che con lui nasce un  “nuovo anno”  morale.

“Il Figlio.   Siedi in silenzio e avvolgi le tue parole nella nebbia di dicembre, ascolta il vento mentre raccoglie le ultime foglie di un autunno fiorito e sposa gli occhi insonni della Madre, sul volto del Figlio.
Lui, che ancora tace il fiume immenso del nobile verso a cui il Padre diede voce un tempo e che incontra da sempre l’incenso di umane preci strette nella morsa di lacrime nere, rivolte al cielo di un sacro Presepio, tra umili amanti che scrivono finalmente liberi il nome di Dio nel libro dell’umana storia.” (Antonella Pedicelli)

Ma dal punto di vista della natura il nuovo inizio  si avverte con la primavera ed infatti in tutto il mondo il principio del nuovo anno era coincidente con il mese di marzo ed in questo mese era posta la tradizione della “strenna”. 

 Gli antichi romani erano solito regalare un vassoio bianco con fichi e miele,  sul vassoio erano posti anche ramoscelli di alloro chiamati appunto “strenne”.In realtà il nome “strenna” ha origini ancora precedenti, risalenti a quando (prima del 191 A.C.)  il calendario riportava il capodanno al primo marzo. In quella data, davanti alle porte del Rex Sacrorum, delle Curie e del tempio di Vesta,  venivano posti ramoscelli di alloro in sostituzione di quelli ormai secchi dell’anno prima, questi ramoscelli venivano staccati da piante lungo una via consacrata ad  una dea di origine sabina che si chiamava appunto Strenia.   Il termine latino “strena”: presaggio fortunato, deriva probabilmente proprio dalla dea Strenia,  portatrice di fortuna e felicità. La leggenda attribuisce l’inizio di questa usanza a Tazio,  sembra infatti sia stato proprio il re dei Sabini ad avere per primo l’idea di questo dono. 

 Ed ora  vi offriamo  una strenna poetica,  quale anteprima della recita che verrà fatta il 6 gennaio 2009 da Stefano Panzarasa, in occasione della  Epifania dedicata ai bimbi di Calcata.  

 FILASTROCCA DI CAPODANNO   (di Gianni Rodari) 

voglio un gennaio col sole d’aprile,

un luglio fresco, un marzo gentile;

voglio un giorno senza sera,

voglio un mare senza bufera;

voglio un pane sempre fresco,

sul cipresso il fiore del pesco;

che siano amici il gatto e il cane,

che diano latte le fontane.

Se voglio troppo, non darmi niente,

dammi una faccia allegra solamente. 

Dal Circolo Vegetariano VV.TT.   – Buon 2009 

Neopaganesimo, panteismo, sincretismo, fisica quantistica, ecologia profonda, spiritualità della natura, psicologia archetipale

La rivalutazione del paganesimo, come viene definito oggigiorno, è una delle caratteristiche portanti del filone New Age. Addirittura negli Stati Uniti è nata una nuova “religione” denominata Wicca che ha raccolto adepti in ogni parte del mondo ed è basata appunto sulla riscoperta e venerazione degli aspetti magici della natura. Spesso, qui al Circolo vegetariano di Calcata,  durante le feste da noi organizzate, soprattutto quelle in concomitanza con i solstizi o gli equinozi o per la luna piena e nuova, alcuni adepti  “neo-pagani” vengono a condividere il nostro spirito  ed oltre alle cerimonie già da noi predisposte aggiungono  riti diversi  ed offerte alle divinità e fate della valle. Io li lascio fare perché in fondo il riconoscere la sacralità della natura in tutte le sue forme è uno degli aspetti della spiritualità laica e dell’ecologia profonda.  

In effetti la spiritualità della natura è un aspetto riconosciuto anche nella fede cristiana, soprattutto nel misticismo (sia in quello primitivo che in quello francescano)  in cui prevale  la consuetudine di ritirarsi in grotte, boschi e deserti in stretta comunione con gli elementi naturali e con il mondo animale.  In questo modo viene riconosciuta la bellezza del creato e la grandezza del Creatore.  Aspetti pagani erano presenti persino nella religione ebraica, sia pur talvolta condannati come ad esempio l’adorazione della vacca sacra durante la traversata del Sinai,  oppure  riconosciuti e facenti parte della tradizione  come  avvenne presso la setta degli Esseni che vivevano in strettissima simbiosi con la natura e con  i suoi aspetti magici, avendo sviluppato anche la capacità di trarre il loro nutrimento dal deserto, un grande miracolo questo considerando  che erano persino vegetariani….

 Il rispetto e l’adorazione  della natura, definito dalla chiesa cattolica (un po’ dispregiativamente) “panteismo” è uno degli stimoli da sempre presenti nell’uomo,   tra l’altro questo sentimento panteista è  alla base dell’exursus evolutivo della specie. 

 Ciò  mi fa  ricordare di una storiella,  che amo spesso raccontare,     sull’origine della specie umana.  Ormai è certo che ci fu una “prima donna”, un’Eva primordiale. L’analisi   del patrimonio genetico femminile presente nelle ossa lo dimostra inequivocabilmente… Mi sono così immaginato una donna, la prima donna, che avendo raggiunto l’auto-consapevolezza (la caratteristica più evidente dell’intelligenza) ed avendo a disposizione solo “scimmie” (tali erano i maschi a quel tempo)  dovette compiere una opera di selezione certosina per decidere con chi accoppiarsi in modo da poter avere le migliori chance di trasmissione genetica di quell’aspetto evolutivo. E così avvenne conseguentemente  nelle generazioni successive ed è in questo modo che pian piano dalla cernita nell’accoppiamento sono   divenute rilevanti qualità come: la sensibilità verso l’habitat, l’empatia,  la pazienza,  la capacità di adattamento e di gentilezza del maschio verso la prole e la comunità, etc. etc.  Pregi che hanno  portato la specie  verso la condizione “intelligente” che conosciamo (o conosceremmo se nel frattempo non fosse subentrata una spinta involutiva).

 Purtroppo in questo momento storico, in seguito all’astrazione dal contesto vitale e alla manifestazione della spiritualità in senso religioso metafisico (proiettata ad un aldilà ed ad uno spirito separato dalla materia) molto di quel rispetto (e considerazione) verso la natura e l’ambiente e la comunità è andato scemando,  sino al punto che si predilige la virtualizzazione invece della sacralità vissuta nel quotidiano. Ed in questo buona parte della responsabilità è da addebitarsi ai credo monoteisti. Ma quello che era stato scacciato dalla porta ora rientra dalla finestra, infatti la scienza sta riscoprendo i miti, le leggende e le divinità della natura descrivendole in forma di “archetipi”.

 All’inizio della  civilizzazione umana, nel periodo paleolitico e neolitico matristico, la sacralità era incarnata massimamente in chiave femminea, poi con il riconoscimento della funzione maschile nella procreazione tale sacralità assunse forme miste  maschili e femminili, successivamente con i monoteismi patriarcali fu il maschile che divenne preponderante. Ora è tempo di riportare queste energie al loro giusto posto e su un totale piano paritario.  Anche se già in una antica civiltà, quella Vedica,  questa parità era stata indicata, come nel caso della denominazione(maschile) “Surya” che sta ad indicare l’identità del sole in quanto ente,  che  viene completato dall’aspetto femminile “Savitri”  che è la  capacità irradiativa dell’energia solare. E noi sappiamo che fra il fuoco e la  capacità di ardere sua propria non vi è alcuna differenza. 

 Paolo D’Arpini  

 “La nostra anima nel profondo non ha mai smesso di dirsi pagana; basta solo ascoltarla con attenzione per capirlo. Il nuovo paganesimo non è affatto un concetto stravagante o qualcosa di intellettuale costruito a tavolino; è semplicemente un atto di auto-consapevolezza: una presa di coscienza della nostra natura e di ciò che è estraneo  ad essa”. (Alfonso Piscitelli)

 

Canto pagano di chi viaggia verso il Sé.  

Ascoltatemi spiriti del Vento, essenze immortali  che abitate nelle pieghe nascoste  dell’aria, delle rocce, delle acque. Oso invocarvi e presentarmi dinanzi a voi per compiere il mio passaggio a cui mi preparo  nel cielo di una notte d’estate, investito dal caldo mormorio dei grilli, inumidito dalla rugiada che bagna il muschio, stremato nel desiderio di correre verso un destino che mi avvolgerà come un non visto mantello…..  da vincitore o da vinto io non so.  Vorrò però essere ricordato come un uomo che ha provato a parlare con voi e da ciò apprendere la poca o molta saggezza che si può richiedere  a un sorso d’acqua gelida,  al fuoco notturno degli amici, al pianto solitario di un bimbo che accende la pianura di suoni che non le appartengono, ma che grata accetta, come il passo silenzioso del viandante che la rende sacra con l’amore del suo andare.   (Simone Sutra)

“Esiste Calcata od esiste il Circolo?” – Ragionamento analogico/logico sul concetto di Calcata/Utopia e restituzione di verità al luogo abitato…

Avrete notato che  in Home Page del nostro sito c’è la frase  “Non so nulla di Calcata,  so solo che c’è un Circolo“  ed ancora più sotto  “Esiste Calcata od esiste il Circolo?” e simili assurde affermazioni che mi hanno procurato parecchie critiche fra i “calcatesi”, i quali mi accusano di  fare discorsi assurdi e ridicoli…. La verità è che il “luogo”  ha un valore e significato solo se vissuto, percepito e descritto da chi lo abita. Ed in verità accade che ognuno  proietta e descrive il paese a propria immagine e somiglianza.  A Calcata, che è un paesino da un lato  abbandonato e dall’altro riabituato,  questo processo avviene poiché non c’è  alcuna regola  condivisa sul modo di vivere  nel luogo. Possiamo affermare che Calcata è  anarchica ed inesistente, almeno per quel che riguarda l’immagine. Calcata in un certo senso è un paese invisibile, appare e scompare, assume le sembianze di chi lo descrive, può essere un paese ideale oppure un sito infernale, uno spazio vuoto oppure un calderone di mille iniziative, un ghetto od un esperimento alchemico e sociologico,  e così via…

 Se prendessimo  Calcata e la svuotassimo di tutti i significati che le sono stati impressi ed attribuiti vedremmo soltanto un piccolo borgo cadente ed arroccato  come ve ne sono migliaia in Italia e milioni nel mondo. Quindi la Calcata conosciuta forse non è   propriamente  un  luogo  ma un’utopia…

 Utopia o comunità?
Negli anni è andato affermandosi l’immagine di Calcata  villaggio ideale,  una proiezione mentale   al posto della  comunità reale. Calcata non è (o non potrebbe essere) un luogo puramente fisico ma nemmeno metafisico.  Calcata Utopia- significa “in nessun luogo ed in nessuna maniera”. Infatti il villaggio ideale  può essere solo fatto apparire, è  un sogno avveniristico come  la mitica Shangrilla,  simile a Castalia, quel paese immaginario di Calvino  ove si coltiva il gioco delle perle di vetro e somma di tutti gli insegnamenti passati, fatti regola.  Ma il luogo ove si vive non può essere  una  astruseria, cioè un posto  immateriale, etereo, fantasma… altrimenti il suo “essere altrove” in un tempo non scandito  ed in uno spazio assente, lo renderebbe automaticamente  non  vero…. E forse ciò è Calcata!

 La necessità di inventarsi  Calcata, da parte di chi la “utilizza” come valvola di sfogo all’alienazione del mondo moderno o come mezzo di sussistenza alternativa,  avviene  a causa  della frantumazione  sociale che contraddistingue la nostra società.  Viviamo in un contesto sociale suddiviso,  apparentemente unito da una sembianza di comune appartenenza. Le persone che  abitano o visitano Calcata comunicano  attraverso l’immaginato,  sono abitanti di un mondo alla Matrix per intenderci,  fantasmi nell’antro Platonico. Ma questo “luogo” non può essere vero, mancando la condivisione reale, il senso di necessità e fatica comune, l’incontro fisico, il contatto… è un mondo in cui tutto si riduce ad una rappresentazione, uno spettacolo mediato, filtrato, manomesso….. un teatrino o  castello degli specchi. A Calcata viviamo come   dentro al  “Facebook”  nel quale l’interagire è demandato al pulsante di un terminal.  Allo stesso  tempo siccome capiamo che questo “sogno”  -che definiamo  “concreta realtà”- è fallace,  per sfuggirgli siamo pronti ad inventarci e dare per genuino un luogo ideale in cui rifugiarci, un paese folkloristico  del weekend,  con suoi propri  valori (basati sul vuoto)…. Calcata, la bella,  la fulgida,  per trascorrervi vacanze da artisti, per compiervi ritiri spirituali ed estetici o notti di follia rave –  per godere almeno l’illusione  di un incontro con noi stessi e con i nostri simili….

 Giustamente i romani antichi usavano due parole per indicare la comunità urbanizzata. Gli insediamenti urbani non erano soltanto  luoghi (urbs) ma anche  interazioni di vita sociale (civitas).  Ecco allora che ritornando a Calcata (il luogo in cui viviamo)  ci si può chiedere  “esiste Calcata (urbs) od esiste il Circolo (civitas)?.  In verità entrambe son necessarie e   relazionate inscindibilmente, ma entrambe  debbono essere accettate ed abitate, non solo come spazio ma come presenza,  allora la fuga nell’utopia individuale di Calcata  diventa superflua, allora la ricerca dell’ipotetico “Villaggio Ideale” diviene futile,  giacché possiamo riconoscere  di essere   “presenti” in ogni luogo, ivi compresa Calcata.

 

Che bel risparmio di tempo e di energie! Infatti il  villaggio ideale non è che l’abito mentale del quale ci rivestiamo, l’involucro delle nostre aspirazioni, creatività, produttività e realizzazioni procrastinate all’infinito, per attuarle occorre riconoscere l’importanza del possibile e del semplice, capendo di  esser parte dell’organismo globale,  avendo il coraggio di essere noi stessi, veri nel rapporto con gli altri,  ed improvvisamente siamo tornati a casa….!

 Esiste Calcata perché esiste il Circolo  ed il Circolo esiste  perché c’è Calcata.

 Paolo D’Arpini

Calcata – 6 gennaio 2009 – Befana per gli animali ed Epifania per l’infanzia

Eventi Paolo D'Arpini 28 dicembre 2008

h. 11 – Befana  per gli animali,  al Circolo Vegetariano VV.TT.  Via del Fontanileh. 15 – Epifania per i bambini, Centro Visite Parco del Treja – Borgo Antico   Oggi 28 dicembre  Calcata è imbiancata da una leggera coltre di neve. Per me è sempre un piacere vedere  il soffice candore sopra le case,  sugli alberi e sulla campagna…  magari gli uccelli non sono molto contenti, non so, ma stamattina –forse perché si è fatto più coraggioso o perché  ho notato quella macchia rossa sul petto- un piccolo pettirosso si è posato  vicino alla finestra, sulla spianatela sotto il gazebo dove sempre ci sono  avanzi di cibo, visto che solitamente  capo le verdure all’aperto. Si è fermato solo un attimo,  appena ha notato il mio sguardo su di lui se n’è volato via timoroso. Intanto ho messo sul fuoco qualche patata del nostro orto, ho acceso il camino ed anche se la legna è bagnata il fuoco è scoppiettante.Insomma questo  mi è sembrato un buon momento per scrivere il programma per la Befana degli animali, che sta arrivando, eccolo…

   Sono ormai diversi anni che è  iniziata qui al Circolo vegetariano di Calcata la tradizione della Befana per gli animali.  L’idea mi è venuta ricordando la quantità di cibo che durante le feste natalizie viene gettata nei cassonetti e pensando di non mandare sprecato quel ben di Dio  ho invitato le persone di buon cuore  a portare gli avanzi ancora commestibili qui da noi per poi assieme recarci a fare una passeggiata nella valle del Treja e lasciare qui e lì delle offerte alimentari per gli animali selvatici.Qualcuno ha obiettato che la maggior parte del cibo così abbandonato viene poi consumato dai topi e quindi non è educativo farlo e nemmeno  ecologico poiché in tal modo si incentiva la crescita numerica di questi roditori. Beh mi è sembrata molto pretestuosa questa critica soprattutto considerando che è vero proprio i contrario e cioè che è il cibo concentrato gettato nei secchioni che attira i roditori e concede loro una fonte inesauribile e quotidiana di facili alimenti. E questo non avviene solo qui a Calcata dove ci sono almeno venti ristoranti che gettano avanzi nei bidoni ma succede soprattutto a Roma dove i ristoranti saranno almeno duecentomila.

 Ricordate la storia dei topi che vivono nell’ex macello comunale?Nel vecchio macello di Roma, ora adibito a grande spazio multi culturale, c’erano orde di topi che vivevano del sangue degli animali macellati gettato nelle fogne, dopo un po’ che il servizio di macellazione era stato smesso i topi a migliaia cominciarono ad uscir fuori ed essendo abituati al sangue presero ad aggredire la gente, qualsiasi disinfestazione pareva inefficace, per risolvere il problema il comune dovette trasportare giornalmente cisterne di sangue proveniente dal nuovo macello “abbeverando” così le orde fameliche.   Vi sembra una soluzione ragionevole?

 Ma lasciamo da parte questi discorsi da Armageddon per il prossimo 2012,  anno in cui si prevede il grande cambiamento epocale.  Per ora credo che destinare  una parte del cibo che andrebbe gettato via agli animali selvatici della valle sia una buona azione che non può fare alcun male alla natura od a noi stessi.  Non so qual’è il confine fra l’uomo e gli animali, quali sono i loro reciproci diritti e doveri, qual’è il punto d’incontro della sopravvivenza reciproca, senza causare sconvolgimenti ecologici, non so nulla di questo, mi limito io stesso a sopravvivere come posso, a volte combatto a volte recedo, non mi pongo modelli, sono anch’io un animale che ha bisogno della natura, sono una espressione della natura. 

 “Se ho difetti pian piano me ne sbarazzo, se commetto errori cerco di non ripeterli più!” diceva Confucio insegnando la morale ai suoi discepoli.  E nutrire i deboli e vestire gli ignudi è anche parte della morale cristiana. Tra l’alto la tradizione dell’Epifania è nata proprio con lo scopo di alleviare le difficoltà dei bambini nel periodo più freddo dell’anno, facendo loro doni ricchi e calorici, in forma di frutta secca, dolci, frutta, etc. quindi ritengo che questa tradizione della Befana, dedicata sia agli animali che ai bambini, vada continuata.

 Quest’anno in particolare,  oltre alla consueta passeggiata nella valle del Treja per saziare gli uccelli, le volpi, i corvi, le istrici ed i ricci,  cercheremo di soddisfare anche lo “spirito”  infantile dei bimbi che si troveranno il pomeriggio del 6 gennaio al Centro Visite del Parco del Treja (nel borgo storico di Calcata), dove ad accoglierli ci sarà non solo una befana ma  diverse befane e la più “brutta” riceverà persino un premio come  “befana più befana” del 2009. A rallegrare i cuori  dell’infanzia e dei  più grandi provvederà un befanone  canterino, Stefano Panzarasa, che canterà i testi eco-pacifisti di Gianni Rodari, il poeta bambino.   Non mancate di partecipare!

 Paolo D’Arpini

Tempio della Spiritualità della Natura: un rifugio per la sopravvivenza creativa…. Un “Mein Kampf” senza risvolti politici, un luogo sacro liberato dall’intervento speculativo dell’uomo!

Non vi spaventate, non è che io voglia passare all’altra sponda….

 Purtroppo per mia composizione genetica e ideologica (si fa per dire…) sono ubicato inamovibilmente nel settore sinistro del pensiero, cioè fra i progressisti liberali, quindi non posso né voglio assumere una veste destrorsa ordinata. La mia vita è tutta un caos e completamente priva di costrutto materiale, tutto ciò che faccio è sempre nell’ambito dell’oggi, del carpe diem, perciò non ho nulla da difendere e quindi il “mio campo” è un campo in cui crolli e cambiamenti, scavi e riempimenti avvengono in continuazione come natura comanda, con poco o nulla di mio intervento intenzionale.

Questo è un bene ed un male allo stesso tempo, è un bene perché in tal modo non persiste grande attaccamento verso una specifica forma ed è un male perché nulla di costruito o costruibile è a me imputabile…. Quando tanti anni fa decisi di denominare un pezzo di terra di cui ero e sono il custode “Tempio della Spiritualità della Natura” lanciai un’idea buona anche per esaltare valori estetici naturali, infatti qualcuno ne approfittò per costruire un più solido “Museo della Natura”. Eppure per il mio “tempio della natura” (a volte detto anche “tempio sincretico di tutte le religioni”) il battage pubblicitario era stato fortissimo, articoli su articoli, trasmissioni tv su trasmissioni tv, anche Paolo Portoghesi aveva promesso di “regalare” uno stupa simbolico, insomma le premesse di una grande edificazione c’erano tutte… ma –ahimé- c’ero anch’io e come sapete io amo “inneggiare ed evocare” senza costrutto!

Alla fine il tempio restò un terreno più o meno abbandonato a se stesso, “lasciato agli impulsi spontanei creativi della natura e delle sue creature” mentre io continuo a restarne il solitario custode, osservando ciò che mamma creazione vi plasmava e vi plasma giorno per giorno, anno per anno. Questo campo sacro è il mio “mein kampf” e nient’altro.

A questo punto è necessario che io parli della reale condizione di questo “kurushetra” di Calcata che come ho già detto non è un “campo di battaglia” piuttosto il mio “buen retiro”, un luogo in cui apprendere (o ricordare) un diretto contatto con la natura, con gli animali e con le piante. La visita al Tempio della Spiritualità della Natura prevede un incontro riavvicinato con il luogo in modo da trarne un senso di appartenenza e di presenza. Teoricamente questo è un discorso ancora molto sentito in tante realtà rurali, ed in verità i miei veri maestri ecologisti son stati proprio quei ‘vecchi contadini calcatesi’ dai quali ho appreso alcune verità basilari sulla terra e sull’arte di trarne frutto senza danneggiarla. Parlando in termini di agricoltura ‘naturale’ vorrei fare l’esempio della cura rivolta alla prole, che si manifesta con l’incoraggiamento alla crescita e non con la coercizione, allo stesso modo poniamoci verso le risorse che madre terra offre. In termini di agricoltura bioregionale ciò significa prima di tutto rendersi consapevoli di quello che spontaneamente cresce nel posto in cui si vive. Questo iniziale processo di osservazione, o accomunamento alla terra, è necessario per scoprire quante erbe e frutti commestibili son già disponibili, cresciuti in armonia organolettica con il suolo e quindi esprimenti un vero cibo integrato per chi là vive. Lo stesso corso va applicato anche alla vita animale selvatica che condivide la presenza in equilibrio naturale. Una accurata analisi consente l’immediato utilizzo di cibo integrativo spontaneo per arricchire la dieta corrente, oggi limitata a poche specie coltivate (sia pure in modo biologico). Il passo successivo e quello di sperimentare l’eventuale inserimento nel terreno prescelto di piante coltivate che siano in sintonia o meglio delle stesse famiglie di quelle spontanee. Questa graduale promozione ovviamente non può essere fatta con l’occhio distaccato di un botanico o di un tecnico agricolo ma va accompagnata da una reale presenza e compartecipazione al luogo, in modo da trarne occasione per un riconoscimento di appartenenza e condivisione (con la vita ivi presente) divenendo in tal modo noi stessi cooperatori della natura e suoi conservatori. E’ una convergenza, una osmosi, che si viene pian piano a creare fra noi e l’ambiente ed è anche la base della produzione di cibo vero (per uomini veri) che non va però relegata alla sola categoria dei contadini ma vista come la premura di ognuno. E’ un atteggiamento di consapevolezza alimentare.

Infatti il mio consiglio -dopo una breve permanenza presso il Tempio della Spiritualità della Natura- è quello di intraprendere piccole coltivazioni casalinghe ovunque sia possibile, nel giardino dietro casa o sulla terrazza di un condominio, e di approfittare di ogni passeggiata per cogliere delle erbe commestibili, in modo da spezzare la totale dipendenza dal cibo fornito dal mercato, rendendoci così responsabili -sia pure in minima parte- della nostra alimentazione. E’ un aspetto essenziale della cura per la vita quotidiana e della presenza consapevole nel luogo.

Ho iniziato ad occuparmi di attività ecologiste, vegetariane e di spiritualità laica prima esperimentando in vari luoghi d’Africa e India (Ashram e comunità rurali) e dal 1977 a Calcata (in provincia di Viterbo). A questo punto del percorso mi sembra ‘opportuno’ trasmettere la conoscenza acquisita a quelle persone ‘esterne’, interessate a questo tipo di ricerca, volendo con ciò sviluppare quelle attività ecologiche, culturali e spirituali sinora portate avanti. E questo testo è anche un modo di condividere la mia esperienza. Come dicevo, da parecchio tempo occupo alcuni terreni (siti in località Orti di Cristo e Grotticelli e Vignale) nei quali da tempo pratico la raccolta di erbe, svolgendovi inoltre un programma di riscoperta di valori naturali, meditazione, allevamento animali salvati dalla mattanza. In particolare uno di questi terreni, quello principale di circa ½ ettaro, è servito precedentemente come discarica comunale, quindi il lavoro verte anche sulla riqualificazione del luogo. Nel corso degli anni ho sporadicamente ospitato persone che intendevano trascorrevi brevi periodi di “lavoro e di rilassamento’. Sui terreni insistono alcune semplici strutture: una casetta minuscola di pietra, una capanna in legno, alcune grotte ripulite ed imbiancate.

La proposta per gli ospiti è quella di collaborare nelle varie necessità del Tempio, per qualche ora giornaliera e collaborare alle varie iniziative e programmi, in cambio offro pasti frugali ed ospitalità. Nel Tempio non c’è energia elettrica, il riscaldamento è a legna, i servizi da campo, l’acqua potabile è disponibile da un rubinetto esterno. Chiedo inoltre agli ospiti, possibilmente non più di due persone alla volta, di astenersi dal far uso di apparecchi elettrici (anche a batteria) assumendo un atteggiamento morigerato e silenzioso. Insomma siamo in un tempio…

Per prenotare le permanenze è opportuno scrivere a circolo.vegetariano@libero.it

Pure telefonando allo 0761-587200.

Paolo D’Arpini