Calcata 2009, riedizione di un gioco dettato dal caso: “… 8 agosto, così abbiamo scoperto l’acqua calda con Syusy Blady e Patrizio Roversi”

Eventi Paolo D'Arpini 18 luglio 2009

Ricordo che già da alcuni anni avevo inserito in calendario la commemorazione dell’8 agosto, la data in cui nel 1961 il mio nonno spirituale Bhagawan Nityananda lasciò il corpo. Certamente la ricorrenza non aveva alcunché di prosaico… ma accadde che “i turisti per caso” Syusy Blady e Patrizio Roversi decisero di venire a trovarci a Calcata, per girarvi un breve reportage, e scelsero proprio quella data.. che inoltre era un giorno feriale. Dovetti pensare a qualcosa per coinvolgere un po’ di amici nell’evento e ricordai che in quel periodo, in vari luoghi della Tuscia, si preparava l’acqua cotta in occasione delle feste paesane. Contattai perciò alcuni amici di Sant’Elia che conoscevano bene la ricetta locale ed assieme a loro ed alla consueta banda di soci del Circolo, che solitamente volontariava la presenza in occasioni simili, organizzai la prima Festa dell’Acqua Cotta di Calcata. La cosa non mi sembrò irriverente nemmeno nei confronti di Nityananda infatti voi sapete che nell’antichità si usava commemorare i defunti con pranzi e banchetti, perciò la festa mi parve di buon auspicio…..

A quella prima edizione parteciparono parecchie persone, evidentemente la curiosità di conoscere la Blady e Roversi era grande, visto che i due erano già famosi per la loro rubrichetta tenuta su Cuore. Ma essi, già vittime del meccanismo dell’immagine, prima andarono ad intervistare Paolo Portoghesi e poi vennero al Circolo…. dove li punimmo amaramente…. (si dice pan per focaccia, in questo caso pan bagnato in faccia..) Qui di seguito inserisco l’articolo che Maria Federici (del Messaggero) scrisse su quella performance.

Se rinasco in tivvù, vado a Calcata

VITERBO – «Là dentro c’è anche un cavallone enorme. Ma che ci farà?».

Il cavallone enorme fa parte del parco animali che l’architétto Paolo Portoghesi ha creato nella sua casa di Calcata. Il dubbio sul suo utilizzo, invece, attanaglia Patrizio Roversi, l’inviato molto speciale di Rai 2 che insieme alla moglie Syusy Blady, bighellona attorno al mondo e negli angoli più eccentrici della nostra penisola, per prendere appunti televisivi e trasformarli nel programma “Se rinasco”.

È la tarda serata di martedì, quando la coppia di giornalisti, turisti per caso, si inoltra nel borgo vecchio di Calcata. Sono nella Tuscia per registrare una puntata della loro trasmissione, che dovrebbe andare in onda tra due settimane. Reduci da un incontro virtuale, anzi stellare, anzi via etere perché soltanto telefonico, con il barbuto astrologo Massimo Fornicoli che vive a Vallerano, dopo Calcata sono andati a Tarquinia, il regno dei tombaroli. Quelli pentiti e quelli incalliti. Qui si sono incontrati con due perfetti esemplari della specie: Luigi Perticarari. detto il mago, e l’ultimo etrusco, Omero Bordo.

Ma a Calcata, finita la visita allo zoo di Portoghesi, hanno raccolto più fans dei Take That con decine di cuoristi (leggi lettori del settimanale Cuore, su cui Roversi ha una rubrica) che li hanno assaltati, mentre li aspettava, fumante e saporita, la famosa acquacotta preparata con ricetta antichissima dal Circolo vegetariano della cittadina. «Se era buona? Veramente – commenta Roversi con una risata – quando noi siamo arrivati se l’erano mangiata quasi tutta». I due inviati molto speciali di Rai 2, sono

stati lasciati a stomaco vuoto? Macché, l’ospitalità del circolo vegetariano è ormai universalmente conosciuta. Sentite il Presidente Paolo D’Arpini: «Gli abbiamo preparato un po’ di panzanella, e hanno anche apprezzato il nostro vino, bevendo e mangiando allegramente». Seduti sul prato del circolo, con una Syusy Blady infreddolita e incartata in una coperta. «Ma addosso non aveva solo la coperta – precisa Patrizio – in testa si era messa le piume strappate da un pavone e dal culo di una gallina di Paolo Portoghesi, sembrava una squaw».

E l’universo Calcata? «E una piccola Berlino, con un centro storico bellissimo e una parte nuova orribile. E con Portoghesi che è collocato fisicamente a metà, nella sua casa che è un paradiso terrestre. E poi questo borgo con le sue tantissime personalità interessanti, per noi è stato una scoperta».

Maria Federici

Ecco son contento di aver ripescato questo vecchio articolo, di cui non menziono la data per modestia…. E qui di seguito inserisco il programma di quest’anno… non ci sarà né Syusy né Roversi, né Paolo Portoghesi né nessun altro d’importante… pensate che un paio d‘anni fa siamo stati soli soli io e Nazareno Reda di Viviviterbo, che era venuto a trovarmi appositamente… ma l’incontro è stato molto umano e pieno di significato, il numero dei partecipanti non ha valore…

Paolo D’Arpini

Festa dedicata ai compagni di viaggio, quelli del “when the saints go on marching in…”

Programma dell’8 agosto 2009:

h. 17.00 – Appuntamento al Circolo vegetariano VV.TT. in via del Fontanile snc. Andiamo vagando senza meta per la campagna inseguendo i profumi di fine estate.

h. 19.00 – Nel Tempio della Spiritualità della Natura, preparazione dell’acqua cotta.

h. 21.00 – Convivio e lettura di brani del libro “Compagni di viaggio – storie raccontate e da raccontare durante il viaggio”.

Info: circolo.vegetariano@libero.it  - Tel. 0761/587200

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1 agosto 2009 – Gita da Calcata a Castro dei Volsci in Ciociaria – Ed un pensiero su Osho

Con tutti danni che hanno fatto i romani, prima quelli del SPQR e poi quelli del papato, almeno contribuirono a formare un’identità condivisa in terra “ciociara”.

La parola Ciociaria deriva da “cioce” le calzature di pelle appiccicate su misura al piede che per la verità venivano usate un po’ ovunque nell’Italia centrale e meridionale, ma che durarono più a lungo e furono più diffuse in terra ciociara (appunto). In verità quella che noi oggi conosciamo come la Ciociaria era un tempo una regione molto più vasta che comprendeva buona parte dell’attuale provincia sud di Roma e dell’attuale provincia di Latina. Il simbolo di questa terra è stato in epoca romana il celeberrimo avvocato Cicerone, così chiamato perché nato balbuziente vinse il suo difetto mantenendo in bocca una “cicerchia” (tipo di legume), in epoca medioevale fu l’abbazia di Monte Cassino a dar lustro all’area, ed in tempi moderni è stata la famosa frase di Nino Manfredi (di Ceccano) “Fusse ca fusse la vorta bbona..”.

Ma molto prima, prima ancora che nascesse Roma, la terra ciociara era abitata da una varietà di popolazioni italiche: Volsci, Ernici, Equi, Sanniti… con spruzzi di Etruschi e Greci. Oggigiorno è soprattutto l’origine “volsca” che tende ad essere matrice di riferimento culturale per molti centri della zona. Questo perché da diversi archeologi la civiltà dei Volsci viene riconosciuta come “luminosa e fertile” (molti i reperti conservati al Museo di Castro dei Volsci). Però c’è da dire che solo durante il papato la terra ciociara cominciò ad acquisire una identità comunitaria, distaccandosi pian piano da legami “antichi” con le genti del Casertano – Napoletano, del Molise e dell’Abruzzo. Nacque così la “Ciociaria” ed effettivamente questo territorio meriterebbe una propria identità bioregionale.

Infatti se dovesse scorporarsi il Lazio, in previsione dell’attuazione di Roma Capitale (Regione Metropolitana), le parti della provincia di Roma sud e di Latina che sono molto affini a quest’ambito potrebbero ri-aggregarsi in una nuova entità amministrativa. Ma questa per il momento è fantapolitica….

Ritornando comunque alle “radici” ciociare -avendo anch’io un ascendente in tal senso, essendo mio nonno paterno originario di Arpino- sarò lieto di visitare Castro dei Volsci il 1 agosto 2009, invitato da un gruppo di artisti che desiderano farmi conoscere la cittadina per riscoprire assieme antichi valori di ospitalità e solidarietà umana.

L’incontro prevede una passeggiata nell’antico borgo, un simposio con gli artisti e poeti locali ed infine una chiacchierata in cerchio per condividere esperienze e lanciare proposte culturali per il futuro.

Chi, abitando al nord di Calcata, decidesse di partecipare e farmi da accompagnatrice/ore, è benvenuta/o. Contattatemi allo 0761/587200.

Paolo D’Arpini

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Riflessioni sulle parole e sulla forma di Osho

… ho avuto la sensazione, osservandolo e leggendo alcune sue frasi, che il tempo si fermasse. Non vedo giudizio, non trovo attesa, semplicemente “esserci”, stare, in un completo e condivisibile silenzio, dove le parole acquistano una veste universale. Ci si siede e si osserva ciò che accade: è l’incontro dell’alba con la notte, del vecchio con il giovane, è la linea d’ombra che non vediamo, riflessa negli abissi oceanici; è il colore del vento che prende forma, è il gioco che non ci siamo mai concessi che ruba il suo manifestarsi ad ogni altra azione; è il nulla che semplicemente E’….. Per un attimo si ha quasi l’impressione di percepire il volto di Dio mentre sorride………

A.P.

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L’importanza del paesaggio per lo sviluppo sostenibile della provincia di Viterbo – ” No agli scempi incipienti nell’Agro Falisco!”

Sì, caro Paolo, si può e si deve dialogare su tutto (politica, atteggiamenti personali, ideologia, concezioni morali,…) ma sul territorio ci sono dei limiti. Perché il territorio oggettivamente non va danneggiato perché ciò oggettivamente sarebbe male. Chi vuol dare consigli sulla necessità da consumare territorio con impianti eolici -perché gli hanno detto che così va bene oppure perché dice che è l’unica alternativa al nucleare (sempre perché così gli hanno imposto i massmedia)- evidentemente si rivela male informato e soprattutto lontano dalle realtà del territorio di cui parla (nella fattispecie la Tuscia).

Il tuo articolo ( http://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2009/07/energia-pulita-come-varie-soluzioni.html) dice invece cose giustissime e soprattutto dettate – cosa rarissima ormai- dal buon senso. Ed è di buon senso che ha bisogno il territorio oggi non di prese di posizione ideologiche (nucleare, eolico, “carbone pulito”, ecc.) tutte in realtà figlie di lobbies che cercando di diffondere idee nella popolazione collegate ai propri interessi.

Ad ogni modo l’Agro Falisco ed il resto della Tuscia io non lo svenderei mai e combatterò fino alla fine contro chi sosterrà la sua rovina con l’eolico pesante o con ogni altro scempio. Inoltre, dal punto di vista dell’impatto paesaggistico ho studiato i coni visivi della zona è ti posso dire che la centrale eolica prevista a Faleria sarebbe -come temevo- uno sfacelo per l’intero paesaggio della Valle del Treja e dell’Agro Falisco.

Pensa che per la sua posizione centrale devasterebbe anche il panorama magnifico che si gode dal terrazzo di Santa Maria ad rupes a Castel Sant’Elia, in quanto la sagoma del Soratte – che è il cuore ed il senso di quel paesaggio – verrebbe occultata dalle torri eoliche. E’ informato di questo il Comune di Castel Sant’Elia?

Danni simili si avrebbero con i panorami delle zona di Nepi e Civita Castellana, sempre in direzione del Soratte. Anche qui, i Comuni che dicono? Praticamente tutti gli scorci più belli dell’Agro Falisco -e quindi la sua stessa identità- scomparirebbero del tutto o verrebbero irreparabilmente alterati. Questo per dirci come l’eolico selvaggio (o pesante, o industriale come dir si voglia) produce, soprattutto in zone con le caratteristiche morfologiche dell’Agro Falisco, un impatto disastroso preponderante rispetto ai vantaggi in termini di energia, senza contare che lo stesso quantitativo energetico sarebbe prodotto ad esempio ricoprendo semplicemente di pannelli solari tutti i capannoni dell’area industriale di Civita Castellana!

Infine ricordiamo che i contratti per l’utilizzazione del suolo per l’eolico industriale durano minimo trent’anni! Dico fra trent’anni (per chi ci sarà) avremmo ancora questi mostri e forse tali contratti verranno rinnovati e quindi non si avrà nemmeno più la possibilità di tornare indietro. Eppure c’è gente così arrogante da negare un territorio integro alle generazioni future, e soprattutto incapace di informarsi meglio e di fermarsi a ragionare un po’ di più sulle alternative razionali all’eolico pesante, senza per forza fare sparate ai danni di un patrimonio che è non di quattro infingardi ma di tutti.

Luca Bellincioni

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Certo, caro Luca, sono d’accordissimo con te sulla difesa dl territorio ad oltranza ed a tutti i costi. Pensa che a suo tempo mi giocai la carriera politica e pure quella giornalistica perché mi opposi all’inceneritore con discarica di Civita Castellana… In conseguenza della mia opposizione a Civita Castellana, dopo 40 anni di PCI, vinsero i destri di AN (che avevano avuto il buon senso di dire no alla discarica), Ugo Nardini che guidava l’amministrazione della Provincia di Viterbo e che appoggiava il turpe progetto di Hermanin (allora assessore dei verdi in Regione Lazio) perse anche egli a favore del destro Giulio Marini, ed infine anche alla Regione perse Badaloni e vinse Storace, tutto a valanga…. e tutto per “merito” mio. Pensa come mi odianorono i sinistri… Infine mi giocai le ultime carte di “credibilità mediatica” allorché mi opposi al progettato megalunapark di Al Walid e Michael Jackson che prima doveva essere installato a Civitavecchia (complice l’allora sindaco Tidei, sempre dei sinistri) e poi riproposto a Campagnano (nell’attuale parco di Vejo) durante l’anno del Giubileo…. Fu una battaglia memorabile condotta contro tutto e tutti… persino qui a Calcata volevano il Luna Parck con Michael..

In conseguenza di questi ripetuti “rompimenti di c.” fui allontanato dal Messaggero per il quale scrivevo, e mi fu precluso l’accesso anche agli altri giornali (Paese Sera, Unità, Repubblica, Manifesto… etc.) ed anche alle agenzie (Ansa, ADNkronos, AGI, etc.) che precedentemente mi pubblicavano persino gli sternuti…

Insomma con queste campagne ecologiste mi sono “bruciato” su tutta la linea mediatica della carta stampata e pure delle televisioni, dove prima spesso comparivo come ospite o come intervistato in molte trasmissioni nazionali e regionali… Ma chiaramente non mi pento… solo che ora, avendo anche un minore “potere” d’impatto (mi è rimasto solo internet), mi muovo più cautamente… e scrivo in “un certo modo” cercando sponde ragionevoli e “bivalenti”…

Ciao, Paolo D’Arpini

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Storia completa di Sodoma Gomorra, quella di 2000 anni a.C. e quella di oggi… Calcata

Spesso ho paragonato l’attuale livello morale e culturale della comunità di Calcata a quello che si manifestò a Sodoma e Gomorra. Ed è vero sotto tanti aspetti…. Stasera ad esempio mentre ascolto il rimbombare di tamburi o grancasse che accompagnano la musicaccia echeggiante nel borgo mi vengono in mente le allegorie bibliche sulle condizioni perverse in cui vissero i cittadini delle due città distrutte dall’ira del Signore.L’atmosfera fetida che si respira in mezzo a tutto questo baillame ricorda un po’ quella descritta nel film “Morte a Venezia”… ma lì c’era una musica decadente ma melodica qui invece siamo al rock and roll satanico… con tanto di zombies e sderenati vaganti nella notte. L’indomani in giro per le strade solo immondizia e vomito.

Questa è la Calcata by night del sabato sera, con le associazioni “culturali” aperte al pubblico, un pubblico che starebbe bene anche nell’ex mattatoio, e le porte sono spalancate… come antri oscuri. Ristorantacci, baracci, localacci di dubbio gusto, camere ad ore e quanto di più squallido possa volgarizzare la vita di un borgo, un tempo definito “dove vivere è bello”. Il tutto con il beneplacito delle autorità.

Spesso racconto, ai pochi amici che mi son rimasti, la storia di Lot e della sua dipartita da Sodoma. Se Lot non fosse partito non poteva compiersi la vendetta divina. E scherzo dicendo: “Finché resterò a Calcata il paese è salvo…”.

Ma ora i tempi stanno mutando, ora sento il richiamo della foresta…

Sta giungendo per me il momento del Vanaprashta, il tempo in cui un uomo ha compiuto i suoi doveri sociali e si ritira in solitudine in una foresta, a praticare la penitenza.

La cosa è ancora in fase di maturazione ma i segnali ci sono tutti. Tanto per cominciare ho avuto l’offerta dall’amico Peter Boom di trasferirmi nel suo orto di Bagnaia, dove possiede un piccolo rustico proprio alle pendici di Montecchio, la collina delle streghe. La cosa mi alletta. E forse la chiamata si farà più forte e senza guardarmi indietro me ne andrò… chissà..? Ma prima voglio annunciarlo ai miei concittadini, voglio informarli che il tempo sta maturando e che potrebbe giungere presto per me, se la situazione non cambia, la chiamata a lasciare Sodoma Gomorra al suo destino.

Paolo D’Arpini

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Ed ora la storia biblica ed archeologica:

Sodoma e Gomorra

Ecco l’interessante resoconto di come si arrivò a capire come avvenne la distruzione di Sodoma e Gomorra e delle altre città della valle di Siddim (informazioni tratte dal libro “La Bibbia aveva ragione” di Werner Keller – pp. 68-75). Le “cinque città della pianura”, citate nella Bibbia, fra cui Sodoma e Gomorra, erano iscritte su una tavoletta dell’archivio del palazzo di Ebla (nella Siria del Nord) addirittura nella stesso ordine di Genesi 14:2. Una conferma importante, perché si diceva che non erano mai esistite, perché non se ne trovavano i resti.

“E l’Eterno disse: Siccome il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave, io scenderò e vedrò… Allora l’Eterno fece piovere dai cieli su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco, da parte dell’Eterno; ed egli distrusse quelle città e tutta la pianura e tutti gli abitanti delle città e quanto cresceva sul suolo. Ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro, e diventò una statua di sale.

E Abrahamo si levò la mattina a buon’ora… guardò verso Sodoma e Gomorra e verso tutta la regione della pianura, ed ecco vide un fumo che si levava dalla terra, come il fumo d’una fornace. Così avvenne che, quando Iddio distrusse le città della pianura, Egli si ricordò d’Abrahamo, e fece partir Lot di mezzo al disastro, allorché sovvertì le città dove Lot avea dimorato.” (Genesi 18:20/19:24-29 – L).

All’inizio del nostro secolo, in seguito agli scavi già effettuati in Palestina, l’interesse si rivolge anche a Sodoma e Gomorra. Esploratori si mettono alla ricerca delle città scomparse che nei tempi biblici dovevano trovarsi nella valle di Siddim. All’estrema punta sud-est del Mar Morto vengono scoperte le rovine di un vasto abitato. Gli arabi chiamano la località, anche oggi, col nome di Zoar. Gli esploratori esultano perché Zoar (Segor) era una delle cinque ricche città della valle di Siddim che avevano rifiutato il pagamento del tributo ai quattro re stranieri citati in Genesi cap. 14 (al cap. 19:17-23, si precisa che a Lot, nipote di Abramo, fu concesso di rifugiarsi nella piccola città di Tsoar, che fu risparmiata per amor suo, prima che sopraggiungesse il disastro).

Ma gli scavi di prova subito iniziati procurano solo delusioni. Oggi possiamo dire con certezza che qualsiasi ricerca si voglia fare in avvenire di Sodoma e Gomorra sarà completamente inutile, perché l’enigma della distruzione delle due città è stato risolto. La penisola el-Lisan, sulla sponda orientale del Mar Morto, forma una lingua di terra nelle sue acque.

Remando in una barca verso la punta meridionale del mare salato col sole in posizione favorevole, si può osservare qualcosa di sbalorditivo: a una certa distanza dalla sponda, sotto lo specchio dell’acqua, si stagliano chiari i contorni di boschi conservati dall’elevatissimo contenuto di sale delle acque. I tronchi e i resti degli alberi nelle profondità verdastre devono essere antichissimi. Quando fiorivano, quando il verde fogliame ornava i loro rami, le greggi di Lot avranno forse pascolato sotto di essi. Quella parte piana, così singolare del Mar Morto, dalla penisola di el-Lisan alla punta meridionale, era la valle di Siddim! La Bibbia stessa lo dice con molta chiarezza: “Tutti questi (re) convennero nella valle detta dei boschi (valle di Siddim), dove è ora il mare di sale” (Genesi 14:3 – L).

I geologi aggiunsero a queste scoperte e osservazioni prove conclusive che spiegano la causa e il fondamento del racconto biblico della distruzione di Sodoma e Gomorra.

“La distruzione catastrofica di Sodoma e Gomorra avvenne verosimilmente intorno al 1900 a.C. – scrive nel 1951 lo scienziato americano Jack Finegan – Un minuzioso esame dei documenti letterari, geologici ed archeologici porta alla conclusione che la scomparsa terra di quella regione (Genesi 19:29) era situata nel territorio attualmente sommerso sotto le acque che vanno lentamente crescendo nella parte meridionale del Mar Morto, e che la causa della distruzione fu un grande terremoto, probabilmente accompagnato da esplosioni e da fulmini, dallo sprigionamento di gas e da fenomeni ignei.”. Intorno al 1900 a.C.: l’epoca di Abramo!

(Notizie storiche estratte da: http://spazioinwind.libero.it/slvncc/page8.html)  

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Calcata, il Circolo Vegetariano VV.TT. ed il Parco del Treja – Come eravamo nella memoria storica di Stefano Ardito

“In pratica, operiamo solo dal 1986: prima di quella data i contrasti tra le amministrazioni di Calcata e Mazzano ci hanno paralizzato”, ammette Gianni Guaita, mantovano trapiantato nel Lazio, direttore del Parco Valle del Treja. “La natura, però, è splendida. I boschi sono integri, le acque pulite. Qui vivono il merlo acquaiolo il martin pescatore, il gheppio, molti rapaci notturni. Appena fuori dai confini nidifica il lanario. Poi ci sono il tasso, l’istrice, la puzzola. La lontra si è estinta negli anni Settanta”.

E i problemi? “Il più serio è l’afflusso domenicale di romani. Il borgo di Calcata ha 40.000 visitatori l’anno, le cascate di Monte Celato 30.000. Il bracconaggio invece è ormai assente e i tombaroli non danno più fastidi”. Poi il solito “problema” dei fondi insufficienti.

Ma è soprattutto la vicinanza di Roma l’interrogativo del futuro. Nata dieci anni fa (nel 1982), senza un vero motivo, con l’etichetta di “parco suburbano” l’arca protetta sul Treja vede oggi la città avvicinarsi veloce. La domenica, l’ingorgo di visitatori rende invivibile Calcata. Che fare?

“Ci vogliono provvedimenti drastici”, si accalora Paolo D’Arpini, a Calcata dal 1976, fondatore del “Circolo dei Vecchi Tufi”, poi “Circolo Vegetariano VV.TT.” con 6.000 soci. “Il borgo e la zona vicina devono essere chiusi alle auto, bisogna iniziare i restauri. E occorre ampliare il parco”. Sul problema traffico, il Comune ha iniziato a muoversi. Del restauro e della legge abbiamo detto: risultato del paradosso di Calcata è che restaurare immobili condannati alla demolizione, oltre che costoso, è illegale. “Spero non si scateni una corsa ai soldi per Calcata, una piccola Irpinia della Tuscia che produca tutto tranne che i necessari restauri”, si preoccupa D’Arpini.

Per il parco, la questione è più sfumata. Esistono proposte per l’istituzione di un “Parco delle Forre” o “dell’Agro Falisco” esteso fino a Civita Castellana e al Soratte, e imperniato sul Treja. Includerebbe i santuari falisci di Civita. la Via Amerina romana, le splendide gole tra Castel Sant’Elia e Nepi. In tutto, da 7 a 10 Comuni. Potrebbe funzionare? “È una scommessa da tentare”, sostiene Gianluca Cerri, responsabile della Lega per l’ambiente di Civita Castellana. “Sono pessimista”, ribatte il direttore Gianni Guaita. “I parchi del Lazio funzionano solo dove sono piccoli, gestiti da uno o due Comuni. Che Nepi e Civita Castellana facciano pure loro. Ma che ci lascino il nostro”, taglia corto il sindaco Luigi Gasperini.

La sera, a Calcata, il tramonto sulla valle è splendido. Tra i vecchi tufi del centro, serate di musica e teatro riportano sempre più spesso gli abitanti di Calcata nuova a contatto con il paese della loro infanzia o di quella dei loro genitori. Tra i “contadini” e i “capelloni” comincia a farsi strada un linguaggio comune. “C’è spazio. per decentrare a Calcata e nei paesi vicini attività culturali, arte, addirittura ricerca”, spiega Paolo Portoghesi.

“A Calcata vecchia, una volta restaurata, potrebbero vivere e lavorare 300 o 400 persone”, prosegue Paolo D’Arpini. “Il decentramento, la rinascita dei vecchi borghi, la tutela dell’ambiente possono e devono andare d’accordo”. Ma il futuro non dipende solo dai vecchi e nuovi calcatesi. Saprà Roma, il mostro addormentato pochi chilometri a sud, controllare la sua espansione in modo da non schiacciare la ritrovata armonia di Calcata? Il borgo medievale e le tombe falische, i boschi e il canyon del Treja: a soli 40 chilometri dal centro di Roma, Calcata e i suoi dintorni offrono un concentrato delle attrattive dell’Alto Lazio vulcanico ed etrusco. La visita alla zona è possibile in ogni momento dell’anno.

Da Roma, Calcata si raggiunge percorrendo la via Cassia e quindi deviando verso Mazzano Romano, oppure per la via Flaminia, toccando poi Faleria. Se si arriva da nord, occorre lasciare l’autostrada del Sole (Al) al casello di Magliano Sabina e passare per Civita Castellana. I bus di linea della società Acotral fanno capolinea a Roma in viale Giulio Cesare, accanto alla stazione Lepanto della metropolitana. Il Parco regionale della valle del Treja ha sede e uffici nel centro storico di Mazzano Romano. I tratti più suggestivi del fiume sono quelli tra Mazzano Romano e le cascate di monte Gelato, e quello a valle di Calcata, dove un bellissimo sentiero un po’ ingombro di vegetazione conduce ai castelli in rovina di Foiano e Paterno. Dal ponte sul Treja tra Calcata e Mazzano, un sentiero sale ripido alle poche rovine della città falisca di Narce, mentre una carrareccia verso sud raggiunge un santuario falisco accanto al fiume e prosegue poi verso le necropoli di Pizzo Piede, di Monte Li Santi e del Fosso della Mola di Magliano.

Una carta del parco è in distribuzione gratuita presso gli uffici dello stesso (06/9049295); vari itinerari ed escursioni nella zona sono descritti nel secondo volume di “A piedi nel Lazio” (Stefano Ardito – Edizioni Iter, 1984). Per saperne di più su incontri, concerti e stage in programma a Calcata, il riferimento migliore è il Circolo Vegetariano VV.TT.  (0761/587200) che è anche sede locale della Lega per l’ambiente. Una giornata può essere sufficiente per una presa di contatto con Calcata e la valle del Treja.

I dintorni, però, offrono numerosissime altre mete. Tra queste, il monte Soratte, sacro ai Falisci, la Riserva naturale di Nazzano, i laghi di Bracciano, Martignano e Vico, i centri storici di Nepi, Sutri e Castel Sant’Elia, i resti della romana via Amerina. Da non perdere Civita Castellana, principale centro della zona. Il museo archeologico, ospitato nella severa fortezza del Sangallo, conserva numerosi reperti di Narce e dintorni. Nei pressi è lo splendido duomo del XII secolo, mentre accanto al Treja sono i santuari falisci di Celle, Vignale e dei Sassi Caduti. Tra i molti testi utili per saperne di più su questa terra, consigliamo Città e necropoli dell’Etruria di S. Steingraber (Newton Compton, 1983) e la Storia del paesaggio dell’Etruria meridionale di T.W. Potter (La Nuova Italia Scientifica, 1985).

Stefano Ardito (Airone 1992)

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Sui retroscena di come questo articolo fu scritto, leggere in url:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/06/02/calcata-amarcord-proiezione-del-video-calcata-citta-invisibile/

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