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Bioregionalismo e identità ecologica, Treia: scuolina di agricoltura bioregionale, tutti i danni dell’energia nucleare, lo sputo in faccia come insegnamento…

Il Giornaletto di Saul del 9 agosto 2020 – Bioregionalismo e identità ecologica, Treia: scuolina di agricoltura bioregionale, tutti i danni dell’energia nucleare, lo sputo in faccia come insegnamento…

Care, cari, la natura opera secondo un sistema di nutrienti e metabolismi in cui non esistono rifiuti. Un ciliegio fa germogliare fiori e (forse) produce frutti. È per questo che gli alberi fioriscono. Ma i fiori che danno frutti sono tutt’altro che inutili. Cadono al suolo, si decompongono, nutrono vari organismi e microrganismi, e arricchiscono il terreno. Gli animali e gli uomini emettono biossido di carbonio che le piante assorbono e usano per crescere. L’azoto contenuto nei rifiuti viene trasformato in proteine da microrganismi, animali e piante… – (Fulvio Di Dio) – Continua: http://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2018/04/bioregionalismo-e-identita-ecologica.html

Bugie USA sui “lavori forzati” degli Uiguri – Scrive Marx21: “Alcuni media occidentali “trovano” solo materiali che si adattano alle loro previsioni o ai loro scopi”, ha detto al Global Times Mao Junxiang, direttore esecutivo e professore del Human Rights Studies Center. Tutto ciò allo scopo di diffamare le politiche di riduzione della povertà della Cina nello Xinjiang, poiché il trasferimento di manodopera in eccedenza è un modo importante per aumentare i redditi dei residenti locali. Le “accuse” alla Cina sul lavoro forzato nello Xinjiang trascurano la volontà dei residenti dello Xinjiang di lavorare e di perseguire una vita migliore, ha detto Zhu Ying, vice direttore della National Human Rights Education al Global Times…”

Tutti i danni dell’energia nucleare – Per fabbricare bombe atomiche serve uranio arricchito (ed anche sporco), plutonio, ed altre cosette, e come meglio mascherare questa produzione se non giustificandola con la scusa della produzione energetica? E la cosa si evidenzia da sé quando osserviamo l’attenzione fissata sugli impianti nucleari dell’Iran o Nord Corea, così osteggiati da USA e Israele… – Continua: https://paolodarpini.blogspot.com/2020/08/lenergia-atomica-e-cattiva-sia-in-pace.html

Treia. Reduci da contrada Moje l’8 agosto in commemorazione del Mahasamadhi del mio nonno spirituale Nityananda siamo stati a contrada Moje di Treia a casa di Andrea e Chiara, dove si è tenuta la Festa dell’acquacotta. Domani vi racconteremo qualcosa su quanto abbiamo vissuto assieme a numerosi bambini, donne e anziani…

Treia. Una scuolina di agricoltura bioregionale – Continuando il discorso sul ritorno alla terra a questo punto è necessario che io parli della reale condizione della nostra ‘azienda agricola sperimentale’ di Treia, che in effetti azienda non è ma trattasi di un orticello urbano in cui apprendere (o ricordare) un diretto contatto con la natura e con le piante… – Continua: http://www.lteconomy.it/blog/2020/08/08/treia-una-scuolina-di-agricoltura-bioregionale-sempre-aperta/

Basta violenza contro le donne – Scrive Donna George: “On behalf of (EVAWI) End Violence Against Women International, I invite you to the up coming International conference, Taking place from September 13-18 2020 in The United States, and in Lome Togo, from September 21-25 2020. Info: donad9@abv.bg”

Lo sputo in faccia come insegnamento – Scrisse Osho: “Il Buddha era seduto sotto un albero a parlare ai suoi discepoli. Arrivò un uomo e gli sputò in faccia. Egli si asciugò, e chiese all’uomo, “E poi? Cosa vuoi dire dopo?”. L’uomo era un po’ perplesso perché non si aspettava che, dopo aver sputato sul volto di qualcuno, gli si chiedesse: “E poi?” Non era mai successo in suo passato. Aveva insultato persone e loro si erano arrabbiati, avevano reagito. Ma Buddha non è come gli altri, non si è arrabbiato, né in alcun modo offeso. Ma ha detto semplicemente: “E poi?”…” – Continua: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2014/03/lo-sputo-in-faccia-come-insegnamento.html

Ciao, Saul, Paolo

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“Il frutto tamarindo è appiccicoso al tocco ma le anime grandi sono come il seme di tamarindo, puro e immacolato. I loro cuori sono eternamente giovani.” (Sutra 35)

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“Guerre e Armi della Nato sono Nemiche del Clima” – “Eco-pax unica via”… di Marinella Correggia ed Angelo Baracca

Ante Scriptum – Come Rete No War abbiamo portato alla manifestazione di Roma, del 27 settembre 2019, cartelli tipo: Guerre e Armi, il “Clima Brucia i Popoli Muoiono” e “Guerre e Armi della Nato sono Nemiche del Clima” e “Eco-pax unica via” (M.C.)

Non dimentichiamo che anche le guerre e il complesso militar industriale uccidono il clima – oltre ai popoli!

Ci fu chi parlò di «seconda superpotenza mondiale»: il 15 febbraio 2003
milioni di persone scesero in piazza in quasi tutti i paesi del pianeta,
simultaneamente, per dire no alla guerra di Bush Blair e valvassori contro
l’Iraq, «no alla guerra per il petrolio e per gli affari». Quell’esperienza di rivolta
pacifica planetaria, epica ma senza successo (non fu fermata nemmeno una
bomba), non si è ripetuta in occasione di successive guerre di aggressione
diretto o per procura, né per altre emergenze, ambientali e sociali.
Oggi è il movimento dei giovani per il clima e per un’esistenza futura a dilagare
come uno tsunami – metafora non casuale – in tutto il pianeta.

Impegnarsi contro il caos climatico e – allo stesso tempo – opporsi alle
guerre e al complesso militar industriale dovrebbe essere un’ovvietà. Il
raggiungimento dell’obiettivo primario di zero emissioni è impossibile senza
includere il complesso militar-industriale, le sue basi territoriali, i suoi eserciti
e il suo risultato più tragico: le guerre di aggressione, gli interventi umanitari
responsabili di devastazioni ambientali, vittime umane e spostamenti di
popolazione. incalcolabili. Aeree e terrestri. Un carrarmato e un
cacciabombardiere fanno guerra anche al clima.

Eppure, non solo i governi presenti al Climate Action Summit dell’Onu
non hanno fatto parola dell’argomento bellico (nascosto sotto il tappeto
anche nei negoziati annuali, le Cop), ma anche a livello di movimenti di
massa per il clima, manca la contestazione delle attività militari in tutti i
loro sensi. L’antimilitarismo dovrebbe imporsi fra gli ecomilitanti insieme al
concetto di carbon bootprint (impronta climatica degli scarponi militari):
l’impatto climalterante di energivori sistemi d’arma, basi e apparati, aerei, navi,
carri armati, eserciti; soprattutto durante gli interventi bellici veri e propri.
Secondo il rapporto A Climate of War. The war in Iraq and global warming
(http://priceofoil.org/2008/03/01/a-climate-of-war/ ), i primi quattro anni di
pesantissime operazioni militari in Iraq dal 2003 hanno provocato l’emissione
di oltre 140 milioni di tonnellate di gas serra (CO2 equivalente), più delle
emissioni annuali di 139 paesi. Lo studio Pentagon Fuel Use, Climate
Change, and the Costs of War
(https://watson.brown.edu/costsofwar/files/cow/imce/papers/2019/Pentagon%20Fuel%20
Use,%20Climate%20Change%20and%20the%20Costs%20of%20War%20Final.pdf ) di
Neta Crawford della Boston University nell’ambito del progetto Cost of war,
analizza il consumo di carburante nelle guerre Usa «antiterrorismo» post-11
settembre (non dimentichiamo che l’Italia è corresponsabile avendo
partecipato). Dal 2011 al 2017: la stima al ribasso, per il solo consumo di
combustibile, arriva all’emissione di 1,2 miliardi tonnellate di gas serra (CO2
equivalente). Ma queste stime non comprendono la produzione di armi e il suo
zaino ecologico e climatico, né l’impatto sul clima e sull’ambiente delle
distruzioni massicce di infrastrutture, case, servizi, tutto da ricostruire. Milioni
di tonnellate di cemento (fra le produzioni industriali più energivore),
combustibili per i macchinari ecc. Un cappio al collo del pianeta, come
sintetizzava l’appello «Stop the Wars, stop the warming» lanciato dal
movimento World Beyond War (Wbw) alla vigilia della Conferenza sul clima
di Parigi (2015): «L’uso esorbitante di petrolio da parte del settore militare
statunitense serve a condurre guerre per il petrolio e per il controllo delle
risorse, guerre che rilasciano gas climalteranti e provocano il riscaldamento
globale. È tempo di spezzare questo circolo: farla finita con le guerre per i
combustibili fossili, e con l’uso dei combustibili fossili per fare le guerre».
Stesso tono nel rapporto Demilitarization for Deep Decarbonization
( https://www.ipb.org/wp-
content/uploads/2017/03/Green_Booklet_working_paper_17.09.2014.pdf ) curato da
Tamara Lorincz per l’International Peace Bureau (Ipb): «Ridurre il complesso
militar-industriale e ripudiare la guerra è una condizione necessaria per salvare
il clima, destinando le risorse risparmiate all’economia post-estrattiva e alla
creazione di comunità resilienti». Si consideri anche – dice Lorincz – che per
avere speranze, «l’80-90% dei combustibili fossili dovrebbe rimanere
sottoterra», dunque «tutto quello che viene estratto andrebbe usato per la
transizione a un sistema a zero emissioni, non per i militari».

Il più studiato è il complesso militar-industriale statunitense, che certo è
l’imputato principale (solo 35 paesi al mondo consumano più energia fossile di
quest’entità. Ma gli altri paesi sono complici.

Lo scorso luglio, Wbw ha presentato un nuovo rapporto, The US military
and climate change ( https://worldbeyondwar.org/wp-
content/uploads/2019/07/impact.pdf ), nel quale si visualizza, grazie al calcolatore
di emissioni, il confronto fra l’impatto climatico dei consumi per usi civili e
quello di un mezzo di trasporto grigioverde. Nel libro The Green Zone. The
Environmental Costs of Militarism (2009), l’ex docente di storia delle idee
Barry Sanders riporta un calcolo impressionante: l’esercito Usa, strumenti
connessi, contribuirebbe da solo ad almeno il 5% delle emissioni di gas serra
totali; a questo vanno aggiunti gli eserciti, le armi e le operazioni degli altri. Le
spese militari mondiali (gli Usa fanno la parte della tigre) sono arrivate a 1,74
trilioni di dollari nel 2017, secondo il Sipri di Stoccolma. Trilioni traducibili in
un’enormità di tonnellate di gas serra. Trilioni per distruggere.

I militari si occupano di clima, ma non certo per produrre meno armi e
fare meno guerre. Il libro The Secure and the Dispossessed. How the Military
and Corporations are Shaping a Climate-Changed World (Pluto Press) curato
da Nick Buxton e Ben Hayes illustra le strategie del settore militare e delle
multinazionali per gestire i rischi (anche con la geoingegneria che
pretenderebbe di attenuare gli effetti del riscaldamento globale senza la
necessaria drastica riduzione delle emissioni). Il fine è proteggere pochi in
nome della sicurezza escludendo i non privilegiati. In barba alla giustizia
climatica. Del resto il National Defense Authorization Act (Ndaa) per il 2018
firmato dallo stesso Donald Trump si preoccupa della «vulnerabilità delle
installazioni militari ai prossimi eventi climatici» e la US Navy ha pubblicato
un manuale sulle tecniche di resilienza grigioverde. Loro sono preparati.
Anche la Nato, nella «Wales Summit Declaration»
(http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2014_2019/documents/sede/dv/sede2
40914walessummit_/sede240914walessummit_en.pdf ) che concludeva nel
2014 una riunione del North Atlantic Council (organo decisionale
dell’Alleanza), vede fra i cambiamenti climatici uno dei fattori che hanno e
avranno un «impatto sulla sicurezza ambientale» e che possono «interessare in
modo significativo la pianificazione e le operazioni della Nato». La quale si
impegna non certo a estinguersi o quantomeno a non far più guerre ma a
migliorare la propria efficienza energetica…Ma come farà il settore militare ad
affrontare una vera transizione post-fossile? Improbabile che le guerre del
futuro si facciano con cacciabombardieri a pannelli solari, carri armati a
idrogeno e successiva ricostruzione degli edifici con balle di paglia e canapa.

E non finisce qui. Il settore militare non solo inquina ma contamina, trasfigura,
rade al suolo. Il destino della Terra e del mondo è nelle mani delle armi» (Barry
Sanders). Le attività militari sono responsabili di molte forme di inquinamento
e danni alla salute delle popolazioni: dai metalli pesanti per finire all’uranio
impoverito, e anche al torio per la sperimentazione di razzi nei poligoni di tiro.
Non meno grave è l’occupazione di territori che dovrebbero essere adibiti a
coltivazioni o altre attività umane utili, e che invece rimangono gravemente e
permanentemente contaminati dalle attività militari. Come esempio sono noti -
ma i procedimenti giudiziari sono insabbiati – i danni alla salute umana e degli
animali, e ovviamente all’ambiente, dei poligoni di tiro in Sardegna, regione
che detiene il record di servitù militari in Italia. In molti casi si inquinano anche
le fonti idriche, come sottolineano i pacifisti tedeschi che lottano per la chiusura
della base di Ramstein (hanno anche presentato un piano per la sua eco-
riconversione).

Uranio impoverito: i casi riconosciuti di tumori (e di decessi) che hanno
colpito i soldati italiani che servirono all’estero hanno superato i 300.
Ovviamente poco si sa sull’aumento di tumori e malattie a danno delle
popolazioni vittime degli indiscriminati attacchi militari, e che ovviamente non
hanno canali per ricorrere alla giustizia o ottenere risarcimenti (il Tribunale per
la ex Jugoslavia archiviò le denunce contro la Nato).

C’è da aggiungere che le spese militari (oltre 1.700 miliardi di dollari a livello
mondiale, in Italia 80 milioni di euro al giorno) sono risorse sottratte agli
investimenti sociali e alla riconversione verso un’economia equa ed ecologica.
E poi, il nucleare militare. La fine della civiltà umana per la minaccia dello
sconvolgimento del clima potrebbe avvenire a causa di una «scorciatoia»: una
guerra nucleare, anche con l’uso di un numero ridotto delle armi nucleari ancora
esistenti (quasi 15.000) e operative (quasi 5.000) causerebbe per la sola
emissione di polveri e detriti (anche senza contare le distruzioni dirette e il fall-
out radioattivo e le sue conseguenze sanitarie) un drastico oscuramento, e
conseguente raffreddamento dell’atmosfera terrestre, un cosiddetto «inverno
nucleare» con drastici danni all’agricoltura e drammatiche carestie. Le
simulazioni indicano che una guerra nucleare fra India e Pakistan
(costantemente sull’orlo di un conflitto) che esplodano la metà dei loro arsenali
nucleari, circa 260 testate complessive, potrebbe causare fino a 2 miliardi di
vittime. Non per nulla, la rete Peace and Planet e l’International Peace Bureau
organizzano a New York il prossimo aprile la conferenza mondiale «Abolire le
armi nucleari; affrontare la crisi climatica; per la giustizia economica e sociale».
Le mobilitazioni in Italia dovrebbero chiedere al governo di firmare e ratificare
il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari approvato dall’Onu il 7 luglio del
2017.

Angelo Baracca
Marinella Correggia

Una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata su Il Manifesto del 27 settembre 2019

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Commento di M.M. di No War Roma: “Anche i più riottosi infine si sono decisi a partecipare alla manifestazione del 27 settembre, facendosi una ragione del perché è bene esserci “malgrado Greta”. Non siam proprio l’ombelico del mondo, a quanto pare!…”

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Hiroshima e Nagasaki… e la lezione dimenticata

Col passare dei decenni si fa sempre più pallido e formale il ricordo dell’esplosione, il 6 agosto del 1945, della prima bomba atomica americana sulla città giapponese di Hiroshima, seguita, il 9 agosto, da quella di una simile bomba atomica sull’altra città giapponese di Nagasaki: con duecentomila morti finiva la seconda guerra mondiale (1939-1945), e cominciava una nuova era, quella atomica, di terrore e di sospetti, eventi che hanno cambiato il mondo e che occorre non dimenticare.

L’ ”atomica” era il risultato dell’applicazione militare di una rivoluzionaria scoperta scientifica sperimentale: i nuclei dell’uranio e di alcuni altri atomi, urtati dai neutroni, particelle nucleari prive di carica elettrica, subiscono “fissione”, si frantumano in altri nuclei più piccoli con liberazione di altri neutroni che assicurano la continuazione, a catena, della fissione di altri nuclei. In ciascuna fissione, come aveva previsto teoricamente Albert Einstein (1879-1955) nel 1905, si liberano grandissime quantità di energia sotto forma di calore. Energia che avrebbe potuto muovere turbine elettriche, navi e fabbriche, ma che avrebbe potuto essere impiegata a fini bellici.

La fissione anche solo di alcuni chili dello speciale isotopo 235 dell’uranio, o dell’elemento artificiale plutonio, libera energia con un effetto distruttivo confrontabile con quello di alcuni milioni di chili di tritolo, uno dei più potenti esplosivi disponibili. I danni sono ancora più grandi perché molti frammenti della fissione dell’uranio o del plutonio sono radioattivi per decenni o secoli. Dal 1945 Stati Uniti, Unione Sovietica (l’attuale Russia), Francia, Regno Unito, Cina, India, Pakistan, Israele, hanno costruito bombe atomiche sempre più potenti a fissione, o bombe a idrogeno, termonucleari, nelle quali la liberazione del calore si ha dalla fusione, ad altissima temperatura e pressione, degli isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il trizio.
Circa duemila esplosioni sperimentali di bombe nucleari nei deserti, negli oceani, nel sottosuolo, hanno mostrato che cosa una moderna bomba atomica potrebbe fare, se sganciata su una città. Ciascuna potenza nucleare si è dotata di bombe nucleari per avvertire qualsiasi potenziale nemico che, se usasse una bomba atomica, verrebbe a sua volta immediatamente distrutto: la chiamano deterrenza e questa teoria finora ha fatto vivere il mondo con un continuo stato di tensione. L’esistenza delle bombe nucleari ha sollevato proteste finora inascoltate; anzi si può dire che la contestazione ecologica sia cominciata proprio con la protesta contro tali armi.

Con la graduale distensione internazionale, a poco a poco le potenze nucleari hanno cominciato a smantellare una parte delle bombe esistenti. Nel 1986, l’anno della massima tensione, nel mondo esistevano 65.000 bombe atomiche e termonucleari; oggi tale numero è diminuito a circa 17.000 bombe, delle quali alcune migliaia sono montate su missili pronti a partire entro un quarto d’ora dall’ordine. La potenza distruttiva delle bombe nucleari ancora esistenti nel mondo equivale a quella di duemila milioni di tonnellate di tritolo, settecento volte la potenza distruttiva di tutte le bombe impiegate durante la seconda guerra mondiale.

Basterebbe l’esplosione, anche accidentale, di una nelle bombe nucleari esistenti, un atto di terrorismo con esplosivi nucleari, per devastare vasti territori, per uccidere migliaia di persone, per contaminare l’ambiente naturale, le acque, gli esseri viventi con sostanze che restano radioattive per secoli. Un famoso libro di Nevil Shute, “L’ultima spiaggia”, del 1956 (da cui fu tratto un drammatico film), descriveva la scomparsa della vita dalla Terra in seguito ad uno scambio di bombe nucleari iniziato per errore; il film finiva con il tardivo avvertimento: “Fratelli, siamo ancora in tempo”.

Purtroppo, fino a quando alcune potenze possiedono bombe nucleari, sarà difficile convincere altre a rinunciare alla costruzione di un loro arsenale nucleare, nell’illusione di scoraggiare l’aggressione da parte di “qualcun altro”. L’unica soluzione consiste nel disarmo nucleare totale, peraltro imposto dall’articolo VI del Trattato di non proliferazione nucleare, firmato da quasi tutti i paesi, ma che nessuno finora si è sognato di rispettare.

Eppure sarebbe anche questione di soldi; le enormi somme, oltre mille miliardi di euro all’anno, che oggi le potenze nucleari spendono per tenere in efficienza, per aggiornare e perfezionare i propri arsenali, anche detratti i costi per lo smantellamento e la messa in sicurezza delle bombe nucleari esistenti e dei relativi “esplosivi”, sarebbero sufficienti per assicurare scuole e ospedali, opere di irrigazione e cibo a chi ne è privo, per estirpare cioè le radici della violenza che è la vera causa delle tensioni politiche e militari internazionali.

Fratelli, non crediate che siano utopie: davvero “siamo ancora in tempo” a fermare il pericolo di un olocausto nucleare molte volte più grande di quello di Hiroshima e Nagasaki, a condizione di chiedere ai governanti di ciascuno e di tutti i paesi della Terra di inserire il disarmo nucleare totale fra le loro priorità di azione politica. Nel nome dei soldi risparmiati, se non gli importa niente della sopravvivenza degli abitanti del pianeta e del suo ambiente naturale.

Giorgio Nebbia – nebbia@quipo.it

Fonte: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2018/08/hiroshima-e-nagasaki-e-la-lezione.html

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Peace and Solidarity to Venezuela, serve un’inversione di rotta, referendum sulla TAV, Calcata e la storia del vegetarismo in Italia, il martirio di Ipazia, il mondo nuovo di Aldous Huxley, Iran in turmoil, la visione spirituale ed ecologista della vita…

Il Giornaletto di Saul del 10 marzo 2019 – Peace and Solidarity to Venezuela, serve un’inversione di rotta, referendum sulla TAV, Calcata e la storia del vegetarismo in Italia, il martirio di Ipazia, il mondo nuovo di Aldous Huxley, Iran in turmoil, la visione spirituale ed ecologista della vita…

Care, cari, the U.S. Peace Council has organized a Peace and Solidarity Delegation to Venezuela. The delegation, which includes 13 leaders of prominent peace, civil rights and women’s organizations in the United States and Canada, will be in Venezuela from March 10 to March 15 2019. The mission of the delegation is to convey the profound solidarity of the peace movement and the progressive people of the United States to the Venezuelan people, and to gather full range of concrete evidence about US manipulations, interference and sabotages against the Venezuelan government to be used in a nationwide campaign in the United States to expose the media distortions and lies that are aimed at misleading the American people… – Continua: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2019/03/09/peace-and-solidarity-delegation-to-venezuela-from-march-10-to-march-15-2019/

Serve un’inversione di rotta – Scrive Guido Dalla Casa: “…moltissimi scienziati, filosofi, pensatori sono d’accordo sulla estrema gravità della situazione del Pianeta. Si tratta di una grandissima maggioranza, ormai non più mascherata dalla piccola minoranza che esprime parere contrario, costituita in gran parte da pochissimi scienziati pagati dalle multinazionali e dagli industriali in genere… (…) Il collasso del sistema è ormai inevitabile. L’ipotesi veramente pessimista è che tutto continui come prima, che ci sia “la ripresa” e si vada avanti con “la crescita”: in tal caso infatti la situazione diventerebbe veramente una tragedia molto, molto, molto più grande con conseguenze difficilmente immaginabili. Meglio un’inversione di rotta…”

Un referendum sulla TAV – Scrive M.P.: “La TAV va avanti da troppo tempo è giusto che i cittadini diano la propria opinione, referendum Ok, purché non sia truccato, come molte cose che ho visto in giro, e no al quorum altrimenti è una cosa inutile…” – Continua: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2019/03/09/proposto-un-referendum-nazionale-sulla-tav/

Commento di Alberto Aìrola: «La Francia non ha stanziato un solo euro per il tunnel di base. Quindi, il tunnel non può partire. Chi insiste su quest’opera, quindi, non ha a cuore l’interesse del popolo, ma di multinazionali ed euromafie, che non aspettano altro che aggiudicarsi ricchi appalti…» – Continua in calce al link sopra segnalato

Storia del vegetarismo in Italia – L’amico editore Mauro Garbuglia di Macerata mi aveva chiesto tempo fa di scrivere un libro sulle mie memorie  sul vegetarismo in Italia  e credo che dovremmo farlo assieme con tutti gli amici vegetariani (e non) che hanno condiviso con me l’esperienza da “rompighiaccio”, prima  a Roma poi a Calcata ed ora a Treia…  Assieme abbiamo fatto “storia” ed allora scriviamola questa storia… – Continua: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2018/03/calcata-ed-il-circolo-vvtt-lemblema-del.html

USA. I medici olistici muoiono – Scrive S.M.: “77 medici olistici uccisi. Questa è Big Pharma. Un apparato di stampo criminale nelle cui mani miliardi di persone mettono le loro vite. Informazioni su questo sito web: https://www.collective-evolution.com/ – Breaking: 77th Holistic Doctor Shot Dead In Her AZ Home With Her Entire Family Police are calling this a murder-suicide just hours after arriving on site of the incident. Another highly mysterious situation involving holistic doctors. – Negli Stati Uniti si contano a decine le morti di medici olistici e naturopati”

Il martirio di Ipazia – Era il mese di marzo del 415 d.C.  Ipazia fu massacrata e il suo corpo ridotto letteralmente a brandelli da una massa di fanatici, ciascuno armato di un pezzo di vetro o coccio, che dovettero infierire sul cadavere il segno di fede e di sottomissione alla Chiesa. Ancora oggi Ipazia è l’emblema della libertà di pensiero e di ricerca scientifica, della razionalità filosofica, dell’indipendenza ed emancipazione della donna. Mentre la Chiesa ha dichiarato santo Cirillo, dottore della Chiesa e vescovo, colui che condannò a morte la scienziata e filosofa Ipazia…” - Continua: https://retedellereti.blogspot.com/2019/03/in-memoria-di-ipazia-filosofa-e-martire.html

Commento di M.S.: “Perché sul Giornaletto si parla sempre male delle religioni? Ma chiedo cos’è questo accanimento contro le religioni? Certo questo non può aiutare a convivere nella pace. Così si fomenta odio gratuito. Io penso che ogni uomo deve ri-trovare nel proprio intimo la spiritualità perduta. Che le religioni siano state strumentalizzate credo siamo tutti d’accordo, ma non concordo col demonizzarle a tutti i costi…”

Mia rispostina: “Le religioni hanno strumentalizzato la spiritualità naturale dell’uomo trasformandola in speculazione utilitaristica. Le religioni debbono tutte scomparire, se si vuole che l’uomo recuperi i suoi veri sentimenti… Il distaccarsene è un fatto personale, certo, ma occorre essere consapevoli e ricordare i fatti che sono all’origine e pure conseguenza della strumentalizzazione religiosa. D’altronde l’evoluzione si snoda attraverso una continua crescita di coscienza. Non c’è bisogno di odiare le religioni basterà sapere che non contengono verità ed abbandonarle al loro destino…”

Il mondo nuovo di Aldous Huxley. Recensione – Trovo questo sia un libro seminale. La lettura è stata piacevolissima per la trama e per lo spazio che ha dato alla mia riflessione. Tra i libri distopici, lo preferisco a 1984 di Orwell. Ci sono elementi che mi hanno inquietato per la visionarietà dell’autore Huxley nel descrivere tratti di un mondo che appare simile a quello nostro contemporaneo o a quello a cui stiamo tendendo…” – Continua:   https://retedellereti.blogspot.com/2019/03/il-mondo-nuovo-di-aldous-huxley.html

RSU. Soluzione finale: da rifiuto a risorsa – Scrive M.B. a commento dell’articolo https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2019/03/08/rsu-soluzione-finale-da-rifiuto-a-materia-prima/comment-page-1/#comment-446 -: “Secondo me è la pigrizia innata nell’uomo, che, posto davanti a differenti possibilità, sceglie quella più comoda, meno faticosa o più redditizia per lui. Basta che chi decide le sorti del popolo abbia interesse a bruciare i rifiuti perché guadagna sulla costruzione di inceneritori, ecc. (o per altre ragioni), e tutti o quasi i cittadini vi si adeguano…” – Continua in calce al link segnalato

Iran in turmoil – Scrive Fuvio Grimaldi: “…l’accordo sul nucleare sottoscritto dall’Iran ha smantellato un’avanzatissima industria nucleare che, per energia e medicina, arricchendo l’uranio al 20% (per la bomba ci vuole il 90%), avrebbe liberato il paese dalla dipendenza dal petrolio. Un ricatto in cambio della cancellazione delle sanzioni. L’Iran ha mantenuto il suo impegno e, contrariamente alla Corea del Nord, nucleare, può essere minacciato e aggredito quanto pare a Israele e agli Usa. Gli Usa, manco per niente: le sanzioni rimangono, si aggravano e il paese, minacciato di armageddon un giorno sì e l’altro pure, deve essere ridotto alla fame. In attesa che a Netaniahu parta il dito sul pulsante. Da qui il ritorno possente…” – Continua: https://paolodarpini.blogspot.com/2019/03/iran-in-turmoil-grande-turbolenza.html

Pisa. ”I territori della sostenibilità”  - Conferenza il 13 marzo 2019, ore 09:00, Centro Congressi “Le Benedettine” Piazza S. Paolo a Ripa D’Arno, 16 Pisa - Un’occasione di aggiornamento, confronto e networking per le organizzazioni che hanno fatto della sostenibilità un driver strategico… – Info: luisa.cavagnera@kosmios.it”

La visione spirituale ed ecologista della vita – “…nel rispetto dei vari elementi della Natura, permane la coscienza che la terra, l’acqua, l’aria, etc. sono beni comuni che non debbono essere alienati all’uomo ed agli altri animali. Forse come non mai oggi sento che la attuazione di una proposizione ecologista profonda, disgiunta dal credo religioso, sarebbe oltremodo necessaria per garantire la continuità della civiltà umana, per non parlare della sua sopravvivenza (anche in considerazione dell’alienazione sempre più forte con i cicli naturali e l’avvelenamento dell’habitat)…” – Continua: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2019/03/la-spiritualita-naturale-e-radicata.html

Ciao, Paolo/Saul

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Pensieri poetici del dopo Giornaletto:

“Non hai bisogno di modificarti, ma soltanto di mettere a fuoco la tua idea di te. Impara a separare te stesso dall’immagine e dallo specchio, esercitati a ricordare: io non sono la mente né i pensieri. Fallo con pazienza e convinzione e di certo arriverai a vedere te stesso direttamente come fonte dell’essere, della conoscenza e dell’amore. Una fonte eterna, che comprende tutto e tutto pervade. Tu sei l’infinito racchiuso in un corpo. Adesso vedi solamente il corpo. Continua a provare con sincerità e riuscirai a vedere soltanto l’infinito.” (Nisargadatta Maharaj)

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La vittoria del samurai è interiore, prima ancora che esteriore” (Hagakure)

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Muro del pianto: “Trump, Iran, sanzioni, guerra…”


Sion ordina il burattino Trump esegue

Lo Stato Canaglia, Stato del terrorismo, Stato dell’aggressione perpetua, Stato del genocidio strisciante, lo Stato che s’è comprato i politici, i media, gli italiani passivizzati o complici e a cui l’Italia dei politici, media, italiani passivizzati o complici ha venduto la sua massima manifestazione dello sport ciclistico, insieme alla sua dignità e integrità, ha intimato al suo burattino, presidente degli USA, di attaccare il libero, sovrano e pacifico Iran. Nel frattempo bombarda e uccide impunemente in Siria difensori iraniani della libertà del popolo siriano e del diritto internazionale, salvaguardia delle nazioni e della pace.

Ha attaccato l’Iran insieme al suo sodale arabo, lo Stato più retrogrado, oscurantista, repressivo, predatore e, nell’indifferenza delle altrimenti (Iran, Russia) indignate presunte sinistre, misogino e omofobo in chiave lapidatoria, esclusivista, razzista, monoetnico e teocratico quanto lui. Lo ha attaccato sotto ricatto di un carcinoma dalla metastasi mondialista chiamato Stato Profondo, i cui cingoli, nella marcia sulla Russia, hanno già polverizzato la Jugoslavia, raso al suolo la Libia, squartato la Siria, devastato l’Afghanistan, frantumato l’Iraq. Si sono lasciati alle spalle il proprio paese impoverito, spolpato da banche e spese militari, ridotto a Stato di polizia dalla sorveglianza universale e, con il terrore della “guerra al terrorismo” e con il traffico di stupefacenti della “guerra alla droga”, 50 milioni di morti dal 1950, perlopiù musulmani.

La triplice Usa-Israele-Arabia Saudita, la coalizione a più alto tasso criminale e di sangue versato della Storia umana, dopo aver impunemente colpito, distrutto e ucciso cose e vite iraniane, impegnate nella difesa dell’umanità in Siria, ha stracciato un accordo per la denuclearizzazione dell’Iran concluso tra le maggiori potenze dell’Uccidente e un neopresidente iraniano rassegnato a farsi dettare l’agenda dell’economia e dello sviluppo del proprio paese. Un accordo rifiutato da Mahmud Ahmadinejad, grande e laico presidente espresso da quel popolo e, soprattutto, dal suo proletariato riscattato, ma poi accettato da dirigenti espressi da una borghesia ansiosa di galleggiare e prosperare nel liberismo importato dai Rothschild-Goldman Sachs. Smantellamento di tutte le sue centrali di ricerca e produzione nucleare, nonostante si limitassero a un arricchimento del 20% dell’uranio, utile solo a scopi medici ed energetici (per la bomba ci vuole il 90%).

Ai detentori di 7000 testate nucleari, di cui due già sperimentate su esseri umani, a coloro che tengono sotto scacco i vicini in Medioriente con le proprie 200-400 bombe termonucleari, a un clan famigliare proprietario di tutto un paese grazie alla ferula del terrore religioso, non interessava bloccare un uranio innocuo, arricchito al 20%. Interessava bloccare lo sviluppo, il benessere, il ruolo di una nazione quinta nel mondo per produzione di petrolio e seconda per il gas. Interessava sabotare ogni rifornimento di energia al mondo, in prima linea all’Europa, che non fosse americano o sotto controllo americano. Vedi TAP. Vedi Regeni. Vedi i marciatori contro l’ENI. Interessava applicare, rinnovare, aumentare le sanzioni.

Qualcuno marcia per conto terzi contro l’ENI, qualcuno si prepara a una marcia sacrosanta per la Palestina occupata e seviziata, qualcun altro assiste dal proprio divano allo sterminio di popoli tra i più nobili e giusti, bofonchiando a difesa della propria miseria morale e intellettuale scellerate idiozie su “dittatori”, burka e veli. Chi si arroga il diritto di infliggere sanzioni per portare alla disperazione un popolo nella speranza che poi se la prenda, non cono i suoi aguzzini, ma con i propri dirigenti, non ha la più pallida idea di chi sono gli iraniani.

A chi non percepisce la grottesca aberrazione di Stati che basano il proprio ruolo nel mondo sull’invenzione e promozione del terrorismo in casa e fuori, sullo stragismo jihadista, brigatista, dell’intelligence, dei vari Gladio, e che poi azzardano l’accusa all’Iran di massimo promotore del terrorismo nel mondo, va messo in mano il filo che congiunge Piazza Fontana e Bologna’80, Via d’Amelio e Italicus, l’11 settembre e Bataclan. L’abbattimento delle Torri Gemelle è passato da Osama, nella sua grotta a Tora Tora, ai Taliban, dai Taliban a Saddam, da Saddam ai sauditi. La proclamazione dell’Iran “sponsor massimo del terrorismo” prelude a un nuovo cambio di paternità. E, a sinistra, il coro dei reggipalle, prosseneti, escort, annuisce.

Sanzioni che, per effetto collaterale rigorosamente voluto, colpiscono l’Europa, come quelle contro la Russia. Corrono parallele alle migrazioni indotte e coatte. Sanzioni all’Iran come svuotamento di Siria o Eritrea; ricadute delle sanzioni sui paesi europei come destabilizzazioni e dumping sociale nei paesi d’arrivo. E’ il mondialismo, bellezza. E’ la criminalizzazione della sovranità, baby.

Target Iran, un documentario per rovesciare la narrazione di destre e sinistre

Mi permetto, nella congiuntura, di riproporre ai non indifferenti la conoscenza onesta e vera dell’Iran, come abbiamo cercato di offrirla con il nostro docufilm “TARGET IRAN”, girato durante l’ultimo mandato di Mahmud Ahmadinejad, alla vigilia dell’arretramento compiuto dal neopresidente Rouhani, espressione di quella borghesia dei quartieri alti di Tehran che rimpiange i fasti goduti sotto lo Shah, la sua capacità di mettere in riga oppositori e ribelli grazie alle carceri e alle torture della Savak, maestra del Mossad, e che sogna le gozzoviglie neoliberiste dell’Uccidente.

Il film resta di assoluta attualità, sia per il contesto geopolitico che vede un Iran assediato dalle stesse forze di allora, ora con aggressività potenziata dagli psicopatocrati al potere negli Stati aggressori, sia perché proietta una verità dell’Iran che continua a essere occultata, mistificata, deformata da falsità e calunnie. Per non restare indifferenti alla tentata distruzione di una nazione, che ha alle spalle 3000 anni di civiltà e che le sue giovani e colte generazioni proiettano in un futuro di sovranità, autodeterminazione, libertà, un paese con all’avanguardia le donne che rappresentano il 24% dei laureati e sono in prima fila nelle professioni qualificate e nelle funzioni dirigenziali, è necessario prima conoscere. Per far conoscere l’Iran vero abbiamo ascoltato operai e studenti, donne e commercianti, esponenti del governo ed artisti della musica, delle arti figurative e del grande cinema persiano. Abbiamo visitato le tante vittime del terrorismo del Mossad e della sua articolazione iraniana, la setta dei Mujahedin del Popolo (MEK), che ha il suo quartier generale all’ombra del Dipartimento di Stato.

Ai confini con l’Afghanistan abbiamo incontrato i militari che difendono la loro società dall’offensiva dei trafficanti di droga manovrati dagli occupanti Usa. Mentre a sud e a ovest, controllano lo strumento imperialista della destabilizzazione secessionista, la quinta colonna curda e del Balucistan. Abbiamo visitato il grandioso patrimonio archeologico di Persepoli, le meravigliose città, le moschee, i giardini e i parchi di un’impostazione urbanistica ad alto impegno ecologico. Abbiamo potuto smontare tutti gli stereotipi sulle libertà individuali, sui rapporti tra i sessi. Abbiamo constatato l’effetto funesto sulla vita collettiva, a volte tragico, di sanzioni che arrivano a vietare farmaci fondamentali e abbiamo potuto ammirare l’orgoglio, l’ingegno e la forza di chi resiste e rimedia.

Grazie a documenti che in Occidente sono stati soppressi abbiamo potuto illustrare le provocazioni e le frodi messe in atto durante la fallita “rivoluzione colorata” contro Ahmadinejad del 2011, con i suoi finti martiri, le sue finte esecuzioni.

Il popolo che abbiamo conosciuto non si farà intimidire. E’ da secoli che resiste a invasori, è dal colpo di Stato angloamericano contro il premier Mossadeq, che aveva nazionalizzato il petrolio e sconfitto la tirannia monarchica, che l’Iran ha imparato a conoscere l’imperialismo e i suoi metodi. Una volta di più, come in Libia, Siria, Iraq, Yemen, Somalia, Afghanistan, America Latina, sono in gioco i destini dell’umanità e del suo pianeta, la scelta tra vita e morte. Avendo a disposizione la conoscenza, l’indifferenza non è più consentita.

Fulvio Grimaldi – fulvio.grimaldi@gmail.com

Il docufilm “TARGET IRAN” può essere ordinato a visionando@virgilio.it. Selezione dal docufilm di Fulvio Grimaldi “TARGET IRAN” https://www.youtube.com/watch?v=ZeVYbTw6omE&t=336s

A ogni richiesta si illustreranno i termini di acquisto e spedizione del dvd. L’autore è disponibile per presentazioni ovunque.

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