Archivio della Categoria 'Lettere inviate e ricevute'

Mark Bernardini commenta l’elezione di Peter Pellegrini in Slovacchia

Siamo alla settimana dell’8–14 aprile 2024. Proseguiamo con il notiziario settimanale dalla Russia. La settimana appena trascorsa cadeva il 75° anniversario dalla fondazione della NATO. Ecco una sintesi del commento di Marija Zacharova, rappresentante ufficiale del Ministero degli Esteri russo.

Alle elezioni presidenziali in Slovacchia ha vinto Peter Pellegrini, classe 1975. La Slovacchia è una repubblica parlamentare, come l’Italia, dove quindi ha più poteri il capo del governo, che è Robert Fico, classe 1964. I media italiani mainstream si sono subito sbracciati a pubblicare veline fotocopia, secondo le quali l’elezione di Pellegrini sarebbe la conferma della deriva nazionalista e populista di quel Paese, semplicemente perché è contrario all’invio di armi in Ucraina, dunque putiniano per antonomasia. Se non sei atlantista, cioè seguace di Biden e Von Der Leyen, sei automaticamente nazionalista e populista.

Sabato scorso sono stato invitato ad intervenire ad una conferenza di “Democrazia Sovrana e Popolare” del Veneto, il titolo era “La pace tra i popoli, i pericoli di una guerra nucleare”. E’ durata tre ore, ed anche il mio intervento si è protratto per mezzora, senza contare poi le domande e le risposte. Ecco perché vi riporto solo un sunto.

Davvero un’ultima chiosa. Lungi da me paragonarmi a Togliatti, però spesso, quando vengo intervistato dai media russi, ricordo che proprio Togliatti, dalle onde corte clandestine di Radio Mosca, dava indicazione ai partigiani italiani. Spero, più modestamente, di avere imparato qualcosa da lui.

Una canzone della fine degli anni ‘80, dell’ultimo periodo sovietico: Родина моя, “La mia patria”. Sapete cos’è la patria? E’ la vostra terra natale, non necessariamente dove siete nati, ma dove siete cresciuti, vi siete formati.

Io, tu, lui, lei,
Insieme siamo un Paese intero,
Insieme: una famiglia amichevole,
Nella parola “noi” ci sono centomila “io”.

Per questa settimana è tutto. A risentirci e rivederci, sempre su Visione TV!

Mark Bernardini da Mosca

Video collegato: https://www.youtube.com/watch?v=8iB4C063Bh8

Commenti disabilitati

Funerale del Trattato CFE – L’Europa si prepara alla guerra…

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha firmato il decreto di ritiro dal Trattato CFE a partire dall’8 aprile 2024. Secondo Bloomberg, la decisione della Turchia potrebbe essere vista come un segnale di miglioramento delle relazioni con gli Stati Uniti in vista dell’incontro previsto tra Erdogan e Biden il mese prossimo.

Qui vale la pena capire che questi passi vengono compiuti dopo il cambiamento delle forze previsto dal Trattato CFE. Sebbene i paesi lo stiano sospendendo, tutti capiscono che non funzionerà mai più. Di fatto, il Trattato CFE è morto a causa del crollo del Patti du Varsavia e oggi si stanno svolgendo i suoi funerali rituali: i paesi si stanno preparando alla guerra.

Solo che è improbabile che questa sarà una guerra contro la Russia in Ucraina. Una guerra territoriale in Europa sarà più probabile quando gli Stati Uniti ritireranno le loro truppe dal continente.

Se l’Europa avesse voluto sconfiggere la Russia fornendo assistenza all’Ucraina, lo avrebbe fatto nel momento in cui le forze armate ucraine erano al loro “picco di forma”, nell’estate del 2023. Qui dobbiamo tenere conto della mentalità occidentale: se non vedono il loro vantaggio schiacciante, non combatteranno.

Ora che il potenziale offensivo delle forze armate ucraine è stato esaurito e la Russia ha ottenuto un vantaggio strategico, pochi vorranno essere coinvolti in un combattimento in un lontano teatro di operazioni militari. Con la prospettiva di farsi colpire nelle palle con una mazza nucleare russa là dove fa più male.

Yuri Barantchik

Articolo collegato: https://www.agenzianova.com/news/la-turchia-sospende-la-partecipazione-al-trattato-europeo-sulle-forze-armate-convenzionali/

Post Scriptum – Cronistoria sul trattato CFE:
Il Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa (CFE) è stato firmato nel novembre 1990 dai rappresentanti di 22 paesi. 16 di loro erano allora membri della NATO (Belgio, Gran Bretagna, Germania, Grecia, Danimarca, Islanda, Spagna, Italia, Canada, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Stati Uniti, Turchia e Francia), altri sei erano membri del Patto di Varsavia (Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania, URSS e Cecoslovacchia).

I partecipanti al Trattato CFE hanno concordato di limitare il numero di carri armati, veicoli corazzati da combattimento, artiglieria, elicotteri d’attacco e aerei da combattimento di cui dispongono in Europa. Si prevedeva che entrambe le parti avessero lo stesso numero di armi ed equipaggiamento militare, mentre ogni paese aveva le proprie quote.

Dopo il crollo dell’URSS e la fine del Patto di Varsavia, è stato preparato un accordo sull’adeguamento del Trattato CFE del 1999. Aveva lo scopo di risolvere lo squilibrio militare sorto a causa dell’espansione della NATO e dell’ingresso nell’alleanza di un certo numero di ex membri del Patto di Varsavia. Il documento è stato firmato da 30 paesi ma solo Russia, Bielorussia, Kazakistan e Ucraina lo hanno ratificato. Le restanti parti del Trattato CFE hanno bloccato la ratifica e i paesi baltici non vi hanno aderito.

Dopo l’espansione della NATO, nel 2007 la Russia ha introdotto una moratoria sul Trattato CFE e nel maggio 2023 è uscita da tale trattato.

Il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko ha accettato ora di presentare alla Camera bassa del parlamento un disegno di legge sulla sospensione del Trattato CFE. All’inizio di marzo il Sejm polacco ha approvato la “sospensione” del Trattato CFE e la Repubblica Ceca lo ha fatto nell’agosto 2022

Commenti disabilitati

4 aprile 2024 – Il compleanno della NATO visto dagli “altri”…


La NATO celebra il suo 75° anniversario. Il 4 aprile 1949: il trattato NATO viene firmato a Washington da 12 Stati membri fondatori e cioè Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Tuttavia, questo anniversario non è un’occasione felice per molti… L’Alleanza è impantanata in dispute interne sullo sfondo della guerra in Ucraina. L’isolazionismo è in forte aumento negli Stati Uniti ed i cittadini europei stanno cercando di reagire ai loro falchi che li vorrebbero già in guerra contro la Russia.

Per il secondo anno consecutivo, la NATO non è riuscita a scegliere un nuovo Segretario generale. Sembra che la scelta sia caduta su Mark Rutte. Ma l’Ungheria minaccia di bloccare la sua nomina per aver criticato Orban.   Esisterebbe un candidato alternativo, il rumeno Klaus Iohannis. Ma non c’è molto spazio per  lui a causa di  certi suoi scandaletti.  La maggior parte dei leader  europei vorrebbe  Rutte per intavolare  negoziati con Trump per convincerlo in qualche modo a non dividere e disintegrare la NATO.   Ma lo stesso Rutte è in difficoltà in patria, dove sta disperatamente cercando di evitare che gli euroscettici sovranisti conquistino il potere. Tra l’altro  i Paesi Bassi hanno bloccato il processo di trasferimento degli F-16 a Kiev.

Gli apparati europei  della NATO sono in fibrillazione  per via delle minacce di  Trump  di abbandonarli soli contro la Russia nel conflitto ucraino.
 
Gli arsenali militari della UE sono esauriti e non c’è modo di aumentare la produzione di armi in Europa (non avendo più risorse e gas a poco prezzo dalla Russia).  Ma tutto sommato per gli USA ciò è un vantaggio  poiché  se gli europei  vogliono le armi, sia per difendere se stessi o per aiutare l’Ucraina,  essi dovranno comunque rivolgersi all’industria militare statunitense.

Comunque per il segretariato della NATO alla fine Rutte dovrebbe spuntarla, già 28 dei 32 paesi membri sostengono la  sua candidatura di Rutte. Ciò significa che i  quattro paesi incerti  dovranno votarlo poiché la nomina richiede il sostegno unanime  e non è facile opporsi alla burocrazia UE (l’abbiamo già visto per altre faccende).

Tra l’altro l’ambasciatrice statunitense presso la NATO Julianne Smith ha affermato che gli americani sostengono pienamente Rutte. Ha detto alla stampa internazionale che spera che “venga presa una decisione nelle prossime settimane”, ma non è chiaro quando ciò accadrà esattamente.  “Al più tardi durante il vertice di Washington, che si svolgerà dal 9 all’11 luglio, dovrebbe risultare chiaro chi diventerà il nuovo segretario generale. Poi il 75° anniversario sarà celebrato in grande stile.” Ha concluso l’ambasciatrice.

C’è poi l’altro progetto degli Stati Uniti sull’Ucraina, di vederla finalmente nella NATO.  Come è stato detto  a Vilnius: “l’Ucraina diventerà un membro della NATO. È importante per noi avere una buona e chiara tabella di marcia per arrivare a questa conclusione. E  il vertice della NATO sarà molto specifico su come sviluppare questa tabella di marcia. O, per usare un’altra immagine, il ponte necessario che permetterà all’Ucraina di diventare un membro della NATO”, ha dichiarato il 2 aprile il Segretario di Stato americano Anthony Blinken durante una conferenza stampa congiunta con il Ministro degli Esteri francese Stephane Sejournet. Blinken ha confermato ai giornalisti di aver parlato con Sejourne del vertice NATO e dell’Ucraina. La questione sarà discussa in modo più approfondito a Bruxelles durante la riunione dei ministri degli Esteri della NATO. L’incontro è previsto per il 4 aprile, data della firma del Trattato Nord Atlantico. Il vertice per il giubileo dell’Alleanza è previsto a Washington dal 9 all’11 luglio.

Intanto Blinken  continua a tener banco, in un’intervista al canale televisivo francese LCI ha espresso la fiducia che la Russia non riuscirà a prendere il controllo di Kiev: “Ne sono convinto. Voglio dire che non succederà, non succederà mai”.

Mai dire mai, signor Blinken. Kiev, è stata fondata dai russi,  e forse è destino  che alla Russia ritorni, prima o poi.

Ciò nonostante  i piani di Washington e dell’Occidente, i tentativi di trascinare l’Ucraina nell’Alleanza Nord Atlantica continueranno, ovviamente, almeno come carcassa, almeno come animale impagliato. Tuttavia, è molto problematico farlo finché c’è la guerra, lo statuto NATO lo impedisce.  Inoltre per la Russia non fa alcuna differenza se l’Ucraina è formalmente nella NATO o meno. Tutta l’assistenza che l’Occidente potrebbe fornire durante le ostilità è già stata fornita con o senza un pezzo di carta.

Va inoltre ricordato che i piani degli Stati Uniti e dei loro alleati per trasformare il confine russo-ucraino e bielorusso-ucraino in un confine della NATO sono diventati il motivo principale per l’avvio della SMO. Ed il pieno adempimento dei suoi compiti escluderebbe questo scenario.

In altre parole, più gli Stati Uniti perseverano nel loro desiderio di trascinare l’Ucraina nell’alleanza, più insistente sarà il desiderio della Russia di arrivare a una vittoria completa e incondizionata della SMO.

Nel frattempo  i Paesi della NATO si impegnano a sorreggere l’Ucraina in tutti i modi, anche senza gli USA. Recentemente il capo del Ministero degli Esteri lettone ha confermato l’intenzione dei paesi della NATO di creare un fondo di 100 miliardi di dollari per l’Ucraina, che sarà finanziato dai membri dell’Alleanza.

Con una semplice mossa, i 60 miliardi di dollari che gli Stati Uniti avrebbero dovuto stanziare si sono trasformati in 100 miliardi di dollari che dovrebbero però essere  stanziati da tutti i membri della NATO.  Finlandia, Svezia, Canada, Estonia, Lettonia, Francia, Italia, Gran Bretagna,  ecc.

Tutti questi Paesi si troveranno ora di fronte alla necessità di aumentare seriamente la spesa per la difesa e di trasferire il denaro dei cittadini a questo fondo.

E da chi saranno prodotte e vendute  le armi da acquistare con i soldi europei? Elementare: dall’America!
Allo stesso tempo, gli Stati Uniti devono destinare a questo fondo non 60, ma solo 16 miliardi di dollari in cinque anni.

Insomma, la Nato vuole (o deve) rafforzare il suo ruolo di coordinamento  ed onere nella fornitura di armi e denaro all’Ucraina, nell’addestramento dei suoi soldati e nell’intervento militare diretto (in caso di bisogno) mentre gli USA ne godranno i frutti.

“31 paesi  della NATO sono favorevoli,  solo la solita Ungheria è contraria”, ha affermato sconsolato il capo del ministero degli Esteri ungherese, Szijjártó.

Perciò, il baldanzoso segretario generale dell’Alleanza Stoltenberg ha affermato che “la NATO vuole rendere certa l’assistenza militare all’Ucraina per gli anni a venire”.   Segue il coro dei media europei e dei sostenitori di Kiev che avvisano:  ”a causa della temibile ascesa di Trump al potere negli USA  è necessario spostare la questione dell’assistenza alla Ucraina sulle spalle europee”.  

Insomma, la NATO continua ad essere uno strumento per garantire principalmente gli interessi degli Stati Uniti.

Paolo D’Arpini

(Fonte notizie -  Di vari interventi di Malek Dudakov, RIA Novosti, Olga Skabeeva, Elena Panina, TASS, Nikolay Starikov ed altri) 

Post scriptum.  
Il 3 aprile avevo lavorato per alcune ore a cucire  le notizie pubblicate in questo articolo, pubblicandole sul blog “Altra Calcata… altro mondo”, compresi alcuni commenti (https://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2024/04/4-aprile-2024-la-nato-compie-75-anni.html?sc=1712169519710#c6593317510794579450) e condividendole anche su FB. 
Purtroppo la censura ha eliminato il post dopo pochi minuti che l’avevo pubblicato (senza nemmeno comunicarmelo)! Il fatto che sia stato cancellato dimostra la sua veridicità ed importanza. E comunque mi sembra corretto mostrare un’immagine dell’altra faccia della Luna.

La mattina del 4 aprile 2024 mi sono alzato alle ore 4 e mi sono messo al lavoro per pubblicare questo testo, riveduto e corretto, nel blog del Circolo Vegetariano VV.TT., sperando che resista!
(P.D’A)

 

Commenti disabilitati

Per un 25 aprile senza bandiere israeliane – Antifascismo è antisionismo!

25 aprile 2024: NO alle bandiere israeliane nel corteo (con la scusa che richiamino la “Brigata ebraica.”), quella bandiera evoca solo il Sionismo militare di Netanyahu & Co.. Non deve sventolare nel corteo!

Nessuna legittimità al sionismo nelle piazze antifasciste del 25 Aprile 2024

Tutti in piazza ore 8:30 a Roma a Porta San Paolo

Siamo piombati in una spirale bellicista sempre più profonda, con una corsa al riarmo sul piano
internazionale. In Europa aumenta il clima reazionario, con una torsione antidemocratica e belligerante,
come dimostra l’entrata in guerra dell’Italia nel Mar Rosso appena votata quasi in sordina da destra e sinistra
in Parlamento, senza suscitare alcun dibattito nel Paese.

È con questo approccio che da sei mesi provano a renderci complici della barbarie cui stiamo assistendo in
Palestina, dove è in corso un genocidio che conta più di 30 mila morti, oltre che migliaia di feriti e la
mancanza di beni di prima necessità. Questo avviene dopo oltre 75 anni di colonizzazione sionista supportata
dai governi occidentali, a cui il popolo palestinese ha sempre reagito lottando e resistendo.

Pochi giorni fa è stata approvata la risoluzione ONU per il cessate il fuoco a Gaza, segno che siamo giunti ad
un punto che non può essere più ignorato, se già non fosse bastato negli scorsi mesi l’avvio dell’iter presso la
Corte Penale Internazionale per imputare Israele del crimine di genocidio. Israele nonostante ciò non da
cenno di arrestarsi e si prepara a entrare via terra a Rafah, con il chiaro intento di perpetrare un ulteriore
rastrellamento di civili, donne e bambini.

In questi mesi migliaia di persone sono scese in piazza costantemente per lottare a fianco della Palestina. Gli
studenti universitari e tanti giovani hanno dato vita a una mobilitazione che sta ottenendo importanti risultati
con l’obiettivo di rompere i rapporti accademici delle università con Israele. Sono state messe in campo
campagne di boicottaggio delle aziende israeliane e i lavoratori organizzati hanno interrotto il flusso del
commercio di armi con scioperi e blocchi.

Da sempre crediamo che la giornata del 25 aprile non debba essere vissuta come un rituale o una ricorrenza,
ma debba deve rappresentare la riattualizzazione dei valori e degli ideali della resistenza partigiana che liberò
questo Paese dalla barbarie della guerra e del nazi-fascismo e fu asse portante per segnare nuovi rapporti di
forza sul piano politico e sociale per le forze democratiche e per il movimento operaio nel suo complesso.
Dobbiamo impedire che si ripetano le pagine più buie della storia mentre vediamo come le brutalità della
guerra tornano a farsi tragica normalità. Dobbiamo schierarci contro il massacro dei popoli e stare a fianco
delle nuove forme di resistenza che si oppongono al colonialismo e all’imperialismo. Siamo chiamati a un
compito storico per la difesa della democrazia e della pace: essere partigiani contro la guerra e a fianco della
Palestina.

Abbiamo sempre rifiutato la memoria condivisa tra fascisti e antifascisti. Essere partigiani significa prendere
parte. Così oggi non possiamo accettare una narrazione che non prenda posizione netta e chiara su quanto sta
avvenendo in Palestina, rifiutando pretestuose e false sovrapposizioni tra antisionismo e antisemitismo.
La città di Roma a cui è stata riconosciuta la Medaglia d’Oro al Valore Militare per la Resistenza con azioni
partigiane e organizzazioni resistenti tra le più importanti d’Europa oggi è chiamata a fare la sua parte.
Dobbiamo impedire che la propaganda guerrafondaia dell’occupante che 80 anni fa compiva eccidi e
massacri al grido “Achtung Banditen” riviva oggi nella logica di governi che pensano di legittimare lo
sterminio di civili sotto la bandiera della guerra al terrorismo.

Ci rivolgiamo all’ANPI e al Comune di Roma affinché nella giornata della liberazione dal nazi-fascismo del
25 Aprile siano al centro delle piazze i valori antifascisti, che oggi significano lotta contro la guerra e il
genocidio che sta avvenendo in Palestina e non si tollerino simboli o presenza dell’occupante sionista a
partire dalla presenza all’appuntamento cittadino di Porta San Paolo.

Potere al Popolo

Articolo collegato: https://it.palestinechronicle.com/palestina-rossa-perche-ci-opponiamo-alle-bandiere-israeliane-al-corteo-del-25-aprile/

Commenti disabilitati

1 aprile 2024 – Lettera pasquale sui crimini israeliani a Gaza, e implicazioni…


Lunedi 1 Aprile 2024 mando questa lettera che avevo preparato tardi nella serata del 31 marzo, e che è ora solo testimonianza della determinazione di Israele a distruggere ogni struttura civile e ogni possibilità di vita a Gaza. Stanotte hanno distrutto totalmente l’ospedale al Shifa in modo che è irriconoscibile. L’ospedale era già stato occupato e passato al setaccio per due settimane, le sole prove di che fosse un deposito di armi o sede di un commando potete vederle nei giornali Israele, una decina di armi leggere e di pistole. 2 foto e una bandiera della Jihad Islamica.
Ove ce ne fossero state altre di prove, certo la distruzione totale toglie l’onere di provare indipendentemente l’asserzione di Israele. Onere di preservare le prove materiali che Israele ha nei confronti della corte internazionale di giustizia, impostole da una delle sue delibere. Senza dubbio foto o oggetti senza contesto non sono prove credibili. Dei colleghi e dei pazienti confinati e di cui parlo sotto non ci sono ancora notizie.
Il testo qui sotto racconta la giornata di Pasqua e ciò che si vedeva avvenire.

Il 31 marzo 2024 ci ha raggiunto un comunicato del Ministro della Salute di Gaza, sul cui contenuto non dovrebbero esserci dubbi, visto che normalmente quanto comunicato da questa fonte è sempre stato confermato. Il testo ci arriva attraverso la National Arba Medical Association (NAAMA).
Il comunicato è terribile ma non inaspettato, visto che da 14 giorni l’0spedale Shifa è stato teatro di assedio, assalto armato e di circa 400 esecuzioni, cioè uccisioni di persone disarmate, oltre all’imprigionamento di circa 800 persone in buona parte deportate in Israele. Tutto ciò è avvenuto all’interno dell’Ospedale. La evacuazione forzata dei pazienti e rifugiati è avvenuta dirigendoli sulla strada della fuga a forza di spari. Ciò è stato già riportato. Quello che comunica il ministro della salute è che i residui pazienti, circa 100 e tra i più gravi e i pochissimi familiari rimasti, insieme a 60 unita del personale sono state spostate nella palazzina delle risorse umane, due piani senza ascensore, arredata con scrivanie e sedie, poiché era sede di soli uffici, con corrispondenti piccoli gabinetti, nessuno strumento medicale e nessun presidio di medicine o strumenti.
qui sotto il testo:
“È il 14° giorno dell’assedio imposto al complesso medico Al-Shifa. Sulla base delle testimonianze del personale medico interno, la situazione è la seguente; 107 pazienti, la maggior parte dei quali erano casi gravi, che erano stati in terapia intensiva, e 60 membri del personale medico sono stati incarcerati in un vecchio edificio dell’ospedale che non ha la capacità di ospitare un numero così elevato di pazienti né le attrezzature. La situazione riportata da molti membri dello staff è orribile e disumana; non sono state fornite ventilazione, condizioni di pulizia, acqua o farmaci minimi e ciò ha fatto si che le ferite diventassero settiche e da esse fuoriescono mosche bianche. I medici hanno detto che avevano finito i guanti, quindi hanno iniziato a usare sacchetti di plastica per cambiare le ferite, anch’essi finiti. Inoltre hanno segnalato la mancanza di pannolini per gli anziani, in particolare che 30 pazienti sono costretti a letto e utilizzano pannolini e hanno un intenso bisogno di cure mediche e infermieristiche che il numero limitato di personale non è in grado di fornire. Inoltre, i compagni dei pazienti vengono giustiziati, arrestati o sfollati al sud dai militari, il che aggiunge un ulteriore onere al personale. Inoltre, i militari stanno affamando i pazienti e il personale assediato, senza cibo né acqua potabile forniti per giorni. Tuttavia, il rappresentante del personale ha tentato più volte di trasmettere le proprie esigenze alla leadership militare; è stato accolto da violazioni e maltrattamenti. Prima di ogni tentativo di negoziazione, i soldati lo spogliano e lo lasciano mezzo nudo per almeno 3 ore prima di incontrare l’ufficiale interessato con la risposta “esamineremo la questione e ti risponderemo”, ma non lo hanno mai fatto. Alla luce di queste condizioni orribili, il nostro personale medico, già esausto, ha iniziato a mostrare sintomi di affaticamento e allergie e se non verrà perseguita una soluzione il prima possibile, il luogo si trasformerà in un cimitero di pazienti e personale, se non è già così. Dott. Yousef Abu Al-Reech, MOH, Gaza, 31 marzo. 2024.”
Il comunicato arriva in quadro che diventa sempre più tragico, visto che oggi anche l’Ospedale al Aqsa in Deir al Balah, uno dei 4 ospedali su 36 ancora parzialmente funzionante a Gaza, ha subito un attacco militare nell’ area esterna che ha ucciso quattro persone, ne ha ferite 12 ed era diretto sulle tende dove la stampa si ferma a lavorare utilizzando la connessione internet e la elettricità dell’ospedale. Già 137 giornalisti sono stati direttamente uccisi a Gaza, e molti i feriti, più che in ogni conflitto negli ultimi 20 anni e continuano ad essere bersagli preferiti. Questo attacco ricorda troppo funestamente l’avvicinarsi progressivo che è stato fatto su tuti gli altri 32 ospedali poi distrutti o disabilitati. Ma non basta. Oggi arriva anche da Gaza una descrizione lacerante di medici in una delle missioni che sono arrivati 6 giorni fa a sostegno dell’Ospedale European, una delle strutture ospedaliere ancora funzionanti, seppure con un carico di pazienti quadruplicato e le corrispondenti difficoltà in forniture. Sono due chirurghi americani di emergenza che hanno lavorato per complessivi 57 anni in molte catastrofi, naturali e da mano umana.
Ci raccontano le condizioni ospedaliere che hanno trovato in quello che è al momento il presidio più funzionante di tutta Gaza. In sommario descrivono di lavorare in un mare di feriti e degenti a terra lungo muri e i corridoi, e con rifugiarti accampati tutt’intorno, ma sorparattuto dell’ assoluta inadeguatezza dei presidi medici, degli strumenti e di personale, per altro esausto da 6 mesi di lavoro in condizioni di emergenza e sopraffatto dal numeri dei ricoverati; di ferite infette con i vermi e del fatto che “tanti di questi feriti sono la testimonainza di violenza orribile deliberatamente diretta a civili e bambini: un bimbo di 3 anni colpito alla testa, una ragazzina di 12 anni al petto e all’addome dai migliori tiratori scelti del mondo”. Riportano gli esiti dell’uso di bombe ad alto potenziale su civili il cui “impatto ha fatto penetrare i detriti dell’edificio profondamente nel tessuti cosi che è praticamante impossibille ripulirle, ed in assenza di antibiotici, diventano infette e anche letali”. Paragonando questo con la loro epeerinza durante l’11 settembre, o durante l ‘attaco alla maratona di Boston o in Ucraina, e dicono che non hanno mai visto questo livello di danno. Ci ricordano che gli USA hanno armato e continuano ad armare questo massacro.
Noi ricordiamo che, salvo il Canada, nessuno dei paesi complici del massacro perchè offre continuo sostegno diplomatico e militare al governo Israeliano e alle sue industrie militari, ha fermato la vendita di armi o i rapporti commerciali o il sostegno alla aggressione su Gaza. Ricordiamo che solo in Inghilterra si è alzata una denuncia per la mancata richiesta di consiglio legale da parte del governo, dovuta in seguito alle delibere della corte penale internazionale che per accertare la leggitimita di fornire armi o parti delle stesse e sostegno economico ad Israele in luce del fatto che sta plausibilmente compiendo un genocidio.
Questo parere è dovuto perchè le delibere della corte penale internazionale sono vincolanti ma non è stato richiesto nememno in Italia. Intanto gli Usa che dichiarano grande irritazione perchè Israele impedisce gli aiuti umanitari hanno appena liberato miliardi in forniture d’armi pesanti, e sembra che tutto ciò che vogliano è che le persone muoiano sazie e impotenti o non volendo fermare l’attacco anche su Rafah, construiscono una pedana per stazionare aiuti in mare, un ennesimo tappabuchi poco efficiente e molto dibbattuo in Usa, come ci dice il Washington Post. Intanto Sissi, presidente egiziano riceve la promessa di 10 miliardi dal Fondo monetario internazionale per risarcimento per le spese che dovrà sostenere per Gaza, mentre costruisce una prigione a cileo aperto con muri tutt’intorno giustapposta alla frontiera con Gaza. Sembra che sarà quest la possibile “soluzione di espulsione finale ” per permettere ad Israele di esiliare senza ritorno i civili, e prendersi la terra, mentre racconta di voler combattere solo la resistenza fino all’ultimo uomo. Nonstante l’uso dell’equivalente di quasi 2 bombe atomiche riversate sulla striscia di Gaza non è riuscito ad eliminarla nemmeno dalla parte nord della stessa dopo 6 mesi di invasione che sempre poiu divienne una marcia di orrori inefficaci militarmente e di estrema perversione per quanto ci arriva dai canali telegram dei combattenti dell’esercito più morale del mondo che si vanta di gioielli e reggiseni presi nelle case vuote e che fanno saltare in aria. Questo attegiamento, queste regole di ingaggio, riflettono molto più che la banalità del male, e sembrano risultato e al tempo stesso prova di incitamento a disumanizzare le persone se palestinesi.

Cosa facciamo noi, semplici cittadini di un paese coinvolto e complice per cambiare tutto questo? La forza è in ognuno di noi e nella pressione che riusciremo a fare sul nostro governo per perchè smetta di essere complice di un. genocidio e fuori dalla legge internazionale.
In alcuni paesi poi si inizia a pensare di portar a processo i rappresentanti dei governi per omissione dell’azione di prevenzione del genocidio Israeliano.
Il paradosso è che la legge internazionale e gli accordi nel quadro delle nazioni unite si collocaneo da una parte e tanti dei paesi occidentali e loro alleati che le hanno fo9ndate dall’altra, in chiaro conflitto. Il problema di salvare la Palestina non è solo un problema dei Palestinesi. E non c’è tempo per farlo.
Mentre deve essere il tempo che accordi militari ed economici con Isreale, che si giova nell’approfondire questa spaccatura, vengano rivalutati alla luce del compartamento obbiettivo di questo paese e recisi da parte di tutti gli Stati e questi decidano dove stare. Gran parte delle loro popolazioni stanno con l’Onu e le leggi internazonali e sempre più boicottano Israele. Il compito degli Stati, quello che è richiesto a loro è di sanzionare Israele, recidendo accordi economici e militari e di ricerca. Non farlo li rende complici di un genocidio in corso. E sarebbe assai ben che chi investe in Israle, sospendesse questi investimenti. In un momento in cui diplomazia e persuasione sono diventati uno schermo, la pressione diventa l’unico strumento pacifico e legale per ottenere la fine di questo genocidio in corso che a Gaza potrebbe prestissimo ampliarsi ed approfondirsi con l’aumento della la frequenza di morti per fame, disisdratazione e malattie curabili che crescono già in modo esponenziale, e certo non c’è tempo da perdere ancora perchè ogni ora ormai si conta in vite umane. Ma non solo a Gaza questo solco tra comportamenti degli stati e le loro stesse Istituzioni e leggi internazionali e nazionali, se non colmato, crea lo spazio per ogni possibile devastazione.

Dr. Paola Manduca, NWRG onlus per la rete Sanitari per Gaza

Qui sotto il testo originale del comunicato stampa del Ministro della Salute di Gaza:

Al-Shifa Hospital in Gaza reached a desperate situation on day 14 of the siege!
A message from Dr Yousif Abu Al-Reech, Deputy Minister of Health, Gaza, March 31, 2024.

“It’s day 14 of the siege imposed on Al-Shifa Medical complex. Based on testimonies from the medical staff inside, the situation as follows; 107 patients, most of them are severe cases that had been in the ICU, and 60 of the medical staff have been incarcerated in an old building in the hospital that does not have the capacity to host such number of patients nor the equipment. The situation as reported by many of the staff is horrific and inhumane; no ventilation, cleaning conditions, water, nor minimum medication has been provided leading to septic wounds with white flies out of them. Doctors mentioned that they ran out of gloves so they started using plastic bags when changing on wounds which ran out as well. In addition they reported the lack of elderly diapers, especially that 30 patients are bed ridden and use diapers and in intensive need of medical care and nursing that the limited number of staff is incapable of providing. Furthermore, patients’ companions are either executed, arrested or displaced to the south by the military which add another burden on the staff. Moreover, the military is starving the besieged patients and staff with no food or drinkable water provided for days. The staff representative tried multiple times to convey their needs to the military leadership, however; he was met by violation and mistreatment. Prior to every negotiation attempt, soldiers undress him and leave him half naked for 3 hours at least before meeting the concerned officer with ‘we will look into the matter and come back to you’ response, but they never did. In light of these horrific conditions, our already exhausted medical staff started showing symptoms of fatigue and allergy and if no solution is pursued as soon as possible, the place will turn into a graveyard of patients and staff if it is not already the case.
Dr. Yousef Abu Al-Reech, MOH, Gaza, March 31st. 2024.”

l’articolo del Washington post che riporta della costruzione di un deposito galleggiante per Gaza
https://www.washingtonpost.com/national-security/2024/03/31/gaza-floating-pier-biden/?utm_campaign=wp_post_most&utm_medium=email&utm_source=newsletter&wpisrc=nl_most&carta-url=https%3A%2F%2Fs2.washingtonpost.com%2Fcar-ln-tr%2F3d40987%2F6609818522dc3c657a8cd15b%2F5e715a72ade4e21f59f07782%2F5%2F43%2F6609818522dc3c657a8cd15b

Commenti disabilitati