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Consigli per la sopravvivenza, la dieta bioregionale, Sion si allarga, per Trump la guerra in Ucraina è un problema europeo, il paradiso terrestre di San Brandano…

Il Giornaletto di Saul del 11 aprile 2025 – Consigli per la sopravvivenza, la dieta bioregionale, Sion si allarga, per Trump la guerra in Ucraina è un problema europeo, il paradiso terrestre di San Brandano…

Care, cari, credo che allo stato attuale delle cose in Italia, come persone oneste ed integre, non rimanga che attuare i comportamenti sotto elencati, per dare il proprio contributo al necessario cambiamento, accelerando il fallimento dello stato liberticida e parassitario, cioè la sua riduzione ai minimi termini, come dovrebbe essere per garantire essenziali valori di libertà ed autonomia… (Claudio Martinotti Doria) – Continua: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2025/04/consigli-per-la-sopravvivenza-con-i.html

A proposito di sopravvivenza… – A Treia, il 27 aprile 2025, ultimo giorno della Festa dei Precursori, accompagnati da Andrea Giavara faremo una passeggiata naturalistica di ricerca e raccolta di erbe spontanee. Partenza alle ore 9.30 dalla sede del Circolo AUSER, in Via Lanzi 18/20. Il pic nic collettivo che segue si tiene alle ore 13.30, ognuno porta qualcosa. Prenotazione necessaria: 0733/216293 – 333.6023090…

La dieta bioregionale dalla preistoria ad oggi… – La memoria ancestrale è onnivora, con una netta prevalenza vegetariana. Nei tempi antichi si mangiava quel che c’era e la scelta era sia limitata che relativa. L’apporto proteico è legato al concetto di surplus, sia alimentare che patrimoniale, non per niente era considerato riservato alle occasioni festive… – Continua: https://www.lteconomy.it/bloglte/profilegrid_blogs/la-dieta-bioregionale-dalla-preistoria-ad-oggi/

Nota – Un team di scienziati aggiunge nuove verità sui pasti consumati dai nostri antenati. E il ritorno alla preistoria è diventato un trend molto stimato dai salutisti…

Sion si allarga… con l’aiuto dello Zio Sam! – Mike Huckabee, vicino agli ambienti sionisti favorevoli agli insediamenti israeliani nei territori palestinesi, è stato confermato dal Senato come prossimo ambasciatore degli Stati Uniti in Israele. E presto verrà attuata l’estradizione dei palestinesi “in eccesso”: Sono in corso trattative con due grandi Paesi (non specificati) per accettare un numero molto elevato di residenti di Gaza che emigreranno volontariamente. Ha detto Netanyahu. – Continua: https://paolodarpini.blogspot.com/2025/04/sion-si-allarga-con-laiuto-dello-zio-sam.html

Nota – L’ONU lancia l’allarme: “Un mese senza aiuti, i civili di Gaza in un circolo di morte, la popolazione costretta ad emigrare per fame e violenza.”. Nel frattempo le IDF stanno aggiungendo altro territorio alla zona cuscinetto di Israele, riducendo la Striscia di Gaza.

Per Trump la guerra in Ucraina è “un problema europeo”… – Scrive P.D’A.: “ Come volevasi dimostrare gli USA raccoglieranno i risultati finali dopo che Russia e UE si saranno macinati ben bene tra di loro. Come raccontato nel romanzo “Il tenente”: di Ron Hubbard, che lessi con estremo interesse parecchi anni fa…” – Continua: https://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2025/04/per-trump-la-guerra-in-ucraina-e-un.html

Nota – Questa bella storiella “fantastica” si sta ora avverando, anche se apparentemente in modi diversi. Vediamo ad esempio come ce la racconta il filosofo russo Dugin…

Il paradiso terrestre di San Brandano – Scrive Erica Gazzoldi: “L’abate irlandese Brandano ha un forte desiderio di visitare il Paradiso Terrestre. Domanda per questo la benedizione divina; ottenutala, s’imbarca con un gruppo selezionato di monaci. All’ultimo momento, tre ferventi confratelli supplicano di essere aggiunti all’impresa. Ma…” – Continua: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2016/04/linfausto-paradiso-terrestre-di-san.html

Ciao, Paolo/Saul

Nicolai Lilin. Gli USA combattono contro la Russia in Ucraina: https://www.youtube.com/watch?v=G_tiqKKvoQs

Diario di sorveglianza. Gli Stati Uniti impongono una tariffa del 125%. La Cina risponde con l’84%. Ma il vero colpo non sta nei numeri: sta in una mossa finanziaria che ha spiazzato il mondo intero: lo Yuan digitale ha ufficialmente superato SWIFT: https://www.youtube.com/watch?v=PGRaGo-YgXU

Visione TV. Proseguono i colloqui fra russi e americani in Turchia. Ne parliamo in compagnia di David Colantoni, Eduardo Zarelli e Bruno Scapini: https://www.youtube.com/watch?v=Xb-4Wx0YkmE

Canti sacri durante la Festa dei Precursori al Circolo Vegetariano di Treia di alcuni anni fa. Quest’anno i canti si terranno alle 20.30 del 26 aprile. Prenotazione necessaria: 333.6023090: https://www.youtube.com/watch?v=fRMBLz8VIJ0

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“La consapevolezza che tutto è uno e la meditazione su questa verità… sono gli unici mezzi per scardinare l’inveterata ignoranza sulla nostra vera natura. Non esiste altro che Uno… ma il concetto stesso dell’uno decade allorquando si realizza questa verità…” (Saul Arpino)

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Armi d’istupidimento di massa, habitat a rischio con l’allevamento intensivo, i giapponesi hanno dimenticato chi ha distrutto Hiroshima e Nagasaki, M.O.: si muovono le pedine (e crollano le borse), Calcata: il padiglione delle carabattole…

Il Giornaletto di Saul del 7 agosto 2024 – Armi d’istupidimento di massa, habitat a rischio con l’allevamento intensivo, i giapponesi hanno dimenticato chi ha distrutto Hiroshima e Nagasaki, M.O.: si muovono le pedine (e crollano le borse), Calcata: il padiglione delle carabattole…

Care, cari, viviamo sempre più in un mondo armato: armi di tutti i generi, non solo da fuoco o ipertecnologiche per usi bellici come quelle al plasma, elettromagnetiche, laser, ecc., ma anche armi improprie che influiscono sulla vita quotidiana, dagli effetti collaterali e ripercussioni che ci penalizzano sempre più fino a condurci all’esasperazione e disperazione… (Claudio Martinotti Doria) – Continua: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2024/08/armi-distupidimento-di-massa-la-prima-e.html

Nota – Mi riferisco ad esempio alle armi di distrazione di massa, che soprattutto negli ultimi anni hanno avuto successo…

L’allevamento intensivo porta alla distruzione dell’habitat – Scrive P.D’A.: Qualche bioregionalista di scuola americana insiste col dire che si può tranquillamente continuare a mangiar carne e definirsi egualmente ecologista, poiché la carne è cibo per l’uomo da tempo immemorabile. Forse l’uomo preistorico o gli aborigeni che potevano sostenersi solo con la caccia avranno avuto una qualche ragione a considerarsi in armonia con la natura, poiché il loro “cacciare” teneva sempre conto del mantenimento della vita selvatica. Ma oggi? Con l’aumento spropositato della popolazione e con la spinta verso il carnivorismo della società dei consumi (e avanzata dei sistemi industriali inquinanti preposti alla produzione di foraggio) non si può più affermare che “mangiar carne sia una abitudine in sintonia con l’ecologia”… – Continua: https://www.lteconomy.it/bloglte/profilegrid_blogs/lallevamento-intensivo-porta-alla-distruzione-dellhabitat/

Mestre. Presidio ambiente bene comune – Scrive Michele Boato: “Il 10 agosto, ore 11, davanti al Municipio di Mestre, col tema “In attesa delle dimissioni di Brugnaro e la sua banda. QUALE CITTA’ VOGLIAMO?” – Info: micheleboato14@gmail.com”

I giapponesi hanno dimenticato chi sono gli autori della carneficina di Hiroshima e Nagasaki…- Cerimonie commemorative si sono svolte in Giappone per celebrare il 79° anniversario dei bombardamenti atomici. Il 6 e il 9 agosto 1945 gli Stati Uniti effettuarono i micidiali lanci sulla popolazione civile di Hiroshima e Nagasaki. Questi sono gli unici esempi nella storia dell’umanità dell’uso in guerra delle armi nucleari… – Continua: https://paolodarpini.blogspot.com/2024/08/i-giapponesi-hanno-dimenticato-chi-sono.html

Nota – Il primo ministro giapponese Kishida non ha nominato chi fosse responsabile del lancio delle bombe atomiche sul Giappone, restando in silenzio sui responsabili dell’eccidio, Kishida ha invece annunciato presunte minacce di armi atomiche da parte della Russia…

Nello scacchiere mediorientale si muovono le pedine (ed intanto crollano le borse)… – Continua l’attesa per la risposta iraniana contro Israele. L’Iran si dice pronto a colpire, ma non vuole un’escalation. Jet israeliani sorvolano Beirut a bassa quota mentre parla Nasrallah. Oltre Atlantico i manifestanti filo-palestinesi si stanno organizzando per una nuova tornata di proteste contro Israele. I democratici americani hanno difficoltà e cercano una soluzione cerchiobottista, con Biden che sta chiarendo che non è d’accordo con la politica aggressiva di Netanyahu… – Continua: https://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2024/08/avanti-tutta-tra-ampliamento-del.html

Nota – Intanto i mercati mondiali crollano, di fronte alla prospettiva sia di una recessione negli Stati Uniti che di una nuova guerra in Medio Oriente…

Calcata. Il padiglione delle carabattole… – …ho appreso in ritardo, dal “Il Maestrale”, sito su Arte Cultura e Società, l’annuncio del concorso su un racconto fantastico abbinato alla foto di Andrea Cotica di Treia che ritrae Calcata. In verità il sottoscritto è stato uno dei fondatori della comunità alternativa di Calcata, composta originariamente da artisti, poeti, ecologisti e spiritualisti… e dal 2010 mi sono trasferito armi e bagagli in quel di Treia, cittadina bella ma ristretta -dal punto di vista del riverbero culturale. Meglio così, perché dove ci sono ristrettezze esiste una possibilità di espansione, dove invece l’espansione ha raggiunto il suo limite resta solo la decadenza. Questa la legge del Tao… – Continua: https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2014/03/calcata-horror-il-padiglione-delle.html?showComment=1533486373722#c1982725139323201052

Ciao, Paolo/Saul

Video de “Il Contesto”. Si stanno gettando le basi per un allargamento del conflitto israelo-palestinese a cui Israele sembra puntare ormai da mesi. Parliamo di questa pericolosissima situazione assieme a Marco Bertolini, generale di corpo d’armata, e Giacomo Gabellini. – https://www.youtube.com/watch?v=lzh6IN4098U

Visione TV. Il lunedì nero delle borse mondiali è iniziato con il crollo della Borsa di Tokyo sui timori di una imminente recessione USA e la rivalutazione dello yen. A pesare c’è anche, però, il gigantismo delle “Sette sorelle” del Big Tech: Apple, Microsoft, Nvidia, Alphabet, Amazon, Meta e Tesla. Intanto, secondo la CNN, Kamala Harris ha scelto il suo vice, Tim Walz. Ne parliamo con Giacomo Gabellini, intervistato da Enrica Perucchietti: https://www.youtube.com/watch?v=ELlEshFJX18

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“Il sole in cielo.
Grande abbondanza.
Suprema riuscita.
Nella transitorietà”
(Deng Ming Dao)

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Carta e suo riuso domestico, ipotesi di riassetto bioregionale, USA/Russia: scambio di prigionieri e scambio di battute, Venezuela: dove cova il golpe, Treia: alcune memorie sui Longobardi, dalla Russia (con amore) all’Iran, taoismo e fisica quantistica…

Il Giornaletto di Saul del 5 agosto 2024 – Carta e suo riuso domestico, ipotesi di riassetto bioregionale, USA/Russia: scambio di prigionieri e scambio di battute, Venezuela: dove cova il golpe, Treia: alcune memorie sui Longobardi, dalla Russia (con amore) all’Iran, taoismo e fisica quantistica…

Care, cari, vorrei raccontarvi come a titolo personale io abbia risolto il problema del riciclaggio cartaceo. L’amica Antonella tempo addietro mi inviò un articolo sul tema della “carta igienica”.  In verità mi ero già occupato di questo argomento, allorché le raccontai di come risolvo il problema della “pulizia”… (P.D’A.) – Continua: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2018/07/ecologia-casalinga-diminuzione-delluso.html

Nota – Ovviamente faccio del mio meglio per evitare prodotti con molto imballaggio… prevenendo a monte il problema…

Forniture di materiale bellico all’Ucraina – Scrive A.N.: “E’ stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 10 luglio 2024 il “nono pacchetto” di invio di materiali ed equipaggiamenti militari all’Ucraina, il cui contenuto è classificato…”

Alcune ipotesi di riassetto bioregionale… – Scrive Claudio Martinotti Doria: “L’Italia pur essendo di piccole dimensioni rispetto a molti altri stati, è a tutti gli effetti un “microcontinente”, non solo per la morfologia del Suo territorio che è ricchissimo di bioregioni (ecosistemi), possedendo la maggior biodiversità d’Europa (oltre al maggior patrimonio culturale mondiale ed oltre mille aree protette…” – Continua: https://www.lteconomy.it/bloglte/profilegrid_blogs/alcune-ipotesi-di-riassetto-bioregionale/

Nota – La nostra penisola è caratterizzata da centinaia di borghi antichi ancora ben conservati nei loro centri storici medievali, che rendono il nostro paese una potenziale ed esclusiva destinazione per un turismo storico culturale di qualità…

USA/Russia. Scambio di prigionieri e scambio di battute… – Donald Trump ha rilasciato una dichiarazione provocatoria in merito al recente scambio di prigionieri tra la Russia e gli USA: “Vorrei congratularmi con Vladimir Putin per un altro grande affare. Avete visto l’accordo che abbiamo fatto?”… – Continua: https://paolodarpini.blogspot.com/2024/08/usarussia-scambio-di-prigionieri-e.html

L’ironico messaggio dell’aspirante presidente americano è riferito al baratto, avvenuto il 2 agosto u.s., in cui furono rilasciate 26 persone tra i due fronti, con il coinvolgimento di sette Paesi. Un successo diplomatico dopo trattative segretissime.

Venezuela. Dove cova il golpe… – Scrive Giacomo Gabellini: “I recenti disordini scoppiati in Venezuela in seguito alle elezioni dello scorso 29 luglio, che hanno sancito la riconferma del presidente uscente Nicolas Maduro, configurano l’ennesimo tentativo di colpo di Stato nei confronti delle forze bolivariane. Insediate alla guida del Paese oltre vent’anni fa grazie alla figura di Hugo Chavez, queste ultime operano in un contesto sociale e politico complesso e frammentato, che funge da brodo di coltura per golpe di ogni genere… – Continua: https://rumble.com/v59nbx8-il-punto-venezuela-incubatore-di-golpe.html?

Ucraina. Troppi cadaveri inquinano – Scrive G.V.: “La BlackRock Corporation, che ha acquistato il 47% del territorio ucraino, ha chiesto a Zelensky che i soldati dell’AFU non vengano sepolti nella terra che ha acquistato perché inquinano. La notizia viene etichettata come “fake news” ma solleva comunque un problema…”

Treia. Alcune memorie sui Longobardi… – Chi erano i Longobardi? Si chiede Simonetta Borgiani in un suo articolo apparso su La Rucola, ebbene quello dei longobardi fu il primo regno italico, subito dopo la caduta dell’impero romano d’occidente. Anche a Treia ne abbiamo una testimonianza nella Torre Onglavina… – Continua: https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2017/08/04/treia-alcune-memorie-sui-longobardi/

Nota – I longobardi sono stati quindi i nostri antichi progenitori d’origine nordica. Essi hanno governato per circa sette secoli i nostri territori lasciandoci il loro dna, le usanze ed il linguaggio.

Dalla Russia (con amore) all’Iran… (in volo con Iljušin Il-76) – Scrive Francesco Dall’Aglio: “Repubblica ci comunica, con certezza assoluta, che i due Il-76 che nelle ultime 48 ore sono atterrati in Iran partendo dalla Russia trasportano munizioni e soprattutto missili Iskander (sic). La fonte sono “diversi blogger militari”, cioè un paio di account che hanno diffuso la notizia senza alcuna prova. Questa notizia non ha senso perché l’Iran non ha alcun bisogno degli Iskander, avendo a disposizione un arsenale missilistico da fare invidia a parecchi eserciti del “primo mondo”, e soprattutto che se l’Iran attaccasse Israele con missili forniti dalla Russia quest’ultima si troverebbe implicata in un conflitto nel quale non vuole entrare assolutamente…” – Continua: https://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2024/08/dalla-russia-con-amore-alliran-in-volo.html

Nota: …ma chiaramente titolare “la Russia manda i missili all’Iran per colpire Israele” fa di sicuro più effetto e che poi non sia vero è un dettaglio di poco conto…

Nota 2: Qualcosa di importante è invece arrivata di sicuro in Ucraina. Zelensky ha confermato che i primi aerei F-16 sono stati consegnati all’Ucraina…

Taoismo e fisica quantistica s’incontrano… – Niels Bohr, un pioniere della meccanica quantistica, ha scelto il simbolo taoista yin-yang per il suo stemma. Lui afferma che nella comprensione taoista dell’universo gli stati polarizzati delle particelle si completano reciprocamente, creando un bilanciamento tra yin e yang. Bohr ha studiato l’unità degli opposti e le contraddizioni presenti in natura… – Continua: https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2016/08/taoismo-e-fisica-quantistica-sincontrano.html

Ciao, Paolo/Saul

“La disobbedienza civile può essere un’opportunità?” – La Centrale Naturale: voce di Caterina Regazzi testi di Paolo D’Arpini: https://youtu.be/U8TD71E06oA?si=FBglI0fdfA1SRZRG

Video con Pino Cabras: “Netanyahu e complici sono prevedibili: si riservano sempre le carte degli atti più provocatori per i momenti in cui potrebbe esserci un allentamento delle tensioni. La differenza con il passato è che quella era una sorta di strategia del “mantenimento” di un equilibrio basato sullo scontro permanente con un nemico, da provocare e rendere indisponibile a negoziare per giustificare l’uso di mezzi militari e repressivi smodati, mentre oggi è il mero intento è di provocare una guerra molto più vasta in grado di giustificare il ricorso a mezzi distruttivi senza più remore su larga scala”: https://www.youtube.com/watch?v=yjst6mXkwf4

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“La Persona è un complicato sistema di relazioni fra la coscienza individuale e la società, una specie di maschera che serve da un lato a fare una determinata impressione sugli altri, dall’altro a nascondere la vera natura dell’individuo. La costruzione di una Persona collettivamente conveniente è una grave concessione al mondo esteriore, un vero sacrificio di sé, che costringe l’Io a identificarsi addirittura con la Persona, tanto che c’è della gente che crede sul serio di essere ciò che rappresenta.” (Carl Gustav Jung)

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Moneta farlocca per pagare i servi del sistema, che si illudono liberi…

I detentori del potere vero, cioè monetario, finanziario, economico (che nel mondo corrispondono essenzialmente e cumulativamente ad una dozzina di dinastie), cui il potere politico è totalmente sottomesso e semplice servitore, hanno elaborato nel corso degli ultimi secoli (potremmo concepirne l’inizio con la creazione della Banca d’Inghilterra alla fine del ‘600) ed in particolare negli ultimi decenni, un sottile ed efficacissimo sistema per schiavizzare la popolazione senza che questa se ne renda conto, anzi infondendo l’illusione di libertà.

Spesso sentiamo parlare dell’1% che detiene e controlla la ricchezza contro il 99% che la crea con il proprio lavoro ma non la detiene. E come giustamente ed ironicamente rilevato la situazione non muta mai, sia perché non c’è consapevolezza, la gente e volutamente tenuta all’oscuro, nell’ignoranza economica più totale, e quindi non può neppure lontanamente percepire i meccanismi truffaldini che sono stati elaborati per “schiavizzarli”, ma soprattutto perché il 99% ambisce ad entrare a far parte dell’1% dei privilegiati, disposti a fare qualsiasi cosa per riuscirci, ed anche questa ambizione è indotta artificialmente e continuamente alimentata. Perché è funzionale al sistema.
In linea di massima le cose stanno così, ma le proporzioni sono ben diverse, la vera ricchezza è nelle mani non dell’1% ma semmai dello 0,1‰

Sono in pratica quegli individui cui i detentori del potere reale ai vertici della piramide (la dozzina di famiglie cui ho fatto cenno) hanno nel tempo consentito di avvicinarsi sempre più alla “stampante monetaria” ed al suo complesso sistema di partecipazione distributiva elitaria.
Come in una qualsiasi struttura gerarchica, pensiamo ad esempio all’Esercito, ci sono un’infinità di gradi, ogni volta che si attuano delle riforme i gradi anziché ridursi aumentano, ne inventano di nuovi, in modo da accontentare sempre più persone della struttura dando loro dei piccoli riconoscimenti per la loro fedeltà e lealtà al sistema. A volte si perviene persino al ridicolo o patetico, sembra poco intelligente ma è efficace, è funzionale al sistema, ne garantisce il protrarsi e consolidarsi, così come le decorazioni, le medaglie, le insegne, le onorificenze, ecc., tutto concorre ad ipnotizzare e schiavizzare rendendoci utili idioti.

Riprendendo la metafora o paradigma dell’Esercito, diciamo che la massa è nella sezione Truppa, Graduati e Sottufficiali (la base della piramide); poi c’è una significativa minoranza di ufficiali inferiori e superiori che godono già di un discreto benessere, e poi si passa agli Ufficiali Generali, fino al Capo di Stato Maggiore della Difesa. Diciamo che dagli Ufficiali Generali in su siamo pressappoco nell’un per diecimila di cui accennavo sopra. Sono già i privilegiati, hanno redditi, fringe benefits, e sensazione di potere (i primi gradi percettivi, una specie di corsia preferenziale per poi pervenire al “delirio di onnipotenza”, apoteosi dell’Ego) che già li fanno sentire esseri superiori. In realtà sono ancora dei semplici servitori, un assistente qualsiasi di un manager di una multinazionale di quelle contano (quelle in cima alla piramide) li può umiliare, stroncarne la carriera e far trasferire in qualsiasi momento o far “suicidare” (come spesso accade quando si infrangono le regole non scritte o si diventa un pericolo).

Ed ovviamente per accedere all’ambito ruolo di servitori dell’élite (camerieri e maggiordomi) esiste una modalità di accesso consuetudinaria (non scritta e regolamentata), una sorta di censura selettiva che impedisce ai soggetti privi dei necessari requisiti, e che potrebbero divenire intemperanti, impertinenti e pericolosi, di venire integrati nel sistema, nonostante i loro sforzi prostitutivi, adulativi, di captatio benevolentiae.
Come una volta e per molti secoli era impossibile accedere al rango della nobiltà se non si nasceva nobili (almeno finché la classe mercantile approfittando della debolezza militare ed economica della nobiltà e dei regnanti ha iniziato a comprare i titoli), se non si nasce in certe famiglie, se non si lavora per certe multinazionali o banche d’affari, se non si è studiato in certi atenei, se si è privi di certe “referenze”, ecc., non si hanno speranze di accedere in quell’élite di servitori dei padroni del vapore e soprattutto non si fa carriera.

Quindi il sistema è saldo, a tenuta stagna, impermeabile. Non si può scalfire, lo si può solo svelare, rendere meno opaco.
Individualmente si può solo cercare di non divenirne mai complici, nei limiti del possibile. E credetemi, è già molto impegnativo.
Dedicatevi a questi argomenti, sono quelli primari, sono quelli che condizionano tutto il resto nel corso dell’esistenza umana, compresa la salute

Claudio S. Martinotti Doria

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Il natale di un Gesù mai nato…

Il Natale. Storia e fede. Gesù, lo sanno tutti, è nato alla mezzanotte tra il 24 e il 25 di 2023 anni fa (secondo il calcolo cristiano). Appunto, lo sanno tutti. Ed è invece, storicamente parlando, indimostrabile: e comunque in parte sbagliato, in parte insicuro.
Per quanto ciò possa apparire strano e magari sconvolgente, magari scandaloso, mancano prove storiche sicure che Gesù sia davvero mai nato, che cioè sia un personaggio storico al pari di Mozart, o di Napoleone, o di Gino Bartali: insomma di un qualunque essere umano la vita e l’identità del quale siano supportate da una documentazione obiettiva e sicura. Le stesse prove storiche non “primarie” � vale a dire appoggiate a documenti certi � ma almeno “secondarie”, cioè sorrette da testimonianze narrative, sono tutte più recenti di almeno alcuni decenni rispetto alla sua morte. E i racconti che ne costituiscono le basi sono quelli evangelici: al di fuori id essi, ce ne mancano riscontri. Saggiamente, difatti, i Padri del Concilio di Nicea del 325 troncarono le discussioni che già da allora violentissime si addensavano sulla questione Cristo “storico” versus Cristo “mitico” e stabilirono nel loro Synbolon (perpetuato come preghiera del “Credo”) che la nascita, la passione, la morte e la resurrezione di Gesù, nato da Maria Vergine, fossero articolo di fede. Ciò sottrae il credente dalla necessità d’invilupparsi in complesse questioni storico-filologico-esegetiche. Il fatto che poi sia del tutto legittimo indagare sulla personalità del Cristo come problema storico va da sé. Nella storia, quella seria, non esistono tabù o argomenti trattando i quali si rischia di venir considerati “revisionisti”.
E’ quindi legittimo trattare i Vangeli anche come fonti storiche di carattere narrativo e studiarli sotto questo aspetto, con tutti i metodi e gli strumenti del caso.
Fondandosi quindi sulle narrazioni evangeliche, e segnatamente su Luca, 2, 1-26, è stato possibile risalire all’anno della Sua nascita, quello del censimento indetto da Ottaviano Augusto; e quindi a quello approssimativo della morte, avvenuta durante il governo proconsolare di Ponzio Pilato della provincia imperiale di Siria. Ma quanto alla nascita, il còmputo messo a punto nel VI secolo dal monaco siriano Dioniso detto “il Piccolo”, residente in Roma, sembra contenere un errore per difetto di circa 6-8 anni: Gesù sarebbe nato quindi non già nel 753-754 di Roma (ab Urbe condita), bensì prima, verso il 746 e il 750 circa ; e morto trenta-trentatreenne più o meno fra il 776 e il 782 (poiché morì sotto Tiberio, a sua volta appunto morto in quell’anno).
Già nel IV secolo, quando la fede cristiana divenne per volontà di Costantino e di Licinio nel 313 (ma sulla base di un editto di Galerio di due anni prima) religio licita, erano in molti a pensare � in analogia con i culti pagani: il che non stupirà, dal momento che la stragrande maggioranza dei cristiani era ormai costituita da ebrei convertiti � che il Cristo fosse in realtà una figura mitica: e quel suo morire e risorgere veniva posto in effetti in rapporto analogico con il mito dionisiaco o con il ciclo apparente del sole che ogni notte si nasconde e rinasce ogni mattino. Per questo appunto i Padri riuniti nel 325 nel Concilio di Nicea stabilirono nel loro documento conclusivo � il Synbolon – che l’indubitabile realtà della vita del Cristo costituiva verità di fede alla quale il cristiano era tenuto a credere, non un dato storico suscettibile di dimostrazione e bisognoso di prove.
Una volta stabilito d’altronde che l’anno preciso della nascita del redentore era ignoto, e ricavatolo sulla base di un opinabile còmputo, il giorno e il mese restavano avvolti nel mistero: il che era d’altronde paradossale in una cultura che tanto spazio dava all’importanza delle costellazioni e degli oroscopi. Il racconto evangelico forniva al riguardo una sia pur imprecisa e generica traccia: parlava della presenza vicino al luogo della nascita del Bambino di alcuni pastori che passavano la notte all’addiaccio. Dato il regime di transumanza dei pastori della Giudea e la posizione altimetrica di Betlemme, a circa 700 metri sul livello del mare, si doveva evidentemente essere in periodo primaverile-estivo, quando le greggi vengono trasferite in altura per scendere poi verso il mare con l’autunno (“Settembre: andiamo, è tempo di migrare”, canta l’abruzzese Gabriele D’Annunzio).
Viceversa, nella nostra sensibilità e nella nostra tradizione, il Natale è una festa d’inverno. Il presepe � una tradizione avviata a quel che pare nel 1223 da Francesco d’Assisi � associa inestricabilmente la nascita del Signore a un paesaggio montano innevato, per quanto il gusto orientalistico ottocentesco (incoraggiato dalla presenza di personaggi obbligatoriamente abbigliati “all’orientale”, i magi) lo abbia arricchito di palme e di fondali dove sono rappresentati oasi e deserti: a dire il vero, poco palestinesi. Nei paesi protestanti, una tradizione che si vuol far risalire a Martin Lutero ha imposto la variante invernale dell’albero scintillante di ornamenti e di neve ghiacciata. Ma in realtà le scelte di Francesco e di Lutero sono state tutt’altro che arbitrarie, per quel che attiene al radicamento della nascita di Gesù in inverno. Tale era già, ai loro rispettivi tempi, una tradizione radicata e irreversibile.
Tradizione e acculturazione. Prima, però, non era stato così. Per quanto è dato sapere, già fino dal tempo del primitivo sviluppo del cristianesimo venivano proposte diverse date per la nascita del Cristo: il 6 gennaio, il 28 marzo, il 19 aprile, il 29 maggio. Ma il cristianesimo orientale, in particolare egiziano, aveva imposto piuttosto presto la consuetudine di celebrare insieme, in una sola festa, la Natività e l’Epifania (cioè il riconoscimento della divinità e della regalità del Bambino): ciò avveniva il 6 gennaio, data in cui tuttora si celebra il natale nelle Chiese cristiane ortodosse e orientali. Tale giorno era stato scelto, secondo un tipico schema acculturativo, in quanto coincidente con una festa dedicata alla dea Iside durante la quale si adorava la sua divina maternità e si celebrava la consacrazione in suo onore delle acque. Difatti, da allora, la data del 6 gennaio venne strettamente legata, anche nel calendario liturgico cristiano, a due altre ricorrenze in cui all’elemento acqueo spettava un ruolo fondamentale: il battesimo del Cristo nel Giordano e il miracolo del mutamento dell’acqua in vino in Cana di Galilea.
Tale celebrazione non parve tuttavia adatta al mondo cristiano latino, per quanto il culto isiaco fosse, nel IV secolo, impiantato nell’intero bacino mediterraneo e anche a Roma: o forse proprio in quanto la festa isiaca delle acque vaniva certo celebrata anche lì, ma non aveva mai perduto quel tanto di esotico, di remoto rispetto alle tradizioni locali, che la faceva apparire estranea.
Nell’Urbe, c’era tuttavia un’altra festa molto popolare che si celebrava a sua volta all’inizio dell’inverno: in tale data gli imperatori usavano concedere al popolo romano generose elargizioni di grano e di vino. Si trattava del 25 dicembre, giorno centrale del periodo di due settimane durante il quale (dal 18 dicembre fino alle Calende di gennaio, giorno di apertura dell’anno nuovo secondo il calendario giuliano) in tutta Roma veniva celebrato il solstizio d’inverno, festa dedicata al dio d’origine indo-persiana Mithra.
La nascita di Mithra ha, nel mito che lo riguarda, singolari somiglianze con quella di Gesù nel racconto evangelico: vi figurano la grotta, la stella annunziante, gli animali sacri al dio che sono il toro e l’onagro, cioè l’asino selvatico: insomma, tutti gli elementi del presepio cristiano, secondo un’immagine che già figura in un’opera scultorea presente a Roma nella chiesa di Santa Maria Maggiore.
Nel Vicino Oriente vi erano altre divinità che avevano dato origine a culti misterici che si erano andati fondendo con il mithraismo: ad esempio quelle di Attis o di Adone (dal semitico Adonai: il Signore). Un luogo cultuale sacro a Adone si trovava difatti proprio a Betlemme, e probabilmente � come sembra di capire da una testimonianza di san Gerolamo � la grotta nella quale si disse nato Gesù, e sulla quale sorse in età costantiniana la basilica della Natività, era in precedenza consacrata a Adone.
Mithra, la divinità misterica adorata in Roma, si era affermata come dio parallelo a una divinità solare d’origine siriana che talvolta con lui addirittura s’identifica: il Sol Comes Invictus. Si trattava soprattutto di culti militari, e fra III e IV secolo gli imperatori avevano cercato di farne il centro di una sorta di monoteismo incentrato sulla sacralità della loro persona, che con il Sol Comes s’identificava. Un tempio al Sol Comes – adorato durante le feste del solstizio d’inverno, quando il corso del sole comincia a rafforzarsi e le giornate si allungano – sorgeva nell’Urbe sul luogo dove oggi esiste la basilica di San Silvestro, al quale difatti la Chiesa dedica la festa liturgica dell’ultimo giorno dell’anno, quando alla vigilia delle Calende di gennaio i festeggiamenti solstiziali avevano termine.
Nella tradizione romana, il periodo delle celebrazioni solstiziali s’intrecciava con il tempo sacro a una tradizione ancora più antica: quella delle celebri Libertates decembris, durante le quali si celebrava ritualmente il periodico ritorno del cosmo al caos dal quale avrebbe dovuto uscire rinnovato in un ordine garantito dal calendario dell’anno nuovo; e durante il quale pertanto le abituali regole civili venivano ritualmente violate e sconvolte, gli uomini portavano vesti muliebri, i padroni servivano a mensa gli schiavi e s’incoronava pubblicamente un bambino, o uno schiavo, o un miserabile, facendolo Rex unius diei, “Re per un Giorno”. Si trattava di una tradizione ben nota al livello antropologico, quella del “rovesciamento dell’ordine”, tendente non già a cancellarlo bensì a rinnovarlo rafforzandolo. Tali usi, per molti versi affini alle feste dionisiache come i baccanali e con essi in parte confusi, si sarebbero trasferite in età cristiana a un altro momento nel quale si celebrava la fine dell’anno vecchio, cioè al periodo terminale dell’inverno, con il Carnevale.
Queste Libertates a Roma coincidevano con la settimana dei Saturnalia, dal 17 al 23 dicembre, in ricordo dell’età d’oro che vi sarebbe stata ai tempi del dio Saturno, quando non esistevano né schiavi né padroni. In realtà, il significato della festa era più profondo. Saturno s’identificava con l’ellenico Chronos, il dio ellenico signore e ordinatore del tempo (funzione in Roma ereditata poi dal dio Giano, il “Signore della Porta” � Ianua � che presiedeva al chiudersi dell’anno vecchio e all’aprirsi dell’anno nuovo). Il “ritorno al caos” alla fine dell’anno era un rito mimetico del disordine imperante in ogni era al suo tramontare: e preludeva alla restaurazione dell’ordine. Era quindi logico che, al chiudersi dei disordini saturnali di dicembre, il sole fin lì indebolito riprendesse col solstizio d’inverno il suo corso più vigoroso: e si celebrasse la nascita del Sole Bambino e dell’Anno Bambino, entrambi riassunti nella divinità imperiale del Sol Comes�Mithra: che in quanto nuovo Sole era Kosmokrator, Signore del Cosmo, e in quanto nuovo Anno era Chronokrator, Signore del Tempo.
Celebrando il 25 dicembre la nascita del Cristo, Lo si associava all’imperatore che, convertito al cristianesimo, sarebbe stato suo vicario e sua figura in terra. In tal modo il Natale s’impiantò, nell’impero romano ormai guadagnato al cristianesimo, come festa romana, imperiale e solare.
Ma la lettura del Vangelo e il suo uso liturgico imponevano nella Chiesa latina un forte divario tra il Natale e l’Epifania. La data “solstiziale” del 25 dicembre era dotata di una sua forza cosmica e tradizionale irrinunziabile, che obliterava � ancora una volta secondo un procedimento obiettivamente acculturativa � la festa solare e imperiale conferendole al tempo stesso però una nuova, più forte legittimità cristica. D’altronde quella del 6 gennaio non faceva che spostare di alcuni giorni lo spazio sacrale delle due settimane già dedicate alle festività del solstizio e della fine dell’anno: tra 24 dicembre, la vigilia � nella tradizione liturgica cristiana, ispirata a quella ebraica, il giorno cominciava con i vespri � e il 6 gennaio v’erano appunto 14 giorni, calcolando quello d’inizio e quello di fine del còmputo. Ma più importanti dei 14 giorni erano le 13 notti comprese tra quella precedente il Dies Natalis � la notte appunto della Natività � e quella dell’Epifania, quella nella quale i magi venuti dall’Oriente guidati dalla stella avevano con la loro adorazione e la loro offerta dei doni riconosciuto esplicitamente il Bambino come Vero Dio (l’incenso), Vero Re (l’oro) e Vero Uomo (la mirra). Nella notte dell’Epifania, appunto, la Chiesa usa proclamare solennemente l’ordine dell’anno che si sta aprendo sancendo il calendario delle solennità liturgiche deputate a scandirlo. Il fatidico numero 13 rappresenta, per i cristiani, i dodici mesi dell’anno ma al tempo stesso anche le costellazioni dello zodiaco � che è lo “spazio ciclico” del tempo” � successivamente visitate dal sole secondo il sistema tolemaico (per quanto l’immagine del sole al centro del cerchio zodiacale già anticipasse simbolicamente, su una base a quel che sembra pitagorica, il sistema eliocentrico che si sarebbe affermato solo con Copernico). Ma il sole, signore del tempo (l’anno, le costellazioni) come dello spazio (la terra che esso percorre durante le 24 ore del giorno) è a sua volta figura del Cristo, Signore appunto dello spazio cosmico (Kosmokrator) e al tempo stesso del tempo (Kronokrator). Il sole e le costellazioni, unite, formano appunto il numero 13 (12+1).
La tradizione cristiana, appoggiata alla liturgia e alla consuetudine secondo al quale ogni giorno ha un suo patrono, ha conferito quindi alle dodici notti precedenti l’Epifania (la notte della pienezza del potere divino) un valore intenso e compendioso: in ognuna di esse noi attraversiamo sinteticamente un mese dell’anno e dal suo decorso possiamo trarne perfino i relativi auspici. Ogni regione cristiana ha al riguardo le sue credenze speciali, le sue consuetudini, magari anche i suoi colori e i suoi sapori
Il calendario e il folklore. Le “Tredici Notti”. La notte della vigilia, tra il 24 e il 25, è quella che rinvia al futuro mese di gennaio: è la notte di apertura, dell’inizio di tutto: notte santa, di digiuno e di preghiera, notte di astensione dalle pratiche sessuali e dal cibo carneo, notte di rovesciamento delle regole cosmiche in cui si dice che gli animali parlino nelle stalle (essi, i servitori, si appropriano saturnalisticamente dei poteri umani) e possano anche profetare; quella tra il 25 e il 26, la notte dedicata al protomartire Stefano, è la notte del febbraio, la notte del mese delle febbri e della fine dell’inverno in cui si accendono i roghi di purificazione degli animali minacciati dalle epidemie; quella tra il 26 e il 27 era la notte del marzo nel quale comincia la primavera, la notte sacra a Giovanni Evangelista, una delle due Ianuae del cerchio zodiacale divino in quanto patrono del solstizio d’inverno come Giovanni Battista lo era di quello d’estate (che all’alba del 24 giugno il disco solare rilucesse come un piatto d’oro sul quale era adagiata la testa del Battista fatto decapitare da Erodiade era tradizione diffusa: per l’Abruzzo la ricorda splendidamente il D’Annunzio nel primo atto de La figlia di Iorio); la notte successiva, quella dell’aprile tra 27 e 28, era quella degli Innocenti e veniva considerata preludente a un giorno di pietà (secondo una diffusa superstizione, il giorno della settimana nel quale è caduta la solennità degli Innocenti � che quest’anno, cadendo nell’ultima domenica dell’anno, sarà però consacrata alla Sacra Famiglia � è considerato dies nigro signanda lapillo, durante il quale è sconsigliabile avviare qualunque attività); segue la notte tra il 28 e il 29, la notte di maggio dedicata al profeta, re e poeta David; quella durante al quale si antivede il giugno è la notte del 29-30, sacra a san Savino; infine, il solare luglio � il mese della costellazione del Leone � coincide con la notte fra il 31 e il primo di gennaio, la notte di fine d’anno dedicata a san Silvestro papa, colui che secondo la tradizione battezzò Costantino avviando così una nuova era, quella della Cristianità; tra il primo e il 2 si pensa all’agosto, fra il 2 e il 3 a settembre, fra il 3 e il 4 a ottobre, fra il 4 e il 5 a novembre; tra il 6 e il 6 infine a dicembre. Ed è quella dell’Epifania, quella magica e mirabile in cui tutto può accadere, la notte dei regali ma anche delle creature arcane che solcano il cielo (le Bonae Res, la “Compagnia di Diana”, le presenze consacrate alla femminilità e alla vecchiaia � come le moire, le Parche, poi le streghe � che il folklore cristiano ha trasformato nella vecchia bonaria ma ambigua dal nome volgarizzato della festa stessa, la “Befana”, la quale torna tra Carnevale e Quaresima come Vecchia-Anno Trascorso-Albero Secco-Penuria di Cibo da ritualmente “segare” o, secondo altre tradizioni, “bruciare”).
Ricchezza, ambiguità, contraddizione, paradosso accompagnano sempre queste solennità che disegnano un universo mentale collettivo festoso eppure selvaggio, allegro e al tempo stesso demonico, divino eppure costantemente accompagnato e talora minacciato dall’ombra dell’infero. Peccato che di queste usanze quel che non si è salvato in quanto funzionalmente connesso al consumismo e all’industria del regalo e dello sfruttamento delle feste dedicate ai bambini sia quasi scomparso. Peccato che quel che sopravvive sia ancora una volta connesso con la società dei consumi e con una tradizione dimenticata e rivissuta in termini horror-kitch, la vecchia solennità celtica degli antenati che si celebrava in autunno, che i monaci cluniacensi tra X e XI secolo trasformarono in solennità dei Santi e dei defunti e che ci è ritornata, paganizzata e ridicolizzata dall’America degli agricoltori protestanti che avevano rinnegato i santi ma continuavano a temere diavoli, fantasmi e streghe, nella macabra inconsapevolezza esorcistica dello Halloween. E’ tutto quel che ci rimane, nell’ immiserito linguaggio simbolico della morente Modernità. E’ tutto quel che passeremo ai nostri figli, ai quali non siamo stati capaci di trasmettere né la religiosità né la tradizione, ai quali non abbiamo insegnato né la preghiera, né le fiabe. Buon Natale al colesterolo, buon Capodanno all’insegna delle violenze notturne. E’ tutto quel che ci resta e che ci meritiamo.
Tra senso tradizionale della festa e consumismo moderno: le usanze natalizie a tavola “Nun vedo l’ora che vène Natale � pe’ famme ‘ma magnata de torone; – pe’ famme na’ magnata de torone � pe’ famme ‘na bevuta dar boccale”. E’ uno stornello dei bulli di Trastevere del tempo della miseria, quello di Belli ma ancora di quello di Trilussa. Il Natale come occasione di mangiare finalmente a sazietà qualcosa di buono, per una bella bevuta in libertà. Alla quartina romanesca rispondeva, anni più tardi, una canzone di Renato Carosone e Gegè di Giacomo dedicata, in pieni Anni Cinquanta, a un’altra miseria: quella della Napoli di un dopoguerra non ancor del tutto trascorso, la Napoli ch’era ancora per tanti versi quella della Pelle di Malaparte: “mo’ vène Natale � nun tengo dinare: – me leggo o’ giornale � e me vad’a’ccuccà”. Alla tristezza un po’ spaccona del trasteverino costretto ad aspettar Natale per mangiare e per bere un po’ meglio del solito rispondeva la disperazione allegra del miserabile napoletano che, senza un soldo, nel giorno di festa poteva solo ingannare la fame andandosene a letto.
In entrambe le situazioni, la povertà e magari la fame si misurano con la coscienza del tempo festivo. Questi due esempi potrebbero sembrare privi di qualunque aggancio con il carattere spirituale della grande festa, ma non è così. Presupposto di entrambi è che per Natale bisogna far festa, e che se ciò non è possibile tanto vale non vivere nemmeno un giorno come quello, andarsene a dormire. In due occasioni, Francesco d’Assisi associa a sua volta il Natale alla necessità di far festa, e festa espressa anzitutto attraverso il cibo: quando dice che, se gli capiterà d’incontrare l’imperatore, gli chiederà un editto che ordini a tutti di spargere per Natale granaglie per strada in modo che gli uccelli dell’aria possano aver di che mangiare quel giorno in abbondanza; e quando dichiara che sia intenzione sarebbe, per Natale, di strofinare pezzi di carne sui muri affinché perfino pietre e mattoni potessero godere di quell’abbondanza.
Che la festa si celebri e si onori anzitutto per mezzo di banchetti, conviti e simposi è una realtà comune si può dire a qualunque civiltà tra le molte che il genere umano è stato capace nei millenni di concepire; non meno comune è, d’altra parte, il rapporto tra penitenza, dolore, e astensione dal cibo. La festa si onora con quella che gli antropologi definiscono l’”orgia”: che non ha nulla del significato che volgarmente in italiano le si attribuisce, ma che significa semplicemente occasione durante la quale il cibo e le bevande, di qualità e in abbondanza, vengono consumati oltre il bisogno, talvolta fino alla totale distruzione delle scorte. Il valore di ciò è essenzialmente rituale: si consuma oltre il bisogno in certe occasioni con lo stesso atteggiamento devozionale con il quale ci si astiene da certi cibi o da certe bevande oppure si digiuna totalmente in altre. Alla base di tale comportamento, nelle società tradizionali, c’è la coscienza di una profonda differenza tra giorni “festivi” e giorni “feriali”: la Modernità occidentale ha sistematicamente reagito ad essa sostituendole la distinzione tra giorni “di riposo” e giorni “di lavoro”, quindi azzerando il concetto sacrale e comunitario di festa per imporre al suo posto un diverso modello antropologico fondato sulla primarietà dell’uomo come produttore di ricchezza.
Da un malinteso apprezzamento di tale realtà dipende la reazione di chi vorrebbe eliminare quel che resta, magari al livello inconscio, di “senso della festa” nel Natale, appiattendo tutto il desiderio e il bisogno di mangiare, bere e vivere convivialmente meglio sulla misura del consumismo. Una sia pure graduale riconquista del senso del Sacro dovrebbe, al contrario, proprio partire da un’accentuazione conferita di nuovo alla festa, da un rinnovato e più profondo senso della sacralità che ai giorni festivi è propria e quindi da una distinzione profonda, anche esistenziale, rispetto alle consuetudine dei giorni feriali. Non è di domenica, o a Natale, che si dovrebbe mangiare “come tutti i giorni” per reagire al consumismo; è, al contrario, giorno per giorno che sarebbe opportuno limitare qualitativamente e quantitativamente i consumi per sottolineare quel che il cristianesimo, religione del pane e del vino, fondamentalmente ripete, cioè che anche il cibo e il vino sono di per sé suscettibili di essere investiti di sacralità.
Da qui gli usi natalizi incentrati non solo sul consumo, ma anche sulla preparazione comunitaria della tavola e del cibo della festa. L’avvento serve anche a questo: nella società tradizionale europea era il tempo nel quale si uccideva il porco e se ne destinava gran parte al consumo differito per mezzo di vari sistemi di conservazione; immediatamente prima, nelle ultime settimane del tempo liturgico ordinario (“per san Martino”), si procedeva alla svinatura; quindi ci si dava alle preparazioni che richiedevano un certo tempo, come la preparazione di conserve, marmellate e confetture.
Alla festa, non si arrivava senza la vigilia: almeno 24 ore di digiuno e/o d’astinenza. Sulla tavola della vigilia, necessariamente � e ritualmente: l’economia non c’entra � povera e spoglia, comparivano cibi frugali e non carnei: minestre o zuppe a base di cereali, di verdura (le cime di rapa stufate con i panzerotti della cucina pugliese) o di frutti “poveri” (la minestra di castagne secche bollite diffusa in tutto l’arco alpino e appenninico con molte variabili: talora in semplice acqua priva di sale cui si aggiungeva devozionalmente un cucchiaino di cenere); o naturalmente il pesce, guardato peraltro con qualche sospetto in quanto si trattava di un cibo spesso ricercato e costoso. Il principe della tavola natalizia della vigilia, che in qualche regione specie del su arriva fino al pranzo stesso di Natale, è il capitone: la grossa anguilla, consumata in ricordo della lotta e della vittoria contro “l’Antico Serpente”, e quindi immolata nella notte nella quale Gesù, nascendo, ha ucciso il Male; ma anche ricordo forse d’un’antica tradizione cristiana orientale, quella della celebrazione del Natale coincidente con l’Epifania, il 6 gennaio, antica festività di Iside signora delle acque cui i pesci erano graditi.
Se la vigilia è giorno “di magro”, nel Natale invece il grasso trionfa: ed è sovente – non necessariamente � grasso della carne di porco o di grossi bipedi da cortile, come il cappone (meno comune l’oca, che arrostita e ripiena di carne di maiale e di frutta troneggia oltralpe sulle tavole), ma comunque associato di solito, tra noi, alla cottura nell’acqua, la bollitura. Il Natale è la festa del bollito come la Pasqua è quella dell’arrosto: i due tipi di bollitura rinviano a due tipi diversi di socialità, quella contadina del focolare su cui si dispongono i recipienti per la cottura indiretta e quella pastorale del forno o dello spiedo o della griglia “sacrificatorii”, per la cottura diretta. Per devozione al bambino, che come tutti i bambini del mondo ha bisogno di cibi teneri e più facili da digerirsi, il Natale è la festa della pasta ripiena servita in minestra (i vari tortellini, ravioli, cappelletti in brodo).
I dolci sono un altro elemento tipico della mensa natalizia: e debbono richiamare il pane quotidiano arricchito di zucchero, canditi, frutta secca. E’ un pane speciale, la buccella dei romani (a Lucca si fa ancora il “buccellato”: ciambella di pane soffice e dolce condito con uvetta e semi di anice). I vari Christstollen tedeschi, il panettone milanese, il pandolce genovese, i “pani dei pescatori” veneziani, sono pani di farina di grano variamente arricchiti; e al pane si richiamano anche i dolci nei quali si fa ampio uso anche di conserva di frutta secca o, adesso di cioccolato, come il “panforte” senese e volterrano e il “panpepato” ferrarese (originariamente, entrambi dovrebbero contenere anche semi di pepe nel loro impasto). Talora ai pani si sostituiscono biscotti o ciambelle (come le “cartellate” pugliesi, frittelle al mosto cotto o al miele). Il torrone cremonese è a sua volta un pane speciale, nel quale alla farina si sostituisce integralmente lo zucchero condito miele, albume d’uovo, frutta secca.
Ma il Natale, che nella tradizione latina si è andato costruendo per acculturazione attorno alla festa pagane del solstizio d’inverno (divenuta festa della regalità sacra dell’imperatore) e alle libertates decembris, è in realtà una “festa lunga”. La tradizione cristiana delle “Tredici Notti” (quella rammentata da Shakespeare in La Notte dell’Epifania) attribuisce un significato speciale a ciascuno dei dodici giorni tra Natale ed Epifania). Il cenone di Capodanno è una specie di “secondo cenone di natale” in cui però trionfa il maiale bollito (zamponi, cotechini ecc,) accompagnato da legumi o seguito da frutta che debbono ricordare in qualche modo la forma del danaro (quello metallico, naturalmente), come auspicio di prosperità per l’anno nuovo: quindi lenticchie o chicchi d’uva).
Una volta, per ricordarsi che anche il cibo è preghiera, i Pater, le Ave e le poste del rosario servivano ottimamente come timer: mia nonna non usava mai l’orologio per cuocere i tortellini natalizi nel brodo, ma sapeva perfettamente quante Ave Maria erano necessarie per cuocere a puntino i vari tipi di pasta. Di recente, nell’Atlante marocchino, ho visto fare lo stesso: recitare alcune sure del Corano (che sono 114, di differente lunghezza) a seconda del punto di cottura della semola del cuscus che si voleva ottenere. “Tu usi le preghiere come scusa per far bollire le pentole”, rimproveravo mia nonna. “Nemmeno per idea � mi rispondeva lei -: faccio bollire le pentole come scusa per pregare”. Perché � commenterebbe un musulmano � se Dio non volesse, nemmeno le pentole bollirebbero. Il che è una bella variabile del nostro panem nostrum cotidianum da nobis hodie.

Franco Cardini
(Notizia inviata da Claudio Martinotti Doria)

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