La risposta solidale di Zygmunt Bauman

Ho avuto la fortuna di conoscere Zygmunt Bauman. Lo avevamo invitato alla Sapienza a tenere un seminario sulla società dell’incertezza e sulla postmodernità; così, prima, durante e dopo il seminario mi intrattenni con lui, assieme a vari colleghi, discutendo del suo pensiero e apprendendone meglio alcuni retroscena.

Bauman ha un retroterra culturale marxista, che si è poi trasformato in marxiano, cioè in grado di cogliere il nesso tra i fenomeni di carattere economico e quelli di carattere sociale basati sulla stratificazione di classe, senza tuttavia sposare l’idea di una necessaria rivoluzione operaia.

La sua analisi della società dell’incertezza è magistrale. Perché coglie sia gli aspetti positivi del progresso tecnologico e soprattutto politico-sociale (vittoria delle democrazie, Unione Europea), sia quelli negativi, rappresentati dall’esplosione dei consumi, dei bisogni, delle contraddizioni dello sviluppo, del proliferare dei modelli, del tentennamento teorico-metodologico della stessa scienza, della crisi dei valori assoluti, ideologici e religiosi. Di qui la società liquida, che ci sfugge di mano come acqua, perché non riusciamo ad afferrarne il senso, o meglio un senso unitario.

Tra le risposte che dette alle nostre domande, due mi piace ricordarne:

a) il futuro si ricomporrà, questo è un momento di transizione a fronte di cambiamenti epocali e l’unica soluzione è il solidarismo reciproco e il ridimensionamento del delirio di onnipotenza dell’Uomo;

b) c’è chi di fronte all’incertezza si ripiega colpevolmente su sé stesso alimentando conservatorismi e individualismi condannati dalla Storia, con il rischio di risolvere l’incertezza mediante un distopico modello autoritario.

Il primo tema oggi appare molto attuale, perché l’esperienza dilaniante del coronavirus dimostra che solo con il solidarismo internazionale si può crescere e si possono fronteggiare globalmente i pericoli globali; inoltre, la pandemia ha rivelato le intrinseche debolezze del sistema umano nel contesto dei vari fenomeni ambientali e quindi la necessità di attivare forme di prevenzione e risposte precauzionali che esigono un modello di progresso più accorto e più programmabile. Bauman crede fermamente nel progresso; ma un progresso che mette avanti a tutto la necessità programmatica di lavorare tutti assieme e per obbiettivi comuni condivisi, anche sul piano etico.

Il secondo tema smentisce clamorosamente Pietro Angelone che per esaltare la propria personale laudatio temporis acti la attribuisce a Bauman in modo evidentemente – anzi scandalosamente – erroneo.

Nel suo ultimo libro postumo Bauman non attribuisce valore al passato, se non per trarne insegnamenti a non ripetere certi errori; egli sostiene che di fronte all’incertezza attuale taluni credono di aggrapparsi ad alcune certezze del passato, ma questo è solo un modo per ripiegarsi su sé stessi, per trovare conforto in sistemi e modi di vedere condannati o superati dalla Storia.

Il sovranismo, l’antieuropeismo, il nazionalismo spinto, l’autoritarismo, il dispostismo, l’assolutismo monarchico, l’elitarismo sociale, il luddismo antindustriale: queste sono le soluzioni a cui finirebbe per appellarsi Angelone nella sua esaltazione della retrotopia descritta – e aborrita – da Bauman.

Così, quasi rimbombano le parole con cui Walter Benjamin commenta l’Angelus Novus — da lui ridefinito ” l’Angelo della Storia” — dipinto da Paul Klee negli anni ’20, un angelo che sembra portare il nuovo, ma porta con sé invece il vento di catastrofiche dittature: “L’angelo della storia ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi.

Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma per fortuna una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui nel cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”. Una tempesta purificatrice, direi…

E’ proprio affidandosi alla retrotopia che si rischia di creare una distopia, piuttosto che una utopia futura.

Quindi, al di là delle preferenze di Angelone per il passato, citare e assumere il concetto baumanniano di retrotopia come sostegno delle proprie idee conservatrici e nostalgiche comporta l’inevitabile domanda: ma che libro ha letto Angelone?

Sicuro che fosse quello scritto da Bauman?

Francesco Mattioli

(Fonte: http://www.lacitta.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=51943:ho-avuto-la-fortuna-di-conoscere-zygmunt-bauman-ma&catid=80:cronaca)

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