Estremo Oriente – Mentre il Giappone decade, vittima del sistema finanziario USA, la Cina indipendente s’erge a nuovo modello sociale ed economico

C’erano un paio di splendide altalene per bambini, non lontano da un vecchio tempio rurale nella prefettura di Mie, dove di solito passeggiavo quando cercavo l’ispirazione per i miei romanzi. Due anni fa notai che si erano arrugginite, abbandonate e rovinate. Ieri trovai un nastro giallo che cingeva e chiudeva la struttura. Sembrava che si fosse deciso di sbarazzarsi del parco giochi, in modo irreversibile. Il giorno prima, osservai un vecchio senzatetto che dormiva proprio sotto un grande cartello che pubblicizzava un gruppo di ristoranti di lusso nella sontuosa stazione ferroviaria di Nagoya. E nella città di Yokkaichi, che conta circa 350000 abitanti, erano sparite quasi tutte le linee di autobus, tranne poche. Ciò che era scomparso era lo zodiaco elegante, unico e splendente inciso nella passeggiata di marmo proprio di fronte alla stazione ferroviaria di Kintetsu, vero centro della città. Il traghetto veloce che attraverso la baia collegava Yokkaichi coll’aeroporto internazionale Centrair di Nagoya e di fatto quasi tutto il Giappone centrale, ha smesso di funzionare, dato che i sussidi comunali si erano prosciugati. Ora le persone devono guidare per circa settanta chilometri, intorno alla baia, bruciando carburante e pagando esuberanti pedaggi autostradali e parcheggi per l’aeroporto, per arrivare a destinazione. Ciò che era solito costituire spazi pubblici, o anche solo campi di riso, si trasforma rapidamente in deprimenti parcheggi. Accade nel Giappone centrale, ma anche a sud-ovest come a Nagasaki, e a nord come Nemuro. I senzatetto sono ovunque. Le auto (il Giappone ora ha più automobili pro capite rispetto agli Stati Uniti) marciano tra risaie e ai margini di foreste un tempo incontaminate, poiché perdono rapidamente valore, e costa molto sbarazzarsene correttamente. Interi villaggi rurali si spopolano, trasformandosi di fatto in città fantasma. C’è ruggine, cattiva pianificazione e assoluta mancanza di beni pubblici nel Paese.

Il Giappone è in decadenza. Per molti anni era possibile, con occhi socchiusi, ignorarlo, poiché il Paese per inerzia si aggrappava al vertice delle nazioni più ricche della Terra. Ma non più: il deterioramento è ora troppo visibile. Il decadimento non è così drastico come si può osservare in alcune parti di Francia, Stati Uniti o Regno Unito. Ma il decadimento c’è. I giorni ottimistici e inebrianti della costruzione della nazione sono finiti. L’industria automobilistica e altre società letteralmente cannibalizzano il Paese, dettando il loro stile di vita. Nelle città più piccole, gli automobilisti non cedono più nei passaggi pedonali. Le auto sono considerate prioritarie dagli urbanisti e alcuni sono pagati, corrotti dall’industria automobilistica. Molte aree possono ora essere raggiunte solo da auto. Non ci sono quasi mezzi pubblici e quasi nessun nuovo parco. Il Giappone, orgoglioso di produrre alcuni dei cibi più raffinati, è ora completamente sopraffatto da diverse catene di negozi di alimentari, pieni di cibo scadente. Per generazioni, le persone si sacrificavano per costruire un Giappone prospero, potente e socialmente equilibrato. Ora, non vi è dubbio che i cittadini esistono principalmente per sostenere potenti società o, in breve: grandi affari. I giapponesi avevano un proprio modello distinto, ma ora lo stile di vita non è molto diverso da quello che si potrebbe osservare in Nord America o Europa. Per la seconda volta nella storia, il Giappone è stato costretto ad “aprirsi al mondo” (leggi: agli interessi occidentali e all’economia capitalista globale) ed accettare i concetti completamente estranei alla cultura asiatica. Le conseguenze si sono subito viste, e in sintesi, sono completamente disastrose.

Dopo la Seconda guerra mondiale, il Giappone dovette accettare l’occupazione. La Costituzione fu scritta dagli Stati Uniti. Sconfitto ma determinato a ricostruire e a unirsi ai ranghi dei Paesi più ricchi del mondo, il Giappone iniziò a collaborare coll’occidente, sostenendo in primo luogo la brutale invasione della Corea (la cosiddetta “Guerra di Corea”). Rinunciò totalmente all’indipendenza, cedendo completamente la politica estera che gradualmente non si distinse da quella degli Stati Uniti in particolare, e dall’occidente in generale. I mass media sono, dalla fine della guerra ad oggi, controllati e censurati dal regime di Tokyo. I maggiori quotidiani giapponesi, così come l’emittente nazionale giapponese NHK, non avrebbero mai osato trasmettere o pubblicare importanti notizie internazionali, a meno che almeno uno dei principali media anglosassoni non avesse dato il via e l’esempio di come la storia andava seguita dai mass media degli stati “clienti”. A tal riguardo, i media giapponesi non sono diversi dagli omologhi in Paesi come Indonesia o Kenya. Anche il Giappone non è sicuramente una “democrazia”, se “democrazia” significa semplicemente governo del popolo. Tradizionalmente, i giapponesi vivevano principalmente per servire la nazione, il che forse non era un concetto così brutto. Funzionava, almeno per la maggioranza. Tuttavia ora si prevede che si sacrifichino le proprie vite esclusivamente per i profitti delle multinazionali. Le persone in Giappone non si ribellano, anche quando vengono derubate dai governanti. Sono scandalosamente sottomesse.

Il Giappone non è solo in decadenza. Cerca di diffondere il proprio fallimento come un’epidemia. In realtà diffonde e glorifica la sua politica sottomesse, estera ed interna asservite. Con le borse di studio, indottrina continuamente e efficacemente castrando intellettualmente decine di migliaia di studenti provenienti dalle nazioni povere del sud-est asiatico e da altre parti del mondo.

Nel frattempo, la Cina, letteralmente “vicina”, è all’avanguardia nelle ricerca scientifica, pianificazione urbana e politiche sociali. Con la “Civiltà ecologica” ora parte della sua Costituzione, è molto più avanti del Giappone nello sviluppo di fonti alternative di energia, trasporto pubblico e produzione di alimenti biologici. Entro il 2020, non ci saranno più sacche di estrema povertà nel territorio della Cina. E in Cina, tutto è fatto sotto le bandiere rosse comuniste, che al pubblico giapponese è stato insegnato di disprezzare e rifiutare. La tremenda determinazione cinese, lo zelo, il genio e lo spirito socialista sono evidentemente superiori, rispetto allo spirito sclerotico, conservatore e revanscista del Giappone moderno e dei suoi padroni occidentali. Il contrasto è davvero scioccante e molto chiaramente rilevabile anche con occhi disincantati. E sul palcoscenico internazionale: mentre le corporazioni giapponesi saccheggiano interi Paesi e corrompono governi, la Cina aiuta a rimettere in piedi interi continenti, usando i buoni vecchi ideali internazionalisti comunisti. L’occidente fa del suo meglio per diffamare la Cina e i suoi grandi sforzi, e il Giappone fa lo stesso, inventando anche nuovi insulti, ma la verità è sempre più difficile da nascondere. Si parla agli africani che scoprono rapidamente cosa succede. Se si viaggia in Cina tutto diventa ancora più chiaro. A meno che non sia pagato molto bene per non vedere.

Invece di imparare e decidere di cambiare totalmente il sistema economico e sociale, il Giappone diventa un perdente. Odia la Cina per il successo delle sue politiche indipendenti sotto i suoi slogan comunisti. Odia la Cina per la costruzione di città nuove e belle progettate per la gente. Odia la Cina anche per fare del suo meglio per salvare l’ambiente, così come la campagna. E odia la Cina per essere completamente indipendente, politicamente e socialmente, ed anche accademicamente. La Cina cercò di “giocare” coll’accademia occidentale, ma il gioco divenne quasi letale, portando a infiltrazioni ideologiche e al quasi collasso dell’indipendenza intellettuale della Cina. Ma almeno il pericolo fu identificato, e la sovversione occidentale rapidamente spezzata, a 5 minuti della mezzanotte per così dire; prima che fosse troppo tardi. In Giappone, sottomissione e collaborazione col regime imperialista globale occidentale sono portati come codice d’onore. I laureati giapponesi di varie università statunitensi e inglesi incorniciano i loro diplomi universitari e li appendono al muro, come se rappresentassero una grande prova del loro successo, invece della collaborazione col sistema che sta rovinando quasi l’intero pianeta.

Ricordo che, circa quindici anni fa, i turisti cinesi sarebbero saliti sulle piattaforme dei treni proiettili di tutto il Giappone, con le loro macchine fotografiche pronte, sognando. Quando passava il treno, sospiravano. Ora, la Cina ha la rete di treni-proiettili più estesa e veloce del mondo. I loro treni sono anche più comodi e incomparabilmente più economici di quelli giapponesi o francesi; valutati in modo che tutti possano permettersi di viaggiare. Le donne cinesi guardavano con tristezza le offerte dei grandi magazzini giapponesi. Gli iPhone erano ciò che la classe media sognava di possedere. Ora i visitatori cinesi in Giappone sono vestiti con eleganza come la gente del posto, gli iPhone non sono considerati un lusso, e in realtà, Huawei e altri produttori cinesi fabbricano cellulari migliori dell’Apple. Ricordo anche come i turisti cinesi in Giappone fossero impressionati dall’architettura moderna, dalle sale da concerto internazionali e dagli eleganti caffè e boutique. Ora, la vita culturale di Pechino e Shanghai è incomparabilmente più ricca di quella di Tokyo o Osaka. L’architettura moderna in Cina è molto più impressionante e ci sono innovazioni nella vita urbana e rurale della Cina che sono ancora lontane dall’essere adottate in Giappone. Mentre i parchi giochi pubblici in Giappone vengono abbandonati o convertiti in parcheggi, la Cina ne costruisce di nuovi, enormi e piccoli, recuperando aree fluviali e lacustri, trasformandole in spazi pubblici. Invece delle onnipresenti pubblicità giapponesi, la Cina pone fumetti spiritosi e educativi che parlano di virtù socialiste, solidarietà, compassione e uguaglianza, in molte arterie, anche sui treni della metropolitana. La civiltà ecologica è “pubblicizzata” praticamente ovunque.

I giapponesi sono sempre più tristi, ma in Cina si vedono sorrisi sicuri ad ogni passo. La Cina avanza. È inarrestabile. Non perché la sua crescita economica (il governo in realtà non ne è interessato più di tanto), ma perché la qualità della vita dei cittadini cinesi è in costante ascesa. E questo è tutto ciò che conta davvero, no? Possiamo chiaramente migliorare la vita delle persone sotto un sistema comunista tollerante e moderno. Finché le persone sorridono, finché sono educate, in salute e felici, chiaramente vinciamo!

Alcuni individui ancora inseguono le immagini magiche di foreste e laghi incontaminati giapponesi. Sì, sono ancora lì, se si cerca bene. Sale da tè e alberi, deliziose insenature. Ma si deve lavorare molto, editare e cercare gli scatti perfetti, dato che città e campagne giapponesi sono costellate da macchine marce e bizzarre travi metalliche, con spazi pubblici disordinati, brutti fili elettrici appesi ovunque. Finché i soldi possono essere salvati, finché c’è profitto, tutto va bene. I giapponesi trovano difficile formulare i loro sentimenti sull’argomento. Ma in sintesi: si sentono frustrati dal fatto che il Paese che occuparono e torturarono, va molto meglio del loro. Per gli imperialisti giapponesi, i cinesi erano semplicemente “sub-umani”.

Non viene mai detto, ma il Giappone ha rispettato solo la cultura e il potere occidentali. E ora, i “sub-umani” cinesi esplorano il fondo degli oceani, costruiscono aerei, gestiscono i treni più veloci sulla terra e realizzando meravigliosi film artistici. E sono pronti a liberare il mondo oppresso, attraverso la loro ‘Belt and Road Initiative’ ed altre idee incredibili. E cosa fa il Giappone? Selfie e videogiochi, cartoni idioti nichilisti privi di significato, social media senza cervello, un’enorme valanga di pornografia spicciola, “arti” decorative, musica pop e auto prodotte in serie. La sua gente è depressa. Ho tre decenni di storia col Giappone, lo conosco intimamente, l’amo ancora; amo molte cose a riguardo, ma vedo anche chiaramente che cambi, anzi collassa. E si rifiuta di ammetterlo e di cambiare. Lavoro in Cina, perché amo dove va. Mi piace il suo modello comunista moderno (non sono mai stato un grande sostenitore della “banda dei quattro” e del loro culto e glorificazione della povertà). che tutti i cinesi siano ricchi presto, e che anche l’intero mondo oppresso sia ricco! Ma non è ciò che vuole il Giappone. Per qualche tempo, è sembrato “unico”. Era l’unico ricco Paese asiatico. L’unico Paese asiatico cui fu permesso di essere ricco, dall’occidente.

Durante l’apartheid, in Sud Africa, i giapponesi erano definiti “bianchi d’onore”. È perché avevano abbracciato la cultura occidentale. Perché scelsero di saccheggiare il mondo insieme ad europei e nordamericani, invece di aiutare le nazioni soggiogate. In molti modi, era una forma di prostituzione politica e morale, ma pagava bene; estremamente bene, quindi la sua moralità non fu semplicemente discussa. Ora la Cina va avanti semplicemente per coraggio, duro lavoro, genio del popolo, e tutto questo sotto la guida saggia del Partito Comunista e della sua pianificazione centrale. Proprio sotto le cose che il popolo giapponese è stato ammaestrato ad odiare. Questo è frustrante. È pauroso. Quindi, tale sottomissione, umiliazione e inchino all’impero fu inutile? Alla fine, è la Cina, è il comunismo che vinceranno e che daranno il meglio all’umanità.

Sì, il Giappone è frustrato. In questi giorni, i sondaggi parlano di circa l’80% dei giapponesi che non ama i cinesi. Mentre interagisco con persone provenienti da ogni angolo del Giappone, mi convinco che il pubblico giapponese percepisce inconsciamente che, per decenni, ha scommesso sul “cavallo sbagliato”. È troppo orgoglioso per dirlo. È troppo spaventato per riflettervi pienamente. Ma la vita in Giappone, almeno per molti, chiaramente diventa priva di significato, cupa e deprimente. E non c’è alcuna rivoluzione all’orizzonte, dato che il Paese è stato de-politicizzato con successo. La Cina costruisce, inventa, lotta e avanza fiduciosamente, circondato da amici, ma indipendentemente. Il Giappone è legato e trattenuto. Non può muoversi. Non sa nemmeno come muoversi, come resistere. Ed è per questo che il Giappone odia la Cina!

Andre Vltchek *

Traduzione di Alessandro Lattanzio

* filosofo, romanziere, regista e giornalista investigativo. È creatore di Vltchek’s World in Word and Images e autore di numerosi libri, tra cui Ottimismo rivoluzionario, nichilismo occidentale. Scrive in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.

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