No alla vendita della Magneti Marelli a una società che ha sede in Giappone, proprietà di un fondo d’investimenti che ha sede negli USA!

Il reddito di cittadinanza non basta! Un lavoro utile e dignitoso a ogni adulto abile al lavoro!

No alla vendita della Magneti Marelli a una società che ha sede in Giappone, proprietà di un fondo d’investimenti che ha sede negli USA!

Non c’è sovranità nazionale né benessere popolare né sicurezza personale senza direzione delle autorità italiane e dei lavoratori sulle attività economiche che si svolgono in Italia!

Nazionalizzare senza indennizzo le aziende che i capitalisti vogliono vendere, smembrare, ridurre, delocalizzare.

Organizzarsi e tenere aperte le aziende!

Continuare la produzione, estenderla anche ad attività diverse da quelle abituali, trasformare ogni azienda in un centro di attività politica, di iniziative sociali, di manutenzione del territorio e delle strutture, di formazione culturale e morale della zona!

Non bastano gli ammortizzatori sociali!

Mike Manley, il nuovo amministratore delegato di FCA, ha salutato la vendita alla Clasonic Kansei Corporation come “un’opportunità ideale per accelerare la crescita futura di Magneti Marelli a beneficio dei suoi clienti e delle sue persone eccezionali” e garantito la volontà comune di mantenere la produzione in Italia e i livelli occupazionali. Ma quanto più i capitalisti magnificano le loro mosse, più sono le rassicurazioni che proclamano ai quattro venti, più “grandi e buoni” per i lavoratori sono i propositi che dichiarano e tanto più c’è puzza di bruciato. E i dirigenti di FCA hanno avuto un abile e spregiudicato maestro proprio nel defunto Marchionne, quello che tra il 2010 e il 2011 aveva annunciato che “la FIAT triplicherà la produzione”… a patto di togliere di mezzo diritti ormai sorpassati, leggi antiquate e sindacati ideologici.

I sindacati di regime hanno dichiarato che vigileranno, ma basta vedere all’ex FIAT di Termini Imerese dove porta la loro “vigilanza”.

Electrolux, Whirpool, Bekaert… quante sono le aziende italiane vendute a gruppi multinazionali che dopo averle spremute ben bene le hanno chiuse, delocalizzate, smembrate o ridotte? Come ha ben detto di recente un operaio della Bekaert “non ho paura di chi ha il coraggio di venire qua su una barca per cercare una vita migliore. Ho paura dei ricchissimi, che arrivano, sfruttano il mio lavoro e poi mi chiudono lo stabilimento”. Il governo M5S-Lega che dichiara di essere a favore della sovranità nazionale, deve impedire lo smantellamento dell’apparato industriale del paese: è una questione di interesse nazionale! I gruppi multinazionali prendono conoscenze (know-how), avviamento industriale, struttura di ricerca e poi delocalizzano in paesi dove possono avvalersi di lavoratori con meno diritti e di leggi di protezione dell’ambiente e della sicurezza più permissive. Se lasciamo andare avanti le cose come i capitalisti le stanno facendo andare, diminuirà l’occupazione nelle industrie: il processo della FIAT è esemplare! In questo modo l’apparato produttivo del paese negli ultimi 10 anni ha perso il 25% delle sue potenzialità.

A settembre il governo M5S-Lega ha avallato la cessione dell’ILVA, orchestrata dal governo Gentiloni, a una cordata con a capo MITTAL, grande gruppo indiano dell’acciaio di livello mondiale che sta rilevando acciaierie ovunque per chiuderle e spostare la produzione in India dove sfrutta e inquina liberamente. È esemplare quello che MITTAL ha fatto con le acciaierie di Florange e Gandrange in Francia: nel 1999 ha avuto in cessione, al prezzo simbolico di 1 franco, due grandi acciaierie che i proprietari (la famiglia franco-tedesca De Wendel, nazisti e collaborazionisti) volevano chiudere. Quella di Gandrange l’ha già chiusa, quella di Florange l’ha quasi chiusa (dei 630 lavoratori che nel 2012 erano ancora direttamente occupati nella produzione di acciaio, oggi ne restano un centinaio, gli altiforni sono tutti chiusi e la produzione è ridotta a poca cosa). Se Di Maio l’ha fatto perché si è trovato una patata bollente a cui doveva dare una soluzione immediata e quindi ha preso quello che c’era, oppure ci crede perché è uno stupido, oppure è un imbroglione, non lo sappiamo. Ma sappiamo che se lasciamo andare le cose come stanno andando, l’avvenire dell’Ilva è segnato. Così come è segnato l’avvenire di altri settori industriali. Il governo M5S-Lega che dichiara di essere a favore della sovranità nazionale, deve impedire lo smantellamento dell’apparato industriale del paese: è una questione di interesse nazionale!

Quelli che, atteggiandosi da “sinistri”, dicono che un padrone è sempre padrone, italiano, giapponese o americano che sia, se sono in buona fede, vuol dire che non hanno nessuna fiducia di poter prendere in mano il paese. Quelli che capiscono che bisogna impadronirsi del potere, hanno chiaro che a impadronirsi del potere quando l’apparato produttivo è distrutto all’80 % centro, ci si trova peggio che a impadronirsi del potere quando l’apparato produttivo è stato distrutto solo al 25%.

La lotta contro la vendita dell’apparato produttivo a gruppi multinazionali è un aspetto importante e indispensabile della lotta per la sovranità nazionale, che è un aspetto della rivoluzione socialista!

Gli operai “non hanno nazione” nel senso che sono per la collaborazione e la solidarietà tra operai di paesi e nazioni diverse, ma sono assolutamente contrari all’asservimento del paese al sistema imperialista mondiale e alla libertà di scorreria dei gruppi imperialisti! L’internazionalismo proletario non è e non è mai stato lasciare via libera all’asservimento del proprio paese al sistema finanziario internazionale e alle scorrerie dei gruppi imperialisti!

Con la manovra finanziaria il governo M5S-Lega ha aperto, sia pur timidamente, la lotta contro il sistema finanziario internazionale. Essa è anche la lotta delle masse popolari e noi comunisti dobbiamo esserne alla testa. Ma bisogna condurla in modo da vincerla. Questa lotta sarà vittoriosa solo se le aziende produttive esistenti resteranno aperte nonostante lo sconvolgimento del sistema finanziario e bancario che le sovrasta e nonostante la fuga dei capitalisti. Anzi sarà vittoriosa solo se le aziende produttive, che sono i più solidi centri già esistenti di aggregazione dei proletari, si rafforzeranno, se soddisferanno ai bisogni della massa della popolazione con quello che producono e con quello che sarà possibile scambiare con altri paesi aggirando le sanzioni commerciali e finanziarie che gli Stati asserviti al sistema finanziario internazionale certamente decreteranno.

Questa è l’opera che noi comunisti dobbiamo guidare le masse popolari a compiere. La combattività e la coscienza delle masse popolari cresceranno man mano che vedranno che la loro opera è proficua: impareranno dall’esperienza e per questa via accederanno alla cultura e alla scienza da cui le classi dominanti le hanno da sempre tenute fuori.

La nostra impresa è difficile, ma possibile e necessaria!

Avanti quindi, con coraggio e abnegazione, con scienza e coscienza!

Il nuovo Partito comunista italiano è l’associazione dei promotori di questa impresa

nuovopci@riseup.net

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