La spiritualità dell’uomo comune…


Dipinto di Carlo Monopoli

Ancora una volta mi sono interrogato sull’attuazione di una spiritualità naturale, o laica, e di come essa possa influire sulla nostra vita quotidiana, soprattutto in considerazione che oggigiorno la nostra vita nel mondo deve corrispondere ad esigenze di efficienza e di partecipazione, in quanto nella società non sono più accettate forme di “assenza” che siano specificatamente dirette alla ricerca spirituale.

Questo soprattutto nella consapevolezza che la spiritualità laica non può essere inserita in alcun filone “religioso”… Esistono comunità ed aggregazioni per cristiani, maomettani, buddisti.. insomma per gli “impegnati” nelle religioni, e basta!Tutto sommato ritengo che per noi laici la vita “nel mondo” sia più congeniale, anche perché la nostra ricerca non esula mai dal sé.. ed il sé è presente ovunque ed in ogni tempo…

L’io individuale (ego) sorge dal riflesso della coscienza nello specchio della mente. Una sovrimposizione identificativa con l’oggetto osservato. L’oggetto è il corpo-mente che reagisce in relazione (al contatto) con gli altri oggetti esterni.Il momento che, nell’autoconoscenza l’identità fittizia con l’agente svanisce quel che resta è la pura consapevolezza. Non è perciò necessario, al fine della realizzazione, che le immagini -il mondo e l’osservatore- scompaiano, è sufficiente che la falsa identità con l’oggetto/soggetto riflesso (ego) scompaia. Ciò significa che il mondo può tranquillamente continuare a manifestarsi non essendo percepito come realtà separata, più o meno come potremmo considerare un sogno rispetto al sognatore.

A questo punto il Sé e la sua manifestazione sono visti come la stessa identica cosa mentre il senso dell’io separativo (del me e dell’altro) viene obliterato.

In fondo il dualismo è soltanto ignoranza di Sé.Il saggio osserva le azioni svolgersi senza che vi sia alcuna propensione o intenzione o giudizio in lui. Spontaneamente ogni cosa avviene confacentemente e conseguentemente al “destino” designato. Il destino è la risposta alla naturale interazione (e predisposizione) dei vari elementi ed aspetti psichici coinvolti…

Siccome tutto succede automaticamente non vi è alcuna “preferenza” nell’agire del saggio.

Anzi il suo stesso agire è (apparentemente) intenzionale solo agli occhi degli “altri”, giacché per il saggio ogni cosa accade di per sé. Ogni evento vissuto accade semplicemente in sua presenza e lui ne è il testimone silenzioso e distaccato. Il suo agire (o stato) può essere paragonato al sonnambulismo, od al sonno da sveglio.

Ed inoltre anche il concetto di “destino” o di azione deliberata ha un senso unicamente nella mente dell’osservatore ancora identificato con l’esterno, ovvero di un ego che si identifica con l’agente e con le sue azioni. Ma il momento -come già detto- che tale identificazione è distrutta ogni altro concetto collegato scompare.

La saggezza consiste nel rimanere immune dalla illusione dopo aver compresa la verità. La paura dell’agire e delle sue conseguenze (karma) permane solo in chi vede la pur minima differenza fra sé e l’altro. Finché esiste l’idea che il corpo/mente è l’io non si può essere espressione di verità. Ma certamente è possibile per chiunque, ed in ogni condizione, conoscere la propria vera natura poiché essa è assolutamente vera e reale, è l’unicum per ognuno.

Infatti lo stato di puro Essere è comune a tutti ed è la diretta esperienza di ciascuno. Vivere la propria vera natura questo si intende per auto-realizzazione, poiché il sé è presente qui ed ora.

Il pensiero di sentirsi separati è il solo ostacolo alla realizzazione dell’Essere onni-pervadente ed onnipresente. E pure dal punto di vista empirico identificarsi con l’agente (ego) è un impedimento al buon funzionamento dell’apparato psicosomatico, nel contesto del funzionamento globale. Per cui già l’accettazione intellettuale della verità è una forma liberatoria dalla propensione intenzionale (razionale) ad agire. Ciò che è destinato ad accadere accadrà.

Paolo D’Arpini

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