F35 e Trenta. La lingua batte dove il dente duole

Solo una “Tempesta” taglierà l’F-35. Dal Ministro della Difesa Trenta sinora poche parole ambigue – Ma vista l’esperienza passata e l’orientamento del nuovo governo, è probabile che l’Italia si tufferà nella nuova avventura inglese continuando a drenare denaro pubblico.

Se l’intervista al ministro della difesa Trenta ha avuto il merito di riaprire il dibattito sull’aereo più costoso e criticato al mondo, le spiegazioni date non minano il programma, al contrario inseriscono l’F-35 nel solco delle guerre umanitarie. Quelle che hanno dato il via alla militarizzazione dei diritti umani.

Tuttavia è parso erroneamente che il ministro volesse tagliare i contratti. Per fare questo bastava dire che con la fine della prima fase SDD (System Design and Development), cioè con la produzione a basso ritmo caratterizzata dalla consegna di velivoli al 2021, l’Italia non avrebbe continuato con la seconda fase FRIP (Full Rate Production, produzione a pieno regime). L’Italia non ha ancora aderito allo sviluppo delle capacità (C2D2, precedentemente noto come sviluppo Block 4 il cui scopo è fornire aggiornamenti regolari di software e hardware) e non ha l’obbligo di farlo.

Come scrive la Corte dei Conti, il termine della FASE I si completa con il lotto LRIP14, la cui “stima attuale delle risorse necessarie a completare tale fase (acquisizione di velivoli fino al lotto LRIP14 compreso, inclusi i costi condivisi di partnership e gli equipaggiamenti e supporto logistico associati) è inferiore a 7,8 miliardi di dollari (7,1 miliardi di euro, al tasso di cambio indicativo di 1,1 euro per dollaro). Nel testo viene sottolineato che “almeno fino all’esaurimento della fase contrattuale Low Rate Initial Production 14, i costi rientrano nel perimetro finanziario indicato dalle mozioni parlamentari del 24 settembre 2014 (dimezzamento budget)”.

L’annuncio della fine della fase SDD è stato dato dal comando navale statunitense con la solita esagerazione. “F-35 completes most comprehensive flight test program in aviation history” http://www.navair.navy.mil/index.cfm?fuseaction=home.PrintNewsStory&id=6788

Ad oggi l’Italia ha ordinato 22 velivoli che dovrebbero essere consegnati al 2021 (17 CTOL + 5 STOVL) compresivi dei lotti dall’11 al 14. Tutto questo mentre Lockheed Martin ha appena finito di consegnare i velivoli del lotto 10. Nello stabilimento di Cameri a giugno si è dato il via ufficiale all’assemblaggio del primo F-35 per l’Aeronautica Olandese, altri otto sono stati prodotti da Lockheed Martin a Fort Worth.

Nel 2013 alla Camera dei deputati fu approvata a maggioranza una mozione che impegnava il Governo, relativamente al programma F-35, a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si fosse espresso nel merito rispettando così quanto previsto dall’art. 4 della legge n. 244 del 2012. Identica mozione era stata approvata dal Senato. In quella occasione di Battista intervenne pesantemente: “vergognatevi! Spendiamo miliardi per gli F-35. Questa mozione è una supercazzola” https://www.youtube.com/watch?v=B0Hs6lwktWY

In molti hanno ripreso alcune frasi del nuovo ministro della Difesa che in una intervista suLa7 ha detto “Non compreremo altri F-35. Valutiamo se mantenere o tagliare i contratti in essere” (su quest’ultimo aspetto vedere qui di seguito). Riprende il ritornello della Pinotti che sosteneva che l’F-35 e un caccia da difesa e non d’attacco. Ma poi continua che potrà essere usato in azioni concertate a livello internazionale durante le missioni di pace. E’ allora necessario chiarire che, primo, l’F-35 è un caccia di attacco al suolo monoposto, casomai il problema è che senza caccia di scorta rischia di non tornare alla base. Secondo, le cosiddette missioni di pace appartengono al paradosso orwelliano per cui la guerra è pace. Riprese dal ministro che si vanta di essersi occupata di sviluppo internazionale durante queste missioni, il richiamo è ancora più stridente. Infine ricorda Alessandro (Di Battista) dicendosi sicura che farebbe la sua identica cosa, tenere conto cioè dei vantaggi e degli svantaggi, quanto al tema dell’immigrazione afferma che è un esito anche delle guerre: ma noi andiamo lì a stabilizzare. http://www.la7.it/omnibus/video/trenta-ministro-della-difesa-f35-comprati-dal-precedente-governo-di-battista-farebbe-come-me-06-07-2018-245870

Peggio va con Angelo Tofalo, sottosegretario difesa (M5S), che durante una intervista a Fanpage ha detto che c’è un rischio sanzioni perciò non si può tagliare la spesa per gli F-35 (già detto dalla Trenta). Ma non è così: l’unica penalità ovvia è che ci sarebbe un ridimensionamento delle partecipazioni industriali. Chiarisce meglio quando sostiene che “La situazione attuale potrebbe dettare un’ulteriore diluizione nel tempo degli acquisti, in modo da ricavare anche un budget spendibile su altri tavoli tecnici. L’industria nazionale può, comunque, svolgere un ruolo importante”. Altre due affermazioni , che esprimono uno spirito belligerante, sono: a proposito dei contractors afferma che “bisogna fare una legge che regolamenti il settore in Italia” e infine sostiene la possibilità di blocco navale per controllare i flussi migratori. https://www.youtube.com/watch?v=yu4jzSnqGUY

Per mettere ordine nella confusione voluta dai responsabili militari e politici circa la situazione degli ordini italiani, è necessario mettere in fila un po’ di notizie:

La programmazione dei velivoli del lotto 11 (3 per l’Italia) parrebbe definita “Lockheed Martin negotiating final LRIP buy for F-35” https://www.flightglobal.com/news/articles/farnborough-lockheed-drops-f-35-price-in-lot-11-ha-450225/ . Ma la storia intricata del lotto 11 è nulla rispetto a quanto avvenuto con l’operazione dei lotti 12, 13 e 14. Come scrive la relazione della Corte dei Conti, l’obiettivo di diminuire i costi unitari del velivolo poteva realizzarsi solo “nell’ipotesi dell’adesione ad un “acquisto in blocco” che riguardi i tre lotti 12, 13 e 14, o parte di essi (solo lotti 13 e 14), opzione che è subordinata alla approvazione del Congresso americano, attesa per ottobre 2017. In tale eventualità, appare molto difficile che gli altri Partner possano sottrarsi all’acquisto, perché ciò comporterebbe non solo la perdita dei benefici attesi dalle economie di scala, ma anche l’aumento dei costi dovuti alla negoziazione separata dei propri contratti (il cd. “pay to be different”). http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_contr_affari_com_internazionali/2017/delibera_15_2017_e_relazione.pdf

E così è stato. Il 15 maggio 2017 arriva l’approvazione del governo USA che autorizza l’emissione di azioni contrattuali su base esclusiva alla Lockheed Martin Corporation per i lotti dal 12 al 14 per i velivoli F-35, le forniture e i servizi associati. L’autorità di agire con questa autorizzazione scade il 31 dicembre 2022. https://www.fbo.gov/index?s=opportunity&mode=form&tab=core&id=f1194749331353023e45d2a0bc902d5f

Come si può verificare nel documento “Fully Signed CJA 16-282-350386 LRIPs 12-14 Redacted”, per l’Italia la produzione è così suddivisa: 2 F-35A + 1 F-35B lotto 12 inizio ottobre 2017 ; 2 F-35A + 3 F-35B lotto 13 inizio ottobre 2018 e 4 F-35A + 5F-35B lotto 14 inizio ottobre 2019. Per ogni lotto si fa riferimento allo stabilimento FACO di Cameri per quanto riguarda i velivoli italiani e olandesi.

Il 25 aprile 2018 il Dipartimento della Difesa rende noto l’elenco dei contratti riferiti ai lotti 13 e 14 (dunque 8 velivoli per l’Italia) precedentemente acquistati apportando il costo di spese aggiuntive relative a parti, materiali e componentihttps://www.defense.gov/News/Contracts/Contract-View/Article/1503297/ Il 28 aprile con un nuovo contratto Lockheed Martin riceve 1.377.002.000 di dollari per materiali, parti, componenti e per lavorazioni a lungo termine per aeromobili sino al lotto 14. https://www.defense.gov/News/Contracts/Contract-View/Article/1167080/

A giugno, il Government Accountability Office (GAO), ha riferito che a gennaio il programma F-35 aveva 966 carenze aperte: 111 di categoria 1 e 855 di categoria 2. Almeno 25 carenze di categoria 1 e 165 carenze di categoria 2 non sarebbero state risolte prima della produzione a pieno regime. Le carenze di categoria 1 sono “quelle che potrebbero mettere a rischio la sicurezza o un altro requisito critico”, mentre le carenze di categoria 2 sono “quelle che potrebbero ostacolare o limitare il successo della missione. In entrambi i casi, 966 errori irrisolti non sono un buon segno per programma che ha quasi completato il suo sviluppo. Inoltre: 213 aeromobili già acquistati e consegnati necessiteranno di retrofit per risolvere i problemi riscontrati durante i test; più di 270 aeromobili sono stati identificati come privi del primer (vernice) necessario per il quale le riparazioni possono richiedere da 30 a 40 giorni per aeromobile a un costo che deve ancora essere determinato; ciascuno dei 66 velivoli consegnati nel 2017 ha richiesto, in media, 6.237 ore di lavoro per “scarto, rilavorazione e riparazione”, che deve essere pagato in più. https://www.gao.gov/assets/700/692307.pdf

Troppe falsità sono state dette a proposito delle ricadute economiche del programma, troppe anche per quanto riguarda l’occupazione.

Nell’articolo “LM sottolinea importanza dell’Italia al programma F-35”, un funzionario di Lockheed Martin ricorda che nove F-35A e uno nella versione B sono stati prodotti da Leonardo presso la FACO Cameri e consegnati al Ministero della difesa. LM ha assegnato più di 100 contratti alle aziende italiane: “Fin qui l’industria italiana si è assicurata 1.8 miliardi di dollari in contratti di produzione e si prevede di superare 9.9 miliardi di dollari per tutta la durata del programma. Anche la produzione del motore ha offerto 45 milioni di dollari in contratti per aziende italiane, per un valore totale del programma che dovrebbe superare i 4 miliardi di dollari” http://www.janes.com/article/81708/lm-highlights-italy-s-importance-to-f-35-programme-as-government-commitment-waivers

Sulle ricadute economiche del programma Guido Crosetto, presidente AIAD, si è sempre lamentato: “La nostra industria ha sempre dato molto agli Stati Uniti, ma in cambio ha ricevuto poco o niente. I rapporti fra i due Paesi non sono mai stati e continuano a non essere paritari. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: per l’F-35 molte aziende italiane non sono neppure state ammesse alle gare per le forniture, perché formalmente gli americani le giudicavano prive dei requisiti necessari. Risulta ancora più inaccettabile il quadro quasi trionfale che ne danno da anni Pentagono da un lato e Difesa italiana dall’altro. I fatti, e gli stessi documenti pubblici di fonte americana, dicono che per Lockheed Martin lavorano al momento – tolta Leonardo – solo 16 società” https://www.analisidifesa.it/2017/03/f-35-nuove-denunce-del-presidente-di-aiad/

Nella brochure redatta da Lockheed Martin si può verificare che effettivamente le aziende partecipanti al progetto sono 16 https://www.f35.com/assets/uploads/documents/FG17-03515_002_English.pdf

In aprile La Stampa ha riportato la notizia di uno sciopero nello stabilimento che produce gli F-35 a Cameri “Troppi precari nella fabbrica degli F-35: i lavoratori di Cameri proclamano lo sciopero” , nell’articolo precedente si spiegava meglio la situazione occupazionale nello stabilimento: A luglio lo stabilimento Faco di Cameri compirà sei anni, ma ancor oggi due terzi dei poco meno di 900 addetti che lavorano per Leonardo (ex Alenia, gruppo Finmeccanica) sono precari, in gran parte con contratti di somministrazione rinnovati ogni dodici, sei e in alcuni casi addirittura ogni tre mesi, oppure in staff leasing, assunti a tempo indeterminato ma dall’agenzia interinale. Attualmente tra operai e impiegati lavorano circa 295 dipendenti Leonardo e tra i 580 e i 600 addetti con contratti di somministrazione. Con le ditte esterne si supera il migliaio. Numeri lontanissimi dai 6.400 o addirittura 10 mila annunciati a suo tempo, ma comunque in costante aumento. Il problema è che Leonardo da anni non assume più nessuno. Nel 2015 si era impegnata a stabilizzare entro la fine del 2016, in due tranche, 150 lavoratori, ma l’ha fatto solo per i primi 70. Gli altri 80, slittati al 2017, non sono stati ancora assunti. Nel frattempo, visto che un altro stabilimento del gruppo, a Venegono, dove si producono elicotteri, è in esubero di personale, parecchi addetti sono stati spostati a Cameri. Sessanta sono arrivati all’inizio del 2018, tutti con contratto di somministrazione, altri 50 dovrebbero aggiungersi presto. http://www.lastampa.it/2018/04/17/novara/a-cameri-gli-operai-degli-f-entrano-in-agitazione-K10bBdbVinqfrmzWBglC0I/pagina.html

A fine maggio dopo l’incontro fra sindacati e Leonardo si è deciso che “nel 2018 saranno stabilizzati 223 dei circa 600 lavoratori precari della Faco di Cameri” http://www.lastampa.it/2018/05/29/novara/cameri-nel-saranno-stabilizzati-lavoratori-nella-fabbrica-che-produce-gli-f-sDZn5WPihbQPmQjWTL9GDL/pagina.html

Ma ciò che è sorprendente è il futuro previsto nei comunicati sindacali. Rispettivamente dai comunicati di Fim e FIOM:
-“JSF – si prevede rafforzamento della logistica e delle attività di ingegneria; la selezione di Cameri come HUB europeo dell’ Airframe MRO&U degli F35 assicurerà carichi di lavoro per oltre 40 anni –“
-“Lo stabilimento di Cameri è ormai diventato quello per volumi e dipendenti diretti il più significativo all’interno della Divisione, con una forza lavoro suddivisa in maniera non più sostenibile all’interno del perimetro Leonardo: più del 50% dei 713 dipendenti risulta essere in regime di contratto somministrazione. Come Fiom-Cgil abbiamo espresso all’azienda che tale situazione non è più tollerabile e va a sanata a partire dal 2° semestre del 2018, con una apertura della stessa su più trance da concordare a livello territoriale, e posta nelle analoghe condizioni degli altri siti nel 1° semestre del 2019. Inoltre abbiamo evidenziato al tavolo come lo stabilimento che cresce maggiormente nella divisione sia quello nel quale le produzioni non sono legate a prodotti di proprietà Leonardo, ma i volumi sono dettati dalla committente Lockheed Martin proprietaria della commessa per gli F35”.

Ancora decisive diventano le considerazioni scritte dalla Corte dei Conti: “Va pertanto sottolineato in via preliminare che il JSF non è un programma fra Partner paritari, bensì un programma che ha per cliente principale le forze armate USA, ed i cui costi di sviluppo sono finanziati in misura superiore al 75% dal Governo statunitense. Per la parte statunitense, l’ammontare dei costi di acquisizione (sviluppo, velivoli ed equipaggiamenti, infrastrutture) è ormai quantificato intorno ai 400 miliardi di dollari, cui vanno aggiunti i costi della manutenzione costi della manutenzione e del supporto logistico, per un importo complessivo di circa 1.500 miliardi di dollari. In termini di durata, si parla di un orizzonte temporale che arriva, attraverso una previsione di aggiornamento continuo, fino al 2038 per la fase di produzione e fino al 2070 per l’intero ciclo di vita con una persistenza e una longevità tali da rendere difficilmente configurabili ipotetici programmi alternativi”.

Tuttavia non c’è mai stato programma militare che sia riuscito a portare a termine i potenziali profili di acquisto iniziali. Sviluppo tecnologico, febbre di profitti sempre più alti delle industrie produttrici e crisi economiche, hanno di fatto deciso l’annullamento parziale di programmi le cui cifre iperboliche sono sempre state a carico dello Stato.

Al salone dell’aeronautica internazionale di Farnborough https://www.farnboroughairshow.com/ la prima ministra britannica Theresa May ha annunciato il lancio di un nuovo jet da combattimento, erede del Typhoon e complementare agli F-35, nell’ambito di un progetto che coinvolge BAE, Rolls-Royce, Leonardo e il produttore europeo di missili MBDA. Si chiamerà “Tempest” e avrà un investimento per lo sviluppo iniziale, dei partecipanti, di due miliardi di sterline entro il 2025. Tempest è la risposta (italo)britannica al potenziale concorrente nuovo caccia franco-tedesco annunciato al salone di Le Bourget nel 2017. “Sono felice che Leonardo possa continuare a giocare un ruolo cruciale nel progetto per lo sviluppo del potenziale britannico nel combattimento aereo post Typhoon, ha commentato Alessandro Profumo, a.d. di Leonardo. “Leonardo ambisce a essere nel cuore dei programmi di difesa in Europa – ha proseguito Profumo – e guarda a questa iniziativa nel Regno Unito, nata con in mente la prospettiva di ulteriori future collaborazioni internazionali, come a un programma che andando avanti potrebbe includere l’Italia”. L’azienda potrebbe avere un ruolo di primo piano per avionica, elettronica e integrazione dei sistemi. http://www.uk.leonardocompany.com/-/tempest

Già si parla di caccia di sesta generazione, ma, come ha scritto Silvio Lora Lamia in “Nuovo caccia europeo: un insidioso gioco ai quattro cantoni” dopo l’annuncio franco-tedesco di Le Bourget del 2017 “L’Europa ha imboccato un lungo e si prevede faticosissimo cammino che dovrà portarla a schierare fra 20-25 anni un aereo da combattimento di nuova generazione. Non è ben chiaro di quale generazione – sesta, o quinta e mezzo, o solo quinta, chissà – non essendo ancora stato stabilito con esattezza che cosa dovrà/potrà fare il nuovo caccia europeo in più e/o meglio rispetto al benchmark del momento, l’americano F-35. I costruttori europei si sono fermati per così dire alla quarta e mezzo, e lo sforzo per portarsi almeno ai livelli di innovazione dell’aereo di Lockheed Martin, non sarà da poco. Non fosse altro per non cadere nelle stesse trappole in cui è incespicato il (troppo) lungo e (troppo) costoso programma americano: a sviluppo non ancora concluso, il nuovo stealth del Pentagono ha bisogno di ammodernamenti di vario genere per compensare l’inevitabile obsolescenza di alcuni sistemi – resa tale anche dal fatto che alcune sue “meraviglie” vengono considerate parte dei programmi di estensione della vita operativa dei caccia che deve sostituire”.

L’Italia per il momento sembrerebbe tagliata fuori da entrambi i programmi, perché nessun governo finora ha previsto stanziamenti per l’attività di ricerca e sviluppo di un nuovo caccia. Ma vista l’esperienza del passato e l’orientamento del nuovo governo, è più probabile che l’Italia si tufferà nella nuova avventura inglese continuando così a drenare denaro pubblico. Infinite guerre per infinito profitto.

Rossana De Simone

(Fonte: https://www.peacelink.it/disarmo/a/45613.html)

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