Gerarchia ecclesiastica, potere temporale e la riforma necessaria nella chiesa cattolica

S’invoca da varie parti una riforma radicale della Chiesa Cattolica, dal momento che il progetto evangelico prevede una comunità fraterna, semplice, povera, senza padri né maestri né grandi; dove tutti sono eguali proprio perché fratelli.

Mentre dal secondo secolo d.C. si afferma una gerarchia, che nella seconda metà del primo millennio assume la forma di un impero. Ed è oggi l’unico impero ancora sussistente nel mondo; l’unica compagine sociale strettamente gerarchizzata, il cui capo ha un potere assoluto e totale (il Vaticano II lo ha ribadito con forza), e analogamente tutta la compagine gerarchica; mentre il popolo non ha né voce né decisione. Quando tutti gl’imperi nel mondo, continentali e coloniali, lungo lo scorso secolo sono caduti, i popoli hanno recuperato la loro autonomia, un fatto grandioso.

Un solo papa ha riconosciuto in certa misura questa atroce situazione – papa Wojtyla, nell’enciclica Ut unum sint del 24/5/1995 – e cioè che ciò che doveva essere un servizio di amore è diventato un principio di potere. Ritiene necessaria la riforma; ma la ritiene un «compito immane, che non possiamo rifiutare e che non posso portare a termine da solo». Si chiede se non sia possibile che «i responsabili ecclesiali e i loro teologi instaurino con lui su questo argomento un dialogo fraterno, paziente, nel quale ascoltarsi al di là di sterili polemiche». Prevede dunque una resistenza a questa radicale riforma. Ma sopravviene la malattia che lo rende impotente. E nessuno dopo di lui ha ripreso quel documento.

Questo è il compito più urgente, e insieme di enorme difficoltà: il ritorno alla comunità evangelica, alla comunità apostolica, compiutamente fraterna.

Prof. Arrigo Colombo

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