PCARC: “Consigli per il “voto utile” del 4 marzo 2018″

Usare anche il voto del 4 marzo 2018 – per rafforzare l’organizzazione, la mobilitazione e il coordinamento delle masse popolari – per creare un fronte comune anti-Larghe Intese che promuova l’attuazione dal basso delle parti progressiste della Costituzione!

La campagna elettorale è stata caratterizzata dal tentativo dei poteri forti (il Vaticano, la Confindustria e le altre organizzazioni padronali, le organizzazioni criminali, gli imperialisti USA e UE: i vertici della Repubblica Pontificia) e dei loro partiti e apparati di creare un clima di “tensione” per confondere le masse popolari, presentare i partiti delle Larghe Intese come l’unica “alternativa” possibile e responsabile al “caos” e creare così il terreno favorevole a un “governo del presidente” che continui ad attuare il programma comune della borghesia imperialista.

Questa azione di intossicazione su vasta scala si è sviluppata su due direttrici principali.

1. Gli attacchi sistematici contro il M5S, con una campagna mediatica in pompa magna su aspetti in sé ridicoli a fronte di quanto avviene correntemente nei partiti delle Larghe Intese, come la mancata restituzione di parte dello stipendio di una decina di parlamentari o la candidatura di alcuni presunti massoni… che detta da un Berlusconi (tessera n. 1816 della P2 di Gelli) e da un Renzi (cresciuto con la sua cricca alla scuola della corte di Gelli) è come il bue che dà del cornuto all’asino! Nonostante la nuova legge elettorale porcata (il Rosatellum, approvato a colpi di otto voti di fiducia), i partiti delle Larghe intese e i loro padrini evidentemente non “dormivano sonni tranquilli”, quindi hanno rincarato la dose con l’obiettivo di contenere il risultato elettorale del M5S e di indurre a più miti consigli quegli esponenti del M5S che mirano a costituire un governo al di fuori del collaudato sistema delle Larghe Intese con cui i vertici della Repubblica Pontificia hanno governato negli ultimi venti e passa anni.

2. L’uso degli scimmiottatori del fascismo del XX secolo (a partire da Forza Nuova e Casa Pound). Questa operazione è iniziata con l’ampio risalto dato dai media di regime al presidio fatto da una decina di fascisti sotto la redazione di Repubblica fino ad arrivare all’“operazione Macerata” (strumentalizzazione in chiave razzista dell’omicidio di una ragazza, tentativo di fare una strage di immigrati da parte di un fascista, costruzione di un clima di allarme – da manuale della “strategia della tensione” – intorno alla manifestazione antifascista) che ha occupato le prime pagine dei giornali e TV per quasi due settimane, diventando l’argomento principale del periodo “caldo” (centrale) della campagna elettorale. All’“operazione Macerata” sono seguite centinaia di manifestazioni antifasciste in tutto il Paese, le provocazioni fatte ad arte nelle principali città d’Italia con i comizi di Forza Nuova e Casa Pound tutelati da Minniti, prefetti e forze dell’ordine (senza questa protezione sarebbero saltati, essendo iniziative con quattro gatti), le cariche e i pestaggi degli antifascisti di Bologna, Napoli, Torino che giustamente sono scesi in piazza per impedire le gazzarre fasciste, gli arresti degli antifascisti, fino ad arrivare ai casi di accoltellamenti di compagni (a Genova e Perugia) e alla stigmatizzazione dell’azione militante di Palermo contro un dirigente provinciale di Forza Nuova.

Man mano che “montava” questa situazione, la campagna elettorale è stata incentrata sempre di più sul tema della “sicurezza” e dell’“immigrazione” agitato dalle Larghe Intese per presentarsi come il governo della stabilità, del buon senso, del “rispetto della democrazia” (addirittura Renzi si è presentato “come antifascista e difensore della Costituzione”!). È stata una campagna elettorale quindi all’insegna di un vasto e articolato tentativo di manipolazione e diversione dell’opinione pubblica, indice questo di debolezza dei vertici della Repubblica Pontificia e dei suoi partiti. Hanno cioè bisogno di pigiare l’acceleratore sull’intossicazione e la diversione per tentare di arginare il distacco e la sfiducia crescenti delle masse popolari nei loro confronti e per coprire il fatto che, se riesce a installarsi e a governare, la linea di condotta di un governo di Larghe Intese, indipendentemente da chi ne sarà a capo, è già scritta: eliminazione di quanto resta dei diritti e delle conquiste dei lavoratori e delle masse popolari, rapina dei lavoratori dipendenti e autonomi, sottomissione dell’economia reale alla speculazione finanziaria, tagli e privatizzazione della scuola, della sanità e degli altri servizi pubblici, vendita del patrimonio industriale e immobiliare pubblico, devastazione del territorio, inquinamento dell’ambiente, partecipazione al riarmo e a nuove guerre di aggressione. È il programma comune degli “italiani che contano” e della loro comunità internazionale, è l’unico modo che hanno per tenere in vita il loro sistema di relazioni economiche, politiche e sociali e il loro “ordine mondiale” nonostante la crisi generale del capitalismo.

Questa operazione in “grande stile” però è stata ostacolata da due fattori, a loro volta indicativi delle difficoltà in cui versano i poteri forti e delle contraddizioni insanabili (dettate dal corso della crisi generale) in cui si dibattono.

- La guerra tra bande all’interno delle coalizioni delle Larghe Intese: la guerra nel PD con le “grandi manovre” in corso per far fuori Renzi (Minniti che si smarca sempre più dal segretario del PD e lo contraddice rispetto alla possibilità di un governo di Larghe Intese, l’asse Gentiloni-Prodi, ecc.), lo scandalo in Campania di De Luca jr, Emiliano che lancia il governo comune con il M5S; le contraddizioni dentro il centro-destra (lotta sul capo della coalizione, assenza di Berlusconi e Salvini all’iniziativa della Meloni contro “l’inciucio”, Berlusconi che si presenta affidabile verso l’UE e gli imperialisti USA, come colui che sarà in grado di “tenere a bada” la Lega in caso di governo); le contraddizioni dentro la Lega (la non candidatura di Maroni è solo la punta dell’iceberg, così come gli attacchi anche “dall’interno” della Lega verso la candidatura di Gianni Tonelli a Bologna, esponente del VII Reparto Mobile e del Sindacato Autonomo di Polizia) e l’attacco nei confronti alla Lega da parte del gruppo De Benedetti-Espresso. Per molti versi, quindi, il tentativo delle Larghe Intese di legittimarsi agli occhi delle masse popolari è minato ogni giorno dalle Larghe Intese stesse, attraverso la “guerra tra bande” e gli “scandali ad orologeria” che le caratterizzano e che sempre più le caratterizzeranno.

- La mobilitazione popolare in risposta alle provocazioni degli scimmiottatori del fascismo del XX secolo e delle Forze dell’Ordine, mobilitazione che nelle settimane è cresciuta e si è estesa nelle principali città del paese, rafforzando l’organizzazione e la riscossa delle masse popolari e diventando sempre più elemento di “preoccupazione” per i vertici della Repubblica Pontificia e i partiti delle Larghe Intese (emblematico da questo punto di vista la presa di posizione del sindacato di polizia CONSAP “Sospendere le manifestazioni prima che ci scappi il morto”). Le manovre di diversione orchestrate dalla borghesia possiamo rivoltargliele contro: è una legge della lotta di classe. Questo fermento, questa mobilitazione è molto importante per il dopo 4 marzo: va rafforzata, consolidata, estesa, organizzata.

La mobilitazione antifascista e antirazzista si è combinata con il movimento di resistenza delle masse popolari al procedere della crisi in corso nel paese: per un lavoro utile e dignitoso per tutti (d’avanguardia le iniziative di “sciopero al contrario” organizzate in diverse città d’Italia e in particolare a Roma e a Napoli), contro lo smantellamento di FCA (l’irruzione degli operai di Pomigliano al Festival di Sanremo ha avuto il grande merito di porre la questione anche nella campagna elettorale e allo stesso tempo questa azione è stata espressione, frutto e anche alimento di un processo più articolato di organizzazione in corso da parte degli operai dei diversi stabilimenti FCA contro il tentativo di Marchionne di chiudere i battenti nel nostro paese), contro la chiusura dell’Ideal Standard di Roccasecca (lotta che si è conclusa vittoriosamente) e di altre centinaia e centinaia di aziende (dall’acciaieria di Piombino alla Rational di Massa, dall’Embraco all’Alitalia, all’Ilva, ecc.); per i diritti dei lavoratori e contro il razzismo (sciopero contro il CCNL truffa della logistica siglato da padronato e sindacati di regime e manifestazione del 24 febbraio indetti dal SI Cobas); contro il debito pubblico che strozza le amministrazioni locali (importante la mobilitazione organizzata dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris il 21 febbraio sotto Montecitorio); per la difesa della sanità pubblica (ricordiamo la lotta portata avanti dal Coordinamento Sanità Campania, per il suo carattere d’avanguardia in particolare con l’adozione del “ticket sociale”, ma anche il fermento in Lombardia contro il tentativo di eliminare i medici di base); per la difesa della scuola pubblica (la vasta mobilitazione degli insegnanti); per il diritto all’abitare e contro provvedimenti razzisti (come ad es. il piano casa dell’amministrazione di Sesto S. Giovanni) e contro gli sgomberi della giunta Raggi a Roma; contro gli abusi da parte delle forze dell’ordine e l’impunità per i loro crimini assicurata dalle istituzioni (lotta a cui il nostro Partito ha contribuito con la battaglia contro il processo nei confronti della compagna Rosalba, della redazione di Vigilanza Democratica, e per lo scioglimento del VII Reparto Mobile di Bologna).

Complessivamente, quindi, il fronte delle masse popolari esce rafforzato da questa campagna elettorale in termini di organizzazione, di mobilitazione, di autonoma dai partiti borghesi, di consapevolezza che non è possibile fare affidamento sugli artefici dell’attuale disastro. Questa è una “posizione conquistata” che tutti i comunisti, i lavoratori avanzati e i sinceri democratici possono e devono valorizzare dopo il 4 marzo.

Per quanto riguarda le liste che più si sono messe al servizio dei lavoratori e delle masse popolari, indichiamo:

- Potere al Popolo (Clash City Workers-ex OPG di Napoli, PRC, PCI Alboresi, Rete dei Comunisti-Eurostop) con le centinaia di assemblea territoriali e le iniziative di lotta che ha promosso è la forza che più ha alimentato questo processo di organizzazione dal basso, anche se la linea di Potere al Popolo (come emerge bene dalle interviste della portavoce Viola Carofalo) è ancora incentrato sul progetto riformista della “costruzione di una sponda per le lotte rivendicative dentro il Parlamento” e, per quanto riguarda in particolare i Clash City Workers-ex OPG, sulla linea della “costruzione del partito comunista attraverso le elezioni e le lotte rivendicative” (leggi Sulla lista “Potere al Popolo”). Le contraddizioni emergeranno con maggiore forza in Potere al Popolo dopo il 4 marzo, quando emergerà che il partito non si costruisce in questo modo (e già nei giorni scorsi dal suo interno c’è chi ha ricominciato a parlare della costruzione di un nuovo soggetto-aggregato politico anziché di come utilizzare le posizioni conquistate per rafforzare la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori e delle masse popolari) e che la “sponda politica” non porta da nessuna parte.

Il Partito Comunista di Marco Rizzo ha usato la campagna elettorale per propagandare il socialismo come unica via d’uscita dalla crisi e dal marasma prodotto dalla borghesia, svolgendo un’utile opera di contrasto delle illusioni riformiste, anche se la sua azione è stata incentrata sulla “campagna acquisti” in un’ottica fortemente concorrenziale e in contrapposizione con le altre organizzazioni comuniste (sul modello della “campagna acquisti” condotta dai sindacati di base rispetto alla CGIL-FIOM, o anche tra loro, anziché creare un fronte unico sindacale, per il rinnovamento del movimento sindacale). Il nostro Partito ha risposto all’appello lanciato dal PC Rizzo a un confronto tra le forze comuniste, ma la nostra richiesta di incontro non ha ricevuto risposta (è il brutto vizio di dire pubblicamente delle cose e poi farne altre, di coltivare il proprio orticello anziché promuovere la coalizione delle forze anti-Larghe Intese). Così come abbiamo costatato la chiusura di questo partito rispetto alla solidarietà di classe verso i compagni colpiti dalla repressione e, nello specifico, della compagna Rosalba della redazione di Vigilanza Democratica. La concorrenza con le altre forze comuniste, il non utilizzo della solidarietà di classe (per non avere problemi con le forze della repressione borghese?) e il rifiuto del dibatto franco e aperto sull’analisi della situazione politica, sul bilancio dell’esperienza del movimento comunista, sui compiti dei comunisti: sono tre aspetti di arretratezza ideologica e politica che lo sviluppo della lotta di classe nel nostro paese imporrà di superare a quella parte del PC Rizzo che vuole avanzare coerentemente nella lotta per il socialismo.

Possibili scenari post elettorali

Qualsiasi sarà il governo che i vertici della Repubblica Pontificia riusciranno a insediare, la guerra tra bande all’interno dello schieramento borghese, la crisi politica e l’ingovernabilità dall’alto cresceranno.

Il M5S è dato come possibile primo partito. In caso di effettiva affermazione del M5S due sono gli scenari possibili, come abbiamo scritto anche sul numero di febbraio di Resistenza, ed entrambe le situazioni sono favorevoli al processo di rafforzamento delle organizzazioni operaie e popolari, alla formazione di Amministrazioni Locali d’Emergenza e quindi alla creazione delle condizioni per costituire un Governo di Blocco Popolare e imporlo ai vertici della Repubblica Pontificia e ai suoi padrini e mandanti della comunità internazionale.

“- Se il tentativo impersonato da Di Maio di prendere il posto delle Larghe Intese di Renzi e Berlusconi (le aperture alle alleanze per governare e l’ammorbidimento della posizione sulla UE, vedi candidature come quella di Emilio Carelli, longa manus degli imperialisti USA in Italia) avrà un mezzo successo elettorale, i Partiti delle Larghe Intese saranno spinti ad allearsi apertamente (a fare un nuovo governo delle vecchie Larghe Intese). In entrambi i casi (Governo delle Larghe Intese costituito a seguito dell’affermazione di una o l’altra delle due coalizioni delle Larghe Intese o costituito a seguito di un mezzo successo elettorale del M5S a guida Di Maio), sarebbe un governo alle prese con i contrasti crescenti non solo tra i vertici della Repubblica Pontificia (tanto più che a livello internazionale la frattura fra gruppi imperialisti USA e quelli europei si allarga e si allargherà), ma anche tra essi e le masse popolari;

- se il M5S a guida Di Maio otterrà pieno successo elettorale, tra i vertici della Repubblica Pontificia si aprirebbe un ulteriore scontro tra chi è per conferirgli il mandato per governare e chi è contrario. Nel caso che prevalesse la linea di conferirgli il mandato, si tratterebbe di un governo M5S alle prese con la necessità di far passare le misure antipopolari del programma comune della borghesia imperialista, quindi in ogni caso destinato a ‘saltare’: o percorrerebbe, ma in tempi più rapidi, la parabola dei governi del circo Prodi oppure sarebbe travolto dalla mobilitazione popolare”.

La deriva di Di Maio e i numerosi passi che sta muovendo per accreditarsi presso i poteri forti nazionali e internazionali, ben propagandata dagli stessi media di regime (che non perdono occasione per confrontare le nuove posizioni del M5S rispetto al 2013 su Euro e Unione Europea, migranti, economia nazionale, ecc.) e dai partiti della sinistra borghese come il PRC (che tentano in questo modo di recuperare i voti persi) ha alimentato, anche nelle nostre fila, la concezione del M5S come “blocco monolitico appiattito sulle posizioni di Di Maio”. È un errore di analisi che non permette di inquadrare bene cosa sta avvenendo nel M5S, le contraddizioni che lo attraversano e che lo attraverseranno, il ruolo che una parte (la sinistra, quella legata al movimento di resistenza delle masse popolari) ha e può avere nella costruzione del fronte anti-Larghe Intese.

Secondo questa analisi, infatti, esiste una concezione e una linea unitaria nel M5S, priva di contraddizioni interne (“sono tutti con Di Maio”, “sono tutti legalitaristi”, “non si legano con le masse popolari”, ecc.) e di conseguenza porta a snobbare questo aggregato. Nel corso di questa campagna elettorale, dove abbiamo sviluppando un intervento nei meet up (ad esempio a Milano, Piombino, Quarto, Siena, Roma), abbiamo visto che le contraddizioni dentro il M5S ci sono (e come!) e constatato che vi sono numerose possibilità per lo sviluppo della discussione e di attività comuni (forte è infatti lo sbandamento dentro il M5S per via della strada intrapresa da Di Maio, altro che “blocco monolitico!”). Dobbiamo imparare ad analizzare le cose con autonomia dalle Larghe Intese e dalla sinistra borghese che piange sui posti che ha perso in Parlamento.

La nostra indicazione di voto

Il Partito dei CARC chiama a votare in ogni circoscrizione quei candidati (e di conseguenza la lista, dato che per la legge vigente non è possibile esprimere il voto di preferenza) che danno maggiore affidabilità di applicare forze, relazioni e risorse per:

1. promuovere la moltiplicazione del numero di organizzazioni operaie e popolari,

2. favorire l’attività delle organizzazioni operaie e popolari come Nuove Autorità Pubbliche che indicano e applicano le misure sia pure parziali e precarie che è possibile mettere in opera a livello locale contro gli effetti della crisi,

3. sostenere l’opera delle organizzazioni operaie e popolari per coordinarsi in tutto il paese fino a costituire un proprio governo d’emergenza e farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia.

Questa è l’indicazione di voto coerente con l’analisi del corso delle cose fatta sulla base della concezione comunista del mondo e con la linea generale che abbiamo indicato e seguiamo in questa campagna elettorale (leggi I comunisti e le elezioni): usare la campagna elettorale per promuovere la moltiplicazione, il rafforzamento e il coordinamento delle organizzazioni operaie e popolari, intervenendo a questo fine in tutte le liste e i candidati esterni alle Larghe Intese (Potere al Popolo, PC Rizzo, Lista del Popolo per la Costituzione, Sinistra Rivoluzionaria, M5S, Liberi e Uguali).

Ogni federazione e sezione del P.CARC indicherà, con un apposito comunicato, nomi e cognomi di candidati da votare nei collegi della sua zona operativa e della sua zona di lavoro ad ampio raggio.

Non importa se i candidati che indichiamo e di cui indichiamo la condotta promettente non saranno eletti perché la lista non sarà ammessa al Parlamento a causa degli sbarramenti del Rosatellum o per il ridotto numero di voti. Il corso futuro delle cose non si deciderà in Parlamento! Il Parlamento è solo uno degli attori della lotta tra le bande ai vertici della Repubblica Pontificia. Se uno che fa un buon lavoro di massa è in Parlamento, tanto meglio: avrà più mezzi per fare il buon lavoro. Ma il corso delle cose per forza di cose lo decideranno le masse popolari e quindi lo decideranno quelli che le mobilitano, organizzano e orientano. Non è il risultato nella composizione del Parlamento che conta (quanto più la crisi avanza, tanto minore diventa il ruolo che il Parlamento svolge persino nella guerra tra le bande dei vertici e anche nel decidere la condotta delle Autorità Pubbliche). Quello che più conta è la forza che suscitiamo a favore del movimento delle organizzazioni operaie e popolari.

Come proseguire dopo il 4 marzo?

Abbiamo illustrato perché complessivamente il fronte delle masse popolari esce rafforzato da questa campagna elettorale in termini di organizzazione, mobilitazione, autonomia e consapevolezza. È sulla base di questa “posizione conquistata” e dell’analisi degli scenari possibili che si apriranno dopo le elezioni che dobbiamo rispondere alla domanda che migliaia di attivisti delle liste anti-Larghe intese si pongono in tutto il paese: “come proseguire dopo il 4 marzo?”.

La questione decisiva sarà costruire un fronte anti-Larghe Intese che si batte per l’attuazione da subito e dal basso delle parti progressiste della Costituzione del 1948 (organizzando iniziative dirette di attuazione e sostenendo tutte quelle esperienze che già si muovono in questa direzione) e composto da quella parte del M5S che non vuol seguire la linea incarnata da Di Maio, da Potere al Popolo, dal PC Rizzo, dalla Lista del Popolo per la Costituzione, da quegli esponenti di Liberi e Uguali contrari all’“inciucio con il PD”, da Sinistra Rivoluzionaria, da Attuare la Costituzione di Paolo Maddalena, dai sindaci “ribelli” come De Magistris, dai sindacati alterativi e di base.

Questa è l’unica via positiva e costruttiva per contrastare nelle prossime settimane e mesi i tentativi delle Larghe Intese di alimentare la guerra contro gli immigrati e il clima di “tensione” nel paese a favore di misure ancora più repressive, di allargare la partecipazione del nostro paese alle guerre di aggressioni imperialiste.

La costruzione di un fronte comune anti-Larghe Intese è un percorso realistico (è alla portata degli esponenti delle varie liste e degli aggregati che li hanno sostenuti), è un antidoto al disfattismo e alla sfiducia, è il modo per dare gambe per marciare ai programmi in nome dei quali le liste anti-Larghe Intese hanno chiesto il voto ed è un tassello del processo più articolato di costruzione di un governo di emergenza delle masse popolari organizzate che prenda in mano le redini del paese e attui le misure necessarie per iniziare a ricostruirlo.

Nella situazione attuale, l’unico “voto utile” è quello che serve

- a sviluppare la mobilitazione e la ribellione, l’organizzazione e il coordinamento, il protagonismo delle masse popolari,

- a rendere difficile, se non impossibile, ai poteri forti installare un loro governo e continuare l’opera di rapina delle masse, di devastazione del territorio, di eliminazione dei diritti democratici conquistati con la Resistenza antifascista, di violazione della Costituzione,

- a costruire un nuovo sistema di governo fondato sulle masse popolari organizzate!

Direzione Nazionale Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (CARC)
Via Tanaro, 7 – 20128 Milano – Tel/Fax 02.26306454
e-mail: carc@riseup.net – sito: www.carc.it

I commenti sono disabilitati.