Marco Bersani: “Scindere Cassa Depositi e Prestiti”

E’ ora di mettere seriamente mano al destino di Cassa Depositi e Prestiti,
trasformatasi nell’arco degli ultimi 15 anni in una sorta di fondo sovrano
tentacolare, che agisce -a volte su mandato del Governo, a volte per motu
proprio- sempre in direzione della penetrazione dei grandi interessi
finanziari privati sull’economia e la società.

Eppure la storia e la missione di Cassa Depositi e Prestiti sono state
radicalmente altre per oltre 150 anni: raccogliere e garantire il risparmio
postale dei cittadini (oltre 20 milioni di persone che le hanno affidato
250 miliardi) e utilizzare questa enorme massa di liquidità per finanziare
a tassi agevolati gli investimenti degli enti locali.

Una funzione pubblica e di interesse generale, svanita nel 2003 con la
trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in società per azioni (dunque
rivolta al profitto) e con l’ingresso nel suo capitale sociale delle
fondazioni bancarie.

Oggi Cassa Depositi e Prestiti finanzia la svendita del patrimonio pubblico
dei Comuni e la privatizzazione dei servizi pubblici locali, in un contesto
dentro il quale gli enti locali, dissanguati dal patto di stabilità e dal
pareggio di bilancio, asfissiati dai tagli alle spese e agli investimenti,
sono stati ridotti a promotori del saccheggio dei beni comuni da parte
delle lobby immobiliari e finanziarie.

Nel contempo, l’azione di Cassa Depositi e Prestiti si è estesa a tutti i
gangli dell’economia, della quale è rimasta l’unico colosso finanziario in
grado di investire con un raggio a 360 gradi, ma senza nessuna strategia di
medio e lungo termine decisa da una qualche assemblea elettiva (il
Parlamento, che dovrebbe controllare e indirizzare, spicca per la totale
assenza di discussione).

Intanto, il collasso del sistema bancario privatizzato (l’Italia è l’unico
Paese che è riuscito a passare dal 74,5% di controllo pubblico sulle banche
nel 1992 all’attuale zero assoluto) continua a drenare risorse pubbliche
(ad oggi siamo ad oltre 30 miliardi) per “salvataggi” che non modificano
alcun assetto strutturale, bensì perpetuano l’espropriazione di ricchezza
collettivamente prodotta e il suo trasferimento alle lobby finanziarie.

Senza una nuova finanza pubblica nessuna trasformazione del modello
economico e produttivo sarebbe possibile e le decisioni di lungo termine
sulla società rimarrebbero comunque appannaggio delle lobby finanziarie.

Qui entra in campo il destino di Cassa Depositi e Prestiti, per la quale va
pensata una scissione strategica in due settori: uno legato alle
partecipazioni societarie e all’intervento nell’economia, che dovrebbe
avvenire sotto la direzione del Parlamento e dopo un’ampia discussione
nella società sulla riconversione verso un nuovo modello economico che sia
ecologicamente e socialmente orientato; il secondo legato all’urgente
necessità della creazione di un servizio pubblico per risparmi, credito e
investimenti, gestito territorialmente con il coinvolgimento diretto dei
cittadini.

Si tratta non di proporre una burocratica e, data l’attuale dislocazione
dei poteri reali, inefficace nazionalizzazione, bensì di un processo di
riappropriazione sociale della ricchezza prodotta.

Processo che può essere innescato solo da una forte e reticolare
mobilitazione dal basso, che coinvolga cittadini organizzati, enti locali,
settori produttivi territoriali, sindacati e lavoratori delle banche nella
definizione di una finanza come “bene comune” e di una gestione
partecipativa della stessa.

Socializzare subito la parte di Cassa Depositi e Prestiti che gestisce il
risparmio dei cittadini vuol dire ripensare il ruolo del risparmio postale,
la cui funzione sociale va collocata nei territori per svolgere la funzione
di finanziare a tassi agevolati gli investimenti -pubblici e sociali- la
cui destinazione sia il frutto di processi partecipativi delle comunità
locali.

Si tratta semplicemente di riappropriarsi di quello che ci appartiene. E di
pensare ad un futuro fuori dall’austerità liberista.

Marco Bersani
Attac Italia
www.italia.attac.org

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