Mangiar carne fa male, non solo agli animali… anche all’ambiente

La nostra è una società che divora senza necessità, per noia e abitudine, senza elaborazione di senso.
Secondo dati ufficiali ogni anno, in occasione delle festività pasquali, in Italia vengono macellati
3 milioni di agnellini di pochi mesi di età. In questo periodo dai macelli si levano i belati di
migliaia di agnelli terrorizzati in cerca della protezione della loro madre. Semmai ve ne fosse
stato bisogno, l’etologia ha confermato che gli animali percepiscono il pericolo attraverso gli
odori, i suoni circostanti, le modificazioni repentine negli assetti del branco. Ciò è quanto gli
agnelli avvertono sin dal momento in cui sono sottratti alle madri, trasportati verso i macelli,
dove l’odore del sangue e i lamenti dei loro compagni di sventura, svelano loro l’inferno che li
attende.

L’occultamento dell’uccisione fra le mura dei macelli cancella il senso di colpa, confessato ed
espiato in passato attraverso riti anch’essi abbandonati. L’allontanamento dell’allevamento e
della mattazione degli animali dai nuclei abitati, avvenuta intorno al Cinquecento, ha
determinato una “anestetizzazione delle coscienze “. L’allevamento, sino agli inizi del XX° secolo
attività di completamento della coltivazione della terra, con il boom economico del secondo
dopoguerra assurge ad attività industriale.

Viene stimato che il 38% della deforestazione della selva del Brasile sia imputabile
all’espansione degli allevamenti di bovini destinati al mercato degli hamburger. Dagli anni
Sessanta oltre i due terzi delle terre coltivabili sudamericane sono state destinate al pascolo. Lo
stesso è avvenuto nelle aree centrali d’Italia, dove sin dai tempi antichi l’eccesso di ovini ne ha
sancito il disboscamento.

Si calcola che la dieta prevalentemente carnea di Europa ed America settentrionale sottragga le
risorse alimentari di Nigeria, Colombia e India.

Nonostante buona parte del mondo soffra di una cronica fame d’acqua, la produzione
industriale di un chilo di carne ne richiede sino a quattromila litri, considerando quella
utilizzata per la coltivazione dei cereali destinati al bestiame, quella necessaria all’abbeverata o
all’allevamento ittico degli animali, quella utilizzata durante la macellazione, nei processi di
lavorazione delle carni e nella manutenzione delle zoopoli.

Le deiezioni, i residui di macellazione di miliardi di animali all’anno e con essi gli agenti
patogeni, i farmaci ed i pesticidi sono causa integrante della generale eutrofizzazione delle
acque, dell’assottigliamento dello strato protettivo di ozono e di quel fenomeno che va sotto il
nome di ‘fecalizzazione della società’.

Il dibattito sulla liceità degli esseri umani ad uccidere gli altri animali ha radici profonde: da
Zarathustra, Pitagora e Platone, Porfirio, attraverso i secoli bui del medioevo, Leonardo da
Vinci, Erasmo da Rotterdam, Thomas More, Giordano Bruno, passando indenne attraverso
Descartes e arrivando all’età dei lumi di Voltaire e Diderot, sino a Kant, Bentham,
Schopenhauer, Stuart Mill, Nietzsche, Bergson, Horkheimer, Adorno, Marcuse. Fra i recenti
teorici ad affrontare dal punto di vista morale la relazione fra umano e non umano troviamo
Salt, Singer, Regan, Rachels.

Le moderne pratiche d’allevamento e l’abitudine a mangiar carne anziché una razionale e giusta
scelta alimentare sono sempre più messi sotto accusa dalla bioetica e ritenute disdicevoli poiché
ledono il principio di libertà, equivalente al principio di rispetto, che ogni essere vivente detiene.
L’abitudine, la comodità o l’economicità non rendono lecita o moralmente accettabile un’azione
se questa procura danni ad altri. Questo principio condanna discriminazioni come il razzismo, lo
specismo o il classismo.

E’ il principio di responsabilità che ogni individuo deve assumere come fondante delle proprie
azioni e verso gli altri.

E siccome, per di più, è il consumatore che determina il mercato, suggeriamo l’imposizione,
certo sopportabile, di ricorrere per la prossima Pasqua ad un agnellino di marzapane, degno
simbolo incruento di una celebrazione ragionata e senza sangue.

(Fonte: Accademia Kronos)

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