L’attore comico Alexey Navalny, “eroe” democratico all’americana…

Lunario Paolo D'Arpini 28 marzo 2017

Un poliziotto sfonda la porta di casa con un ariete portatile, l’altro entra con la pistola spianata e crivella di colpi l’uomo che, svegliato di soprassalto, ha afferrato una mazza da baseball, mentre altri poliziotti puntano le pistole contro un bambino con le mani alzate: scene di ordinaria violenza «legale» negli Stati uniti, documentate una settimana fa con immagini video dal New York Times, che parla di «scia di sangue» provocata da queste «perquisizioni» effettuate da ex militari reclutati nella polizia, con le stesse tecniche dei rastrellamenti in Afghanistan o Iraq.

Tutto questo non ce lo fanno vedere i nostri grandi media, gli stessi che mettono in prima pagina la polizia russa che arresta Aliexey Navalni a Mosca per manifestazione non autorizzata. Un «affronto ai valori democratici fondamentali», lo definisce il Dipartimento di stato Usa che richiede fermamente il suo immediato rilascio e quello di altri fermati. Anche Federica Mogherini, alto rappresentante della politica estera della Ue, condanna il governo russo perché «impedisce l’esercizio delle libertà fondamentali di espressione, associazione e assemblea pacifica».

Tutti uniti, dunque, nella nuova campagna lanciata contro la Russia con i toni tipici della guerra fredda, a sostegno del nuovo paladino dei «valori democratici».

Chi è Aleixey Navalny? Come si legge nel suo profilo ufficiale, è stato formato all’università statunitense di Yale quale «fellow» (membro selezionato) del «Greenberg World Fellows Program», un programma creato nel 2002 per il quale vengono selezionati ogni anno su scala mondiale appena 16 persone con carattertstiche tali da farne dei «leader globali». Essi fanno parte di una rete di «leader impegnati globalmente per rendere il mondo un posto migliore», composta attualmente da 291 fellows di 87 paesi, l’uno in contatto con l’altro e tutti collegati al centro statunitense di Yale.

Navalny è allo stesso tempo co-fondatore del movimento «Alternativa democratica», uno dei beneficiari della National Endowment for Democracy (Ned), potente «fondazione privata non-profit» statunitense che con fondi forniti anche dal Congresso finanzia, apertamente o sottobanco, migliaia di organizzazioni non-governative in oltre 90 paesi per «far avanzare la democrazia».

La Ned, una delle succursali della Cia per le operazioni coperte, è stata ed è particolarmente attiva in Ucraina. Qui ha sostenuto (secondo quanto scrive) «la Rivoluzione di Maidan che ha abbattutto un governo corrotto che impediva la democrazia». Col risultato che, con il putsch di Piazza Maidan, è stato insediato a Kiev un governo ancora più corrotto, il cui carattere democratico è rappresentato dai neonazisti che vi occupano posizioni chiave.

In Russia, dove sono state proibite le attività delle «organizzazioni non-governative indesiderabili», la Ned non ha per questo cessato la sua campagna contro il governo di Mosca, accusato di condurre una politica estera aggressiva per sottoporre alla sua sfera d’influenza tutti gli stati un tempo facenti parte dell’Urss. Accusa che serve da base alla strategia Usa/Nato contro la Russia.

La tecnica, ormai consolidata, è quella delle «rivoluzioni arancioni»: far leva su casi veri o inventati di corruzione e su altre cause di malcontento per fomentare una ribellione anti-governativa, così da indebolire lo Stato dall’interno mentre dall’esterno cresce su di esso la pressione militare, politica ed economica.

In tale quadro si inserisce l’attività di Alexey Navalny, specializzatosi a Yale quale avvocato difensore dei deboli di fronte ai soprusi dei potenti.

Manlio Dinucci
(il manifesto, 28 marzo 2017)

Commento di Massimo Marzano: “Ovviamente il liberal-sorosiano Alexey Navalny, organizzatore della “contestazione dei 500″ contro il “mostro dittatoriale omofobo genocida Putin”, è il nuovo idolo dei piddini e dei radical chic amanti delle rivoluzioni made in Open Society, visto che il tizio in questione è sfacciatamente filostatunitense e filoeuropeista, praticamente una versione russa di Poroshenko.”

Commento di Marco Mazzocchi: “Ecco i clowns ammaestrati di Soros, in Ucraina gente simile a lui ha innescato la guerra civile. Un ex banchiere corrotto russofono di origini ucraine (condannato per frode a 3 anni) che combatte la corruzione (Soros non sei mica immortale!) che ha aderito al programma “Yale World Fellows Program” dell’Università di Yale offertogli gentilmente da Raymond Greenberg direttore della Federal Reserve Bank of New York, e finanziato da Open Society Foundations di George Soros. Ah,in pratica un altro Regeni, un altro sfruttato dagli infami delle intelligence anglosassoni, il cavallo sbagliato su cui puntare e costruirci intorno una bella rivoluzione multicolore…”

Commento di Gianni Papalini: “…Dalla Russia con amore….direbbe James Bond. … leggo il titolone di Repubblica: “La repressione di Putin”, caratteri cubitali ovviamente. Il feroce dittatore ha fatto arrestare il presunto “capo dell’opposizione”, di cui la metà della popolazione manco sa chi sia, stipendiato dalle forze che non hanno abbandonato il sogno di un Maidan in p.zza Rossa e beniamino dei salotti liberal. Tutta gente – quelli più agee – che aveva fatto carriera nell’Unione Sovietica: studi gratis, promozioni, popolarità sul piccolo e grande schermo, immobili, viaggi, elogi dei media. Ora sono ferocemente anti-regime, mentre chi veramente ha problemi a mettere insieme pranzo e cena rivoterebbe il solito dittatore, chissà perché non si fida dei promotori della “libertà”. Forse perché c’è già stata, in versione “ladri, mafia, Soros, propaganda americana libera, moria di massa dei pensionati che avevano perduto tutto”. Già, mia zia si era trovata in queste condizioni e ha fatto questa fine.. Hanno qualcosa di nuovo da offrire, i navalnij? I russi non vogliono questo deja-vu…”

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