Populismo di destra e di sinistra – “Avanti tutta!”

Gli elementi a cui si fa più frequentemente riferimento per caratterizzarlo sembrano essere il sentimento anti-establishment, l’autoritarismo e il nazionalismo. La filosofia populista esalterebbe le virtù della “gente comune” in opposizione alle élite (in cui rientrano non solo i politici, ma anche i rappresentanti dei poteri economici e finanziari e gli intellettuali) viste come corrotte e disoneste.

Il popolo è concepito come un’entità collettiva caratterizzata da condizioni comuni o da un condiviso sistema di valori. Gli interessi del popolo (“noi”) si contrappongono a quelli degli altri (“loro”) esasperando il conflitto e banalizzando la molteplicità degli interessi in conflitto.

Per le sue composite caratteristiche a molti il populismo appare non riconducibile alla distinzione tra destra e sinistra ed è considerato compatibile con entrambe.

Cruciale è, al riguardo, l’elemento di volta in volta considerato unificante: se è l’identità culturale, etnica e religiosa, allora il populismo sarà “di destra” e prenderà forme razziste e nazionaliste; se invece è la condizione economica dei meno abbienti, allora il populismo sarà solidaristico e “di sinistra”.

Più precisamente, secondo alcuni (ad esempio N. Urbinati “Il populismo come confine estremo della democrazia rappresentativa. Risposta a McCormick e a Del Savio e Mameli”, MicroMega, 2014) il populismo rappresenta una modalità di opposizione alla democrazia rappresentativa che auspica una gestione diretta del governo da parte del popolo, anziché in nome del popolo ed è intollerante rispetto alle “lentezze” derivanti dalla separazione dei poteri e ai “controlli e contrappesi” istituzionali. Secondo altri, (McCormick, “Sulla distinzione fra democrazia e populismo”, MicroMega 2014; Del Savio e Mameli , “Il populismo è democratico: Machiavelli e gli appetiti delle élite”, MicroMega 2014) il populismo sarebbe, invece, una reazione disperata, necessaria per rendere gli attuali sistemi elettorali rappresentativi più genuinamente democratici.

In questa lettura – che rimanda anche ai Discorsi di Machiavelli – il populismo sarebbe quindi la reazione del popolo contro le ristrette oligarchie che controllano in maniera diretta il potere economico, finanziario e politico e i cui interessi sono molto spesso lontani da quelli della stragrande maggioranza della popolazione.
Le diverse concezioni del populismo nascono, dunque, anche dalle differenze nell’individuazione delle sue cause di fondo. Secondo l’opinione prevalente alla radice del populismo vi sono le difficoltà economiche di strati sempre più ampi della popolazione (il cosiddetto declino delle classi medie, in particolare). Secondo un’altra opinione, invece, il fenomeno avrebbe cause di carattere culturale. Più precisamente, si tratterebbe di una reazione diretta a difendere e riaffermare valori messi in pericolo dall’evoluzione delle politiche e della società.
Questa contrapposizione tra cause economiche e culturali nella spiegazione di comportamenti collettivi e di rilevanti scelte di policy non è nuova. Ad essa ha, ad esempio, fatto riferimento molti anni fa J.E. Roemer (“Why the poor do not expropriate the rich: an old argument in new garb”, Journal of Public Economics, 1998) per spiegare “perché i poveri non espropriano i ricchi”. Il motivo sarebbe legato all’attenzione riservata alla dimensione valoriale nella competizione elettorale che distoglierebbe l’attenzione dal conflitto economico.
Per iniziare a fare un po’ di chiarezza in tutta questa complessa materia è molto utile un recente lavoro di R.F. Inglehart e P. Norris (“Trump, Brexit, and the Rise of Populism: Economic Have-Nots and Cultural Backlash”, HKS Faculty Research Working Paper Series n. 16-026 2016). L’analisi di Inglehart e Norris fornisce spunti interessanti per ragionare sul populismo e sul suo diffondersi in Europa e nel mondo; in particolare, esso ha il pregio di discutere teoricamente e documentare empiricamente l’esistenza di varie forme di populismo e di indagare le cause che portano gli individui a dare sostegno politico a partiti populisti.
A proposito della natura del populismo, Inglehart e Norris argomentano – in linea con le opinioni già richiamate – che il populismo non è un’esclusiva dei movimenti e partiti di destra, piuttosto sarebbe una dimensione ortogonale a quella tradizionale destra/sinistra.

Debora Di Gioacchino

(Stralcio di un articolo tratto da: www.eticaeconomia.it)

P.S. – “Non passa giorno che non si faccia riferimento al populismo per spiegare fenomeni che sono molto diversi tra loro o per definire l’atteggiamento e le caratteristiche di partiti, movimenti e contesti politici anch’essi molto spesso profondamente diversi tra loro. In realtà, la questione di cosa sia e in cosa consista effettivamente il populismo è aperta, anzi apertissima…”

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Commento di V.Z.: “Oltre 100.000 persone emigrano ogni anno dal’Italia, paese con il 14% di disoccupazione (durante la “prima repubblica” si gridò allo scandalo quando, nel 1973, raggiunse appena il 7,5%), 40% giovanile (che indica il trend per il futuro. Ogni anno perdiamo oltre 100.000 connazionali, che avevano casa (non loro: quella della famiglia nativa) ma non lavoro, e “guadagniamo” oltre 150.000 immigrati stranieri (nel 2016 sono stati 180.000) senza casa né lavoro…”

Commento di V.B.: “…in Italia i “democratici” seppelliscono sotto un cumulo di accuse l’infelice Virginia Raggi (che sicuramente ci ha messo del suo con la sua testardaggine), cercando di colpire l’unica forza che in questo momento sembra poterli scalzare, e che – nonostante tutto – continua a crescere: il Movimento 5 Stelle. E’ triste constatare quanto siano irrilevanti, ed in stato confusionale, in questo momento, i brandelli dell’ex-sinistra come Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana, e come questa situazione si verifichi anche in molti altri paesi europei. Questo vuoto lascia spazio ai movimenti “populisti” europei che, raccogliendo la bandiera dell’antimperialismo lasciata cadere da tanta parte dell’ex”sinistra”, rivendicano un rilancio della sovranità nazionale contro la globalizzazione imperialista e migliori relazioni con la Russia nell’ottica di un mondo multi-polare…”

Commento di S.P.: “Con una recessione infinita e la disoccupazione giovanile al 40% uno Stato dovrebbe fare una cosa sola: investire e fare politiche espansive (cioè, spesa pubblica, che è ricchezza privata). Invece “l’europa” ci chiede ancora tagli ai servizi e più tasse (cioè politiche restrittive, come facciamo con ottimi risultati da anni), perché l’importante è avere i conti in ordine, se poi diventiamo un deserto non gliene frega niente. Questa è la UE, un’altra non esiste…”

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