Il petrolio non conviene più?… Calano gli investimenti sulla ricerca petrolifera

Da tre anni calano gli investimenti in ricerca e nuovi progetti di produzione petrolifera, in conseguenza di questo nei prossimi cinque anni potrebbero verificarsi grossi problemi nell’offerta di greggio.

Gli investimenti in ricerca ed avvio di nuovi progetti di produzione di petrolio nel 2016 sono calati del 22%, nel 2015 erano già diminuiti del 26% ed anche il 2014 aveva visto minori spese per nuovi progetti. Nel 2015 sono state scoperte nuove riserve per un totale di 12 miliardi di barili contro un consumo annuo nel 2016 di almeno 34 miliardi di barili.

Si stima che il calo di investimenti ammonti a mille miliardi di dollari e viene considerato una conseguenza del calo del prezzo degli ultimi due anni e mezzo.

La mia impressione e’ che il calo di investimenti di mille miliardi di dollari sia enorme rispetto al piccolo periodo, trenta mesi circa, di prezzi bassi. Il crollo potrebbe essere dovuto al fatto che qualsiasi sia prezzo del barile gli investimenti non danno un ritorno adeguato di utili.

La produzione per ora e’ sempre superiore alla domanda, e’ previsto un taglio delle quote di paesi Opec e non Opec e da 8 anni i paesi Opec non concordavano una diminuzione delle loro quote produttive. Secondo l’AD dell’Eni De Scalzi pero’ la produzione e il consumo alla fine del 2016 hanno quasi ragggiunto il pareggio anche se il livello delle scorte e’ molto alto.

Questa stagnazione degli investimenti potrebbe causare problemi all’ offerta di greggio nei prossimi cinque anni, i nuovi impianti che entreranno in produzione potrebbero non pareggiare il declino degli impianti gia’ in produzione.

L’ accordo tra paesi Opec e non Opec e’ finalizzato quindi non a neutralizzare l’ abbondanza di offerta attuale ma ad arginare i problemi possibili nel prossimo quinquennio. Nel 2015 i paesi non Opec hanno diminuito la loro produzione totale e paesi non Opec importanti come Messico (2,4 milioni b/g) e Azerbajian (800 mila b/g) hanno concordato di diminuire la produzione ma questo sara’ dovuto solo al declino naturale della loro produzione.

Nello stesso tempo i paesi Ocse tendono a diminuire il loro consumo di petrolio, l’ Italia ne consuma il 30% di quanto ne consumasse nel 2008 e gli USA hanno diminuito di 2 milioni b/g.

E’ impossibile prevedere come la transizione energetica si svilupperà nei prossimi anni, a testimoniare questa incertezza c’è la scelta dell’ Enel di non avviare nuovi progetti che possano entrare in produzione oltre i tre anni dalla progettazione.

Sicuramente aumenterà l’interesse per il petrolio del Medio Oriente che attualmente produce meno di un terzo del totale ma ha il 60% delle riserve accertate, come sa bene il nuovo segretario di stato USA che arriva a gestire la politica estera statunitense dalla Exxon, una delle maggiori imprese petrolifere del mondo.

Marco Palombo

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Commento di F.G.: “Dati che contrastano con altri che indicano come le riserve siano tali da soddisfare un fabbisogno anche crescente per almeno due secoli. Del resto si scoprono sempre nuovi giacimenti, tra cui quello immenso nel Mediterraneo orientale, tra Egitto e Cipro. (vedi: http://altracalcata-altromondo.blogspot.it/2012/11/altra-siria-urge-togliere-di-mezzo.html)
Poi qui si trascura il Venezuela che vanta le riserve più ampie del mondo e le nuove scoperte nei Caraibi. Il fatto che c’è voluto un lungo tiraemolla tra i produttori, Opec e non, per ridurre un’offerta che aveva piallato i prezzi sembrerebbe indicare che non c’è penuria in vista. Ricordo che già negli anni ‘70 si fantasticava del picco di disponibilità di idrocarburi raggiunto e superato. Una fola. Quelli del petrolio raramente sono dati disinteressati per un verso o per l’altro…”

Commento di V.B.: “Il fantomatico picco del petrolio finora si è dimostrato una bufala.
L’offerta supera sistematicamente la domanda e le riserve accertate e possibili sono molto alte.
I paesi OPEC hanno limitato la produzione per cercare di non far scendere troppo i prezzi.
Il resto sono illazioni.”

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