Obama, il presidente che non sa perdere, finisce il suo mandato in bruttezza

Obama ha dimostrato di essere un presidente in uscita che non sa perdere e continua a sfigurare. Sono perfettamente in sintonia con quanto espresso da Marcello Foa nel suo editoriale di fine 2016 su Obama ed il suo entourage, ma resto dubbioso sul suo ottimismo finale.

Foa dispone di un osservatorio privilegiato nella vicina Svizzera, terra di libertà, dove può permettersi di essere critico più di chiunque altro operatore mediatico, seppur moderatamente e sempre in maniera ponderata, ma al tempo stesso non può avere fino in fondo il polso della situazione della vicina Italia, che è paradigmatica di come versi tutto il resto del mondo occidentale, manipolato dalla disinformazione di un sistema mediatico totalmente asservito e prostituitosi al mainstream. Condivido che è un segnale positivo che la controparte di Obama, Putin, sia un leader di eccezionale grandezza, rispetto ai nostri che sono insipienti e patetici, e quindi non cedendo alle provocazioni fornisce ogni volta nuove lezioni di stile, trionfando strategicamente ed a livello di immagine. Ma questo non basta ad essere ottimisti.

Non possiamo essere ottimisti sapendo che la stragrande maggioranza della popolazione italiana (che rappresenta bene quella europea, forse solo leggermente più smaliziata e meno ignorante, soprattutto nei paesi scandinavi), si abbevera ai mass media tradizionali, ancora oggi, e prende per oro colato le versioni ufficiali e la disinformazione e mistificazione che viene spacciata con spregiudicatezza e cinismo, senza cogliere neppure le più mastodontiche incongruenze e contraddizioni, senza conservare memoria a breve termine, senza effettuare confronti e contrapposizioni, senza alcun senso critico e capacità di analisi, in una sorta di adesione fideistica pseudoreligiosa.

Ci crede, come fosse un dogma, perché è la versione dell’autorità. Perché gli italiani, ma non solo, sono abituati a sottomettersi all’autorità, anche se delegittimata moralmente, si prostrano come servi con la paradossale convinzione di essere liberi, di disporre di un pensiero autonomo, mentre invece è solo frutto di un “copia ed incolla”, di un pensiero d’importazione, di seconda o terza mano, poco più di uno slogan o di una velina, uno spot pubblicitario. Siamo messi molto male, l’autocensura e l’omologazione, favorita da un’ignoranza sociale abissale, ha ormai raggiunto livelli tali, che è praticamente impossibile esprimere opinioni nettamente contrastanti con il pensiero unico prevalente, senza essere denigrati, emarginati o addirittura aggrediti, almeno verbalmente. Invitare costoro, cioè la massa, a documentarsi meglio, attingendo a più fonti, soprattutto in rete ed all’estero, è arduo per non dire utopico.

Come pretendere che un analfabeta legga l’aramaico e lo traduca. L’uomo non può riconoscere la propria ignoranza e porvi rimedio, non in questa epoca ipertecnologica in cui tutti i molteplici apparati tecnologici (tablet, smartphone, portatili, ecc.), in possesso anche dei più indigenti ed ignoranti, forniscono l’illusione di essere informati, di sapere, di possedere la conoscenza (congiungendo l’ignoranza alla protervia), ecc., illusione che gli stessi apparati tecnologici alimentano appositamente ogni giorno, bombardando le menti con un cazzeggio continuo all’ennesima potenza. Tutto efficacemente funzionale al sistema di potere, che per permanere nei suoi privilegi deve continuare ad illudere le masse di non essere schiave, ma libere di scegliere. Scegliere di credere a verità preconfezionate e di consumare, soprattutto di consumare, in un circolo vizioso senza vie di fuga. In un substrato subculturale del genere, i detentori del potere, quello vero, possono pianificare qualsiasi oscenità, anche abnorme, e farla accettare come unica soluzione possibile, compresa una guerra. Buona sorte a tutti i miei pochi ma interessanti lettori.

Claudio Martinotti Doria

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Articolo menzionato:

Obama, l’uomo che non sa perdere

IL COMMENTO DI MARCELLO FOA

Keystone
Le ultime decisioni dell’Amministrazione Obama segnalano il tentativo di far deragliare il nuovo corso di Trump o perlomeno di metterlo in fortissima difficoltà sia con Israele, sia, soprattutto, con la Russia

30 dicembre 2016
Eh sì, ora potete verificare di persona che tipo di persona sia Barack Obama. E soprattutto potete rendervi conto di quanto importante e destabilizzante sia stata la vittoria di Trump, che ha posto fine a un lunghissimo periodo di potere esercitato da un gruppo élitario – neoconservatore ma non solo – che, ha dominato Washington, rovinando sia gli Usa sia il mondo. Circa tre settimane fa in un’intervista al blog di Beppe Grillo affermavo che l’establishment di Obama, che riva le sue radici strategiche e ideologiche nell’amministrazione Bush, avrebbe fatto di tutto per mettere in difficoltà o addirittura impedire l’elezione di Trump.

Avete visto cos’è successo negli Stati Uniti: manifestazioni di piazza, riconteggio dei voti in alcuni Stati, pressioni senza precedenti sui Grandi Elettori affinché rinnegassero il voto popolare. Tutto inutile, per fortuna. Per fermare Trump restano solo due modi: un colpo di stato parlamentare o l’eliminazione fisica. Entrambi non ipotizzabili, al momento.

La reazione scomposta di Obama in questi giorni, però, non rivela solo la stizza di un presidente uscente e la scarsa caratura di un uomo ampiamente sopravvalutato, evidenzia soprattutto la frustrazione di un clan che vede svanire il perseguimento dei propri obiettivi strategici. Infatti:
gli Usa hanno perso la guerra in Siria, combattuta la fianco dei peggiori gruppi fondamentalisti.
Nessun rappresentante dell’establishment uscente è stato eletto nei posti chiave dell’Amministrazione Trump.

La globalizzazione e il continuo smantellamento delle sovranità nazionali non sono più garantite, anzi rischiano di essere fermate da Trump che crede nei valori e negli interessi nazionali.
L’obiettivo di conquistare il controllo dell’Eurasia, facendo cadere Putin, sostituendolo con un presidente filomaericano, è fallito; Putin oggi è più forte che mai. Persino Israele, che si è subito allineata a Trump, è diventata ostile. Il via libera alla Risoluzione Onu rappresenta un’inversione a “U” clamorosa e dai chiari intenti punitivi.

Le ultime decisioni dell’Amministrazione Obama segnalano il tentativo di far deragliare il nuovo corso di Trump o perlomeno di metterlo in fortissima difficoltà sia con Israele, sia, soprattutto, con la Russia. La speranza segreta della Casa Bianca era che Putin potesse cedere a una reazione impulsiva, tale da mettere davvero in imbarazzo Trump. E invece il presidente russo ha tenuto i nervi a posto. Anzi ha dato a Obama l’ennesima lezione di stile, rifiutandosi di espellere a propria volta 35 diplomatici americani. Le nuove sanzioni e l’espulsione di 35 diplomatici russi sono comunque un colpo basso, tale da provocare tensioni con il Congresso, ma non così gravi da far desistere Trump dall’avviare un nuovo corso con Putin.

Quanto alle accuse di ingerenze russe nel voto americano sono risibili, pretestuose, come spiego nella breve intervista al blog di Beppe Grillo (trovate qui anche la trascrizione).

Quel che conta, alla fine di un incredibile 2016, è la sostanza. Ovvero: il clan che ha governato l’America per almeno 16 anni lascia per la prima volta il potere. E chi si è opposto, dentro e fuori gli Usa, a politiche egemoniche autenticamente neoimperiali ha motivi di speranza.

Ed è un’ottima notizia per il mondo.

Auguri a tutti

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