Avanti miei gentiloni – “Tutti sul Monte (dei Paschi di Siena)!”

*Tutti sul Monte.* A Siena si sono arresi all’evidenza, sono stracotti, e
hanno chiamato il governo. A Roma il premier Gentiloni e il ministro
dell’Economia Padoan hanno riunito il Consiglio dei ministri
dopo un po’ i due sono usciti con un decreto da venti miliardi e
soprattutto con il “rimborso integrale” degli obbligazionisti subordinati
retail. Così il governo assicura la continuità aziendale del Monte, dice ai
mercati che a Roma c’è un Mr. Wolf che risolve problemi (per ora) e si
auto-assicura dal rischio di contraccolpo elettorale (che ci sarà lo
stesso, vista la fiducia da circolo polare artico del governo Gentiloni,
solo il 38% per un esecutivo all’esordio). La mossa era più o meno l’unica
possibile, vista l’assenza di compratori del Monte, il rischio di bruciare
una parte del risparmio di migliaia di sottoscrittori e soprattutto di
fornire legna per il camino di Grillo. Il comunicato stampa di Palazzo
Chigi lascia aperti mille buchi sul come verrà effettuato il passaggio,
soprattutto quello decisivo sulle obbligazioni subordinate. Insomma,
osservata dal fronte dell’ormai transgenico orto italico la situazione è di
grande confusione ma, come diceva il Grande Timoniere Mao, proprio per
questo è eccellente.

*C’è un giudice a Berlino?* Se spostiamo però lo sguardo oltre le Alpi, ci
sono fatti destinati a rotolare dal Monte a valle. Per ora tutto tace. Ma
cosa diranno a Berlino? Il ministro dell’Economia Padoan ha concordato
l’intervento con la Commissione Ue, l’escamotage per aggirare il bail-in
secco è stato trovato, ma nei giorni scorsi il consigliere economico di
Angela Merkel, Christoph Schmidt, in un’intervista alla Westdeutsche
Allgemaine Zeitung (Waz) ha detto: “Il salvataggio di Mps dovrebbe avvenire
secondo le regole concordate, cioè i creditori della banca devono
contribuire al soccorso, non il contribuente. Se l’Italia non rispetta le
regole alla prima grande prova, l’unione bancaria non è credibile”. Nota
sul taccuino: informare Herr Schmidt che la credibilità non è mai stata un
problema che preoccupa l’Italia. Andiamo avanti. Il salvataggio del Monte
avviene proprio nel giorno in cui Deutsche Bank sigla un accordo con la
giustizia americana per chiudere i guai dell’inchiesta sui mutui subprime
venduti negli Stati Uniti, apre il portafoglio e versa oltre 7 miliardi di
dollari (la richiesta iniziale era di 14 miliardi). Non sono soldi del
contribuente tedesco. I due piani ovviamente sono diversi, ma il fatto è
politico, la crescente asimmetria tra quello che fa l’Italia (insieme a
Grecia e Portogallo) e il resto d’Europa. La Spagna a suo tempo impose agli
obbligazionisti di pagare. L’Italia no. E la Germania a queste condizioni
più che ballerine non farà mai un’unione bancaria. *Achtung*.

*Lex Draghi.* Occhio ai dettagli. Sul salvataggio del Monte stamattina
sulla Lex Column del Financial Times c’è un passaggio radioattivo:
ripercorrendo i guai della banca senese, il quotidiano britannico ricorda
come l’acquisto di Banca Antonveneta (detonatore della crisi) fu
autorizzato da Mario Draghi (“*Mario Draghi, European Central Bank
president, then at the helm of the Bank of Italy, is among those
responsible*”), dall’oggi presidente della Bce che continuerà ad acquistare
titoli pubblici dell’Eurozona per tutto il 2017, piano che la Germania da
tempo vuole tagliare. Sono piccole scintille destinate ad alimentare un
corto-circuito? Vedremo.

*Cassa Depositi e Biscione.* Torniamo al Manzoni, Renzo è sempre nella
stanza dell’Azzeccagarbugli: “All’avvocato bisogna raccontar le cose
chiare: a noi poi tocca a imbrogliarle”. La difesa della patria senza avere
lo straccio di un’idea ha conseguenze inimmaginabili. Al posto di
Berlusconi, visti all’opera i patrioti, ci sarebbe di che preoccuparsi. La
Stampa stamattina fa questo titolo d’apertura: “Mediaset-Telecom, si muove
il governo”. E’ la classica mossa del cavallo: se non ti posso fermare in
questa casella, ti salto. Così per arginare la scalata di Vivendi a
Mediaset si passa (con i soldi dello Stato) nel capitale di Telecom per
mandare all’aria il piano di Bolloré che dovrebbe vendere la sua quota di
Telecom a Orange e così evitare problemi di concentrazione (già sollevati
dall’Agcom). Davvero? Leggiamo cosa scrive Francesco Bei, un cronista con i
controfiocchi, ben informato sui sospiri di Palazzo: “Da ambienti
finanziari vicini all’industriale bretone trapela infatti la notizia di
un’accelerazione nei piani per la vendita di Telecom, che la cura dell’ad
Flavio Cattaneo ha fatto diventare molto profittevole, al colosso francese
delle tlc Orange. Al governo italiano il piano non è sfuggito – «ha
lucidato l’auto prima di venderla», scherza uno degli uomini del pd che
segue da vicino la vicenda – e la contro mossa sarebbe farglielo saltare,
mettendo in campo l’unica vera massa d’urto rimasta, quella di Cassa
Depositi e Prestiti. Che potrebbe entrare nel capitale di Telecom per
pareggiare la quota di Vivendi, con un costo stimato in 2,5miliardi di
euro”. Fermi tutti, siamo a Zelig. Il risparmio postale di Cassa Depositi e
Prestiti verrebbe usato per entrare in Telecom non al fine di investire e
rafforzare la società di tlc, ma al solo scopo di ostacolare la scalata di
Vivendi su Mediaset e salvare un asset strategico come la messa in onda di
Beautiful. Questo è quanto prevede lo Statuto di Cdp? Questo sarebbe il
piano geniale per fermare la scalata di Bolloré? In Parlamento – questo
racconta l’articolo de La Stampa – ne parlano come se fosse la cosa più
naturale del mondo. Forse è sfuggito a qualcuno il contesto in cui si
svolge questa battaglia, la Borsa. Qui vale una regola che Bolloré ha
capito e gli altri no, quella che teneva bene a mente John Maynard Keynes
(l’economista fu anche un ottimo investitore): “Investire con successo
significa anticipare le anticipazioni degli altri”. Quando il finanziere
bretone ha cominciato a comprare titoli Mediaset, lo ha fatto
improvvisamente, in maniera rapida e spietata, subito dopo il crollo del
governo Renzi, in più ondate, un classico *show of force*, preceduto da un
silenzio dorato. La quiete prima della tempesta. Si chiama strategia, avere
chiaro l’obiettivo. Che poi è quello di trattare con Berlusconi un accordo
senza arrivare per forza al controllo totale. Oggi il Ceo di Vivendi,
Arnaud de Puyfontaine, sarà ascoltato dalla Consob. I Patriots anche hanno
dato un vantaggio competitivo ai francesi: sanno già qual è il piano degli
avversari. E possono decidere: Opa o non Opa? Questo è il dilemma.

*L’avviso di Lotti e di governo. *Il clima post referendum è ottimo e la
magistratura sta distribuendo doni di Natale. Titolo del Fatto Quotidiano:
“Indagato Lotti”. Occhiello: “Favoreggiamento e rivelazione di segreto.
Lui: non ne so nulla”. L’inchiesta è quella sugli appalti della Consip, c’è
anche il nome del Comandante generale dei Carabinieri, Del Sette. Reazione
di Luca Lotti, via Facebook:

Fonte: Il Foglio

*23 dicembre.* Nel 1966 viene proiettato per la prima volta in Italia il
film “Il buono, il brutto, il cattivo”, capolavoro di Sergio Leone.

I commenti sono disabilitati.