La cricca della mummia siciliana ed il giusto momento dell’ascesa… Il cambiamento richiede ancora tempo e pazienza

Forse mai film e romanzo furono tanto veritieri in quanto a simbolica rappresentazione di un paese come il nostro… Tomasi di Lampedusa aveva, già nell’oramai lontano 19° secolo preconizzato e rappresentato al meglio lo spirito di quell’Italia che, ancorchè giovane nazione sul proscenio mondiale, mostrava già di possedere caratteristiche piuttosto “inedite”, quanto a coerenza e a tutte le virtù ad essa correlate. Oggi, a quasi due secoli di distanza, l’Italia sembra ricalcare pedissequamente certi copioni, senza soluzione di continuità…Il tanto osannato Referendum sulle Riforme istituzionali che, per taluni sembrava rappresentare un metafisico spartiacque, dopo il quale o il Diluvio o una nuova Palingenesi ci avrebbero atteso, bene, a nulla ha portato, nonostante il NO chiaro e forte espresso dagli italiani ad un Governo abusivo, non eletto, impopolare, asservito in modo sfacciato alle lobbies della finanza internazionale.

Come se nulla fosse, dopo una farsesca consultazione tra le forze di Governo e la Mummia Presidenziale, gli stessi nomi, le stesse facce, le stesse poltrone, sono state ancora una volta riconfermate, stavolta sotto la sagace guida dell’ex ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, una figura di fronte alla quale Renzi pare Flash Gordon, quanto a sveltezza, energia e spirito di intraprendenza (in negativo, sia ben chiaro…). Tutto il chiasso, il clamore, le speranze, le paure, sono scivolate via come se nulla fosse, trascinate nel “cupio dissolvi” della costituzione di un governo-fotocopia, frutto della solitaria partenogenesi di una qualche abominevole creatura, lontana anni luce dal popolo e dal suo sentire. Sì, è vero, Loro hanno detto che questo sarà un governo di “scopo”, cioè messo lì per portare a termine solo certe incombenze istituzionali, dopodiché si autoscioglierebbe per lasciare che siano i cittadini a dire la loro. Ed è proprio su questo ultimo punto, che riteniamo sia lecito nutrire i più forti e ragionevoli dubbi. Non che non si voterà mai più, ma è ragionevole dubitare che non sarà in tempi così brevi; qualcuno preconizza il 2017 o il 2018 ed oltre.

Nel prevedere tempi così lunghetti si dovrebbe, però tener presente che, mummie ed affini, hanno sicuramente un concetto del tempo più elastico ed “allungato” di quello di noi umani, così attaccati all’idea di un consenso politico che dovrebbe trovare base e fondamento nella coscienza della gente, di quel popolo, oggidì messo in disparte, dalla sfacciata arroganza delle oligarchie buoniste e progressiste. Costoro credono che democrazia, libertà di espressione e scelta vadano bene solo quando utilizzate per conferir loro consensi, altrimenti, senza troppe storie, si ricorre a quella modalità di golpe “soft”, leziosamente chiamata “governo tecnico” o “di scopo”, dietro le quali si nasconde una vera e propria arbitraria sospensione dei diritti dei cittadini. Ma, come recita un antico adagio, “non tutto il male vien per nuocere”. Siamo ancora in una situazione troppo fluida, perché da un confronto elettorale non possa ripetersi un altro nauseabondo, pateracchio all’italiana. La legge elettorale, anzitutto. Sarebbe veramente ridicolo tornare al voto con due leggi elettorali differenti, una per la Camera e l’altra per il Senato. Sarebbe certamente auspicabile un ritorno al Proporzionale. Ma, seppure importante, non è questa la ragione-principe che dovrebbe indurci ad una più approfondita riflessione, basata su quanto abbiamo poc’anzi accennato. Ad ora, le forze di opposizione, sono ancora troppo confuse e frastagliate. Incertezza e poca chiarezza regnano sovrane, accompagnate a rivalità di varia natura.

Il quadro che va via via prospettandosi, non consente, a parere di chi scrive, indecisioni o sbavature di sorta, anche perché stavolta, più che mai, in giuoco non c’è solamente il fragile equilibrio politico italiano, ma la nostra stessa sopravvivenza come popolo, ethnos, inteso come comunanza di lingua, cultura e visione del mondo. Una sopravvivenza oggi seriamente messa in giuoco dall’accelerazione impressa a quel processo di omologazione ed asservimento globale ai “desiderata” dei potentati finanziari internazionali, la cui più grave manifestazione, tra le tante, è rappresentata proprio dalla sconsiderata immissione di masse umane provenienti da aree esterne all’Europa, al fine di sostituire con queste ultime, la forza lavoro nostrana e, con essa, qualunque forma di rivendicazione e freno al liberal capitalismo. Ed il fatto che, in giro di idee chiare ve ne siano poche, lo dimostra anche la vicenda di movimenti come il 5 Stelle che, al di là di belle parole e di splendide intenzioni, alla prova dei fatti, ha dimostrato immobilismo ed incapacità nelle scelte strategiche, come accaduto con la giunta Raggi a Roma, la cui squadra di lavoro non è stata ancora completata o, come nei casi di altre realtà locali, con coinvolgimenti ed avvisi di garanzia di vario tipo e genere. Una vecchia storia all’italiana, questa, che troppo spesso, ha visto forze politiche fresche di anni di dura opposizione, finire con l’impantanarsi in quella stessa palude, in cui giacevano le tanto vituperate forze dei vari governi, fatti oggetto delle peggiori accuse. Ed allora forse, sarà proprio vero che “non tutto il male vien per nuocere”. Quel lasso di tempo, più o meno breve, lungo o medio, che intercorrerà tra l’insediamento del governo-travicello e l’indizione di nuove elezioni, dovrebbe essere adoperato per mettere a punto idee, programmi, strategie, chiari e non per rincorrere obiettivi a brevissimo termine, che potrebbero rivelarsi delle trappole senza scampo, per chi vi si voglia impunemente avventurare.

La fretta di dare battaglia in campo aperto, ha troppo spesso portato alla sconfitta anche le menti e le personalità più importanti della storia, come nel caso di Napoleone, mentre il lungo e logorante assedio, lo sfinimento per inedia delle forze nemiche, accompagnato da un rapido e secco colpo di grazia, ha finito, molto spesso, per rivelarsi una strategia vincente. Un’opposizione dura, logorante, continua, accompagnata da idee chiare, sino allo sfinimento ed al completo sfaldamento delle forze di establishment, si potrebbe rivelare molto più efficace e duratura nei risultati, che non una frettolosa e scombinata ascesa alla sala dei bottoni, accompagnata da altrettante rapide e disastrose uscite di scena. Ed allora, cari amici, lettori e militanti, meglio una “Lunga Marcia” di maoista memoria, meglio una “Lotta di lunga durata” alla Ho Chi Minh, che non il pregustare il dolciastro sapore di quanto mai improbabili posticini al sole, immaginando alleanze, assi, coalizioni, leggi elettorali che, di per sé, non hanno e non avranno mai nessun senso compiuto, se non accompagnati da un epocale cambio di approccio verso l’azione politica.

Umberto Bianchi

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Integrazione commento di Fabrizio Belloni: “…Evidentemente Gentiloni ha contezza della forte personalità, del cervello al calore bianco, della spina dorsale che non si piega mai, se nessuno starnutisce, di Alfano. Meglio tenerlo sotto controllo stretto, prima che ripeta agli Esteri i danni epocali che ha fatto agli Interni. Disponibili e comprensivi sì, ma non oltre il limite dell’autolesionismo….. Riconferma anche della Madia: il fallimento decretato dalla Consulta è titolo di merito, evidentemente. Oppure c’è altro?….
Ma il capolavoro dell’ipocrisia, della nullità politico-morale la si raggiunge con la protagonista del paginone centrale del “Playboy” politico di dicembre 2016: la pin up Maria Elena Boschi (sempre Etruria dipendente). Dicono le male lingue che abbia fatto il diavolo a quattro per “rientrare”. Deve aver agitato tutto quello che poteva agitare: avvertendo la marea montante di antipatia che dentro e fuori il Palazzo montava contro di lei, ed ha preteso una posizione di assoluto privilegio: Sottosegretario unico alla Presidenza del Consiglio. Indifferente alla figuraccia fatta con il suo referendum, si è proposta nel ruolo che io definisco di “Commissario Politico” del governo. La Pin Up Commissario risponde solo a Renzi e gli tiene in caldo il posto per quello che sperano sia il “gran rientro”. (F.B.)

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