Edimburgo – Proteste popolari a favore della Palestina e contro la Barclays “blood bank”

EDIMBURGO – Quando gli scozzesi decidono di manifestare il disappunto verso
qualcosa si impegnano davvero, e riescono ad organizzare proteste e raduni che
sconvolgono l’opinione pubblica e generano vere e proprie reazioni. In tutti i
casi c’è una sola parola d’ordine: “boicottiamo”.

Nello scorso fine settimana Princes Street, la strada principale della città
intorno alla quale si sviluppano le principali attività commerciali e
finanziarie della capitale scozzese, è stata invasa dai manifestanti della
SPSC, il Movimento di Solidarietà Scozzese per la Palestina, che ha preso di
mira ancora una volta, come è accaduto qualche tempo fa, la sede della
Barclays, la banca nata a Londra nel 1690 e che attualmente conta 118mila
dipendenti e filiali in oltre 50 paesi nel mondo. Solo in Italia conta circa
200 succursali.

Il problema è che la Barclays starebbe già da qualche anno capitalizzando
fondi nella Raytheon, la forza americana leader in armi, specializzata in
missili e soluzioni cybersecurity. Si parla di investimenti in armi e forti
vantaggi economici derivanti dalla tecnologia militare che lo Stato di Israele
compra dall’America e utilizza per svolgere i suoi massacri sulla popolazione
palestinese. E così, scritte come “blood bank”, la banca del sangue, sono
comparse nuovamente ieri mattina sui muri della filiale Barclays nel centro
della città.

I sostenitori della SPSC non ci stanno a girarsi dall’altra parte e sono
sempre più motivati a realizzare una vera e propria opposizione verso la banca,
per fermare quegli investimenti che producono utili dalle uccisioni di massa in
Palestina. La popolazione di Gaza traumatizzata dagli attacchi e dai massacri
con le armi sulle quali Barclays investe, il sangue dei bambini, i corpi in
frantumi e i sogni spezzati, sono fatti che non possono essere dimenticati e
che, anzi, devono essere costante motivo di riflessione per la Scozia e per il
mondo.

Sono circa 300 le banche nel mondo che, come è emerso dal rapporto Don’t bank
on the bomb, continuano a sostenere finanziariamente le aziende che si occupano
della produzione di armi militari e nucleari. Negli anni in Scozia sono nati
diversi gruppi a sostegno della Palestina, per fermare il massacro in Medio
Oriente e proteggere i loro risparmi da queste attività finanziarie alquanto
discutibili. SPSC, Snp friends of Palestina e Palestinians in Scotland sono
solo alcune delle organizzazioni che combattono per fermare i massacri e non
solo organizzando manifestazioni, ma collaborando attivamente, anche con la
raccolta di fondi, per aiutare la popolazione di Gaza.

In questi ultimi anni anche migliaia di rifugiati hanno trovato nella Scozia
una nuova dimora, un’oasi di pace dove poter vivere una vita più tranquilla. In
cima alla lista nera delle banche che si occupano di investire soldi in
armamenti troviamo i grandi istituti di credito americani di Bank of America,
JP Morgan Chase e Goldman Sachs. Il fatto che in Italia essi non siano presenti
non deve indurre all’errore, poiché anche Intesa Sanpaolo, Unicredit, Deutsche
Bank, Bnp Paripas (gruppo BNL), Credito Cariparma, Ubs, Santander, Ing Direct e
la stessa Barclays, ogni anno versano parte dei soldi depositati nella
produzione di armi di distruzione di massa.

Si parla di miliardi di euro che vanno a sostegno di compagnie come Boeing,
Honeywell International, Bechtel e ThyssenKrupp. Tutto questo accade proprio
mentre un altro gruppo bancario italiano rischia la chiusura. Parliamo del
Monte dei Paschi di Siena, storico istituto italiano nato nel 1472, annoverato
tra quelle banche che non vuole investire in armi da guerra, come Carige, Ubi
Banca, Banco Popolare di Sondrio e Banco di Sardegna.

Anna Lisa Lo Sapio

Fonte: http://www.liberopensiero.eu/2016/10/11/dont-bank-on-the-
bomb-scozia/

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