Draghi, Quantitative Easing … E il cerchio si chiude. Sulle nostre teste.

Quantitative Easing (in sigla QE): locuzione inglese che letteralmente significa “alleggerimento quantitativo”. In pratica, è un’operazione di creazione di moneta da parte di una banca privata “centrale” (in questo caso la BCE) a beneficio di banche private periferiche. Naturalmente, il denaro di nuova creazione non arriva alle banche locali come semplice regalìa, ma come corrispettivo per l’acquisto di titoli di Stato (o talora di soggetti privati) detenuti dai vari istituti di credito. La funzione “pubblica” di una tale iniziativa privata sta nel fatto che, in teoria, le banche dovrebbero mettere in circolazione la nuova liquidità, sotto forma di maggiori crediti alle imprese e alle famiglie. E ciò – sempre in teoria – dovrebbe determinare l’aumento del denaro circolante, una maggiore propensione alla spesa da parte dei privati, quindi un aumento dei consumi e, come risultato finale, una crescita dell’economia generale.

È quella che i tecnici chiamano una manovra “espansiva” e che – nel nostro caso – fa seguito ad altri analoghi esperimenti con cui il governatore della Banca Centrale Europea tenta di mantenere in vita l’euro: le diverse LTRO (Long Term Refinancing Operations) varate da Mario Draghi all’indomani della sua nomina al vertice della BCE e, l’anno scorso, la prima sfornata di Quantitative Easing: 60 miliardi di euro al mese per un anno e mezzo, stampati dall’istituto di Francoforte e girati alle banche dei paesi UE per l’acquisto di un certo quantitativo di titoli di Stato (non sempre di grande affidabilità) dalle stesse posseduti. Adesso, con il cosiddetto QE2, Sir Drake rilancia: non 60 miliardi al mese, ma 80; e non fino al settembre 2016, ma fino al marzo 2017. E – mi permetto di aggiungere – sono convinto che seguiranno ulteriori proroghe.

Fin qui, comunque, i fatti. Adesso, qualche eretica considerazione:

1°.- Nessuno sa quanti di quei soldi, piovuti in passato nelle casse delle banche, siano effettivamente confluiti nel circuito dell’economia reale dei singoli Stati. Le banche non sono obbligate ad allargare i cordoni dei prestiti a imprese e famiglie, ma questo è soltanto ciò che si presume (con molta buona volontà) che esse possano fare. Non ho dati relativi al primo QE, ma quelli riferiti alla precedenti manovre draghesche (i vari LTRO) dimostrano che la manna dal cielo è stata prevalentemente reinvestita in attività finanziarie redditizie o, in alternativa, destinata a tappare qualche “buco” dovuto a vecchi crediti inesigibili. E se tanto mi dà tanto…

2°.- La creazione di nuova liquidità, nelle condizioni attuali, è comunque un bene per l’economia reale. Per beneficiare appieno la collettività, però, il denaro di nuovo conio non dovrebbe essere dato ad alcuni fortunati soggetti privati (le banche), ma agli Stati, perché questi possano utilizzarlo per finanziare la spesa pubblica necessaria (penso alla sicurezza, alla sanità, alla previdenza…) e per ridurre la pressione fiscale. Ma – come scrivevo commentando la manovra espansiva dell’anno scorso – «i Comandamenti delle sacre tavole del Dio Denaro vietano di utilizzare la ricchezza a pro della collettività. La ricchezza non deve appartenere ai Popoli e agli Stati ma alle Banche. Le Banche creano il denaro e le Banche ricevono il denaro. Alle Nazioni, ai sistemi economici nazionali, alle popolazioni possono andare soltanto le briciole, cadute dalla tavola dei padroni». Ergo, per la generalità dei cittadini non cambierà assolutamente nulla. Continueremo ad essere sodomizzati come per il passato.

3°.- Né alcunché cambierà per gli Stati membri dell’UE, che vedranno semplicemente una parte dei titoli del loro debito pubblico passare da una cassaforte privata ad un’altra. A mutare sarà soltanto la dimensione della banca creditrice, non l’ammontare (stratosferico) dell’indebitamento del “sistema” statale nei confronti del “sistema” finanziario. Ogni centesimo del denaro con cui gli Stati europei adempiono ai loro doveri nei confronti delle collettività amministrate, ogni singolo centesimo continuerà ad essere coniato da un soggetto privato, che poi lo presterà agli Stati. Che così – è l’amara conclusione – continueranno ad essere ostaggio di chi fabbrica il danaro.

E il cerchio si chiude. Sulle nostre teste.

Michele Rallo – ralmiche@gmail.com

I commenti sono disabilitati.