Ottobre a Treia: il topinambur ha fatto un fiore…

un fiore di topinanmur

Nell’orticello di Treia cresce vigoroso il topinanbur. La qualità migliore e più commestibile, quella che produce un fiore su venti o trenta piante. Ed infatti proprio alcuni giorni fa è spuntato, verso la parte esterna dell’orto pensile, quella più solatia, vicino alla strada, un bel fiore giallo intenso. Il suo nome scientifico, eliantus tuberosus, deriva da due parole greche: “elios” sole e “antos” fiore, per ricordare i capolini fiorali che si aprono al sole e che assomigliano loro stessi al sole, mentre “ tuberosus” deriva dal latino e indica i rizomi tuberiformi.

Quest’ultimi sono ricche di vitamina A e B e del polisaccaride inulina, che li rende adatti ai regimi ipocalorici e a chi soffra di glicemia elevata e diabete, oltre a portare energia negli stati di convalescenza, agli anziani e alle donne in allattamento.

Le radici sono buone da mangiare sia crude in insalata, tagliate sottili e condite con una delicata salsina a base di olio extravergine d’oliva e limone, oppure trifolate; hanno un gentile sapore dolciastro con un retrogusto che ricorda il carciofo. Possono essere mescolate in padella con le patate.

Come tutte le radici, il periodo migliore per raccoglierle è al termine della stagione vegetativa, quando tutte le sostanze di riserva vengono immagazzinate nella parte perennante della pianta. Crescendo spesso in terreni sabbiosi, si possono raccoglierle senza particolare attrezzatura, venendo facilmente via anche a mano.

L’unico inconveniente del topinambur è che crea gas nell’intestino, per cui può procurare un intenso meteorismo (volgarmente tradotto fa scoreggiare).

(P.D’A.)

vietato scoreggiare

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