La lungimiranza (e la moderazione) di Putin sta salvando l’Europa da una nuova guerra mondiale

Putin il salvatore

Ora che la crisi greca è rientrata, almeno apparentemente e momentaneamente, sarebbe finalmente opportuna un po’ di autocritica. La dovrebbe fare l’Occidente in generale, totalmente schiavo dei grandi gruppi finanziari che muovono come marionette le istituzioni del vecchio e del nuovo Continente.

La dovrebbe fare ancora di più quella Unione Europea che, oltre ad avere sulla coscienza la non ortodossa Terza Guerra Mondiale che si sta consumando nel disinteresse dei media e che sta segnando la colonizzazione lenta dei Pigs da parte di Francia e Germania, continua ad andare acriticamente a rimorchio degli Stati Uniti: un viaggio con l’unica bussola dell’interesse personale. Deve risultare chiaro che mai come in queste settimane si è andati vicini, vicinissimi alla Quarta Guerra Mondiale. Sarebbe bastato poco: se la Russia avesse lanciato un salvagente a Tsipras, riscattando il debito nei confronti della Troika e offrendo loro condizioni più umane e realistiche, la Grecia sarebbe passata sotto la sua influenza e avrebbe aperto una breccia difficilmente rimarginabile nella credibilità di un’Unione azzoppata nei suoi valori costituenti. L’effetto a catena è facilmente immaginabile: le uscite di Austria e Ungheria sarebbero state inevitabili, visto che non da oggi si mostrano insofferenti verso la diarchia franco-teutonica che regge l’Europa.

In un simile contesto la figura di Putin si sarebbe rafforzata, dopo aver smascherato una volta per tutte le condizioni usuraie che la Troika impone da anni ai Paesi che ha messo in difficoltà lei stessa (grazie anche alla complicità di agenzie di rating sulle quali peraltro sono aperte diverse inchieste giudiziarie). Putin aveva già lasciato correre ai tempi della crisi di Cipro, evitando conflitti con USA e con UE. Sicuramente però sfilare la Grecia dalla sfera d’influenza europea sarebbe stata un’occasione mediaticamente più succulenta che non la piccola isola del Mediterraneo. Un’occasione più simbolica che non economicamente vantaggiosa, certo. Eppure ancora una volta è prevalso il buon senso del premier russo, che ha evitato le reazioni isteriche della politica obamiana.

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E laddove non arriva l’autocritica americana, ci si aspetterebbe che almeno l’Europa battesse un colpo, quell’Europa culla delle migliori diplomazie mondiali che dovrebbe ritrovare il suo pragmatismo e la sua prospettiva di potenza mondiale. E invece l’UE, spinta dalla Germania — a sua volta pressata degli States — starebbe studiando altre sanzioni contro la Russia. Una decisione tanto più grottesca visto che Putin ha a più riprese offerto disponibilità a supportare azioni contro l’avanzata del terrorismo islamico in Medioriente.

Il conflitto ucraino è diventato sulla scacchiera geopolitica un elemento assai decisivo.

Questa sì una apertura fondamentale perché, in controtendenza rispetto al passato, potrebbe portare ad un fronte Occidentale e Orientale compatto nei confronti dell’Isis e a difesa di quella rete valoriale e culturale che dovrebbe essere il collante ultimo della Comunità europea. A Obama non è bastato destabilizzare col suo aperto supporto alle primavere (anglo)arabe un’intera regione che anni di impegno dei suoi predecessori avevano contribuito a stabilizzare. Così, in piena scadenza di mandato, continua a muoversi sullo scacchiere internazionale come un elefante in cristalleria. Imperterrito insiste a stuzzicare una Russia che a differenza degli Usa rimane l’unico punto fermo per la comunità di popoli che compongono la variegata Europa.

Oggi l’Europa insegna al mondo soltanto l’egoismo profondamente nazionalista radicato nella Germania della Cancelliera Merkel, che crede di essere la presidentessa degli Stati Uniti d’Europa. Eppure il referendum greco dovrebbe averle dato un assaggio di che cosa pensano molti cittadini delle sue idee. Ma tanto il consenso popolare è ormai diventato un optional: se non serve per legittimare un governo nazionale (per esempio l’Italia), figuriamoci a livello di organismi sovranazionali.

Romano Prodi ha presentato il salatissimo conto delle sanzioni per l’Italia: persi 85mila posti di lavoro e lo 0,9% di Pil. Quando si alzerà qualcuno al Parlamento europeo chiedendo un dibattito vero sulla politica internazionale comunitaria che ci si vuole dare da qui al 2040? Oggi vengono solo presentati e votati documenti già preconfezionati dagli USA: è questa l’idea di Europa che hanno Merkel e Hollande? Ormai è andata perduta la missione che ci si era dati quando si fondò l’Europa: creare un terzo blocco mondiale. Ora non solo non siamo terzo referente nel globo, ma stiamo rischiando anche la nostra stessa identità, schiacciati come siamo dal terrore verso le tradizioni che ci hanno fatto grandi in passato e dalla sudditanza verso una grande super potenza che dopo la Seconda Guerra Mondiale è intervenuta solo dove aveva interessi economici.

Marco Fontana

Fonte: http://it.sputniknews.com/politica/20150824/1021086.html#ixzz3jkQ3feT1

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Intervento/commento:

“Quello che emerge dalla lettura, per coloro che non sono digiuni di storia, è quanto l’Europa non apprenda dalla storia ma ripeta sempre gli stessi errori, con qualche variante contingente, ma sono sempre gli stessi errori. In sintesi i principali errori commessi sono imputabili alle continue divisioni interne a livello politico, che favoriscono i nemici esterni, e la conseguente incapacità di individuare e porsi le giuste priorità da affrontare e gli obiettivi da conseguire. Politicamente sono errori madornali che minacciano la sopravvivenza stessa dell’UE, che si inaridisce ed indebolisce sempre più, e la sua vulnerabilità consente di venire attaccata in maniere subdole ed insidiose.

Esattamente come nel XV secolo, mentre i regni continentali erano occupati ad aggredirsi e danneggiarsi a vicenda e le dinastie regnanti a cospirare e complottare, l’avanzata dei turchi ottomani, che disponevano dell’esercito più potente dell’epoca, venne fermata nei Balcani per alcuni decenni da piccoli contingenti di uomini fieri e determinati guidati da Giorgio Castriota Scanderbeg (Albania ed Epiro) e Vlad Țepeș III detto Drakul, voivoda di Valacchia. Nessuno dei cristianissimi regni europei, nemmeno il vicino e potente regno di Ungheria li aiutò. Senza di loro la storia dell’Europa sarebbe stata sicuramente diversa in quanto i turchi l’avrebbero invasa prematuramente, e di conseguenza senza inoltrarmi nell’ucronia, difficilmente ci sarebbero poi verificati i tre eventi bellici principali che hanno fermato l’avanzata dei turchi, cioè l’assedio di Vienna, la battaglia navale di Lepanto ed infine (un secolo dopo) la battaglia di Vienna, che segnò l’inizio della decadenza dell’impero ottomano (che possedeva già una cospicua parte dell’Europa orientale.

Ora i “regnanti” europei non sanno neppure identificare il nemico, e cosa ancora più grave, non si vedono all’orizzonte nemmeno i simulacri dei condottieri citati … E purtroppo non disponiamo neppure di un surrogato di Putin.” (Claudio Martinotti Doria)

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