Intelligence fantapolitica – Cosa accadde in Siria nel 2013…?

Lunario Paolo D'Arpini 27 marzo 2015

missili contro la Siria

Gli americani hanno dichiarato guerra a Putin, ma quello che non vi dicono è decisivo. La crisi in Ucraina è stata scatenata dopo che la flotta russa schierata nel Mediterraneo a difesa di Damasco ha neutralizzato un attacco missilistico segreto, scatenato nel 2013 contro la Siria. Mai accaduta una cosa simile, dal 1945: le armi russe avrebbero “parato” i missili statunitensi, facendoli inabissare in mare aperto prima che potessero raggiungere la costa siriana. Lo afferma l’Ossin, osservatorio internazionale indipendente che annovera tra i suoi collaboratori grandi esperti, giornalisti e giuristi anche italiani, attenti osservatori del Maghreb e del Medio Oriente.

L’associazione avvalora oggi le prime notizie, mai confemate all’epoca ma diffuse subito da fonti libanesi, che nel 2013 parlarono addirittura di abbattimenti di aerei Nato in prossimità della Siria a opera della contraerea di Mosca. Non di caccia si trattò, ma di missili Tomahawk, scrive Ossin: i missili furono intercettati dal sistema russo anti-missilistico dispiegato al largo delle coste siriane, “assediate” da un vasto contingente aeronavale angloamericano e forse anche francese.

Questa, sostiene il centro studi, è la ragione segreta – e forse determinante – che ha spinto Obama e i falchi del Pentagono a premere l’acceleratore sull’Ucraina, facendo esplodere la crisi per rappresaglia contro Putin, il capo del Cremlino che ha osato opporsi con le armi all’attacco illegale scatenato dalla Nato contro la Siria per poi minacciare direttamente l’Iran. Sullo sfondo, un torbido retroterra di depistaggi: dalle accuse false al regime di Assad di aver usato gas tossici contro la popolazione di Damasco, fino all’abbattimento del volo Mh-17 in Ucraina attribuito ai filo-russi, nonostante le evidenze fornite dimostrino che l’aereo di linea fu colpito da un missile aria-aria, scagliato da un jet militare di Kiev tracciato dai radar russi. La “guerra” contro Mosca è ovviamente originata da motivi geopolitici: Washington non sopporta che l’Europa dipenda dalla Russia per l’energia, proprio mentre Putin allaccia relazioni strategiche con la Cina e insieme a Pechino guida i Brics, il gruppo di paesi emergenti (India, Brasile, Sudafrica) impegnati a promuovere un sistema economico mondiale che non dipenda più dal dollaro, cioè dai ricatti politici del Fmi e della Banca Mondiale.

«L’elemento scatenante della improvvisa ostilità contro la Russia e Putin», scrive Ossin sul suo sito, si può però individuare «in quasi tutti gli avvenimenti, non resi pubblici, che si sono susseguiti tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2013». Ovvero: «Un attacco a sorpresa della Nato contro la Siria è stato stoppato dalla Russia». Secondo Ossin, «è stata probabilmente la prima volta, dopo la Seconda Guerra Mondiale, che un attacco militare organizzato dall’Occidente si è trovato contro una forza sufficiente a imporre il suo annullamento». Attenzione: «Non lo si è detto alla gente in Occidente». Troppo imbarazzante per Obama e i leader europei. Meglio allora lasciare la presa sulla Siria e optare per il nuovo piano, e cioè «demolire l’Ucraina e impadronirsi della Crimea». Ma anche l’acquisizione della strategica Crimea è fallita, come si sa: la popolazione, attraverso un referendum, ha scelto di tornare alla madrepatria russa, da sempre presente nella penisola con la
grande base navale di Sebastopoli che ospita la flotta del Mar Nero, quella che fu impiegata in Siria nel 2013 per sventare l’attacco della Nato.

Ossin riferisce che il 31 agosto 2013 un ufficiale statunitense telefonò alla segreteria del presidente francese Hollande per preannunciargli una telefonata di Obama che avrebbe dato il via all’attacco. Così, Hollande dispose che i caccia Rafale fossero armati con missili da crociera Scalp, da lanciare contro la Siria da 400 chilometri di distanza. Poi, invece, Obama chiamò Hollande a fine giornata per annunciargli che l’attacco previsto per l’indomani, 1° settembre, alle 3 di notte, non ci sarebbe stato. Tre giorni dopo, scrive Ossin, alle 6,16 del 3 settembre, «venivano lanciati due missili contro le coste siriane “dalla zona centrale del Mediterraneo”», ma i due missili «si sono inabissati in mare».

Secondo Israel Shamir, che cita fonti diplomatiche attraverso la stampa libanese, quei missili sarebbero stati lanciati da una base aerea della Nato in Spagna, e sarebbero stati abbattuti «da un sistema russo di difesa mare-aria, posto a bordo di navi russe». “Asia Times” sostiene che i russi abbiano fatto ricorso ai loro disturbatori di frequenza Gps «per rendere impotenti i costosissimi Tomahawk, disorientandoli e rendendoli inefficaci». Un’altra versione, infine, attribuisce il lancio ai “soliti” israeliani.

«Vi è stato l’invio da parte della Russia di una forza navale operativa, messa insieme frettolosamente, ma competente, verso la costa siriana», scrive un accanito oppositore di Obama come il blogger geopolitico “The Saker”. Quella russa «non era una forza tale da poter battere la marina Usa», ma era comunque «in grado di fornire all’esercito siriano una visione completa del cielo, al di sopra e oltre la Siria». In altri termini, aggiunge “The Saker”, «per la prima volta, gli Stati Uniti non hanno potuto realizzare un attacco a sorpresa», né con i missili da crociera, né con la loro potenza aerea. «Peggio: la Russia, l’Iran e Hezbollah si sono impegnati in un programma nascosto ma dichiarato di assistenza materiale e tecnica della Siria, che è riuscito alla fine a battere l’insurrezione wahhabita», lo jihadismo finanziato dagli Usa che poi, come sappiamo, è stato “dirottato” in Iraq sotto la sigla “Isis”. «Ci è difficile conoscere tutte le manovre sotterranee che si sono susseguite tra agosto e Papa Bergogliosettembre 2013», ammette Ossin, «ma il risultato finale è chiaro: dopo anni di tensioni crescenti e di minacce, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno deciso di non attaccare la Siria, così come avevano deciso». A stopparli, è stata la fermezza di Putin.

«Ora, dopo il ripiegamento – continua Ossin – possiamo constatare che questo attacco diretto fallito contro la Siria ha dato luogo a un crescente attacco indiretto e alla crescita di quello che viene attualmente conosciuto come Stato Islamico». L’osservatorio sostiene che non ci sono solo cattive notizie, ricordando che il 29 agosto 2013 il Parlamento di Londra tenne conto dell’opinione pubblica, contraria all’attacco, e negò al governo Cameron l’autorizzazione ad aggredire la Siria. Fondamentale, inoltre, la clamorosa iniziativa pubblica di Papa Francesco, con veglia di preghiera contro l’attacco Nato (per inciso, la diplomazia vaticana è in contatto con tutti i paesi del mondo, compresi quelli non rappresentati all’Onu).

L’altra ragione della rinuncia all’attacco, aggiunge Ossin, è l’ampiezza della concentrazione di truppe della Siria, della Russia, e anche della Cina: «Russi e cinesi non si sono accontentati di bloccare gli Stati Uniti in ambito di Consiglio di Sicurezza, hanno “votato” anche con la loro forza militare». In quei giorni infatti si parlò di navi da guerra di Pechino dirette verso il Canale di Suez per rinforzare la flotta russa. «Quand’è che i cinesi hanno inviato l’ultima volta loro navi da guerra nel Mediterraneo?».

Per Shamir, si è trattato di un punto di svolta epocale: «L’egemonia statunitense è cosa del passato, il bruto è stato messo sotto controllo: abbiamo doppiato il Capo di Buona Speranza, simbolicamente parlando, nel settembre 2013. Con la crisi siriana il mondo si è trovato di fronte ad una biforcazione essenziale della storia moderna. Era un lascia o raddoppia, rischioso quasi come la crisi dei missili cubani del 1962». Secondo l’analista, «ci vorrà un po’ di tempo perché ci si renda pienamente conto di quanto abbiamo vissuto: è normale, per avvenimenti di tale portata».

Russia e Cina «hanno semplicemente costretto gli Stati Uniti a ritirarsi e ad annullare i loro piani di guerra». Inoltre, «la gente comune – negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in molti altri paesi – era del tutto contraria all’attacco, quanto lo stesso popolo siriano». Un altro analista internazionale di peso, come Pepe Escobar, è ancora più drastico: «La Cina si è tolta i guanti diplomatici. E’ giunto il momento di costruire “un mondo disamericanizzato”», dotato cioè di «una moneta di riserva internazionale che sostituisca il dollaro».

Per Escobar, «invece di adempiere ai propri obblighi come una potenza che esercita una leadership responsabile», una Washington «egocentrica» ha di fatto «abusato della posizione di superpotenza e ha perfino accresciuto il caos mondiale trasferendo i propri rischi finanziari all’estero, provocando tensioni regionali nei conflitti territoriali e impegnandosi in guerre senza senso, giustificate da menzogne». La Cina non starà più a guardare: vuole fermare «le avventure militari degli Stati uniti», poi allargare l’adesione alla Banca Mondiale e al Fmi ai paesi emergenti, e infine preparare una nuova moneta di riserva internazionale, «che sostituisca la dominazione del dollaro». E’ per questa ragione, conclude Ossin, che i leader dell’Occidente non celebrano la guerra che non vi è stata: in Siria, russi e cinesi «hanno costretto l’Occidente a rispettare il diritto internazionale e ad evitare una guerra illegale».

Inoltre, i cinesi vedono in questo l’inizio di una nuova era della politica mondiale: Usa, Europa e Giappone «dovranno rassegnarsi al fatto che non potranno più prendere da soli tutte le importanti decisioni del mondo». L’instabilità planetaria dunque si accentuerà, ma almeno ora sappiamo perché la diffidenza verso Putin si è trasformata in scontro senza quartiere: tutta “colpa” di quei missili inabissati in mare, emblema di una superpotenza non più onnipotente.

Fonte: www.libreidee.org
Fonte secondaria: http://www.morasta.it

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Articolo collegato:

Testo Integrale dell’Intervista Rilasciata dal Presidente BASHAR AL-ASSAD al quotidiano russo, Izvestia, rilasciata in data 26 agosto 2013 al quotidiano russo Izvestia.

Il Presidente Bashar al Assad ha affermato che se c’è chi sogna che la Siria possa essere una marionetta dell’occidente, ebbene questo è un sogno che non si avvererà, aggiungendo che la Siria è uno Stato indipendente che combatterà il terrorismo e manterrà i rapporti con i Paesi che vuole, in piena libertà e negli interessi del popolo siriano.
Il Presidente, in un’intervista con il quotidiano russo Izvestia, ha ribadito che coloro i quali la Siria sta affrontando sono in larga misura takfiristi di ideologia qaedista, mentre una minoranza di loro sono fuorilegge, aggiungendo che ovunque colpirà il terrorismo, la Siria contrattaccherà.
Il Presidente ha sottolineato che chi parla della collaborazione tra israeliani e terroristi, è la stessa Israele, che più di una volta ha annunciato di curare decine di terroristi nei suoi ospedali.
Il Presidente ha affermato che le accuse rivolte alla Siria, riguardo al possesso di armi chimiche, sono completamente politicizzate e si collocano nel contesto dell’avanzata dell’esercito arabo siriano nella lotta ai terroristi.
Il Presidente ha chiarito che la posizione politica della Russia ed il suo appoggio alla Siria è la base che ha contribuito e contribuisce tuttora a ripristinare la sicurezza e a garantire i bisogni primari dei cittadini siriani.
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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ARABA SIRIANA, Dott. BASHAR AL ASSAD,

Di seguito il testo letterale dell’intervista rilasciata dal Presidente al quotidiano russo: Izvestia.,

1) La questione più importante è questa: qual è la situazione in Siria e quali sono le aree ancora sotto il controllo dei ribelli?

Risposta: La questione, per quanto ci riguarda, non è quali zone siano ancora sotto il controllo dei terroristi e quali sotto il controllo dell’esercito, poiché colui che stiamo affrontando non è un nemico che occupa il nostro territorio.

Coloro che stiamo affrontando sono terroristi che entrano in aree o villaggi o nelle periferie di città, e seminano corruzione e distruzione, uccidono i civili innocenti che si ribellano ad essi e sabotano le infrastrutture. L’esercito, le Forze dell’Ordine e la Polizia intervengono per allontanarli ed eliminarli, ma quelli che riescono a scappare si rifugiano in altre zone, pertanto l’essenza di ciò che stiamo facendo è di eliminare i terroristi. Il problema che stiamo affrontando, e che ha causato il perdurare di questi eventi, è l’arrivo di un numero considerevole di terroristi dall’estero, decine di migliaia e oltre, riforniti continuamente di soldi e armi, ma anche la nostra risposta è costante, ed io ribadisco che non vi è luogo in cui sia stato l’esercito siriano, che non sia riuscito a ripristinare la sicurezza, eliminando i terroristi. Coloro che stiamo affrontando sono in larga misura takfiristi di ideologia qaedista, una minoranza dei quali sono fuorilegge. Per questo motivo non si può parlare di aree controllate da loro o da noi. In qualsiasi luogo colpisca il terrorismo, noi contrattaccheremo.

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2) I mass-media occidentali oggi affermano che questi terroristi combattenti controllano il 40% o persino il 70% del territorio siriano. Qual è la verità?

Risposta: Non c’è esercito al mondo, in nessun Paese,che possa schierarsi su tutto il territorio del Paese. I terroristi sfruttano questo fatto, tentando di accedere in ogni luogo in cui non vi sia l’esercito, muovendosi lungo diverse direzioni, e noi li fronteggiamo da un luogo all’altro, ed ogni località in cui l’esercito entra, viene completamente ripulita dai terroristi. Perciò torno a ripetere che la questione non è nelle aree controllate dai terroristi, che cambiano di ora in ora, la questione riguarda invece il grande numero di terroristi che provengono dall’estero. Per valutare giustamente la cosa, bisogna piuttosto chiedersi se l’esercito arabo siriano riuscirà ad avanzare e ad entrare in ogni località in cui vi sono terroristi e ad eliminarli. Io rispondo di sì, con assoluta certezza, perché è ciò che l’esercito continua a fare. Ciò richiederà un tempo maggiore, perché queste guerre non finiscono all’improvviso, ma richiedono un tempo relativamente lungo e questo di per sé ci costa molto, poiché quando saremo riusciti ad eliminare tutti i terroristi in Siria, avremo pagato un prezzo molto alto.

L’Arabia Saudita guida i takfiristi con la sua ideologia wahhabista e li finanzia.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ARABA SIRIANA, Dott. BASHAR AL ASSAD
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ARABA SIRIANA, Dott. BASHAR AL ASSAD

3) Signor Presidente, Lei ha parlato di combattenti islamisti estremisti takfiristi che entrano in Siria. Si tratta di gruppi sparsi, che combattono qua e là, o sono parte di una superpotenza che cerca di porre fine alla stabilità e alla sicurezza nel Medio Oriente, tra cui la Siria?

Risposta: Entrambe le cose, nel senso che ciò che li accomuna è l’ideologia e le fonti che li finanziano. La loro è un’ideologia takfirista estremista, seguono con le loro opinioni personaggi particolari come per esempio al Zawahiri, e le fonti di finanziamento sono simili e talvolta identiche. Ciò che li differenzia è il loro lavoro sul territorio. Sono gruppi vari e sparsi, ogni gruppo ha una leadership indipendente e rispondono a ordini indipendenti, ma Lei sa benissimo che chi paga è chi, alla fine, tiene in mano il timone della loro leadership, ossia che è facile guidarli, per i Paesi che li appoggiano ideologicamente e finanziariamente, come per esempio l’Arabia Saudita. Alla fine però, anche se sono vari e sparsi sul territorio, i Paesi che li appoggiano ideologicamente possono guidarli direttamente, mediante messaggi estremisti, o indirettamente, come quando gli dicono, per esempio, che il jihad in Siria è un dovere per i musulmani, e allora vengono in Siria in migliaia a combattere. Anche chi li finanzia, può guidarli come vuole, e paga e arma affinché facciano quello che devono fare, ossia devastare il paese e fare terrorismo. Si figuri quando le due cose si sommano, qualche volta, come per esempio succede con l’Arabia Saudita, che li guida con l’ideologia wahhabita e li finanzia con i suoi soldi.

Chi parla della collaborazione tra Israele e i terroristi, è la stessa Israele, non la Siria.

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4) Il Governo Siriano parla di una solida relazione tra Israele e i terroristi. Vorremmo comprendere questa relazione, crediamo che sia voluta perché, come è risaputo, la sola menzione del nome di Israele fa precipitare gli estremisti islamisti in uno stato di isteria e di odio profondo.

Risposta: Allora perché quando li attacchiamo ai confini, Israele si scontra con le nostre truppe per alleviare la pressione su di loro? Perché quando li teniamo in assedio, Israele gli apre le barricate affinché possano passare, riorganizzarsi e attaccare da un’altra direzione? Perché è intervenuta direttamente attaccando l’esercito arabo siriano più di una volta, nei mesi scorsi? No, questo è certamente inesatto. Chi parla della collaborazione tra Israele e i terroristi è la stessa Israele, non la Siria. Tant’è che Israele ha annunciato, più di una volta, di curare decine di terroristi nei suoi ospedali. Se questi gruppi davvero odiano Israele, e il solo menzionarne il nome li fa diventare isterici e pieni d’odio, allora perché, nella storia, questi gruppi terroristici dall’ideologia estremista hanno combattuto l’Unione Sovietica, e stanno combattendo contro l’Egitto e la Siria, mentre per tre decenni non hanno mai mosso una sola operazione conto Israele. E poi, in fondo, chi ha creato questi gruppi terroristici? Questi terroristici sono stati assoldati e appoggiati dagli Stati Uniti e dall’Occidente, generalmente con finanziamenti sauditi nei primi anni Ottanta, per contrastare l’Unione Sovietica in Afghanistan. Pertanto, com’è possibile che questi gruppi formati dall’Occidente e dall’America, colpire Israele?

Se c’è chi sogna che la Siria diventi una marionetta dell’occidente, ebbene questo è un sogno che non si avvererà.

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5) Signor Presidente, il Suo incontro con noi verrà tradotto in numerose lingue e sarà letto da molti leader mondiali, alcuni dei quali è contro la Siria. Che cosa vorrebbe dire a queste persone?

Risposta: Forse oggi ci troviamo di fronte a molti politici, ma non sono statisti. Alcuni di loro non sanno leggere la storia, da loro non c’è nulla da imparare, alcuni poi non possiedono la benché minima memoria del passato. Questi politici hanno forse imparato le lezioni del passato di 50 anni almeno, hanno letto ciò che hanno fatto i politici che li hanno preceduti, sanno che tutte le guerre sono fallite, a partire dalla guerra in Vietnam fino ad oggi? Hanno imparato che quelle guerre non sono servite a niente, se non a distruggere i Paesi che ne erano coinvolti, e a creare una situazione di instabilità nel Medio Oriente e in altre regioni nel mondo? Hanno capito che quelle guerre non sono servite a far sì che i popoli della regioni si amassero o si convincessero delle loro politiche? Un’altra cosa vorrei dire a questi politici, ovvero il terrorismo non è la carta vincente che mettete in tasca e che tirate fuori quando e dove volete e la giocate innumerevoli volte! Il terrorismo è simile a uno scorpione che vi punge in qualunque momento, perciò non è possibile che stiate con il terrorismo in Siria e contro il terrorismo in Mali, per esempio. Non potete appoggiare il terrorismo in Cecenia e combatterlo in Afghanistan. E per essere molto preciso, qui mi riferisco proprio all’Occidente e non a tutti i leader mondiali. Parlo di alcuni leader occidentali che “ hanno voluto che i loro interessi si concretizzassero” , devono ascoltare i popoli della regione e i loro stessi popoli, e non cercare leader “burattini”, sperando che loro siano in grado di realizzare i loro interessi. Forse, in questo modo, la politica occidentale prenderà una direzione più realistica. Se veramente volessi dare un messaggio al mondo, direi che se c’è chi sogna che la Siria possa essere una marionetta dell’occidente, ebbene questo è un sogno che non si avvererà, aggiungendo che la Siria è uno Stato indipendente che combatterà il terrorismo e manterrà i rapporti con i Paesi che vuole, in piena libertà e negli interessi del popolo siriano.

Le accuse sulle armi chimiche sono accuse assolutamente politicizzate, che vanno collocate nel contesto dell’avanzata dell’esercito nella lotta al terrorismo.

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6) Mercoledì scorso i ribelli hanno accusato il Governo Siriano di utilizzare armi chimiche, alcuni leader occidentali hanno prontamente colto l’occasione di queste accuse. Qual è la risposta della Siria? Permetterete agli ispettori delle Nazioni Unite di accedere all’area per indagare sull’incidente?

Risposta: Quanto affermato dall’amministrazione americana, dall’Occidente e da altri Paesi, è un insulto al senso comune e una mancanza di rispetto alle loro opinioni pubbliche. Non c’è una sola parte al mondo, si figuri una superpotenza, che muova un’accusa e poi ne dia corso, raccogliendo prove per dimostrarla. L’amministrazione americana ha mosso l’accusa mercoledì, e due giorni dopo ha annunciato che avrebbe cominciato a raccogliere prove – che genere di prove raccoglierà, a una simile distanza temporale? Per quanto concerne l’area di cui parlano, del fatto che sarebbe sotto il controllo dei ribelli armati, e del fatto che l’esercito arabo siriano avrebbe usato armi chimiche, ebbene quest’area è contigua all’esercito siriano, pertanto come potrebbe qualsiasi Paese colpire con armi chimiche o con qualsiasi arma di distruzione di massa una località nelle cui immediate vicinanze sono schierate le sue Forze Armate? Ciò sarebbe insensato ed illogico, perciò queste accuse sono assolutamente politicizzate e si collocano nel contesto dell’avanzata dell’esercito siriano contro i terroristi.

Per quanto riguarda invece la commissione d’indagine delle Nazioni Unite, noi siamo stati i primi a richiedere una commissione d’indagine quando i terroristi hanno lanciato un missile contenente gas tossici sulla periferia di Aleppo, nel nord della Siria. Senonché le dichiarazioni degli USA e dell’Occidente, prima di quell’incidente, e per mesi, parlavano del potenziale utilizzo di armi chimiche da parte dello Stato. Ciò ci ha fatti dubitare del fatto che fossero in possesso di informazioni circa l’intenzione dei terroristi di usare queste armi per accusare il governo siriano. Dopo opportune consultazioni con la Russia relativamente a quanto accaduto, abbiamo deciso di richiedere una commissione d’indagine per far luce sull’accaduto, ma gli USA, la Francia e la Gran Bretagna in primo luogo hanno voluto strumentalizzare la questione ai danni della Siria, per indagare su congetture e non su dati di fatto, come stanno facendo adesso, mentre noi l’abbiamo richiesta per indagare su dati di fatto sul territorio e non su dicerie o congetture. Durante le scorse settimane, abbiamo dialogato con i membri della commissione, ed abbiamo posto le basi della collaborazione, la cui linea rossa è la sovranità nazionale, per il resto tutto sarà svolto in piena nostra collaborazione, questo come primo punto.

Come secondo punto, la questione non riguarda soltanto le modalità in cui saranno condotte le indagini, ma anche la modalità in cui saranno interpretati i risultati. Siamo tutti consapevoli del fatto che, invece che essere interpretati oggettivamente, questi risultati potrebbero facilmente essere interpretati in base ai requisiti e alle agende di alcuni grandi Paesi. Per questo motivo ci aspettiamo che, al termine delle indagini, ci sia obiettività nella lettura dei risultati, così come ci aspettiamo che la Russia blocchi qualsiasi interpretazione che serva le politiche americana ed occidentali. La cosa importante è che noi distinguiamo tra le accuse occidentali, basate fondamentalmente su congetture, voci e dicerie, e ciò che abbiamo richiesto, ossia un’indagine basata su prove concrete e dati di fatto.

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7) Recenti dichiarazioni dell’amministrazione americana e di altri governi occidentali hanno affermato che gli Stati Uniti non hanno escluso un intervento militare in Siria. Alla luce di questo, sembra quindi probabile che gli Stati Uniti si vogliano comportare esattamente come hanno fatto in Iraq, in altre parole, vogliono cercare un pretesto per un intervento militare?

Risposta: Questa non è la prima volta che si solleva la possibilità di un intervento militare. Fin dall’inizio, gli Stati Uniti, insieme a Francia e Gran Bretagna, hanno cercato un intervento militare in Siria. Sfortunatamente per loro, gli eventi hanno seguito un corso diverso, spostando l’ago della bilancia contro i loro interessi nel Consiglio di sicurezza, nonostante i loro numerosi e vani tentativi di contrattare con la Russia e la Cina. Nemmeno i risultati negativi emersi in Libia e in Egitto sono stati in loro favore. Tutto ciò ha fatto sì che per loro fosse impossibile convincere i loro elettori e gli elettori del mondo del fatto che stavano perseguendo politiche corrette o di successo. La situazione in Libia è diversa anche da quella dell’Egitto e della Tunisia, e la situazione in Siria, come ho affermato, è a sua volta molto diversa da tutte le altre. Ogni paese ha una propria situazione unica, pertanto applicare lo stesso scenario su tutta la linea non è più una scelta plausibile. Possono far scoppiare una guerra, ma non sono in grado di prevedere dove si diffonderà o come finirà. Ciò li ha portati a rendersi conto che tutti gli scenari che loro hanno prospettato, alla fine sono fuori del loro controllo. L’immagine chiara a tutti adesso è che ciò che sta succedendo in Siria non è una rivoluzione popolare, né richieste di riforme, bensì terrorismo che cerca di colpire lo stato siriano. Allora cosa diranno ai loro popoli, diranno : “Andiamo in Siria per appoggiare il terrorismo conto lo Stato?”

Le grandi potenze possono far scoppiare le guerre, ma sono in grado di vincerle.

Domanda: Cosa dovrà affrontare l’America, se dovesse optare per un intervento militare o una guerra contro la Siria?

Risposta: Quello che ha dovuto affrontare in ogni guerra dai tempi del Vietnam: il fallimento. L’America ha intrapreso molte guerre, ma non è mai stata in grado di realizzare i suoi obiettivi politici con nessun conflitto. Non riuscirà nemmeno a convincere il popolo americano dei benefici di questa guerra, né sarà in grado di convincere le persone in questa regione delle sue politiche e delle sue ideologie. Le grandi potenze possono far scoppiare le guerre, ma sono in grado di vincerle.

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8) Signor Presidente, come è il Suo rapporto con il presidente Vladimir Putin? Vi telefonate? Se è così, di che cosa parlate?

Risposta: Ho un forte rapporto con il presidente Putin, un rapporto che si rifà a molti anni addietro, anche prima della crisi. Ci sentiamo di tanto in tanto, anche se la complessità degli eventi in Siria non può essere discussa al telefono. Il nostro rapporto viene facilitato da funzionari russi e siriani che si scambiano visite, la maggior parte delle quali si svolgono lontano dalle telecamere dei mass media.

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9) Signor Presidente, ha intenzione di visitare la Russia o di invitare il Presidente Putin in Siria?

Risposta: E ‘possibile, naturalmente, ma le priorità attuali sono di lavorare per alleviare le violenze in Siria, perché ci sono vittime ogni giorno. Quando le circostanze miglioreranno, la visita sarà necessaria, ma per ora i nostri funzionari stanno gestendo bene questo rapporto.

La Russia difende i principi in cui crede, che ha abbracciato per più di cento anni, i primi dei quali sono l’indipendenza statale e il principio di non ingerenza negli affari interni.

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10) Signor Presidente, la Russia si oppone alle politiche dell’UE e degli USA, soprattutto per quanto riguarda la Siria. Che cosa succederebbe se la Russia adesso decidesse di scendere a compromessi? E’ uno scenario plausibile?

Risposta: Le relazioni russo-americane non devono essere viste attraverso il contesto della sola crisi siriana, ma vanno analizzate in una prospettiva più ampia e generale, di cui la questione siriana è solo una parte. Gli USA pensavano che il crollo dell’Unione Sovietica comportasse la distruzione totale della Russia. Dopo l’insediamento del presidente Putin alla fine degli anni ’90, la Russia ha cominciato a recuperare gradualmente, riconquistando la sua posizione internazionale, da qui la guerra fredda è iniziata di nuovo, ma in un modo diverso e più sottile.

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Gli USA hanno insistito su molti fronti, cercando di contenere gli interessi russi in tutto il mondo, nel tentativo di influenzare la mentalità dei russi più vicini all’Occidente, sia in termini di cultura che di aspirazione. Hanno lavorato diligentemente per eliminare il ruolo vitale e potente della Russia su molti fronti, uno dei quali è la Siria. Ci si potrebbe chiedere, come fanno molti cittadini russi, perché la Russia continua a stare dalla parte della Siria. E ‘importante spiegare questa ragione al grande pubblico: la Russia non sta difendendo il presidente Bashar al-Assad e il governo siriano, dal momento che il popolo siriano deve decidere il proprio presidente e il sistema politico più adatto – non è questo il problema. La Russia sta difendendo i principi fondamentali che ha abbracciato per più di cento anni, i primi dei quali sono l’indipendenza e la politica di non ingerenza negli affari interni. La Russia stessa ha subito e continua a subire tali interferenze. Inoltre, la Russia sta difendendo i suoi legittimi interessi nella regione. Alcuni analisti superficiali restringono questi interessi al porto di Tartous, ma in realtà gli interessi della Russia sono molto più rilevanti. Politicamente parlando, quando il terrorismo colpisce la Siria, un paese chiave nella regione, esso ha un impatto diretto sulla stabilità in Medio Oriente, che può in seguito influenzare la Russia. A differenza di molti governi occidentali, la leadership russa comprende pienamente questa realtà. Dal punto di vista sociale e culturale, non dobbiamo dimenticare le decine di migliaia di famiglie siro-russe, che costituiscono un ponte sociale, culturale e umanitario tra i nostri due paesi. Se la Russia dovesse cercare un compromesso, come mi si è chiesto, tutto questo sarebbe potuto succedere uno o due anni fa, quando l’immagine è stata offuscata, anche per alcuni funzionari russi. Oggi, il quadro è cristallino. La Russia che non è scesa a compromessi allora, non dovrebbe farlo ora.

Tutti i contratti firmati con la Russia sono stati onorati.

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11) Signor Presidente, ci sono dei negoziati con la Russia per la fornitura di combustibili o materiale militare in Siria? E per quanto riguarda in particolare il contratto delle forniture dei missili S-300, sono stati consegnati?

Risposta: Naturalmente, nessun paese deve dichiarare pubblicamente gli equipaggiamenti e le armi che possiede, o i contratti stipulati a tale riguardo. Si tratta di informazioni strettamente classificate riguardanti le Forze Armate. Basti affermare che tutti i contratti firmati con la Russia sono stati onorati e né la crisi, né la pressione degli Stati Uniti, della UE o dei paesi del Golfo hanno avuto effetto sulla loro attuazione. La Russia continua a fornire la Siria di ciò ch’essa necessita per difendersi e per il suo popolo.

12) Signor Presidente, di che tipo di aiuto necessita la Siria dalla Russia? Di aiuti economici o di equipaggiamento militare? Ad esempio, la Siria potrebbe richiedere un prestito dalla Russia?

Risposta: Mancando la sicurezza, è impossibile avere un’economia. L’indebolimento della sicurezza comporta l’indebolimento della situazione economica, e ciò che la Russia sta fornendo per aiutare i siriani a difendersi, entro accordi militari, porterà a una maggiore sicurezza, che a sua volta contribuirà a facilitare una ripresa economica. In secondo luogo, il sostegno politico della Russia per il nostro diritto di indipendenza e di sovranità ha svolto un ruolo significativo. Molti altri paesi si sono opposti politicamente al popolo siriano e tradotto questa politica mediante numerose decisioni, di cui le più importanti sono state le sanzioni economiche, di cui ancora soffriamo. La Russia ha fatto l’esatto opposto. Pertanto, in risposta alla Sua domanda, la posizione politica di sostegno della Russia e il suo impegno per onorare i contratti militari, senza manifestare alcun cedimento alle pressioni americane, hanno notevolmente aiutato la nostra economia, malgrado tutte le sanzioni, che hanno avuto ripercussioni negative sulla vita e sul sostentamento del popolo siriano. Dal punto di vista puramente economico, ci sono diversi accordi tra la Siria e la Russia, per la fornitura di merci e materiali, e qualunque prestito proveniente da un Paese amico come lo è la Russia, sarebbe vantaggioso per entrambe le parti: per la Russia è una opportunità per le sue industrie nazionali e per le imprese, per espandersi verso nuovi mercati, per la Siria fornisce alcuni dei fondi necessari per ricostruire le nostre infrastrutture e far rifiorire la nostra economia. Ribadisco che la posizione politica della Russia e il suo sostegno in questo ambito sono la base che si ha contribuito e contribuisce tuttora a ripristinare la sicurezza e a garantire il soddisfacimento dei bisogni fondamentali del popolo siriano.

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13) Signor Presidente, possiamo definire la natura di questi contratti? Riguardano carburante o generi alimentari di base?

Risposta: I cittadini siriani subiscono le sanzioni imposte alla loro alimentazione, alle loro medicine e al loro fabbisogno di combustibile. Il governo siriano sta lavorando per far sì che tutti i cittadini possano accedere a questi bisogni primari, mediante accordi commerciali con la Russia e altri paesi amici.

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14) Tornando alla situazione in Siria e alla crisi attuale, sappiamo che vengono promulgati in continuazione decreti di amnistia. Queste amnistie includono anche i ribelli? Ci sono ribelli che, liberati per amnistia, sono passati a combattere dalla parte delle Forze Armate?

Risposta: Sì, questo è effettivamente il caso. Recentemente, c’è stato un notevole cambiamento, soprattutto da quando il quadro è divenuto più chiaro a molti, ossia molti hanno finalmente capito che ciò che sta accadendo in Siria è puro terrorismo. Molti sono tornati allo Stato, una volta che la legge è stata applicata ai loro casi, molti hanno beneficiato dell’amnistia ed hanno consegnato le armi e sono tornati ad una vita normale. La svolta più importante riguarda alcuni gruppi che sono passati dal combattere contro l’esercito al combattere accanto ad esso, si tratta di persone che erano fuorviate da ciò che è stato propagato dai media o che hanno dovuto impugnare le armi sotto minaccia dei terroristi. E ‘per questo motivo che, fin dall’inizio della crisi, il governo siriano ha lasciato la porta aperta a tutti coloro che volevano tornare, abbandonando la rotta iniziale che avevano imboccato contro il loro paese. Nonostante molte persone in Siria si siano opposte a questa politica, essa si è rivelata efficace, contribuendo ad alleviare la tensione della crisi.

Alcuni Paesi che si schieravano con fermezza contro la Siria, hanno cominciato a cambiare posizione, mentre altri Paesi hanno ripristinato i rapporti con la Siria.

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15) Signor Presidente, può fare i nomi dei veri alleati della Siria, e dei suoi nemici? I rapporti della Siria con numerosi stati sono stati interrotti, come il Qatar, l’Arabia Saudita e la Turchia. Chi sta sbagliando, allora?

Risposta: I paesi che ci sostengono sono ben noti a tutti: a livello internazionale la Russia e la Cina, a livello regionale l’Iran. Tuttavia, stiamo iniziando a vedere un cambiamento positivo sulla scena internazionale. Alcuni paesi che si schieravano con fermezza contro la Siria hanno iniziato a cambiare posizione, mentre altri hanno ripristinato i rapporti con noi. Naturalmente, i cambiamenti nelle posizioni di questi paesi non costituiscono un sostegno diretto. Al contrario, ci sono paesi che hanno direttamente mobilitato e sostenuto il terrorismo in Siria. Parlo prevalentemente del Qatar e della Turchia nei primi due anni; il Qatar finanzia, mentre la Turchia fornisce addestramento e supporto logistico ai terroristi. Recentemente, l’Arabia Saudita ha rimpiazzato il Qatar nel ruolo di paese finanziatore. Per essere franco, l’Arabia Saudita è un Paese che non ha niente, eccetto i soldi; e chi non possiede nulla se non denaro, non può costruire una civiltà o sostenerla, ma al contrario. Quindi l’Arabia Saudita attua i suoi piani a seconda di quanto denaro ha a disposizione.

La Turchia è un caso diverso. E’ un peccato che un grande paese come la Turchia venga manipolato da pochi dollari, è un peccato che un paese che ha una posizione strategica e una società liberale venga guidato da uno stato del Golfo dalla mentalità retrograda. Di tutto ciò, si addossa la responsabilità il primo ministro turco, e non il popolo turco, con cui condividiamo grande parte del patrimonio, dei costumi e delle tradizioni.

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17) Signor Presidente, cosa rende le relazioni russo-siriane così solide? Sono interessi geopolitici? O il fatto che entrambi i Paesi condividono la lotta contro il terrorismo?

Risposta: Più di un fattore condiviso rende le relazioni tra la Siria e la Russia solide fino a questo punto. Il primo è che la Russia ha sofferto l’occupazione durante la seconda guerra mondiale e la Siria è stato occupata più di una volta. In secondo luogo, a partire dall’epoca sovietica, la Russia ha sofferto di continui e ripetuti tentativi di ingerenza straniera nei suoi affari interni, e questo è anche il caso della Siria.

In terzo luogo, ma non meno significativo, vi è il terrorismo. In Siria, si capisce bene che cosa significa quando estremisti dalla Cecenia uccidono civili innocenti, che cosa significa tenere sotto assedio i bambini e gli insegnanti di Beslan o detenere persone innocenti ostaggi nel teatro di Mosca. Allo stesso modo, il popolo russo capisce bene quando in Siria parliamo dello stesso terrorismo, perché l’ha subito. Perciò, quando un responsabile occidentale dice che ci sono terroristi cattivi e terroristi moderati, è impensabile che i cittadini russi credano a un simile discorso.

Oltre a ciò, vi sono anche i legami delle famiglie siriane-russe che ho menzionato prima, che non si sarebbero sviluppate senza caratteristiche culturali, sociali e intellettuali comuni, così come anche gli interessi geopolitici menzionati in precedenza. La Russia, a differenza dei Paesi europei e dell’Occidente, è ben consapevole delle conseguenze della destabilizzazione della Siria e della regione e dell’effetto che questo avrà sulla diffusione inesorabile del terrorismo. Tutti questi fattori insieme plasmano la posizione politica di un grande paese come la Russia. La sua posizione non è fondata su uno o due elementi, ma piuttosto su un accumulo storico, culturale e ideologico.

Ci aspettiamo che la conferenza di Ginevra cominci facendo pressione sui paesi che sostengono il terrorismo in Siria, per fermare il contrabbando di armi e il flusso di terroristi stranieri nel paese.

18) Signor Presidente, cosa accadrà alla Conferenza Ginevra 2, cosa si aspetta da questa conferenza?

Risposta: L’obiettivo della conferenza di Ginevra è quello di sostenere il processo politico e di facilitare una soluzione politica alla crisi. Tuttavia, ciò non può essere realizzato prima di arrestare l’appoggio straniero al terrorismo. Ci aspettiamo che la conferenza di Ginevra cominci facendo pressione sui paesi che sostengono il terrorismo in Siria, per fermare il contrabbando di armi e il flusso di terroristi stranieri nel paese. Quando questo avverrà, sarà facile intraprendere percorsi politici definiti, il primo dei quali sarà un dialogo tra le parti siriane per discutere del futuro del Paese, della Costituzione, delle leggi, e così via.

Intervistatore: Grazie per la Sua sincerità e per aver parlato con trasparenza e franchezza in questo incontro.

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Tradotto dall’Arabo a Cura di F_Y

per http://www.Tg24Siria.com & http://www.SyrianFreePress.net

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