Perché i preti cattolici mangiano carne?

satana mangia carne

Perché i preti mangiano animali? La domanda sarebbe ingiustificata o pleonastica se si trattasse di una compagnia di assicurazioni, un istituto bancario o un’azienda di trasporti. Ma trattandosi di rappresentanti di una religione che ha come scopo il bene dell’uomo, la moralità dei suoi costumi, la sensibilizzazione delle coscienze, la carità, la misericordia ecc. allora la domanda diventa d’obbligo perché l’uso del mangiar carne è antitetica con i principi di tale religione. Essere impegnati a favore dei poveri e mangiare la carne equivale a produrre il problema che si intende debellare, dal momento che l’alimentazione carnea è la principale causa della fame nel mondo, oltre che della cattiva salute dell’uomo, dell’inquinamento generale e della distruzione del patrimonio boschivo.
I preti mangiano animali semplicemente perché li considerano cose da mangiare. E nonostante gli studi di zoologia, di etologia, in cui si dimostra che gli animali sono dotati di sensibilità, memoria, comunicazione; nonostante le molte ricerche in cui viene evidenziata la bellezza mirabile dell’animale, la l’intelligenza sbalorditiva, la sensibilità commovente, per il prete l’universo animale, e la sofferenza inflitta loro dall’uomo, è semplicemente un problema da non considerare: non rientra assolutamente nella loro sfera mentale, emotiva o morale. E le motivazioni possono essere le seguenti.
Il clero mangia animali perché convinto che siano fatti per questo, rifacendosi al comando biblico di Gen. 9,3 in cui Dio dà l’autorizzazione a Noè, uscito dall’Arca dopo il diluvio: “Quanto si muove e ha vita vi servirà da cibo”. Ma S. Girolamo, uno che la sapeva lunga, dice, se ciò fosse vero allora dovremmo imbandire le nostre tavole non solo con lepri e fagiani ma anche con scorpioni e serpenti. E aggiungeva che i primi cristiani si astenevano dalla carne, mentre coloro che ne facevano uso appartenevano alla chiesa corrotta. Inoltre, appellarsi a tale autorizzazione significa accettare la condizione di peccato e non la dimensione precedente in cui Dio nel paradiso terrestre dà agli uomini un comando ad essere vegetariani: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme ed ogni albero in cui è frutto saranno il vostro cibo, mentre agli animali do la verde erba dei campi” (Gen 1,29).
Altri magari si appellano a quanto riportato in (Deut. 12:15): “Ogni volta che ne sentirai desiderio potrai uccidere animali e mangiare la carne, secondo la benedizione che il Signore ti avrà elargito… ma non ne mangerete il sangue; lo spargerai per terra come l’acqua”. Ora, siccome il sangue fuoriesce dalle arterie non dai capillari, non è possibile mangiare carne senza sangue.
Il clero mangia animali perché si appella ai Vangeli ufficiali in cui Gesù in nessuna situazione ha difeso gli animali o ha prescritto di non nutrirsi di carni, e in una circostanza ha mangiato del pesce, (anche se questo episodio viene riportato solo da Luca, che non era presente all’evento). In ogni caso questo è in antitesi con il pensiero di Gesù deiVangeli apocrifi in cui condanna duramente la violenza agli animali e coloro che ne mangiavano le carni. In ogni caso, Gesù ha mangiato solo del pesce, a differenza del clero avvezzo al consumo di qualsiasi carne di animale. E poi, erano altri tempi, e il clero dovrebbe superare certe anacronistiche e crudeli usanze giustificate solo per il piacere della gola, tra l’altro considerato uno dei sette peccati capitali.
Altri mangiano la carne perché convinti che sia necessaria alla loro salute. Ma l’eccellente condizione fisica di coloro che hanno escluso la carne dalla loro dieta non dà scusanti, come confermano gli scienziati indipendenti e gli istituti più accreditati del mondo in fatto di alimentazione.
Altri ancora si appellano a quanto asserisce S. Paolo nella lettera ai Corinzi I, 25-29: “Continuate a mangiare ogni cosa che si vende al macello, senza informarvi a motivo della vostra coscienza, poiché a Dio appartiene la terra e tutto ciò che la riempie. Se qualcuno degli increduli vi invita e desiderate andarvi, mangiate di ogni cosa che vi viene posta davanti senza informarvi a motivo della vostra coscienza,). In questo S. Paolo fa un passo indietro rispetto la legge ebraica che autorizza a consumare solo le carni di animali considerati puri. Ma S. Paolo, ardente interprete del pensiero di Gesù, fa riferimento a ciò che Gesù disse: “Non quello che entra dalla bocca contamina l’uomo, ma quello che esce dalla bocca” (Mtt: 15, 11). E in Corinzi 9,9 ribadisce “Forse Dio si dà pensiero dei buoi?
Come ultima motivazione resta il piacere del palato al quale il prete pare non intende rinunciare. Ma può il prete proclamare amore, rispetto, carità, misericordia, compassione e nel contempo giustificare un atto sanguinario e crudele giustificato solo dal piacere della gola? Può un padre tutelare solo uno dei componenti la “famiglia” e considerare sacrificabili gli altri componenti?
Tante cose sono state superate dalla Chiesa (perché costretta dal contesto storico-sociale) mentre quella della bistecca e il profondo disprezzo per gli animali restano come scoglio non trattabile per la stragrande maggioranza del clero. Però la vera civiltà, quella che conduce inevitabilmente l’umanità verso l’etica vegana, procede inarrestabile, nonostante filosofie e le religioni antropocentriche e queste ultime subiranno gli effetti più pesanti e si troveranno ad un bivio difficile da superare: aderire ad un contesto più giusto, più evoluto e più umano oppure continuare ad attenersi a regole rozze, anacronistiche e crudeli? La creazione piange nel sangue e nel dolore; ma un ladro, una prostituta, un uomo ignorante, uno scaricatore di porto nel giorno del giudizio saranno mille volte meno colpevoli davanti il tribunale della Vita.
Su queste premesse il pensiero ed il comportamento dei papi non poteva certo essere benevolo nei confronti degli animali. In questi ultimi giorni l’attuale papa invitava i benestanti a dividere la bistecca con i poveri. E in passato?
Ad Avignone, il papa Giovanni XXII, in occasione delle nozze di sua pronipote, volle un banchetto, come dire, non proprio francescano, dispose infatti che venissero servite le carni di 8 vitelloni, 55 montoni, 8 maiali, 4 cinghiali, 200 capponi, 700 polli, 580 pernici, 270 conigli, 4 gru, 2 fagiani, 2 pavoni, 3000 uova e 3 quintali di formaggio. (da Storia delle abitudini alimentari, di Giancarlo Signore)
Credo che coloro che mangiano animali siano potenzialmente anche capaci di ucciderli. Ma coloro che per missione istituzionale sono chiamati a diffondere le cultura della non violenza, del rispetto, della carità, dell’amore meno di chiunque altro sono scusabili nella loro convinzione che gli animali siano cose da mangiare. Il vescovo che a tavola divora un coniglietto non può non sapere che quella povera bestiola voleva vivere e non essere uccisa patendo l’agonia della morte. Ma il vescovo probabilmente non dà alcuna importanza al fatto che per il piacere del suo palato quella creatura sia stata privata per sempre dell’unico suo bene, la vita. Quanti vescovi e prelati avrebbero il coraggio di uccidere con le proprie, gentili, mani l’animale divorato a tavola? Probabilmente avranno ripulsa, ma delegano qualcuno a fare ciò che non farebbero in prima persona. Ma può un religioso tollerare simile personale incoerenza e accettare che qualcun altro compia per lui ciò che ritiene pugnante?
“Per la malvagità dei suoi abitanti le fiere e gli uccelli periscono” (Gr: 12,4).

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