Il pensiero di Antonio Gramsci nella storia del Partito Comunista Italiano e la deriva verso l’atlantismo iniziata da Togliatti e Belinguer

Antonio Gramsci

A modo di lettera aperta al prof. Guido Liguori e ad altri illustri intellettuali che si dichiarano comunisti: Non denigrate Antonio Gramsci! Non scaricate sul pensiero di Gramsci la responsabilità della corruzione e disgregazione del movimento comunista italiano!

Togliatti e Berlinguer “hanno contribuito a creare, ciascuno nelle propria epoca, quella peculiarità del comunismo italiano che in Gramsci ha le sue radici”, afferma perentoriamente (il manifesto 26 luglio 2014 pag. 11) Guido Liguori, studioso del pensiero di Gramsci e della storia del PCI, altamente reputato in tutto il mondo accademico e nella sinistra borghese.

Palmiro Togliatti fu a capo del PCI dal suo rientro in Italia nel 1944 al 1964, Enrico Berlinguer dal 1969 (come vice di Luigi Longo) al 1984. Il PCI venne liquidato definitivamente tra la fine del 1989 (12 ottobre 1989 – discorso della Bolognina) e l’inizio del 1991 (XX congresso 31 gennaio – 4 febbraio) sotto la direzione di Achille Occhetto. La fine fatta da Rifondazione Comunista che cercò di prenderne il posto è sotto gli occhi di tutti. Quelli che lavorano alla rinascita del movimento comunista (ad essi è in realtà rivolto questo nostro Avviso ai naviganti) conoscono lo stato attuale delle forze comuniste nel nostro paese.

Di certo non tutti invece conoscono quali sono gli ostacoli maggiori alla rinascita, visto che non tutti si applicano alla loro rimozione. Anche alcuni, come Giorgio Cremaschi, che gridano allarmati “Così si va al disastro!”, non si rendono conto che cambiare il corso delle cose dipende innanzitutto da loro stessi.

L’ostacolo maggiore alla rinascita del movimento comunista consiste infatti nella lentezza con cui procede la riforma intellettuale e morale che devono compiere quelli che vogliono promuoverne la rinascita, cioè i nuovi comunisti. Chi vuole cambiare il corso delle cose, deve anzitutto dedicarsi alla propria riforma intellettuale e morale. L’affermazione perentoria del prof. Guido Liguori, grande autorità della Società Internazionale Gramsci ed esponente di spicco degli intellettuali che si dichiarano comunisti, ci induce ad affrontare in particolare la questione della riforma intellettuale.

In cosa consiste la riforma intellettuale che deve compiere chi vuole diventare comunisti? Detta in sintesi, si tratta di trasformare la propria concezione del mondo, di assimilare le concezione comunista del mondo (assumerla come guida della propria azione fa invece parte della riforma morale) e ripulirsi dalla concezione borghese e dalla concezione clericale del mondo.

La trasformazione del mondo che noi comunisti vogliamo e dobbiamo compiere non nasce dai nostri sogni, da nostre soggettive aspirazioni o da intuizioni individuali per cui ognuno ci può mettere le sue. Trasformare la società borghese è possibile e necessario, ma bisogna “trasformare la società borghese secondo la linea di trasformazione che le è propria” (per dirlo con le parole di Lenin, Socialismo piccolo-borghese e socialismo proletario, novembre 1905, Opere vol. 9). Qual è la trasformazione di cui la società borghese ha creato i presupposti e posto la necessità, la rivoluzione di cui la società borghese è gravida: ecco l’oggetto centrale della concezione comunista del mondo, oggi il marxismo-leninismo- maoismo. È la scienza che Marx ed Engels hanno fondato come dottrina del socialismo, una scienza che si è via via arricchita con l’esperienza del movimento comunista e in particolare con la grande esperienza mondiale della prima ondata della rivoluzione proletaria del secolo scorso. Questa è la concezione comunista del mondo che deve studiare e assimilare chi vuole diventare comunista, promotore della trasformazione della società borghese, chi vuole cambiare il corso delle cose.

Il pensiero di Gramsci espresso nei Quaderni del carcere è parte di questa scienza. Gramsci appartiene, come Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao alla schiera dei cultori più illustri di questa scienza, dirigenti del movimento comunista.

In cosa una teoria scientifica si distingue da una favola, da una credenza religiosa o da un racconto poetico?

Nel suo scritto Sulla pratica (in Opere, vol. 5) il cui studio raccomandiamo ai nostri lettori, Mao Tse-tung risponde molto chiaramente a questa domanda.

Una teoria scientifica indica di quali parti è composto l’oggetto di cui tratta, quali relazioni esso ha con il resto del mondo e quali relazioni esistono tra le parti che lo compongono: tutte cose che non percepiamo con i nostri sensi ma la verità della ricostruzione scientifica consiste nel fatto che, se interveniamo sull’oggetto in conformità a quella teoria, in definitiva (salvo tentativi ed esperimenti che vanno a male per condizioni e interferenze che non abbiamo preso in considerazione) otteniamo i risultati che ci attendiamo.

Ora è un dato di fatto che la direzione di Togliatti e di Berlinguer hanno portato alla dissoluzione delle forze che il PCI aveva raccolto con l’eroica resistenza al fascismo durante il ventennio (1922-1943) e con la guerra condotta contro il nazifascismo nel 1943-1945 (la Resistenza), cioè nel periodo in cui aveva operato come sezione dell’Internazionale Comunista (1919-1943) e sotto l’impulso della Rivoluzione d’Ottobre e dell’Unione Sovietica diretta (1924-1953) da Stalin. Se la direzione di Togliatti e di Berlinguer avessero effettivamente le loro radici nel pensiero di Gramsci, il risultato porrebbe per lo meno in dubbio il carattere scientifico del pensiero di Gramsci.

Quelli che, come il prof. Guido Liguori, esaltano il pensiero di Gramsci che si pretende scientifico, e contemporaneamente dicono che su di esso si sono basati Togliatti e Berlinguer che hanno portato il movimento comunista italiano alla dissoluzione e il nostro paese al marasma attuale, dovrebbero almeno spiegare come si concilia il preteso carattere scientifico del pensiero di Gramsci con l’esito rovinoso della direzione di Togliatti e di Berlinguer.

Uno dei tratti comuni della cultura borghese e della cultura clericale è di attribuire grandi meriti al pensiero o all’opera di questo o quell’individuo, senza riguardo al ruolo che quell’individuo ha effettivamente avuto nella società del suo tempo, all’effetto del suo pensiero quando è stato applicato nello sviluppo della società e nello sforzo dell’umanità per risolvere i problemi con cui era alle prese.

Quelli che vogliono contribuire alla rinascita del movimento comunista, quelli che vogliono assumere un’attitudine pratica e svolgere un ruolo effettivo nella soluzione dei problemi con cui oggi l’umanità è alle prese, devono imparare a misurare le idee dai risultati che si ottengono applicandole nella pratica sociale.

“La teoria diventa priva di oggetto se non viene collegata con la pratica rivoluzionaria, esattamente allo stesso modo che la pratica diventa cieca se non si rischiara la strada con la teoria rivoluzionaria” (Stalin, Principi del leninismo).

Sospinti da illusioni, mossi dallo sciocco proposito di migliorare la società borghese o mascherandosi dietro pretesti di vario genere, Togliatti e Berlinguer hanno trasformato la concezione di Gramsci della “guerra di posizione” (la guerra popolare rivoluzionaria) delle masse popolari contro la borghesia e il clero, nell’integrazione del PCI nella Repubblica Pontificia e nella NATO. Hanno trasformato la concezione di Gramsci dell’egemonia della classe operaia e del suo Partito sulle masse popolari, nella conciliazione del PCI con la borghesia e il clero. Per questo le masse popolari hanno via via abbandonato il PCI.

La rivoluzione socialista è possibile, la rivoluzione socialista è necessaria. Per condurla dobbiamo assimilare e applicare la concezione comunista del mondo. Il pensiero di Gramsci è parte integrante di essa.

Nuovo Partito Comunista Italiano – nuovopci@autistici.org

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