“Impatto sugli ecosistemi e sugli esseri viventi delle sostanze sintetiche utilizzate nella profilassi-antizanzara”

Caro Paolo D’Arpini, ti invio il materiale della tavola rotonda del 7 marzo 2014, sugli insetticidi (Vedi: http://retedellereti.blogspot.it/2014/02/roma-cnr-7-marzo-2014-insetticidi-loro.html)
Ringraziandoti dell’attenzione a presto risentirci. Pietro M. Bianco
ISPRA (Dip. Difesa della Natura)
Comit. Tecn. Scientifico Unione Vegetariana Animalista

Lo studio è stato realizzato grazie all’apporto dei Ricercatori dell’ISPRA (Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale), dell’ISDE (International Society of Doctors for the Environment) e degli illustri rappresentanti di varie Università italiane quali Luigi Campanella, Gianni Tamino, Carlo Maurizio Modonesi, Celestino Panizza e Paolo Agnelli.
Nel documento interdisciplinare presentato, si fa riferimento soprattutto agli insetticidi chimici utilizzati nella profilassi anti-zanzara che, ormai come consuetudine, da qui a poco, in centinaia di migliaia di tonnellate, inizieranno ad essere diffusi nelle strade, nelle case, nei giardini, nei parchi, ecc., per tentare di arginare il problema.

La disinfestazione anti-zanzare, all’aperto, viene condotta attraverso due tipi di azioni autorizzate dal Ministero alla Salute, registrate come presidi medico-chirurgici (PMC) e cioè mediante interventi adulticidi e larvicidi:

negli INTERVENTI ADULTICIDI sono utilizzati principalmente prodotti a base di Piretroidi e Organo fosforici che vengono irrorati mediante cannoni nebulizzatori sulla vegetazione posta lungo le strade pubbliche, nei parchi pubblici, nei cimiteri, nei giardini delle scuole, su case e giardini privati e, molto spesso, anche nei Parchi e nelle Aree Protette.

negli INTERVENTI LARVICIDI i prodotti utilizzati, sono a base soprattutto di Pyriproxifen, Diflubenzuron e Bacillus thurigiensis var. israelensis e vengono immessi nelle caditoie e nei tombini in forma liquida, in compresse o come prodotti granulari da aprile ad ottobre.

Molti prodotti chimici vengono diffusi nell’ambiente dalle attività agricole e dalle nebulizzazioni, ma anche determinati stili di vita causano un largo uso di queste sostanze in ambiente domestico.

Effetti sull’ambiente
Dalle varie ricerche nazionali ed internazionali presentate, è risultato che gli insetticidi, a causa del loro diffuso effetto tossico, hanno ridotto drasticamente le popolazioni dei predatori delle zanzare (pipistrelli, libellule, gechi, uccelli insettivori) e degli altri insetti, col paradossale risultato di una sempre maggiore presenza di zanzare, compresa Aedes albopictus, la famosa Zanzara tigre ed altri insetti fastidiosi.
Tutte le sostanze analizzate interferiscono almeno con un elemento fondamentale delle reti ecologiche. Il loro uso come insetticidi determina inevitabilmente un calo delle popolazioni di invertebrati, che a loro volta determinano una diminuzione della biodiversità floristica, per mancanza di impollinatori, e la diminuzione delle risorse per i predatori di tutti gli ecosistemi naturali e prossimo-naturali. Nelle acque queste sostanze distruggono le comunità di piccoli invertebrati e larve, alcuni dei quali per altro predatori di larve di zanzara, parte fondamentale di varie catene alimentari. La maggior parte di esse inoltre può permanere a lungo nel suolo causando alterazioni dell’humus e una diminuzione della biodiversità del suolo.

Effetti sugli esseri umani
Le zanzare, anche quella tigre, non rappresentano in Italia, un pericolo mortale, mentre l’inquinamento da insetticidi nebulizzati o sparsi nell’ambiente, non ancora tenuto nella giusta considerazione, porta conseguenze a breve, medio e lungo termine nei confronti della salute umana e ambientale e dovrebbe essere evitato.
Gli studi sulle cellule, di Antidote Europe hanno rivelato gli effetti di queste sostanze sulle espressioni dei geni1. Gli studi dell’Istituto Nazionale della Sanità e della Ricerca Medica francese hanno mostrato le connessioni fra l’utilizzo di pesticidi e la comparsa di forme tumorali e morbo di Parkinson, e tra esposizione delle donne incinte e tumori cerebrali, leucemie, disturbi della motricità e deficit cognitivi, nei neonati.
La categoria a maggiore rischio per l’esposizione ai pesticidi è quella dei bambini, che possono essere esposti ai pesticidi (e ad altre sostanze pericolose come il fumo, l’alcool, ecc.) sia prima della nascita (ossia nel grembo materno) sia dopo.
Ricerche sia della Columbia University2 che dell’Università della California,3 hanno dimostrato che madri esposte ad alti livelli di pesticidi, partoriscono bambini con livelli di intelligenza più bassi rispetto ai bambini nati da madri non esposte.

Le intolleranze idiopatiche ambientali
Negli ultimi anni, molta attenzione è stata dedicata a una varietà di condizioni patologiche che condividono la caratteristica comune di una risposta aberrante innescata da esposizione a basse dosi di sostanze inquinanti o xenobiotici ambientali, quali prodotti chimici, farmaci, metalli pesanti, radiazioni elettromagnetiche, o nucleari, in concentrazioni molto al di sotto dei livelli medi di riferimento ammessi a tossici ambientali4
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito collettivamente queste condizioni come “intolleranze idiopatiche ambientali” (IEIs, idiopathic environmental intolerances), sensibilità chimica multipla (MCS cioè), la fibromialgia (FM), sindrome da stanchezza cronica (CFS) e altri, intolleranze agli allergeni microbiche e ambientali o tossine, farmaci, vaccini, alimenti specifici, impianti sintetici e nuovi biomateriali5. In considerazione della progressivamente crescente conoscenza e consapevolezza per quanto riguarda queste malattie, esse sono ora meglio descritte collettivamente come “sensitivity-related illnesses” (SRI)6.
In particolare stanno aumentando esponenzialmente le persone affette Sensibilità Chimica Multipla o MCS, (Multiple Chemical Sensitivity)7, una perdita della tolleranza immunologica indotta da sostanze tossiche, tra cui i pesticidi8 che, a seconda dei gradi di gravità, causa una ridotta qualità di vita con disturbi invalidanti, o, nelle forme più gravi, l’impossibilita di uscire dalla loro propria abitazione, completamente bonificata dalla presenza di sostanze chimiche9.
La teoria che spiega la Sensibilità Chimica Multipla (MCS) viene chiamata TILT (Toxic Induced Loss of Tolerance) e spiega non solo i meccanismi dietro la Sensibilità Chimica Multipla, ma anche quelli dietro altre malattie inspiegabili come la sindrome da stanchezza cronica (CFS) e la sindrome del Golfo (GWS).
Nei soggetti affetti da MCS si configura una forma di intolleranza ambientale che può colpire vari organi ed apparati e che si manifesta con una sintomatologia molto complessa a causa di un accumulo di sostanze tossiche, che rendono l’individuo geneticamente predisposto (De Luca et al., 2013), un malato incapace di tollerare gli agenti chimici presenti nell’ambiente in dosi anche molto inferiori a quelle tollerate dalla popolazione generale.
Il corpo ha un sovraccarico tossico ed alcune persone finiscono per non tollerare più nessuna alcuna traccia di sostanze di sintesi nell’ambiente, evidenziando una spiccata sensibilità ad una larga varietà di solventi organici idrofobici (insetticidi, pesticidi, disinfettanti, detersivi, profumi, deodoranti personali o per la casa, vernici, solventi, colle e prodotti catramosi, preservanti del legnocome prodotti antitarlo) ed anche a carta stampata, inchiostri, scarichi delle auto, fumi di stufe, camini, barbecue, prodotti plastici, farmaci, anestetici, formaldeide nella mobilia, tessuti e stoffe.
Molti cittadini, in relazione alle loro caratteristiche genetiche10 soffrono di questi sintomi, ma non sono consapevoli delle cause che li provocano, fidandosi di diagnosi mediche approssimative che imputano la responsabilità al solito stress ed a fantomatici virus, mentre si tratta perlopiù di intossicazioni chimiche ed intolleranza specifica.

I piretroidi
Tra le sostanze pericolose utilizzate in Italia, per le irrorazioni ricordiamo la Bifentrina, possibile cancerogeno secondo l’Epa americana, la Cipermetrina, individuata tra i sette insetticidi il cui uso dovrebbe essere limitato per contrastare le morie delle api e la Permetrina, gravemente tossica per i felini oltre che per api, pesci e invertebrati acquatici e ritirata dal commercio come pesticida, in agricoltura.
Le sostanze utilizzate per le tavolette da elettroemanatori includono prevalentemente Piretroidi tra i quali ricordiamo: la Bioalletrina, riconosciuta come sospetto interferente endocrino e pericolosa per l’ambiente dall’Unione Europea11, la Beta cipermetrina, l’Alfametrina e l’Esbiotrina, considerati possibili carcinogeni12 e tossici per i pesci.
Un’altro Piretroide frequente nella composizione degli insetticidi per uso domestico è la Tetrametrina, considerata poco tossica per la maggior parte dei mammiferi, ma anche riconosciuta come potenziale interferente endocrino13, molto tossica per la vita acquatica, secondo il sistema di classificazione GHS, e nociva per i gatti e gli altri felini.
Tre sostanze (Pralletrina, Transflutrina ed Esbiotrina) sono classificate come particolarmente pericolose per l’ambiente e tossiche per gli organismi acquatici, in particolare zooplancton e stadi larvali acquatici degli insetti. Ma lo sono anche molti prodotti a base di Deltametrina. La Pralletrina dal punto di vista tossicologico è la più tossica se inalata o ingerita.
Secondo la US Environmental Protection Agency (EPA), l’esposizione ai piretroidi, utilizzati in oltre 3.500 prodotti insetticidi registrati, ha numerosi effetti collaterali sui vertebrati che comprendono:

alterazione del sistema endocrino
problemi riproduttivi
disturbi di apprendimento
danni cromosomici
anomalie del sangue
problemi alla tiroide
difficoltà respiratorie
dolori al petto
eruzioni cutanee
vesciche

Organofosforici
Insieme ai piretroidi gli organofosforici sono tra gli insetticidi più utilizzati in agricoltura, in veterinaria, ma anche negli ambienti domestici e di lavoro. La maggior parte degli insetticidi organofosfati sono utilizzati per irrorazioni in agricoltura commerciale, in particolare nelle colture di cotone, mais e soia, ma sono presenti anche nei capitolati di vari comuni nella lotta adulticida e larvicida.
In contrasto con gli organoclorati, gli insetticidi organofosforati si degradano rapidamente nell’ambiente e non si accumulano o concentrano nella catena alimentare e sono quindi ritenuti avere meno possibilità di causare effetti cronici sulla salute o situazioni di contaminazione ambientale.
Li si ritiene relativamente poco dannosi perchè non si accumulano nella catena alimentare e poco persistenti in quanto si degradano nell’arco di 1-12 settimane; si tratta però di un tempo sufficiente a far giungere nei fiumi e nei laghi i prodotti utilizzati in agricoltura, attraverso il deflusso delle acque, o quelli buttati nei tombini, negli scoli e nei canali attraverso la rete fognaria o la percolazione superficiale dalle aree urbane irrorate. Inoltre la maggior parte di essi tende ad accumularsi nella catena alimentare, in particolare nei molluschi.
Caratteristiche quali solubilità e persistenza possono variare notevolmente tra i composti appartenenti a questa classe e, anche se considerati facilmente degradabili per via idrolitica, per alcuni di loro sono stati dimostrati fenomeni di persistenza prolungata nell’ambiente: insieme ai loro derivati sono stati ripetutamente identificati nelle acque superficiali ed in quelle destinate all’uso umano in Italia in altri paesi14 (Albanis et al,1986; Ang et al.,1989; Lees & Macveigh, 1988: Leoni & Puccetti, 1978)
Agiscono inibendo il metabolismo dell’acetilcolina, fondamentale per il buon funzionamento del sistema nervoso degli insetti, ma anche dei vertebrati. Dalla seconda metà degli anni ‘90, dati sperimentali sugli animali, indicano la possibilità di una maggiore suscettibilità dell’organismo in sviluppo agli effetti degli organofosforici15.
Con l’inibizione dell’AChE nell’organismo si determina una maggiore presenza del neurotrasmettitore acetilcolina, che si accumula nello spazio sinaptico, determinano iperstimolazione delle terminazioni periferiche colinergiche (effetto muscarinico), della placca neuromuscolare, dei gangli simpatici (effetto nicotinico) e del SNC.
Gli effetti tossici degli organofosforici sono:

Iperattività delle ghiandole (maggiore salivazione, sudorazione e lacrimazione);
Pupille a punta di spillo;
Incapacità di messa a fuoco gli oggetti;
Aumento della peristalsi intestinale;
Ipotensione e bradicardia;
Broncocostrizione e stimolazione delle secrezioni bronchiali;
Contrazione involontaria dei muscoli scheletrici.

La tossicità acuta si esprime con paralisi muscolare, edema polmonare, convulsioni e coma, mentre quella cronica con disorientamento, confusione, insonnia, depressione. Soggetti esposti in modo continuativo agli OP hanno, inoltre, segnalato disturbi della memoria, della concentrazione, dell’umore e del comportamento.
Il dosaggio ematico delle colinesterasi, strettamente collegata alla durata e all’intensità dell’esposizione, costituisce l’indagine più importante nella diagnosi e nel monitoraggio dell’esposizione acuta a questa classe di sostanza. È possibile stabilire una relazione tra il livello di colinesterasi misurate e i segni clinici dell’intossicazione acuta:

Inibiz. AchE 
Grado di intossicaz.
Segni clinici
Prognosi
50-60
Lieve
Astenia, cefalea, nausea, salivazione, lacrimazione, miosi
Convalescenza 1-3 g
60-90
Moderato
Astenia marcata, disturbi visivi, salivazione abbondante, sudorazione, vomito, diarrea, bradicardia, ipertonia, tremori estremità, miosi, cianosi
Convalescenza in 1-2- sett.
90-100
Severo
Tremori intensi, convulsioni, cianosi intensa, edema polmonare, coma
Morte

L’esposizione ai pesticidi organo fosforici (OP) è stata associata a difetti neurocomportamentali nel bambino. Dati clinici ed epidemiologici raccolti dal 2000 in poi hanno dimostrato che gli organofosfati interferiscono negativamente con il neurosviluppo nell’uomo16. I risultati mostrano una correlazione significativa tra esposizione materna in gravidanza ai pesticidi organo fosforici e disturbi dell’attenzione e ADHD nei bambini di 5 anni ed una correlazione anche se non significativa con altri disturbi dell’attenzione. Gli autori ritengono necessari altri studi sull’argomento, soprattutto in considerazione del fatto che l’8-9% dei bambini in età scolare presenta disturbi dell’attenzione e iperattività, e che quindi identificare possibili cause di questo disturbo ed eliminarle potrebbe avere un importante riscontro sulla salute pubblica.
Il potenziale patologico di Chlorpyrifos è particolarmente forte sia per le cellule epatiche che nervose colpendo 49 dei 51 marcatori dei 6 percorsi metabolici esplorati, inclusi 42 in entrambe. L’espressione genica è sistematicamente repressa in modo intenso. Questo prodotto è incluso tra quelli che hanno interrotto il maggior numero di geni nei due tipi cellulari durante gli esperimenti di Antidote Europe17. Nel 2001, sulla base della revisione dei dati, l’impiego residenziale viene è stato vietato negli Stati Uniti, così come l’uso dello stesso insetticida nei parchi e nei luoghi pubblici frequentati dai bambini. Diazinon E’ considerato un pesticida particolarmente pericoloso in quanto inibitore della colinesterasi e probabile interferente endocrino. E’ inoltre classificato come tossina dello sviluppo e della riproduzione (PAN Pestidice Database). Negli Stati Uniti è stato riconosciuto causa di morie di massa di uccelli ed è altamente tossico per le api18.
Dichlorvos è tossico per i pesci (in particolare per le anguille, le trote, i gobbi) e gli artropodi acquatici ed altamente tossico per gli uccelli e le api. Per quanto riguarda i mammiferi Dichlorvos ha una elevata tossicità acuta (DL50 orale nei ratti 56-108mg/kg) ed è classificato (UNEP/ILO/WHO, 1992) come sostanza altamente pericolosa (Classe IB).
Nell’uomo è ritenuto avere, oltre all’azione di disturbo del metabolismo dell’acetilcolina, anche effetti neurotossici. e causa irritazioni del tratto respiratorio, della pelle e degli occhi. E’ inoltre considerato possibile mutageno e interferente endocrino (PPDB Database) ed è considerato potenzialmente carcinogeno per l’uomo perché in alcuni studi ha causato l’insorgenza di tumori su topi e ratti.
Persone affette da ridotta attività polmonare, problemi al fegato, o che hanno subito una recente esposizione ad inibitori della colinesterasi presentano un maggior rischio se esposti al dichlorvos. Le bevande alcoliche possono incrementarne gli effetti. Il dichlorvos è moderatamente irritante per la pelle. Concentrati a base di dichlorvos possono causare la sensazione di scottature o vere ustioni.
Il Diclorvos è già stato vietato a livello UE dal 2009 come biocida di gruppo 18, ossia per la lotta contro insetti vari infestanti come acari ed artropodi di altre specie, perchè: “la valutazione ha dimostrato che i biocidi utilizzati come insetticidi, acaricidi e prodotti destinati al controllo degli altri artropodi e contenenti diclorvos non possono soddisfare i requisiti di cui all’articolo 5 della direttiva 98/8/CE e che gli scenari esaminati nella valutazione dei rischi per la salute umana nonchè nella valutazione dei rischi per l’ambiente hanno rivelato un rischio potenziale inaccettabile”.
Fenitrothion è stato revocato per uso agricolo nella riunione del 13-14 luglio dello Standing Committee on the Food Chain and Animal Health (SCFA), ufficializzata con la decisione 2007/359/CE19, ma è ancora presente nei capitolati di molti comuni20.
Il Malathion si degrada in malaossone, che è 60 volte più tossico. Se il malatione è usato in ambienti chiusi, degradandosi in malaossone, può intossicarne gli occupanti. Il Malathion può risultare fitotossico addirittura per alcune colture, quali cocomeri e zucche e sui mammiferi ha attività di interferente endocrino. Nei ratti provoca una significativa diminuzione di ormone tiroideo nel siero, con un probabile effetto diretto sulla ghiandola tiroidea (Akhtar et al.,1996). Per l’Unione Europea l’uso di questo principio attivo è vietato dalla decisione 2007/389/CE a seguito dell’esame relativo all’iscrizione all’allegato I della direttiva 91/414/CEE, ma è ancora presente in alcuni capitolati.
Come il Malathion anche il Parathion in alcune specie può trasformarsi in composti molto più tossici quali Paraoxon e Sed S–etilparationetilparation, attraverso ossidazione o isomerizzazione; in altre, invece, viene detossificato per dearilazione ossidasica o esterasica o per riduzione ad amminoderivato inattivo. Le ricerche su bambini esposti a metil-parathion hanno dimostrato un deteroriamento della memoria a breve termine deteriorate e attenzione (Ruckartz et al., 2004; EHP, 2004)
Il Parathion è inserito nella “Sporca dozzina” del Pesticide Action Network UK (PAN) Database (The List of Lists – 3rd edition, 2009) e non è approvato dall’Unione Europea ai sensi della Direttiva 1107/200921: I prodotti che lo contengono sono tutti revocati in Italia (Ministero della Salute, Banca dati dei prodotti fitosanitari). E’ bandito in 18 paesi industrializzati occidentali, ma ampiamente utilizzato nei paesi in via di sviluppo ed è ancora presente in alcuni Capitolati di Appalto per l’affidamento del servizio di derattizzazione, disinfestazione e disinfezione.
Il Temephos, in passato dato per innocuo, è stato a lungo utilizzato dal Comune di Roma e in tutta Italia fino al 2008 nella profilassi antizanzara. Come gli altri insetticidi organofosforici colpisce il sistema nervoso degli insetti, ma anche quello umano, è dannoso per molte specie di uccelli ed altamente tossico per le api. In seguito alla Direttiva 98/8/CE (“DIRETTIVA BIOCIDI”) recepita in Italia dal D.Lgs. 25 febbraio 2000 N.174 non sono più commercializzabili dal 1 settembre 2006.
Il Triclorfon E’ classificato come cancerogeno, inibitore della colinesterasi, sospetto intereferente endocrino (European Union Prioritization List) ed è classificato tra i pesticidi più dannosi per la salute e l’ambiente (PAN Pesticide Database). E’ bandito in Europa dal 2006, ma ancora utilizzato soprattutto nella lotta larvicida.
Anche gli Organofosforici considerati poco tossici per mammiferi ed esseri umani possono determinare alterazioni ambientali molto gravi. Azametifos è moderatamente tossico per i mammiferi, ma altamente tossico per gli uccelli e specie acquatiche (soprattutto larve).

Altre sostanze
Tra i prodotti utilizzati nella profilassi contro la zanzara “tigre” e “altri insetti volanti e striscianti” va segnalato il Piperonil butossido (PBO), una sostanza chimica comune utilizzata in migliaia di insetticidi domestici per aumentare l’efficacia di altri prodotti chimici, causa ritardi dello sviluppo infantile e danni cerebrali22 ed è incluso tra i possibili carcinogenetici dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti23.
Un altra sostanza considerata sinergizzante24 largamente usata negli insetticidi è l’Etofenprox, una sostanza tossica per la vita acquatica, con effetti a lungo termine, secondo la classificazione GHS e considerata anch’essa possibile interferente endocrino nei mammiferi25.
Oltre alle irrorazioni e nebulizzazioni in ambiente domestico e per esterni altre sostanze sono utilizzate per la disinfestazione larvicida e possono causare gravi danni agli ambienti acquatici e alla biodiversità se si diffondono nell’ambiente.
Il Diflubenzuron inibisce l’enzima chitina-sintetasi ed impedendo la deposizione della chitina durante la muta. Il risultato è una cuticola fragile che non permette la sopravvivenza degli insetti. E’ presente nei capitolati per la disinfestazione larvicida di molti comuni e Regioni.
L’uso sottoforma granulare o in compresse è permesso in acque palustri, canali di bonifica, fossette di scolo, caditoie, tombini stradali.
Secondo il Pesticide Action Network26 e secondo il Ministero della Salute i prodotti contenenti questa sostanza sono pericolosi per l’ambiente. In particolare possono causare una significativa diminuzione delle larve di insetti e crostacei nelle acque e possono determinare alterazioni negative della catena alimentare.

Tutele legali
Le leggi esistenti sono ancora troppo legate ad una visione produttivistica e poco attente all’ambiente e alla salute umana. Va cambiata la mentalità sul rapporto uomo natura: in natura non ci sono organismi nocivi, occorre trovare un equilibrio e una convivenza tra tutti.
Pultroppo per quanto riguarda le irrorazioni il sistema giuridico nel campo ambientale non prevede alcuna forma di tutela diretta per coloro che ne sono vittime passive delle irrorazioni27. Tuttavia l’art. 674 del codice civile afferma:

Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestarepersone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammendafino a duecentosei euro.

La giurisprudenza della Cassazione, negli ultimi anni ha rielaborato l’interpretazione e l’applicazione dell’articolo 674, che, insieme ad altre norme, è stato applicato anche al campo della tutela dell’ambiente e della salute pubblica (Santoloci, 2011).
Nei casi in cui un privato cittadino diventa indirettamente destinatario di irrorazioni da parte di confinanti aziende agricole o privati contadini di sostanze chimiche ha il diritto di controllare se vi è violazione delle regole amministrative per tali pratiche dettate da enti preposti (Regione, Provincia, Comune).
Chi effettua spargimento di sostanze nell’aria raggiungendo anche i terreni confinanti, si potrebbe trovare dii fronte ad un’ipotesi di reato di cui all’articolo 674 del codice penale. Infatti tale immissione può non soltanto essere “molesta”, come la norma richiede, ma può essere anche tossica e nociva e al di sopra dei limiti minimali previsti dalla norma per l’integrazione di tale reato28.
Se tale irrorazione indiretta avviene in modo seriale, continuativo, sistematico e si può dimostrare che il soggetto sia consapevole delle conseguenze che sta causando al suo vicino o sia stato preventivamente e ripetutamente diffidato a cessare tali azioni, si può ipotizzare anche il dolo eventuale29.
Non è necessario che il soggetto vittima della irrorazione dimostri una lesione o una conseguenza clinica derivante dall’irrorazione medesima, ma deve dimostrare all’organo di polizia giudiziaria che tali immissioni siano idonee a causare una molestia, un ordinario fastidio così come è previsto dall’articolo 674 codice penale. Se poi, oltre a tale “molestia”, si riesce a dimostrare che sussiste anche un pericolo potenziale di tossicità per la salute pubblica o comunque un danno per le proprie coltivazioni o per l’ambiente di vita quotidiana, è logico che il reato viene a maggior ragione integrato poiché viene superata la soglia minima richiesta dall’illecito stesso e cioè la molestia prevista dalla norma30.
Il vecchio sistema Europeo di classificazione del rischio ambientale, soggetto a numerose critiche ha fino ad adesso permesso di immettere nel mercato sostanze come minimo potenzialmente pericolose per specie ed habitat non target, ma è in via di sostituzione con il più obiettivo GHS (Globally Harmonized System of Classification and Labelling of Chemicals, sistema armonizzato di classificazione ed etichettatura dei prodotti chimici), programma mondiale di armonizzazione della classificazione ed etichettatura delle sostanze e delle miscele chimiche. Il lavoro sul GHS è cominciato con la Conferenza delle Nazioni Unite “Ambiente e sviluppo sostenibile” (Rio de Janeiro, 1992)31.
Il GHS non è una norma operativa, ma un accordo internazionale vincolante, che deve essere implementato da stati e regioni attraverso legislazioni locali. In Europa la Commissione Europea ha implementato il GHS attraverso il Regolamento CLP (regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele).
Tale sistema pone maggior enfasi sulla tossicità cronica e risulta maggiormente adeguato a stimare i reali danni ambientali considerando elementi target quali, ad esempio, per gli habitat aquatici la mortalità di pesci, alghe e crostacei e la durata nell’ambiente.

Nello studio abbiamo preso in considerazione i dati che permettono di inquadrare le principali sostanze utilizzate nelle irrorazioni e, più in generale, nella lotta ai cosiddetti insetti nocivi, per quanto riguarda gli effetti che possono determinare sui principali componenti degli ecosistemi e sull’uomo.

Per quanto riguarda le disinfestazioni anti-zanzare, come esempio di ciò che avviene in Italia, sono stati segnalati i protocolli, pubblicati in internet da alcune Amministrazioni comunali negli ultimi anni, relativi all’uso, sia nella lotta larvicida, che in quella adulticida, di sostanze riconosciute tossiche, ritirate dal commercio o comunque ad impatto elevato ambientale particolarmente elevato.

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