Siria – Bugie mediatiche e dieci incongruenze del Report “Into the credibility of certain evidence with regard to Torture and Execution of Persons Incarcerated by the current Syrian regime”

Lunario Paolo D'Arpini 23 gennaio 2014

Dieci incongruenze del Report “Into the credibility of certain evidence with regard to Torture and Execution of Persons Incarcerated by the current Syrian regime”. Per una disamina più completa si veda l’articolo di Francesco Santoianni: http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2128.

1) Il Report addebita i crimini mostrati nelle dieci foto al “regime d Assad” basandosi esclusivamente sulle dichiarazioni di “Caesar” che resta celato nell’anonimato nonostante il Report dichiari che è già fuggito fuori dalla Siria insieme alla sua famiglia. I motivi di questo anonimato sarebbero di “sicurezza” ma il Report rivela la sua anzianità di servizio (13 anni) come “fotografo della Polizia”, dettaglio questo che, verosimilmente, permettere alle autorità di Damasco la sua rapida identificazione.

2) L’accertamento dell’identità di “Caesar” e del suo lavoro è affidata, secondo il Report, alla esibizione di due non meglio precisati “documenti di identità” e alle dichiarazioni di un suo sedicente parente (anch’egli anonimo nel Report), membro dell’Opposizione siriana. Nessun altro controllo (ad esempio interviste a poliziotti disertori presenti in gran numero all’estero) appare essere stato effettuato dagli estensori del Report.

3) L’accertamento della “buona fede” di “Caesar” è affidata a tre colloqui, l’ultimo svoltosi il 18 gennaio e cioè nella stessa data di pubblicazione della “versione per la stampa” del Report come dimostra il nome del file postato sul sito della CNN.

4) Non è credibile che il regime di Assad abbia realizzato un compromettente data-base fotografico delle uccisioni di 11.000 oppositori lasciandolo, per giunta, alla mercede di un fotografo della polizia.
5) Non è credibile che un fotografo della polizia abbia potuto ottenere dai suoi colleghi migliaia di foto di oppositori torturati e uccisi.
6) Non è credibile l’affermazione del Rapporto (pagg. 6-7) secondo la quale il motivo per fotografare persone giustiziate era “…per permettere un certificato di morte da prodursi senza che le famiglie necessitassero di vedere il corpo, evitando così alle autorità di dover dare un resoconto veritiero della loro morte.” Non si vede il perché le autorità (invece di dichiarare “desaparecidos”, come succede nei reggimi dittatoriali, i prigionieri) avrebbero dovuto esibire un certificato di morte (“per problemi cardiaci e attacchi respiratori”, pag. 13) alle famiglie degli 11.000 uccisi spingendole, così, a chiedere indietro il corpo del loro caro e constatare, così, i segni delle torture e dell’uccisione.

7) Tutte le foto pubblicate nel Report celano, con l’apposizione di rettangoli neri, l’identità degli uccisi (nota a pag. 19) “Per motivi di sicurezza e privacy facce o altre caratteristiche potenzialmente identificativi nelle foto sono state rimosse.” Questa sbalorditiva scelta impedisce di accertate se le persone uccise siano veramente “oppositori” o, ad esempio, persone cadute nelle mani dei “ribelli siriani”.

8) La foto n, 4 mostra i segni di uno strangolamento effettuato, presumibilmente, con la striscia di plastica raffigurata nella foto 5. Ma chi ha messo sul corpo quella striscia? E perché? Di certo non può essersela dimenticata la “Polizia militare” che lo avrebbe torturato in prigione (altrimenti, risulterebbe anche nella foto 4).

9) Le foto 6, 7 e 8 mostrano delle garze – la 6 sul polso si direbbe i resti di una fasciatura al braccio (si veda anche foto 7). La Polizia, in Siria, medica i torturati prima di ammazzarli?

10) La foto 3 mostra, in alto a sinistra, l’unghia di un dito di qualcuno che si direbbe tenga il cadavere in bella mostra per essere meglio fotografato. Una stranezza se questa fosse una delle decine di migliaia di “foto di archivio” da chiudere in qualche cassaforte. Tutt’altro discorso se fosse, invece, una foto da dare in pasto ai media.

SibiaLiria

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