Geopolitica – La Russia si muove verso EurAsia….

Dopo il collasso economico iniziato nel 2008 e che ben presto ha travolto il mondo intero, la Russia ha significativamente modificato la propria politica estera. In conseguenza della crisi, Stati Uniti ed Europa hanno subito le maggiori perdite finanziarie. Minori perdite sono state subite da Cina, Australia e un certo numero di Paesi dell’ASEAN (basti ricordare il termine “Cindonesia”, di moda nel 2009, verso il triangolo economicamente inaffondabile Cina, India e Indonesia). La Russia è riuscita ad affrontare con successo lo shock globale, ma ha dovuto rivedere la sua politica estera, in precedenza volta a una partnership quasi esclusivamente con l’occidente. La nuova direzione ad Est della Russia è stata progettata ed implementata al massimo livello e con successo, come questi ultimi anni hanno dimostrato. La mossa della Russia verso “oriente” segue due direzioni: economica e strategica. Soprattutto nella regione Asia-Pacifico, dove dal 2010 è aumentata la domanda di energia. Dato che negli Stati Uniti e in Europa, il consumo di materie prime è sceso, il riorientamento delle priorità per l’esportazione della Federazione russa verso i Paesi dell’Asia-Pacifico è diventata un passo naturale e logico, necessario per lo sviluppo dell’economia russa. La Russia è anche riuscita a rafforzare la propria influenza politica nella regione dell’Asia-Pacifico per via del marcato crollo delle posizioni statunitensi. Il culmine della politica estera russa in tale direzione è stata la presidenza della Federazione russa al vertice APEC, tenutosi a Vladivostok nel 2012, e l’annuncio di politiche economiche chiare nel successivo vertice del 2013 a Bali, in Indonesia.

La Russia entra nel “Pacifico”
Il primo passo della leadership russa per stabilire legami più stretti con la regione Asia-Pacifico è stata la cooperazione regionale, vale a dire, il cuore dell’organizzazione regionale, l’ASEAN. In un primo momento, i Paesi dell’Asia orientale sospettavano delle intenzioni della Federazione russa nella regione Asia-Pacifico. Tuttavia, dopo il 2009, è diventato chiaro che il tradizionale dominatore del Pacifico, gli Stati Uniti, avranno bisogno di molti anni per riprendersi economicamente, mentre il potere finanziario, politico e militare della Cina, al contrario, si amplia rapidamente (si ricordi il conflitto sul Mar Cinese Meridionale aggravatosi nel 2013). Poi un certo numero di Paesi dell’ASEAN inizia a mostrare un’interesse particolare verso la Russia. Certo, approfittano della strategia “di attirare il grande per dissuadere il grande”, ritenendo che la presenza nella regione di un nuovo “leader”, la Russia, contribuirà a “calmare” le crescenti ambizioni della Cina. A questo proposito, il vertice dell’Asia orientale (EAS, che comprende i 10 Paesi dell’ASEAN e 6 partner del dialogo), portava la Russia e gli Stati Uniti a collaborare nel 2011 sul nuovo formato ASEAN+8, ma a poco a poco l’iniziativa è sbiadita alla luce dell’instabilità economica mondiale e del raffreddamento generale dei rapporti russo-statunitensi in particolare. Inoltre, se il vertice Russia-ASEAN pre-crisi del 2005 e quello post-crisi del 2010, si svolsero con la partecipazione del presidente della Russia, ampiamente seguiti dai media, nel 2013 il vertice si svolse già a livello ministeriale, affaristico e culturale, senza più ricevere grande pubblicità mediatica. Tuttavia, in occasione della riunione ministeriale Russia-ASEAN del 2013, le parole fiduciose del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ancora indicavano che il “potenziale per approfondire il partenariato è ben lungi dall’essere esaurito”, e “oggi possiamo vedere quali altre opzioni potrebbero essere interessate”. Il fatto è che negli ultimi anni la retorica è stata sostituita da azioni specifiche e mirate, che saranno discusse di seguito.

Il partenariato della Russia con i Paesi dell’Asia Orientale
Già nel 2010, tra la sofferenza di Nord America ed Europa per gli effetti della crisi globale, Mosca aveva annunciato ufficialmente che la priorità della politica estera della Russia sarebbe stata l’accesso ai mercati della regione Asia-Pacifico. Uno degli esempi più eclatanti di partenariato tra la Russia e un membro chiave dell’EAS, la Cina, è stato il lancio del trading in Yuan/Rublo sul MICEX nel dicembre 2010, al fine di ridurre la dipendenza di tali monete dal dollaro. Questo evento è significativo per il fatto che il MICEX è diventato la prima piattaforma estera in cui lo Yuan viene scambiato. (A proposito, per ridurre il ruolo del dollaro come intermediario nelle transazioni commerciali internazionali, nel 2013 la Cina ha proposto la creazione di un fondo dei Paesi BRICS in crediti nelle loro monete (o RMB) ad un tasso fisso, “bypassando” il FMI. Tale fondo, avviato dalla Cina, ha avuto successo nella regione Asia-Pacifico durante l’Iniziativa di Chiang Mai del 2005, raggiungendo un volume pari a 240 miliardi di dollari nel 2012). Nel 2010 Russia e Cina si sono anche accordate sull’acuto problema regionale della Corea democratica. Un ruolo chiave nel preservare le relazioni a lungo termine tra i due Paesi l’ha avuto la Pipeline Russia-Cina, avviata nell’autunno dello stesso anno, i cui profitti compensano la flessione dei ricavi delle vendite di gas russo in Europa. Nel 2013, il volume annuo di investimenti cinesi nell’economia russa è stato pari a 3,7 miliardi di dollari, e nell’ottobre 2013 la Russia e la Cina hanno firmato una serie di documenti sugli investimenti cinesi nell’economia russa nel complesso, e nello sviluppo delle regioni più povere della Russia in particolare. Tale evento storico per l’economia russa, è stato definito dal primo ministro russo Dmitrij Medvedev “lo speciale rapporto della partnership strategica”, sostenuto dalle promesse della Cina di portare gli investimenti annuali a 12 miliardi entro il 2020. Un altro gasdotto, “Siberia orientale – Oceano Pacifico” (ESPO), avviato nel 2013, dovrebbe trasformare l’Estremo Oriente russo nel principale fornitore di petrolio per Giappone, Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, Filippine, Singapore e Taiwan.
Con un altro importante giocatore dell’EAS, la Corea del Sud, la Russia ha sviluppato un rapporto regolare, non offuscato dalla posizione di Mosca sulla questione della Corea democratica, che non corrisponde alle aspettative di Seul. Da quando la Corea del Sud ha un partenariato con gli USA sulla sicurezza e con il Giappone per le esportazioni high-tech, la Russia ha il ruolo tradizionale della “grande potenza delle materie prime”. In tale ottica, Mosca e Seoul, nel novembre 2010 hanno firmato un accordo per la fornitura di gas naturale liquefatto alla Corea del Sud per 1,5 milioni di tonnellate all’anno per 20 anni, nell’ambito del Progetto Sakhalin-2. Fornitrice è l’azienda russa Sakhalin Energy, che ha un motto promettente: “Essere la principale fonte di energia della regione Asia-Pacifico”. Inoltre, nel 2012, la Corea del Sud è diventata uno degli investitori per le strutture costruite a Vladivostok per il vertice APEC. Relazioni speciali si hanno tra Russia e Australia. L’Australia è un altro partner affidabile degli Stati Uniti nella sicurezza regionale, ma il Paese è molto interessato a preservare le relazioni economiche e commerciali con la Cina. Contemporaneamente l’Australia cerca di inibire la crescita dell’influenza di Cina e Stati Uniti nella regione Asia-Pacifico. Inoltre, se nel 2005 Canberra era categoricamente contraria ad invitare la Russia nell’Asia Orientale, considerandola un giocatore “estraneo” alla regione, nel 2010 ha volentieri appoggiato l’adesione del Paese all’organizzazione, sperando che la presenza di un terzo gigante, la Russia, controlli le due “egemonie” concorrenti. La posizione australiana sull’invito della Russia nel “Pacifico” fu sostenuta da Tokyo, nonostante la controversia irrisolta tra Russia e Giappone sulle isole Curili. Tuttavia, dal 2011 il Giappone acquista gas naturale liquefatto da Sakhalin e in misura molto maggiore rispetto alla Corea del Sud. Inoltre, le società giapponesi Mitsui e Mitsubishi possiedono il 22,5% delle azioni di Sakhalin Energy, la società del Progetto Sakhalin-2. Tuttavia, nella costruzione della relazioni con l’Asia Orientale, la Russia non si concentra solo sui giocatori che possono acquistare materie prime russe, ma anche su partnership strategicamente opportune, secondo il ministero degli Esteri, come con Nuova Zelanda, Vietnam e India che, a differenza di altri Paesi dell’Asia Orientale, storicamente non hanno avuto rapporti troppo solidi con gli Stati Uniti; tuttavia, l’unico settore in cui Mosca vede prospettive di cooperazione con tali Paesi è un loro coinvolgimento nell’Unione doganale EurAsEC. L’unica cosa da decidere sarà la base del baratto e il trasporto tra Federazione Russa, Nuova Zelanda, Vietnam e India che, in realtà, sarà forse il compito più complesso del prossimo decennio.

Prospettive in Estremo Oriente
Nell’ottobre 2013, al vertice APEC a Bali (che, per inciso, fu ancora ignorato dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama), Mosca aveva indicato chiaramente un piano per attrarre investimenti dai suoi partner strategici dell’Est asiatico per sviluppare le regioni dell’Estremo Oriente russo. La difficoltà principale nella realizzazione di tali piani era forse il fatto che l’Estremo Oriente russo suscita forti preoccupazioni negli investitori orientali, per via del suo sottosviluppo economico e delle “selvagge” pratiche commerciali. C’è un altro problema da affrontare al massimo livello, che il dr. in Scienze Politiche S. Pestsov ha descritto come: “Una delle condizioni più importanti per il successo della strategia di penetrazione e consolidamento della Russia nell’Asia Orientale è fornire più spazio ed opportunità alle regioni della Siberia e dell’Estremo Oriente (della Russia) per includerle nei processi d’integrazione regionale, nei progetti di partenariato transfrontalieri e nella cooperazione. Fino ad allora, se l’autonomia regionale viene percepita solo come una minaccia per l’unità del Paese, una reale integrazione regionale sarà fuori questione.” Queste parole sono state finalmente ascoltate, nell’ottobre 2013; durante un vertice del World Economic Forum a Mosca, il viceprimo ministro russo Igor Shuvalov ha detto che “è tempo di trasferire ulteriori poteri dal governo federale alle regioni”, fornendo l’opportunità alle regioni di raccogliere ulteriori fondi da investitori nazionali e stranieri. I fatti hanno seguito le sue parole: incentivi fiscali per nuovi progetti di investimento in Estremo Oriente avranno effetto dal 1° gennaio 2014. Inoltre, il Presidente Vladimir Putin ha proposto di estendere gli sgravi fiscali all’intera Siberia orientale nel 2015.

Chi sarà il partner chiave della Russia nell’Asia orientale?
Nonostante i tentativi della Russia d’introdurre il rublo russo come affidabile mezzo di pagamento (dovrebbe anche essere posizionato il simbolo del rublo sulle tastiere russe nel 2014), nei prossimi anni, il nucleo della cooperazione della Russia con l’Asia-Pacifico potrebbe diventare il capitale cinese, sostenuto dalle riserve in valuta estera della Cina che, nel 2004-2012, sono aumentate del 721% raggiungendo i 3300 miliardi di dollari (abbastanza per comprare due volte le riserve auree di tutte le banche centrali del mondo). La Cina costruisce una politica equilibrata e prudente nelle relazioni con i suoi vicini più prossimi, i Paesi dell’ASEAN e i loro interlocutori nell’Asia orientale, per non aver problemi nel “soggiogarne” le economie, spostandole gradualmente dal dollaro allo yuan nelle operazioni di trading. La Federazione russa s’inserisce naturalmente in questi piani, in quanto considera la Cina suo partner strategico, pronto a sua volta ad investire grandi quantità di denaro nello sviluppo delle regioni russe, acquistando materie prime russe in grandi volumi.
In generale, negli ultimi anni la dinamica delle relazioni della Russia non solo con la Cina, ma anche con il resto dell’Asia orientale, è aumentata notevolmente e forse il prossimo decennio sarà una pietra miliare della Storia della politica estera russa, rafforzando la posizione della Russia nella regione dell’Asia-Pacifico.

Sofia Pale, Ricercatrice in Storia e membro del Centro per il Sud-Est asiatico, Australia e Oceania della RAS di Studi Orientali, in esclusiva per la rivista online “New Oriental Outlook”.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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