Nino Galloni: “Prendi i tuoi soldi e… scappa? La fine della globalizzazione…” – Ed il parere di Abramo Lincoln

Ante scriptum

Di seguito il parere di due esperti. Sono concetti che altri esprimono in modo incomprensibile, solo perché mentono. Claudio Zanasi

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Intervista con Nino Galloni

Nell’ultima edizione del suo libro “Chi ha tradito l’economia italiana?”, c’è una promessa rivolta ai lettori: un nuovo aggiornamento del testo in seguito alle recenti elezioni tedesche del 22 settembre. Lo ritiene davvero necessario visto l’esito?
 
Le elezioni tedesche mi hanno oggettivamente deluso, mi aspettavo una migliore performance delle formazioni anti-euro. Ma a forza di contratti di solidarietà e small jobs gli elettori convergono sul voto moderato. La Germania sta sperimentando bassi salari, piena occupazione ed aggressività internazionale, un mix che già in passato ha prodotto esiti disastrosi. Nonostante questo, i Tedeschi hanno votato in massa la Merkel, che ha comunque commesso un errore nel far fallire il suo alleato di governo – i liberali del Fdp – ed ora dovrà decidere se andare con i Verdi, e puntare su una decrescita deleteria per la Germania e per gli altri Paesi dell’Europa, o con i Socialisti, che si sono dimostrati troppo deboli sul lavoro ed hanno meritato la sconfitta. 
 
- Visto anche il trionfo della Merkel e la sua nota reticenza nell’applicare quelle misure per rilanciare l’economia del continente, l’uscita dalla moneta unica è oggi la migliore opzione per l’Italia e gli altri Paesi dell’Europa meridionale?
 
L’uscita dall’euro non è un obiettivo, semmai una necessità. Il punto di riferimento deve essere il ripristino della sovranità monetaria o meglio la possibilità di riprendere l’equilibrio tra emissione di moneta e di titoli a basso costo per finanziare gli investimenti pubblici. Che si faccia a livello europeo e l’euro divenga finalmente una moneta è uno scenario possibile. Se poi questo non dovesse accadere, allora certamente, ma solo per questa ragione, bisogna tornare alle monete nazionali. 
 
 - Ritiene possibile una moneta per l’Europa del Nord ed una per quella del Sud?
 
Gli economisti che hanno proposto l’euro a due velocità non tengono conto che l’attuale modello tedesco, vale a dire bassi salari, piena occupazione ed aggressività internazionale, si è allontanato da quello renano, sano, e richiederebbe una svalutazione dell’euro proprio per la Germania: i bassi salari non aiutano un Paese industrializzato, che non deve puntare agli avanzi come quelli in via di sviluppo, dato che nel momento in cui ha finito di abbinare alti salari, tecnologia ed esportazioni, per mantenere il livello di quest’ultime deve abbassare i salari con effetti negativi sulla domanda interna più che proporzionali agli aumenti delle esportazioni stesse. Il risultato: una rincorsa al ribasso dei salari ed un circolo vizioso dal lato della domanda interna. 
La Germania è vero che esporta, ma sta deprimendo il mercato interno ed è piena di magazzini di merci invendute. E’ un Paese che sta per scoppiare ed è lei, per questo motivo, l’anello debole dell’euro. 
 
 - Quanto tempo potrà durare questa situazione insostenibile creatasi tra i Paesi dell’euro-zona?
 
La Germania ha interesse a svalutare e non può certo accettare una svalutazione dei Paesi mediterranei: Berlino si aggrappa al meno peggio per loro – l’attuale euro – ma la situazione sta diventando insostenibile. L’aumento dell’aggressività e degli avanzi vengono pagati con la diminuzione dei salari interni e dalla disoccupazione dell’Europa meridionale. La Germania è un’anomalia che potrà effettivamente travolgere l’euro, a meno che non si riesca a trasformarlo in una vera e propria moneta. Ed il fatto che la rabbia tedesca non si esprima nelle elezioni non è una buona notizia.
 
Veniamo all’Italia. Lei nei suoi scritti indica due avvenimenti come emblema del declino italiano: il rapimento Moro per la fine della sovranità politica e la separazione della Banca Centrale dal Tesoro per quella monetaria. Possiamo aggiungere anche il novembre del 2011 e l’ascesa di Mario Monti al potere come fine della sovranità tout court?

Gli anni tra il 1978 ed il 1983 sono stati effettivamente decisivi per la storia del nostro Paese ed il cancellare la voce sugli investimenti pubblici, che è l’unico modo di sviluppo, è stato drammatico per la sua deindustrializzazione. Venendo all’attualità, Monti è colui che consapevolmente o inconsapevolmente ha cercato di accelerare il raggiungimento del baratro. Sono convinto che ci sono forze della politica di questo Paese che ritengono che arrivare al baratro sia salutare per cambiare la politica salariale e del mondo del lavoro. Esperimenti similari, del resto, sono stati fatti a Cipro ed in Grecia con risultati inquietanti. Ma qui arriviamo al nodo del problema: i potentati bancari e multinazionali, prima del 2007, ed ora finanziari possono-debbono essere contrastati dalla ripresa di sovranità dei popoli e da classi dirigenti degne di questo nome? Oppure dobbiamo semplicemente subire? Non c’è una terza alternativa. Io mi sono sempre schierato per il ripristino di quella legalità nazionale ed internazionale calpestata dai principi del liberismo.

 
- A 5 anni dal collasso di Lehman Brothers “ha vinto Wall Street”. Lo hanno scritto recentemente Krugman e Stiglitz. Perché i governi occidentali non hanno utilizzato il consenso popolare creatosi nel 2008 per riformare il sistema finanziario?
 
Mentre prima l’economia, la finanza e la moneta erano circondati da un alone di ignoranza, oggi grazie al lavoro di tanti economisti, esperti e studiosi – mi ci metto anche io – questi concetti sono divenuti più comprensibili. Ma paradossalmente è divenuto più difficile capire come mettere in pratica quello che si è sintetizzato dalla teoria. Due sono i passaggi fondamentali da compiere, come sottolineano anche Krugman e Stiglitz. Primo. La reintroduzione del Glass-Steagall Act – la separazione tra le banche di credito e società finanziarie. Ma la posizione di Draghi è diversa ed è per metterle in subalternità alla finanza, attaccando senza motivi il nesso tra debiti sovrani e banche. Queste ultime guadagnano solo se prestano, ma se ci sono troppi vincoli, trope Basilee, troppe Eba, il sistema si impalla. Ed una prospettiva di un governo europeo delle banche, come è alle esame in questi mesi, peggiorerà la loro situazione. 
Secondo. Il recupero della sovranità monetaria degli Stati, essenziale per poi parlare di reddito di cittadinanza, ripristino dei servizi pubblici e lo sviluppo dei Paesi in generale. Ma dove le analisi dei premi Nobel sono carenti è nel dare praticità alle loro teorie. 
 
 - La crisi attuale ha le sue radici nel trionfo delle idee monetariste a partire dalla fine degli anni ‘70 che ha prodotto un modello socio-economico oggi insostenibile e fallimentare. La soluzione è ritornare alle politiche Keynesiane? Vede altre strade? E come passare dalla teoria alla pratica se anche i partiti socialisti europei hanno accettato le regole del gioco neo-liberiste?
 
Per parafrasare il noto aforisma di Einstein, la classe dirigente che ha prodotto il problema non può candidarsi ad essere la soluzione. Dovremo abbandonare tutte quelle illusioni liberiste, mercantiliste e monetariste che ci hanno portato alla crisi attuale. 
In generale, credo che potremo prendere l’analisi keynesiana a riferimento ma con due accortezze: la prima è di distinguere fra la teoria dell’emissione da parte dello Stato di moneta, teoria che resta valida ma bisogna considerare meglio quella privata e bancaria. La critica che faccio al Mmt ed Epic, ad esempio, è che fanno un discorso giusto sulla moneta statale ma trascurano che il grosso della moneta di un sistema è credito fra privati e credito bancario. Ci sono state degenerazioni ingiustificabili ed oggi la moneta statale è paralizzata – un danno enorme che va riparato – ma quella bancaria ha tutt’altra funzione ed è il 96% del totale.
Il secondo punto è che dobbiamo aggiornare Keynes allo sviluppo tecnologico ed alla segmentazione del mondo del lavoro. 
I governi si devono muovere verso un pareggio di bilancio di parte corrente, esclusi gli interessi, e creare invece disavanzi per finanziare gli investimenti pubblici di cui una parte sono i titoli a basso tasso d’interesse. Quindi, una Banca centrale o pubblica deve acquistare – con moneta aggiuntiva – quella evenutale parte di offerta obbligazionaria che rimanga invenduta. Si otterrebbe così un modulo sano e virtuoso per l’economia.

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Altro parere:

ABRAMO LINCOLN: SOVRANITA’ MONETARIA
 
Un popolo può dirsi veramente libero quando è proprietario della propria moneta.
Questa deve essere emessa a credito, creando un reddito di cittadinanza, e non a debito come viene fatto ora.
Le sole parole d’ordine che debbono unirci sono: Sovranità Nazionale e Sovranità Monetaria.
Se non si ottiene questo il resto sono solamente chiacchiere che lasciano il tempo che trovano.
 
Abramo Lincoln sulla politica monetaria a pagina 91 del “Documento del Senato n.23” del 1865:
“Il Governo non ha necessità né deve prendere a prestito capitale pagando interessi come mezzo per finanziare lavori governativi ed imprese pubbliche.
Il Governo deve creare, emettere e far circolare tutta la valuta ed il credito necessari per soddisfare il potere di spesa del Governo ed il potere d’acquisto dei consumatori.
Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solamente una prerogativa suprema del Governo, ma rappresenta anche la maggiore opportunità creativa del Governo stesso.
La moneta cesserà di essere la padrona e diventerà la serva dell’umanità.
La democrazia diventerà superiore al potere dei soldi.”

Lo stesso anno Abramo Lincoln venne assassinato !

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