Daniele Bricchi: “…ecco perché sono diventato vegano stretto..”

Caro Paolo.

Credo che da alcune decine di anni sia diventato di moda, sia di uso molto comune, appioppare etichette quali: estremista, talebano, rigido, esagerato, fanatico ecc. ad ogni persona che la pensa in modo diverso da noi, che ha idee per noi scomode o che semplicemente non concepiamo…non comprendiamo. Dovemmo prenderne coscienza.

Se da un lato non capisco come si possa chiedere ad un movimento di andare a letto con delle persone nonostante che da anni ripetono chiaramente di volerle cacciare, da un lato invece lo comprendo…per me è l’effetto di un condizionamento di cui queste persone non sono consapevoli. La società in cui viviamo è fondamentalmente il risultato di condizionamenti da cui difficilmente si sfugge. Ecco il vero motivo perché siamo nella M….non certo per il M5S, ha ha. Roba da matti!

Di “compromessi”, di “adattamenti” i M5S ne fanno già abbastanza, ma se dovessero farne oltre un certo limite, io ne sarei deluso e prenderei le distanze come ho fatto fin da ragazzo alla vista di un “sistema” che non fa parte del mio dna, che ho subito come una grande violenza. Non credo proprio di essere il solo a viverla così. E’ necessario un cambio di paradigma, altrimenti non c’è da aspettarsi cambiamenti epocali.

Riguardo al Vegetarismo, fareste prima a dire che vi piace il formaggio e lo stracchino, il cappuccino e il cistercense senza girarci tanto in torno con intellettualizzazioni, caro Paolino, (affettuosamente). Leggendo questa edizione del giornaletto mi sono domandato se quello che leggevo, commentatori inclusi, fosse davvero il tuo giornaletto, un ambiente vegetariano.

Il temine “Vegan” in inglese è solo il modo in cui gli inglesi, che hanno la tendenza a contrarre le parole, hanno ridotto il temine “Vegetarian”. Poi si è sviluppato l’uso di Vegan per riferisri al vegetariano che non usa alcun prodotto di origine animale sia per l’alimentazione sia per ogni altro tipo di uso (vestiario, vivisezione, circo ecc.).

Noi non “discendiamo” dai frugivori, noi SIAMO frugivori. Questo è quanto sosteneva il Prof. Armando D’Elia che tu citi. Armando fu uno dei miei maestri, quasi un padre per me, Uno dei massimi studiosi di nutrizione umana e mai lo sentii dire che l’uomo è fatto per assumere anche una quota di alimenti di origine animale. Il D’Elia ci riferisce invece che il fondatore di quella disciplina scientifica che si descrive col nome di “anatomia e fisiologia comparate, il Professore di anatomia Josh Cruvier, concludeva ogni lezione dicendo” l’uomo non è un animale onnivoro, ma è un animale frugivoro”.

Fai attenzione che quando poni l’uomo una “via di mezzo” tra carnivori ed erbivori, lo stai collocando tra gli onnivori. Il mito dell’onnivorismo umano è uno dei più importanti ostacoli che la cultura vegetariana ha dovuto fronteggiare. Il rischio è quello di creare altra confusione dove già non manca.

L’anatomia e fisiologia a cui si riferiva Armando D’Elia, Cruvier ed altri, denota che nulla abbiamo a che vedere con gli erbivori, tantomeno con i carnivori e ci avviciniamo fortemente alle scimmie antropomorfe, anche come dna, ma non identiche. La differenza con queste ultime ci pone in una situazione unica.

A dire il vero D’Elia sosteneva addirittura il fruttarismo simbiotico per l’essere umano, che è l’unica cosa con la quale io non mi sono trovato in accordo con lui.

Certo che anche Gandhi diceva che non si puo essere sempre completamente non violenti, ma una cosa è uccidere insetti inavvertitamente mentre si cammina, si lavora o per difendere qualcuno da una violenza..altra cosa è organizzare, cercare di giustificare una violenza, sfruttamento pianificato.

Il miele… è un furto, è il lavoro delle api, sottratto con la violenza, ed è per l’essere umano un prodotto non certo indispensabile e se usato senza cognizione di causa anche nocivo. Chi vede con i propri occhi come le api lo secernono, a volte poi non vogliono piu mangiarlo.
Le mucche caro Paolo, non sono “addomesticate” sono imprigionate, violentate, stuprate, derubate, massacrate. A che serve addolcire, ricamare storie di biancaneve e i sette nani. Questa società è già abbastanza finta, è tempo di “sostenere la verità, cadessero i cieli” come diceva il motto di Herbert Shelton.

Se ci “accontentiamo” delle posizioni delle religioni e le consideriamo come un punto di arrivo e non come uno stadio dell’evoluzione della consapevolezza umana…stiamo freschi!

All’inizio degli anni ottanta io ero ovo-latto-vegetairno e prima di documentarmi e di conoscere le ragioni del veganismo, fu mio padre (non vegetariano) che da giovane fu anche allevatore nella azienda del nonno, a spiegarmi da cosa dipende il latte.

Come la donna, come ogni mammifero, produciamo latte dopo il parto. Non esiste “latte in sovrappiu’”. Le balie ne avevano da dare ad altri bambini, non perchè era in eccesso, ma perchè la “suzione” presso un’altra bocca da sfamare, stimola presso le ghiandole mammarie la produzione di altro latte. Riducendo la suzione, si riduce la produzione..fino ad azzerarla. Così sarebbe anche presso le vacche se le lasciassimo in pace.

I vitelli NON vengono lasciati alle madri fino al completo svezzamento… anzi spesso, non vengono lasciati proprio. Il figlio viene portato via per sempre dalla madre con reciproca disperazione…I tori, non essendo produttori di latte vengono macellati ad eccezione di qualche esemplare per il seme. Le giovani femmine, macellate dopo un breve periodo variabile di ingrasso o comunque sempre di convenienza economica per l’allevatore e poi macellata ad eccezione di quelle che servono per rimpiazzare le madri, le vacche (loro madri) che invecchiando rapidamente per lo stress dell’allevamento cominciano a calare di rendimento per cui vengono macellate e sostituite da altre giovani…per un po, fin che dopo tocca pure a loro. Non si può produrre latte e formaggio senza macellare. Senza fecondazione, nascita di nuovi piccoli non ci può essere il prodotto latte e formaggio per cui per usare latticini dobbiamo abbattere sistematicamente animali. Questo vale sia per grandi allevamenti sia per quelli piccoli.

Neppure i devoti di Krishna, seppero trovare una soluzione ed è evidente l’imbarazzo in cui si sono trovati nel dover ammettere che quella che a loro dire sarebbe una “alimentazione non violenta” pur non escludendo latte e derivati, han dovuto sbarazzarsi di tutte le vacche di villa brindavana in quanto dovendo per forza far nascre vitelli, ad un certo punto, non sapevano piu dove metterli, gestirli e ridursi quindi a comprare il latte come tutti al supermercato. Dove sono finite tutte quelle mucche di quella associazione religiosa??
Non è un caso che Leone Tolstoy, quando scrisse il suo saggio sul Vegetarismo lo intitolò “Il primo gradino” chiaramente, sosteneva che il vegetarismo è solo l’inizio di altri passi da fare, altri gradini. E a quei tempi le motivazioni salutistiche, ecologiche, socioeconomiche per la fame nel modo causata dal carnivorismo, così devastanti non erano ancora così note.

In India, vedevo in certe aree urbane, queste “vacche sacre” le cui condizioni mi facevano solo pena.

In India, a parte quelle vacche che forse davvero non vengono ammazzate, tutte le altre, in India, mi raccontò un amico indiano maestro di yoga vegetariano, vengono mangiate dai non vegetariani, cattolici, musulmani, indu non troppo osservanti. Quindi in India, le mucche necessarie per essere munte per produrre latte e derivati, poi sono il cibo per i carnivori e il tutto è così in equilibrio…. tra speculazione, industria dell’ allevamento, sfruttamento, ignoranza, ingordigia, credo religioso e comodo.

Ma aldilà di tutti i ragionamenti possibili, viene ancora prima il fatto concreto con cui dovremmo fare i conti.

Per chi crede comunque che mangiare qualche pezzo di capra di tanto in tanto, ber latte, magiare formaggio, sino tutto sommato cose di buon senso, dovrebbe come minimo entrare in contatto effettivamente, fisicamente con questa realtà e le loro conseguenze. Dovrebbero mungere le vacche, fecondare a forza artificialmente le vacche, stappare via il piccolo nato, ucciderlo, macellarlo, uccidere la pecora con le proprie mani infilando il coltello alla gola e bagnarsi le scarpe di sangue, fate questo se ci riuscite. Avere una visione d’insieme è anche questo. Se non tocchiamo la realtà dei fatti con le nostre mani vuol dire che siamo avulsi dalla realtà e che tutti i bei discorsi che si possono fare, per quanto arguti ed eleganti sono solo parole.

Sono invece contento di quello che dici contro il tentativi di umanizzare gli animali, ridurli sempre piu dipendenti da noi, chiusi in appartamento, portati a letto, ecc. Scrissi 20 anni fa un articolo pubblicato sulla rivista vegetariana col titolo. “Rapporti contorti con animali” in cui sottolineavo anche il busines che si stava delineando, di prodotti alimentari per animali contenenti pezzi di animali. Vale a dire che paradossalmente, animalisti e vegetariani, quindi difensori dei diritti animali e contro gli abbattimenti degli stessi, rischiano di diventare i maggiori finanziatori dei macelli perchè sfuggiva loro lo specismo che ciò sottendeva….uccido un animale per nutrirne un’altro a mia scelta, pensando al bisogno solo del mio animale…discorso lungo….

Nella storia, abbiamo tratto a noi questi animali per nostro comodo, snaturandoli e riducendoli a dipendenza da noi.
E’ un guaio, ma si può uscirne.

L’unico problema per l’agricoltura vegana esiste solo se non si vuole attuarla.

Per coronare anche un altro pregiudizio di solito usato dagli oppositori del vegetarismo, un commentatore prova a mettere in difficoltà i vegani che si preoccupano degli animali e non della carota…. Al contrario del tuo commentatore, spesso tale argomento sentito oltretutto troppe volte, è usato anche in malafede.

Come è ovvio si tratta di fare il meno danno sia possibile ed è impossibile farlo a livello zero,
ma, di nuovo, si provi la differenza a raccogliere con le proprie mani una carota e a uccidere un coniglio e caro amico capirai che senso trovi.

Tuttavia su dati incontrovertibili, usare prodotti animali vuol comunque sempre dire usare e quindi “uccidere” una quantità enormemente superiore di vegetali rispetto all’uso diretto per alimentazione umana vegetariana., quindi…

Daniele Bricchi

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