Guido Grossi: “Come è possibile che l’1 per cento dei super ricchi del mondo riesca a sfruttare il restante 99 per cento senza che questi si ribellino?”

Lunario Paolo D'Arpini 20 dicembre 2011

Come è possibile che l’1 per cento dei super ricchi del mondo riesca a sfruttare il restante 99 per cento senza che questi si ribellino?

Premessa

I mercati finanziari e le Istituzioni che governano l’economia al di sopra delle nazioni influiscono in maniera determinante sulle nostre scelte sociali e politiche. Sono più di venti anni che ci impongono politiche che sottraggono risorse al lavoro ed alla produzione di beni reali e servizi utili ai cittadini. Per dirottarle sui mercati finanziari.

Il risultato è la recessione. Che stiamo scegliendo di far pagare ai più deboli.

La mossa strategica più importante compiuta da 1%, in maniera lentissima ed impercettibile, è stata quella di confondere la Finanza con l’Economia Reale. A due distinti livelli:

- nella testa della gente;

- nella realtà del mondo bancario.

Usando quotidianamente la solita frase: “ce lo chiedono i mercati, ce lo chiede l’Europa, ce lo impone la competizione mondiale.

La Finanza, ed i Mercati Finanziari, sono ALTERNATIVI all’Economia reale ed ai Mercati delle Merci e dei Servizi.

La Finanza usa i suoi strumenti esclusivamente per soddisfare l’interesse degli Investitori ad ottenere un ritorno economico il più elevato possibile, correndo il livello più basso possibile di rischio. Non ha bisogno di produrre nuova ricchezza. Le è sufficiente spostarla.

La Finanza è lo strumento principe per la tutela degli interessi del famoso 1%. Anche se molti sperano di arricchirsi su quei mercati, solo pochissimi ci riescono sistematicamente.

L’Economia Reale produce – con il capitale di rischio e con l’organizzazione del Lavoro – beni tangibili e servizi utili ai cittadini, che vengono scambiati sui Mercati delle Merci e dei servizi. L’Economia Reale coincide con gli interessi del 99%. Lavoratori, imprenditori, cittadini, consumatori. Tutti noi.

Out / Out. Sono scelte alternative. O porti i capitali nella finanza, verso l’1%. Oppure lo investi nell’economia reale, verso il 99%.

Chiunque abbia occhi per vedere è in grado di farsi una propria opinione personale sulle scelte fino ad ora operate. E dire se le politiche degli ultimi decenni abbiano favorito i mercati finanziari oppure l’economia reale.

Perché, stiamo zitti e fermi

L’uno percento ha risorse illimitate. Ha comprato la politica, l’informazione, le istituzioni sopra nazionali, gli organismi di controllo, la ricerca universitaria, la burocrazia a tutti i livelli. Paga le Lobbies che “costruiscono” le scelte europee. Naturalmente non tutto. Ma, in ogni settore, una parte sicuramente incisiva.

Perché non si riesce a cambiare le cose.

E’ evidente che non esiste un 99 per cento omogeneo, disposto a un vero cambiamento, a correre il rischio di una rivoluzione qualunque, per quanto democratica e indolore possa riuscire.

Proviamo a descrivere, piuttosto brutalmente, la realtà di questo 99 percento, dividendola in diverse categorie. Usando alcuni strumenti semplici:

- Ricchezza / povertà

- conoscenza / ignoranza

Ricchezza e Povertà

Chi è molto ricco, ed appartiene all’1%, ha dalla sua parte le politiche dei governi attuali. Solo una grande “conoscenza” dei meccanismi perversi di cui è condita la realtà odierna, accompagnata ed un estremo senso di solidarietà, potrebbero fargli desiderare un reale cambiamento.

Chi è ricco – perché ha un buon reddito ottenuto dal lavoro o dalla produzione di vera ricchezza nell’economia reale e/o un solido patrimonio privato – può anche capire e condividere l’importanza del cambiamento. Desiderarla. Ma è anche evidente che non vuole rischiare di perdere la propria posizione privilegiata. Non bisogna farsi illusioni. Sarà piuttosto disposto a perdere qualche cosa ogni giorno, di manovra in manovra. Non tutto in una volta. E siccome la paura gioca brutti scherzi, non è detto che riesca a “vedere” la realtà che ha sotto gli occhi ed i pericoli che corre di perdere tutto comunque. Questione di tempo. Conoscenza e solidarietà possono aiutare di sicuro a fare la scelta giusta. Accompagnate da una buona dose di coraggio. Ma occorrono proposte molto convincenti. Che riducano sostanzialmente i rischi.

Chi appartiene alla classe media è oggi sulla graticola. Stretto fra un potere d’acquisto sempre più basso e fra una tassazione sempre più pesante, sta sicuramente attingendo al risparmio accumulato negli anni migliori. E’ disposto a vendere pezzi di patrimonio per andare avanti. Lo stock di risparmio privato degli Italiani è fra i maggiori al mondo, e rappresenta, oggi, l’unico vero ammortizzatore sociale che sta funzionando a pieno ritmo. Ma si sta consumando. E’ evidente che le manovre da una parte, ed un sistema bancario avvelenato dalla commistione con la finanza, spostano questa ricchezza sui mercati finanziari, dove, lentamente, finisce nelle tasche di uno per cento. Questa categoria di persone ha un interesse enorme a capire bene quello che succede ma è quasi sempre confusa. Avverte il pericolo, ma non lo conosce. Intuisce qualcosa, ma non capisce come tutto questo stia succedendo. E – soprattutto – non vede soluzioni a portata di mano. Nessuno dei partiti attuali ha soluzioni convincenti. Le mille alternative che nascono ogni giorno nella società civile hanno, spesso, proposte intelligenti, pratiche, ma non sono risolutive dei problemi più importanti. Le politiche attuali – che vengono prese sotto il ricatto dei mercati e delle Istituzioni sopra nazionali – stanno spingendo la classe media verso la povertà. Nessuna delle pur ottime proposte che girano è in grado di risolvere con chiarezza questo problema. Queste persone hanno una discreta propensione media alla solidarietà, ma hanno paura. La conoscenza troppo scarsa della realtà che ci circonda, spinge queste persone ad accettare la soluzione intesa come “meno peggio”, anche se comporta evidente egoismo. La soluzione “meno peggio” è contraria al cambiamento reale. Si accontenta di aspetti marginali, spesso illusori. Nella scelta del “meno peggio” c’è anche la speranza che le cose si aggiustino da se… Con il passare del tempo.

I poveri crescono di numero al di la delle statistiche. E sono destinati a crescere ancora di più per gli effetti delle politiche attuali. Hanno un bisogno estremo di solidarietà. Per questo la loro posizione si aggrava tanto di più, quanto maggiore è la propensione della classe media ad accettare soluzioni “meno peggio” e non risolutive. Hanno bisogno estremo del cambiamento. Sono disposti a tutto, non hanno nulla da perdere e aspettano solo di capire quale proposta possa far ottenere quel cambiamento. E’ in questa categoria che la “conoscenza”, la disponibilità di strumenti che aiutino ad interpretare in maniera corretta la realtà presente e le proposte di cambiamento, gioca un ruolo determinante.

Tutti i malintenzionati hanno interesse a cercare di manipolare la rabbia dei poveri. Solo la “conoscenza” può evitare gli esiti peggiori. Povertà e ignoranza, messi assieme, possono scatenare una pericolosissima rivoluzione violenta, dagli esiti assolutamente e sicuramente negativi. Accendere la miccia va evitato a tutti i costi.

Questa consapevolezza gioca un ruolo fondamentale per capire le paure di chi ha qualcosa da perdere.

Conoscenza e Ignoranza

Negli ultimi decenni la cultura e l’informazione sono stati calpestati e manipolati in maniera sistematica. Scientifica. Criminale. Televisioni, giornali, radio, hanno fatto da cassa di risonanza delle politiche che hanno consentito all’1% di accrescere la loro ricchezza ed il loro potere in maniera smisurata, presentandole però – come Orwell ci aveva esattamente ammonito nel suo capolavoro 1984 – con le più suadenti delle parole e delle promesse.

Ci siamo lasciati ingannare dalle lusinghe del consumismo; dalle bolle speculative dei mercati finanziari che ci promettevano ricchezza facile per tutti; da modelli di successo e apparenza tanto stupidi quanto accattivanti; dalle promesse vuote e false del neo liberismo che, avendo mischiato finanza ed economia reale, ha nascosto dietro la libertà di creare ricchezza, la libertà di rubarla, trasferirla. Quella che noi produciamo con il nostro lavoro. Che finisce nei loro portafogli attraverso i meccanismi sempre più volutamente oscuri e meno comprensibili degli strumenti finanziari. Spinta da centri decisionali che risultano volutamente sempre più oscuri, lontani dalla possibilità di controllo democratico. Questo è il significato della frase che ci sentiamo ripetere da decenni: ce lo chiedono i mercati.. ce lo chiede l’Europa… ce lo impone la Competizione Mondiale. Senza altre spiegazioni.

Soprattutto, ci siamo lasciati rincretinire da una televisione che, nel suo complesso e salvo rare eccezioni, ha fatto di tutto per abbassare sistematicamente la nostra capacità critica. Per elevata che fosse la nostra cultura, non si può resistere ad un dibattito che, scientificamente, riduce la possibilità di comprendere i fenomeni e le proposte. Di approfondirle. Perché le oscura dietro uno spettacolo fatto di volgarità, offese, urla, slogan, voluta incapacità di ascolto e prevaricazione sistematica nel dibattito dove le voci si accavallano e le idee si confondono. Dove il messaggio di fondo è sempre lo stesso: non si capisce bene chi ha ragione; non si capisce bene quale è il problema; non si capisce bene quale è la soluzione.

Nella confusione generale, arriva qualcuno serio, competente e “professionale” e ti dice – senza alcuna voce sostanzialmente contraria – che la soluzione è quella di fare sacrifici, rinunciare alla sovranità, e.. vedrete.. arriverà la Crescita… l’Equità.. La gente non desidera altro che di illudersi, quando ha paura ed è confusa.

Anche se NON ci spiega come e perché arriverà la crescita che tutti ci hanno promesso. NON ci spiega quale è il suo senso dell’equità, come intende attuarla. Anche se gli strumenti ed il contenuto delle proposte è esattamente lo stesso che si applica da decenni. Anzi, accelera pericolosamente nella stessa perversa direzione. La gente preferisce illudersi.

Per questo ci “beviamo acriticamente” la mantra che ci ripetono un giorno si e l’altro pure: “ce lo chiedono i Mercati, ce lo chiede l’Europa, ce lo impone la Competizione Mondiale”.

Senza prestare attenzione, però, alla circostanza che nessuno ci spiega come funzionano, mercati, Europa e competizione.

La libertà di mercato – che avevamo interpretato come libertà di fare impresa, e quindi di produrre, con il lavoro, nuova ricchezza – non è mai stata tanto negata come negli ultimi decenni. Basta chiederlo ad una qualsiasi piccola e media impresa. Regole burocratiche troppo stupide e pesanti per essere ingenue, favoriscono solo la grande dimensione economica, quella accessibile solo a quell’1% che oggi fa le regole. E le dovrebbe controllare. Il carico fiscale risparmia la grande dimensione economica e finanziaria, che non ha bisogno di evadere, perché le leggi sono fatte dai loro rappresentanti. Il nostro risparmio che portiamo alle banche non si trasforma in credito, quello che dovrebbe favorire gli investimenti produttivi. Siccome il sistema bancario è stato sistematicamente avvelenato dalla finanza, le risorse non vanno alla piccola e media impresa: vanno sui mercati finanziari. Alle grandi opere, alle grandi imprese.

Non ci dicono bene come funzionano i meccanismi dell’Europa. L’Europa che avevamo in mente, l’Europa democratica dei cittadini, che pensavamo servisse a superare gli egoismi nazionali, non esiste. C’è solo un apparato burocratico sostanzialmente asservito agli interessi del grande capitale finanziario internazionale. Soggetto più che mai agli egoismi delle fasce più ricche di popolazione delle nazioni più influenti. L’Europa non ha mai avuto il coraggio di creare una unione politica, basata sulle più elementari regole della democrazia rappresentativa, perché l’1% ha disegnato, al suo posto, un insieme di Istituzioni estremamente funzionale a certi interessi e non altri. Istituzioni che sono irraggiungibili da qualsiasi forma di controllo democratico. Ed ora ci chiedono di dare a questa Europa ancora più poteri, di rinunciare alla nostra sovranità nazionale, alla leva per eccellenza di governo dell’economia – il disavanzo fiscale – per cederla ad una Europa che non comprendiamo, che non controlliamo.

Nessun dottore ci ha ordinato la Competizione Mondiale. E’ stata scelta. Provocata attraverso i sistematici abbattimenti alle barriere che impedivano, prima, il movimento dei capitali e dei beni. Ma non è una competizione corretta, sana, trasparente. E’ una partita dove le regole le ha scritte il manager della squadra più forte. Dove l’arbitro è stato scelto dall’allenatore della squadra più forte. Dove i migliori giocatori sono stati ingaggiati, a suon di miliardi, dal proprietario della squadra più forte. Chi vincerà?

Il colmo dell’ipocrisia è nell’assunto, non dimostrato, che la competizione porta ricchezza e benessere a tutti, aiuta i più deboli ad uscire dalla povertà. Lo strumento che viene da loro utilizzato per misurare la ricchezza, il Prodotto Interno Lordo (PIL) è inadeguato. E’ ormai evidente a tutti che non misura il benessere, come inteso dalle popolazioni. In ogni caso, con tutti i suoi limiti, ci dice in maniera non equivoca che ci stiamo avviando verso una crisi grave. In troppe aree del pianeta. Non si possono sottrarre sistematicamente risorse alla crescita e sperare di crescere. La crescita misurata dal PIL si sposta verso aree dove è assolutamente falso ed ipocrita dire che si combatte la povertà: La realtà, ben più cruda, è che si sfrutta il lavoro dei disperati. La definizione di povertà come intesa ufficialmente dagli organismi sopra nazionali che la misurano è la disponibilità di uno, due dollari al giorno. Ti danno qualche centesimo in più e ti dicono che sei uscito dalla povertà, ufficialmente. Non importa se hai abbandonato il villaggio dove avevi una storia, una cultura, un equilibrio. Una vita dignitosa.

Conclusioni

la Democrazia non ammette scorciatoie. Per ottenere un cambiamento rivoluzionario, ma democratico, occorre uno sforzo immenso. Il coraggio di aprire gli occhi. La volontà di studiare, l’umiltà per confrontarsi, per comprendere dove ci stanno portando le scelte del passato e del presente e come operano.

Ci vuole la responsabilità delle scelte. Le soluzioni individuate, da chicchessia, non possono e non devono comportare il rischio di provocare tensioni e conflitti che sappiamo dove conducono.

Le soluzioni individuate devono rassicurare chi ha paura. Non spaventare. Devono perseguire un equilibrio sostanziale e non formale fra le esigenze, gli interessi, le paure del maggior numero di categorie in cui è descrivibile la nostra società. Accomunare e non dividere.

Devono avere come obiettivo comune il vero interesse che unisce il 99 per cento di noi tutti: riportare al centro del tavolo la necessità di capire cosa intendiamo per ricchezza e benessere. Di certo, non il PIL. Non vogliamo più rinunciare alla sostenibilità sociale, che è fondata sulla piena solidarietà. Non vogliamo più rinunciare alla sostenibilità ambientale. Sono valori irrinunciabili. Li portiamo stampati nel dna. Sono infinitamente più importanti del PIL. Li hanno fatti passare in secondo piano.

Dobbiamo capire e scegliere come vogliamo produrlo il benessere che desideriamo. Di certo, non più inseguendo le chimere che la finanza ci ha finora proposto. La finanza non ha bisogno del lavoro, vuole solo sfruttarlo. L’economia reale si, ne ha bisogno. E più è qualificato, più è gratificante, maggiore sarà la crescita della vera ricchezza, economica e sociale. Vogliamo riscoprire la centralità del Lavoro, perché è l’unico strumento vero di affermazione della dignità della persona umana. la solidarietà verso i più deboli, che devono vedersi riconosciuto il diritto al lavoro, ad un lavoro responsabile ma dignitoso, come la nostra Costituzione giustamente vuole. Il rispetto di una economia che vuole produrre quei beni reali e quei servizi che noi riteniamo utili, non quelli che la pubblicità e la finanza ci impongono. Con un elevato – e regolamentato – senso della responsabilità sociale dell’impresa.

La società civile del nostro paese gode di risorse umane e professionali enormi. E’ capace di produrre soluzioni efficaci ed intelligenti. La volontà di aggregarsi traspare ogni giorno di più. Facciamo tutti un passo indietro, per farne uno enorme in avanti, costruendo una alternativa seria, responsabile, equilibrata. Raccogliendo in un disegno complessivo e convincente le mille soluzioni già ideate, per riempire quel vuoto enorme che l’attuale classe dirigente pone fra i cittadini, e la politica.

Guido Grossi

I commenti sono disabilitati.