Daniele Carcea: “Agenzie di rating e speculazione finanziaria anglosassone alla radice dei nostri mali….”

Attacco al debito italiano

Nel 1981 Nino Andreatta, Carlo Azeglio Ciampi ed altri fra politici, economisti e banchieri stipularono quello che fu chiamato “il divorzio fra Banca d’Italia e tesoro”. Perché si arrivò a questa operazione?
Già da molti anni il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio aveva sancito l’obbligo per la Banca Centrale di acquistare in via residuale i bot invenduti. Cioè quando in un’asta del Tesoro di collocamento di titoli del debito pubblico, detta anche mercato primario, l’offerta di acquisto dei titoli era superiore alla domanda del mercato, veniva chiamata la Banca d’Italia ad intervenire per acquistare i titoli invenduti, stampando la moneta necessaria da dare al tesoro in cambio dei titoli.

Siccome, da molto tempo l’Italia si trovava a fronteggiare una inflazione a due cifre, dovuto soprattutto all’impennata dei prezzi petroliferi e nello stesso tempo il bilancio dello Stato era in disavanzo perenne a causa di un deficit spending continuo, dovuto alle pratiche concertative da sempre di gran moda in Parlamento, si pensò di sciogliere questo rapporto, che allora fu considerato perverso. Dopo il 1981 la Banca d’Italia non era più costretta a ricomprare i titoli invenduti e conseguentemente il Tesoro era costretto a ricollocare i titoli invenduti nelle aste successive, con evidente rialzo dei tassi di interesse, per renderli più appetibili agli investitori.

Dal 1981 al 1994 il rapporto debito pubblico ebbe un’impennata clamorosa, si passo da un rapporto al 55 per cento ad un rapporto al 120 per cento. Probabilmente si ebbe un contenimento dell’inflazione, sicuramente la mossa politica non ha funzionato, poiché i governi hanno continuato a spendere più di quello che incassavano in nome “della pace sociale”, ma l’aumento considerevole dei saggi di interesse per il servizio del debito, per i motivi suddetti, ha sicuramente contribuito a far esplodere il debito pubblico italiano. Sarebbe importante fare un confronto costi-benefici di questa scelta, fatta anche in prospettiva della futura entrata nell’Unione Europea.

Facendo un salto di 30 anni e arrivando ai giorni nostri, lo scenario è quello di un Europa sotto l’attacco dei mercati e della speculazione e in Europa i cannoni sono puntati sull’Italia, con gli spread sui titoli andati alle stelle, anche a causa di un governo di incapaci.

Nel 2008 scoppia tutto, perché il mondo è pieno di prodotti spazzatura, creati a causa di un sistema di totale deregolamentazione, che grazie alla alta leva finanziaria consente di creare prodotti finanziari per un valore di 8-10 volte superiore a quelli dell’economia reale. Si salvano le banche in barba ad ogni legge di libero mercato, aumentano i debiti pubblici dei Paesi che hanno sostenuto quel salvataggio e gli stessi Stati diventano oggetto di attacco da parte degli stessi istituti finanziari salvati da loro. Un paradosso incomprensibile con la logica e il buon senso.

Vengono colpiti, però i Paesi europei, perché? Perché Usa, Giappone e UK, pur avendo organizzato anche loro il sistema con la Banca Centrale detentrice della sovranità monetaria, stampano continuamente moneta per comprare i titoli del debito invenduti alle aste primarie.

Negli ultimi anni la Fed è arrivata a detenere quasi 3 miliardi di dollari di titoli a stelle e strisce, grazie anche alle operazioni definite di quantitative easing (facilitazione quantitativa). Lo stesso fa il Giappone che si è comprato un bel pò del suo debito e inoltre quello collocato sul mercato e tutto in mano di investitori e banche giapponesi.

Lo Statuto europeo invece ha impedito alla BCE di intervenire sul mercato primario per comprare titoli dei Paesi europei, lo ha fatto solo sul mercato secondario e su quantità parecchi limitate. Quindi è stato facile per la speculazione finanziaria guidata da quella anglosassone con la complicità delle agenzie di rating, innescare un attacco pilotato ai debiti sovrani dei Paesi europei e nello specifico a quelli considerati più deboli i Piigs.

Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna. Piigs fra cui all’inizio l’Italia non c’era, ma che ora è vi presente in maniera drammatica. la realtà è che i conti pubblici di questi Paesi non sono peggiori di quelli ad esempio di alcuni Stati degli Stati Uniti come California, Arizona o Minesota. Ma per questi garantisce (per ora) la stampante federale.
Un sistema per garantirsi da questi attacchi speculativi continui, potrebbe essere la costruzione degli Eurobond (Tremonti-Trichet) proposti già da tempo, ma non ancora partiti per l’opposizione della solita Germania.

L’eurobond sarebbe un meccanismo con cui si potrebbe rinegoziare una parte del debito di molti Paesi Europei, consentendogli di rifinanziarsi a tassi accessibili e accettabili, assolverebbero grosso modo, al compito che era delle Banche Centrali Nazionali prima dell’unificazione europea: intervenire stampando moneta, comprando i titoli e tenere i tassi di interesse bassi.

C’è da dire che queste operazioni di continuo indebitamento pubblico e privato in realtà non sono che il prolungamento di un agonia che prima o poi esploderà con effetti incontrollabili, ma è anche vero che non si capisce perché i Paesi europei debbano pagare più degli altri per questa follia mondiale chiamata avidità, pur non essendo quelli messi peggio di tutti.

Daniele Carcea

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