Vittorio Marinelli: “Laicità per il matrimonio… e vantaggi per lo Stato e per la Comunità…” – Proposta di Legge

PROPOSTA DI LEGGE PER L’EQUIPARAZIONE DEI LUOGHI DI PUBBLICO INTERESSE E VALORE ARTISTICO A CASA COMUNALE QUALI LUOGO DELLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO CELEBRATO DAVANTI ALL’UFFICIALE DI STATO CIVILE

 

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Come rilevato nel numero del maggio 2007 del National Geographic, “ calano i matrimoni in Italia, ci si sposa sempre meno, e sempre meno in chiesa. Un matrimonio su tre, infatti, è oggi celebrato solo con il rito civile” (v. Matrimoni all’italiana”, di Laura Laurezi, Archivio italiano, maggio 2007, s.p.);

 

Di fronte a questo dato incontrovertibile, relativo a un non indifferente aumento del numero delle persone che optano per il matrimonio delineato dal capo III “Del matrimonio celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile” del TITOLO VI – Del matrimonio del libro primo del codice civile, non corrisponde, al contrario, un analogo aumento da parte della Pubblica Amministrazione, delle strutture destinate a tale diritto.

Solo per avere un’idea di quanto appena riferito basti, pensare al comune di Roma, che è: la capitale d’Italia; che con i suoi 2.840.000 abitanti circa e i suoi 1.285 kmq è peraltro anche il comune più popoloso e più esteso; è gemellato con: Parigi, con l’indicativa frase “Solo Parigi è degna di Roma; solo Roma è degna di Parigi” («Seule Paris est digne de Rome; seule Rome est digne de Paris») e ha accordi internazionali tra le varie con Belgrado, New York, Pechino, Seoul, Tokio.

 

Ebbene, al di là di questo aspetto folcloristico si accerta che la suddetta capitale d’Italia probabilmente diversamente dalle sue gemelle, dedica quali spazi istituzionali per il richiamato matrimonio civile e dalla stessa Amministrazione gestiti, solo il Campidoglio e una cappella sconsacrata davanti alle terme di Caracalla.

A tali siti si aggiunge Villa Lais, dipendente dal nono municipio dello stesso comune, e la, ad onor del vero, decisamente decentrata Sala Azzurra posta in piazza Regina Pacis a Ostia, di competenza del tredicesimo municipio.

 

Ne consegue che si determina in danno ai nubendi l’insorgenza di notevoli tempi di attesa prima di poter contrarre il matrimonio in seguito alla promessa, dipendenti dalla suddetta assoluta carenza di un servizio amministrativo di particolare importanza, con la automatica conseguenza che la scelta del giorno del matrimonio non spetta ai diretti interessati ma è a seconda del carico di lavoro della pubblica amministrazione. Per dare un valido dato di riflessione, un coppia che decidesse nel mese di marzo, potrebbe avere la possibilità di poter scegliere la data e l’ora del matrimonio al loro più congeniali, presumibilmente di sabato, solo verso settembre od ottobre potendo sennò poter optare per il Campidoglio, per rimanere sempre nell’esempio della Capitale, il 4 agosto, mentre già il 5 agosto sarebbe disponibile solo l’orario 9,30 mentre nella cappella sconsacrata di via delle Camene potrebbe coronare il proprio sogno d’amore il 21 giugno alle ore nove del mattino; il seguente 22 giugno sempre alle nove del mattino; l’11 luglio alle ore 10,30; il 12 luglio alle ore 10.30, per finire, il 16 luglio dalle nove alle 12.30…..

 

Ma c’è di peggio! Il tempo a disposizione per ogni matrimonio non supera i 15 minuti, di una giornata spesso lavorativa e in orario, per i più sfortunati, particolarmente gravoso, quale, ad esempio, nel periodo estivo, le 15, per via della calura particolarmente deleterio soprattutto per le persone anziane che vengono non a caso sconsigliate dall’uscire di casa in tali orari.

 

Che dal confronto con il rito cattolico appare pertanto assolutamente evidente come di fatto si determini una situazione di grave disparità di trattamento in quanto chi opta per tale matrimonio può scegliere la parrocchia dove poter contrarre il matrimonio nonché l’orario e addirittura la scelta del rito, potendo provvedere sempre a proprio piacimento, come è giusto che sia, all’allestimento della Chiesa e al contenuto stesso della cerimonia.

 

Al contrario, colui che sceglie il rito promanante dall’autorità statale, si trova di fatto a dover sottostare a una situazione grave di inefficienza amministrativa.

 

Ne discende che persone coerenti nei valori laici della nostra Costituzione, al fine di non mortificare una cerimonia così importante e impegnativa quale quella del matrimonio, sono costrette a scegliere il matrimonio in chiesa non solo rinnegando con ciò i propri valori, ma dovendosi per di più sobbarcare tutti i presupposti che tale rito comporta, quali i corsi prematrimoniali, nonché sottoporre il vincolo addirittura al rischio di una giurisdizione straniera per quanto concerne la validità dello stesso.

Per avere un valido parametro di riferimento e di confronto, si appura come il numero delle parrocchie a Roma dove è presumibilmente possibile contrarre matrimonio concordatario previsto dall’articolo 82 del codice civile sia di 336.

 

Di tale increscioso stato di cose è già al corrente peraltro il comune di Roma atteso l’intervento della Consulta Laica che ha già sollecitato al reperimento di sale idonee per i matrimoni laici anche presso i singoli municipi provvedendo non solo alla disponibilità di un locale ma anche a un dignitoso arredo dello stesso in modo da offrire ai nubendi una celebrazione che costituisca la consapevolezza e il ricordo di un atto significativo nella vita degli interessati e della comunità cittadina.

Tale consulta ha altresì il posto l’accenno sulla necessità della possibilità offerta ai nubendi di celebrare il loro matrimonio anche in locali o luoghi diversi da quelli a ciò deputati a cura dell’amministrazione comunale e dei municipi.

 

Verosimilmente tali locali o luoghi diversi dovrebbero avere, anche se non necessariamente, un particolare interesse pubblico o perlomeno un valore artistico.

 

Ne discenderebbe che un’utilizzazione dell’opera d’arte quale casa comunale, avrebbe un ritorno d’immagine oltremodo positivo per il nostro Paese, che si connota per la presenza di bellezze e vestigia che richiamano appositamente nella nostra Nazione interesse, ammirazione e conseguenti flussi turistici, anche di persone particolarmente facoltose che potrebbero scegliere i nostri monumenti, chiese sconsacrate, castelli, luoghi di particolare bellezza paesaggistica, per poter celebrare le proprie nozze. Con immaginabile ricaduta positiva sulle economie locali.

 

Tale scelta permetterebbe a chiunque che non volesse venir meno all’ideologia incentrata nella e sulla laicità dello Stato, di non essere discriminato in confronto di chi opti per il matrimonio celebrato davanti ai ministri del culto cattolico. Questi ultimi, infatti, possono fruire quali luoghi della celebrazione, di stupende chiese, autentiche opere d’arte.

 

Analizzando l’attuale quadro normativo così come disciplinato dal codice civile, l’articolo 106 prevede espressamente come il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale davanti all’ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la richiesta di pubblicazione;

L’articolo 93 c.c. pubblicazione prevede come la celebrazione del matrimonio deve essere preceduta dalla pubblicazione fatta a cura dell’ufficiale dello stato civile;

L’articolo 99 c.c. termine per la celebrazione del matrimonio prevede come il matrimonio non può essere celebrato prima del quarto giorno dopo compiuta la pubblicazione indicando poi il prosieguo della norma al comma due come se il matrimonio non è celebrato nei 180 giorni successivi, la pubblicazione si considera come non avvenuta.indicando pertanto in pratica il termine di 12 giorni come quello dopo cui ci si può sposare;

L’articolo 100 c.c. prevede altresì come il tribunale, su istanza degli interessati, con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può ridurre, per gravi motivi, il termine de la pubblicazione o addirittura che, per cause gravissime, l’omissione della pubblicazione possa essere autorizzata dalla stessa autorità giudiziaria;

L’articolo 109 c.c. prevede la possibilità di matrimonio in un comune diverso;

L’articolo 110 c.c. prevede invece come la celebrazione posta a versi anche fuori della casa comunale qualora uno degli sposi, per infermità o per altro impedimento giustificato all’ufficio dello stato civile sia nell’impossibilità di recarsi a casa comunale, dimodoché l’ufficiale si trasferisce col segretario nel luogo in cui si trova lo sposo impedito, e ivi, alla presenza di quattro testimoni, procede alla celebrazione del matrimonio L’articolo 97 della suprema carta costituzionale prevede come i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione;

Relativamente alla possibilità di far celebrare il matrimonio anche da altri soggetti oltre che il sindaco, i consiglieri comunali e gli assessori, il Regio decreto del 09 luglio 1939 Numero 1238 “Ordinamento dello stato civile” prevede espressamente all’articolo uno del titolo I Degli uffici e degli ufficiali dello stato civile. come “Il sindaco o chi in sua vece regge il Comune è l’ufficiale dello stato civile” e che soprattutto “Egli può delegare le funzioni di ufficiale dello stato civile a uno o più consiglieri o, in mancanza, ad altre persone che hanno i requisiti per la nomina a consigliere comunale”;

 

Il DPR n. 396 del 3 novembre 2000 ha mantenuto questa possibilità e, all’articolo 1, comma 3, recita: «Le funzioni di ufficiale dello stato civile possono essere delegate ai dipendenti a tempo indeterminato del Comune, previo superamento di apposito corso, o al presidente della Circoscrizione ovvero a un consigliere comunale che esercita le funzioni nei quartieri o nelle frazioni, o al segretario comunale. Per il ricevimento del giuramento di cui all’articolo 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, e per la celebrazione del matrimonio, le funzioni di ufficiale dello stato civile possono essere delegate anche a uno o più consiglieri o assessori comunali o a cittadini italiani che hanno i requisiti per la elezione a consigliere comunale» . Quindi qualunque cittadino eleggibile può celebrarlo.

 

Allo stato, pertanto, per ampliare il delle case comunali in modo tale, che rimanere all’esempio di Roma, da colmare il divario tra le 336 parrocchie, o, in subordine, una deroga per poter svolgere il matrimonio in altro luogo equiparabile alla casa comunale, quale, a esempio, la torretta del Valadier posta sopra ponte Milvio, che era stata dichiarata essere disponibile da un assessore della giunta municipale del ventesimo municipio nonché ex presidente, tranne poi rendersi irreperibile…

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Per queste ragioni, la Repubblica non può non disconoscere la sussistenza di tale illogica situazione di disparità di trattamento e provvedere a porre rimedio alla stessa tramite l’inserimento all’interno dell’art. 106 del Codice Civile, dei seguenti commi.

 

E’ altresì possibile la celebrazione del matrimonio fuori dalla casa comunale presso altro luogo, pubblico o privato, avente valore artistico o comunque significativo per gli sposi.”

 

All’onere derivante dalla richiesta di cui al comma due, provvederanno direttamente i richiedenti senza oneri di bilancio a carico della Pubblica Amministrazione.”

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