Marco Bracci: “Il ritorno del falco… che emozione!” – La comune appartenenza Uomo Natura Animali

Caro Paolo,

come sai, la scorsa settimana ero in Toscana e, come sempre, la sera andavo su una collina a godermi il tramonto, con il sole calante fra l’isola d’Elba da una parte, la Gorgona e la Capraia dall’altra e la Corsica in lontananza sullo sfondo.

Mentre, macchina fotografica puntata verso l’orizzonte, stavo scattando fotografie, ho avuto un’esperienza bellissima che voglio raccontarti. Ma andiamo per ordine.

Quando ero adolescente, aspettavo in gloria i lunedì perché mio zio (era parrucchiere) veniva da noi al mare e poi andava a caccia e mi portava con sé.

Un giorno non riuscimmo a cacciare nulla (meno male, direi oggi) e ce ne stavamo tornando a casa mogi mogi, quando un falchetto ignaro volò sopra di noi e mio zio, presa la mira, lo uccise. Poiché i falchi non si mangiano, decise di farlo imbalsamare.

Dopo averlo tenuto lui per qualche tempo, mi regalò il falco imbalsamato, che mia madre mise in salotto su un mobile. Ogni volta che lo vedevo mi veniva una profonda tristezza perché era così morto e stecchito, con le piume appiccicate e opache. Fu così che cominciai a chiedergli perdono, finché finalmente un giorno mia madre lo buttò via. Ma io non smisi di rattristarmi pensandolo, soprattutto dopo che ero divenuto vegetariano.

Ed ecco l’emozione. Seduto alla guida della mia auto perché c’era molto vento, con la macchina fotografica puntata sul tramonto, ho sentito un movimento strano al mio fianco. Ho girato gli occhi e, a 50 cm da me, appollaiato sullo specchietto esterno, ho visto un falchetto identico a quello imbalsamato anni e anni prima. Vivo, con le piumette morbide e arruffate dal vento, in contrasto stridente con quelle del falchetto imbalsamato. 

Per paura che un mio anche piccolo movimento lo facesse fuggire, lo guardavo con la coda dell’occhio, rigido come un sasso. Finché, dato che il falchetto non scappava, ho girato la testa e ci siamo guardati dritto negli occhi. Non ho mai visto uno sguardo così tenero, luminoso e pieno di amore come quello del falchetto. E c’era scritta una frase: “Marco, non tormentarti più, ti ho perdonato”. Appena letta la frase, il falchetto se ne è volato via, strappandomi dagli occhi due lacrime di gioia.

Marco Bracci

 

Pensieri aggiunti sulla  comune appartenenza Uomo-Natura-Animali:

“Gli animali sono provvisti di penne, di corna, di zanne per fendere, o di artigli, volano negli spazi celesti o s’accovacciano o corrono; e non è escluso che abbiano intelligenza umana”.

“Quando Huang-ti combatté contro Yen-ti nelle campagne di Pan-ts’uan schierò in fronte orsi, lupi, leopardi, tigri, avvoltoi, fagiani, falchi, sparvieri erano suoi vessilli”.

“Yao ordinò a K’uei di regolare la musica. Quando gli strumenti di giada erano percossi gli animali accorrevano e danzavano e la fenice veniva ad ascoltare i nove canti di Shao. Ciò dimostra che con il suono si può ammansire gli animali”.

“Dunque l’intelligenza è comune agli animali ed agli uomini. Certo per aspetto e per i suoni che emettono, gli animali differiscono dall’uomo, ma non esistono altresì dei mezzi per poter intendersi con loro? Non v’è cosa che i saggi non conoscano od a cui non giungano: perciò essi riuscirono ad attirare a sé e ammansire gli animali
“Che l’intelligenza degli animali sia uguale a quella degli uomini, che essi egualmente desiderino vivere è cosa da tutti conosciuta”
“Nella più remota antichità gli animali vissero insieme agli uomini. Quando questi si crearono imperatori e re, quelli cominciarono ad impaurirsi e si allontanarono”.

(Lieh-tze tradotto da Giuseppe Tucci)

I commenti sono disabilitati.