Commedia dell’Arte: Arlecchino, Pulcinella, Colombina, Balanzone… servi e servette… Maschere di carnevale od archetipi veritieri dell’umana società?

Lunario Paolo D'Arpini 2 febbraio 2010

 ” … E se no i me vol perdonar per amor, i me perdonerà per forza. Perché ghè farò veder, che son anca poeta e qua all’improvviso ghe farò un SONETTO:

Do patroni servir l’è un bell’impegno,

E pur, per gloria mia, l’ho superà;

E in mezzo alle mazor dificoltà,

M’ho cavà con destrezza e con inzegno.

Secondando la sorte el me desegno,

M’ha fatto comparir de qua e de là;

E averìa sta cuccagna seguità,

Se per amor mi no passava el segno

Per causa de Cupido impertinente

Non son più servitor de do Patroni

Ma sarò servitor de chi me sente”

 

Arlecchino (servitore di due padroni) con queste ultime parole si congeda da quel palco sul quale si sono consumate, per mano di Carlo Goldoni, le sue vicende bizzarre ed intriganti,in una Parigi già illuminata dai Philosophes.

La “commedia dell’arte” nasce in Italia, e degnamente sostituisce il teatro rinascimentale, colto ed erudito,rivolto esclusivamente alle corti di principi e re.

Gli attori, in precedenza dilettanti che si limitavano ad improvvisarsi,si dedicano esclusivamente e completamente al teatro, diventando veri e propri “professionisti dell’arte”.

Venezia è la città che maggiormente dedica spazi alla nuova forma recitativa, rendendola più popolare e alternando rappresentazioni comiche a quelle melodrammatiche. E così, girovaghi, giocolieri da strada e buffoni cominciano a caratterizzare meglio i loro personaggi, a riunirsi per creare vere e proprie “compagnie” e per gettarsi insieme in questa nuova avventura chiamata “commedia dell’arte”.

Magica alchimia tra salotti e strade, tra sciocchi servitori e padroni ancor più sciocchi, tra piazza e palcoscenico, tra l’alta borghesia e il volgo, tra finzione e realtà.

Pastorali e tragedie sono invase, sostituite e soppiantate dalle “maschere”, che miscelano alla perfezione la saggezza dei poveri diavoli all’astuzia dei servitori, aggiungendo una buona dose di irriverenza tipica dei buffoni di corte, e in breve questa nuova e bizzarra commedia si espande anche fuori dallo “Stivale” e rappresenta una forma teatrale a sè stante, irripetibile ed imparagonabile ad altre forme teatrali.

La città lagunare è stata dunque la prima a dare i natali alle maschere ma in breve le compagnie teatrali girano in lungo e in largo, passando dal Ducato di Mantova a quello di Milano, dal Granducato toscano al Regno di Napoli, dallo Stato Pontificio al Ducato di Savoia.

La maschera caratterizza non solo il personaggio ma anche lo stile recitativo, e così Arlecchino si ritrova a dover servire due padroni perché sempre affamato, dunque suo malgrado, “il bergamasco” è un imbroglione, ma uno sciocco imbroglione!

Sarà forse Colombina, la sua fidanzata, scaltra e avida, a chieder troppo? Servetta maliziosa, non si accontenta mai, e vuole che Arlecchino le compri tutto ciò che lei desidera, riuscendo nell’intento, naturalmente! Non si sa mai, dovesse finire nelle grinfie di Pantalone, vecchio mercante veneto, che è sempre in competizione con i giovani per accaparrarsi le attenzioni delle cortigiane e delle servette, ma è troppo vecchio e troppo avaro per poterselo permettere!

Non cadrebbe in questo ingannevole gioco amoroso Brighella, compare di Arlecchino, servo come l’amico ma molto più astuto! Non è solo servo, ma improvvisa tanti altri mestieri, a seconda delle circostanze, trovandosi spesso al centro di intrighi. Furbo ed imbroglione, escogita inganni e trappole in cui far cadere il suo prossimo, mentre suona e danza con grande maestria.

Molto diverso il Dottor Balanzone, serioso ma anche presuntuoso, nativo dell’Emilia, che parla e sparla, inserendo nei suoi discorsi citazioni incomprensibili mentre gesticola pacchianamente. Le maschere si rivolgono con fiducia a lui per consigli medici, e lui è ben felice di fare quello che meglio gli riesce: elargire pareri di nessun valore!

A lui ricorre volentieri Beltrame, contadinotto che vuol far credere di esser un gran signore, mentre è solo uno sciocco fanfarone milanese, e non somiglia affatto al servo siciliano Peppe Nappa, gran mangione, che riesce sempre a trarsi fuori da ogni impiccio! E Pulcinella, alter ego di Arlecchino, servo partenopeo e gran furbacchione, attira l’attenzione dei passanti con schiamazzi e urla, cercando di vendere strani intrugli mentre parla a tutti di tutti e tutto, ed eccolo qua, “il segreto di Pulcinella”, qualcosa che davvero tutti sanno! Ma l’allegria inconfondibile che lo caratterizza, lo rende tanto schietto quanto simpatico!

Le maschere danno una rappresentazione così veritiera dei personaggi che animano il nostro palco, da meritare in pieno un ruolo nella commedia scritta da ciascuno di noi.

Chi, infatti, non si è ritrovato a dover affrontare una mente più svelta della propria, e si è ritrovato a subire inganni e raggiri? E chi, per circostanze avverse, non si è ritrovato a doversi arrangiare in diversi e precari mestieri?

Ed è il carnevale ad offrire l’opportunità di mascherarsi, e magari di cambiare personaggio, ruolo e palco, in un fondersi di musica, colori e magia! I festeggiamenti più noti e colorati si svolgono a Venezia e Rio de Janeiro, ma la folle magia carnevalesca coinvolge tutti e ovunque si possono ammirare carri, sfilate e costumi, accompagnati da schiamazzi, coriandoli e ilarità.

Saltiamo sul carrozzone del divertimento, nel quale non ci sono regole da rispettare, imposizioni o limiti, ma c’è solo tanta voglia di divertirsi ed essere e al tempo stesso, per non essere più sé stessi, mascherando la propria natura per farne uscire un’altra, forse quella vera!

Le maschere della commedia dell’arte sono ancora molto amate, e anche indossate, ma il mercato dei travestimenti è variegato, offrendo mascheramenti classici e intramontabili, oppure originali e trasgressivi.

E ben vengano Arlecchino, Pulcinella e Colombina insieme a streghe, vampiri, principi e maghi. C’è posto per tutti, c’è un palco per tutti, e l’unico obbligo, ovviamente, è quello di divertirsi e far divertire.

Angela Braghin

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